Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Questione palestinese

Sionismo, “questione ebraica” e “questione palestinese”

In occa­sio­ne del­la mor­te di Shi­mon Peres e del gran­de rilie­vo inter­na­zio­na­le che han­no avu­to i suoi fune­ra­li, pub­bli­chia­mo con­tem­po­ra­nea­men­te in que­sta stes­sa pagi­na due arti­co­li: uno del com­pa­gno Wal­do Mer­mel­stein, che destrut­tu­ra la sua imma­gi­ne di pre­sun­to paci­fi­sta, descri­ven­do­ne sin­te­ti­ca­men­te la tra­iet­to­ria poli­ti­ca che lo vide tra i prin­ci­pa­li respon­sa­bi­li del­la cri­mi­na­le poli­ti­ca del­lo Sta­to sio­ni­sta d’I­srae­le nei con­fron­ti del­la popo­la­zio­ne pale­sti­ne­se; l’al­tro del com­pa­gno Vale­rio Tor­re, che rico­strui­sce da un pun­to di vista teo­ri­co la vicen­da che si svi­lup­pa da set­tan­t’an­ni cir­ca in quel­la regio­ne del Medio Orien­te, attra­ver­so una let­tu­ra mar­xi­sta che pren­de le mos­se dal­la “que­stio­ne ebrai­ca” per appro­da­re alla “que­stio­ne pale­sti­ne­se” di oggi.

Sionismo, “questione ebraica” e “questione palestinese”

La situa­zio­ne del­la Pale­sti­na in una let­tu­ra e una pro­spet­ti­va marxista

Vale­rio Torre

 

«Asso­lu­ta­men­te incon­si­sten­te sot­to il pro­fi­lo scientifico,
l’idea di un par­ti­co­la­re popo­lo ebraico
è rea­zio­na­ria per il suo signi­fi­ca­to politico.
(…) l’idea del­la ‘nazio­na­li­tà’ ebraica
pre­sen­ta un carat­te­re chia­ra­men­te reazionario
non solo tra i suoi fau­to­ri con­se­guen­ti (i sionisti),
ma anche tra colo­ro che si sforzano
di abbi­nar­la alle idee social­de­mo­cra­ti­che (i bundisti).
L’idea del­la nazio­na­li­tà ebrai­ca è in contrasto
con gli inte­res­si del pro­le­ta­ria­to ebraico,
poi­ché susci­ta in esso (…) uno sta­to d’animo
osti­le all’assimilazione, lo sta­to d’animo del ‘ghet­to’».
(V. I. Lenin, “La posi­zio­ne del Bund nel par­ti­to”, Ope­re, vol. 7, pp. 94–95)

 

Alla fine del mese di novem­bre 2014, il pre­mier israe­lia­no Ben­ja­min Neta­nya­hu ha pre­sen­ta­to al suo gover­no, che l’ha appro­va­to a mag­gio­ran­za, il pro­get­to di leg­ge che defi­ni­sce Israe­le “Sta­to del­la nazio­ne ebrai­ca”. Il dibat­ti­to ha chia­ri­to al di là di ogni dub­bio che «Israe­le è lo Sta­to nazio­na­le del popo­lo ebrai­co»[1], cioè un’entità che si fon­da su un ele­men­to iden­ti­ta­rio “raz­zia­le”. Infat­ti, il prov­ve­di­men­to nor­ma­ti­vo – che pre­ve­de l’abolizione dell’idioma ara­bo nell’uso uffi­cia­le, il con­so­li­da­men­to del­le pra­ti­che di demo­li­zio­ne e distru­zio­ne del­le abi­ta­zio­ni dei pale­sti­ne­si e addi­rit­tu­ra la revo­ca dei dirit­ti di resi­den­za per i pale­sti­ne­si resi­den­ti a Geru­sa­lem­me o per i loro paren­ti qua­lo­ra pren­des­se­ro par­te ad azio­ni di pro­te­sta – san­ci­sce di fat­to un’ulteriore etni­ciz­za­zio­ne del­lo Sta­to col pre­ve­de­re il prin­ci­pio dell’appartenenza di Israe­le agli ebrei di tut­to il mon­do, piut­to­sto che ai cit­ta­di­ni che abi­ta­no il Pae­se (fra cui gli ara­bi pale­sti­ne­si, che non sono cer­to di discen­den­za ebraica).
Si trat­ta, insom­ma, di un’ulteriore dimo­stra­zio­ne di quan­to fal­so sia il mito (pro­pa­gan­da­to dai soste­ni­to­ri del sio­ni­smo) del­la carat­te­riz­za­zio­ne del­lo Sta­to di Israe­le come l’unica “auten­ti­ca” demo­cra­zia in Medio Orien­te[2], come poi vedre­mo nel pro­sie­guo di que­sto testo. In real­tà, per com­pren­de­re l’attuale situa­zio­ne in quel­la regio­ne del Medio Orien­te in cui si dipa­na la cosid­det­ta “que­stio­ne pale­sti­ne­se”, è neces­sa­rio ana­liz­za­re il carat­te­re ed il ruo­lo del­lo Sta­to d’Israele, a par­ti­re da una disa­mi­na sto­ri­ca del sio­ni­smo: sco­pri­re­mo così che la que­stio­ne pale­sti­ne­se altro non è se non la con­se­guen­za del­la “que­stio­ne ebrai­ca”[3].

L’analisi mar­xi­sta del­la que­stio­ne ebraica
A dif­fe­ren­za del­le inte­res­sa­te rico­stru­zio­ni che indi­vi­dua­no nel­la reli­gio­ne ebrai­ca o in una pre­sun­ta “essen­za raz­zia­le” ugua­le a se stes­sa attra­ver­so i seco­li le ragio­ni del­la “soprav­vi­ven­za” fino a noi degli ebrei come “raz­za”[4], mol­ti degli auto­ri che si sono inte­res­sa­ti al tema in que­stio­ne sosten­go­no inve­ce che le cau­se del­la pre­sun­ta “ori­gi­na­li­tà” del popo­lo ebrai­co si deb­ba­no ricer­ca­re in cir­co­stan­ze che non han­no nul­la di ultra­ter­re­no o di raz­zia­le. Marx lo espres­se con estre­ma chia­rez­za, già ne “La que­stio­ne ebrai­ca”[5], riba­den­do ne La sacra fami­glia[6] e con­sa­cran­do infi­ne nei Grun­dris­se[7] e ne Il capi­ta­le[8] il con­cet­to che sareb­be poi sta­to ripre­so e feli­ce­men­te svi­lup­pa­to da Abra­ham Léon nel­la sua fon­da­men­ta­le ope­ra sul­la que­stio­ne ebrai­ca[9]. Léon indi­vi­duò la ragio­ne del­la soprav­vi­ven­za degli ebrei nel fat­to che nel­le socie­tà pre­ca­pi­ta­li­sti­che essi rap­pre­sen­ta­ro­no una clas­se socia­le. Di più: un popo­lo-clas­se, cioè «un grup­po socia­le con una fun­zio­ne eco­no­mi­ca spe­ci­fi­ca»[10]. In quel­le socie­tà, pro­dut­tri­ci di valo­ri d’uso e non di valo­ri di scam­bio (com’è inve­ce quel­la in cui noi attual­men­te vivia­mo), qua­si tut­to ciò che era pro­dot­to veni­va diret­ta­men­te desti­na­to all’uso o al con­su­mo, e non già alla ven­di­ta o allo scam­bio per otte­ner­ne un pro­fit­to in dena­ro. Cer­to, lo scam­bio e il dena­ro esi­ste­va­no, ma rap­pre­sen­ta­va­no l’eccezione e non la rego­la: la cir­co­la­zio­ne del­le mer­ci e del dena­ro-capi­ta­le (e, quin­di, l’economia mone­ta­ria) era essen­zial­men­te estra­nea a quel­la for­ma di socie­tà, in cui dun­que la com­pra­ven­di­ta e il pre­sti­to di dena­ro si svi­lup­pa­va­no rela­ti­va­men­te ai mar­gi­ni del modo di pro­du­zio­ne[11]. Per que­sto era­no eser­ci­ta­ti da “stra­nie­ri”, da popo­li-com­mer­cian­ti come gli ebrei, incar­nan­ti una clas­se mer­can­ti­le e finan­zia­ria precapitalistica.
Su que­ste rela­zio­ni mate­ria­li si fon­da­va la loro sovra­strut­tu­ra isti­tu­zio­na­le e ideo­lo­gi­ca: auto­ri­tà comu­ni­ta­rie, una reli­gio­ne “spe­cia­le” e il mito di con­si­de­rar­si discen­den­ti diret­ti del pri­mi­ti­vo popo­lo ebrai­co che abi­ta­va la Pale­sti­na all’inizio del­la nostra epo­ca. Que­sta sovra­strut­tu­ra man­te­ne­va la coe­sio­ne come popo­lo-clas­se, fal­san­do però la vera natu­ra del­la loro esi­sten­za[12]. Sot­to tale cor­ti­na ideo­lo­gi­co-reli­gio­sa si pro­du­ce­va il feno­me­no dell’incorporazione di indi­vi­dui o inte­ri grup­pi al popo­lo-clas­se, che chia­ri­sce per­ché ci sia­no sta­ti ebrei di “raz­za” mon­go­la nel Daghe­stan, ebrei neri in Etio­pia (i fala­scià), ebrei ara­bi nell’Islam ed ebrei di ori­gi­ne sla­va nell’Europa orien­ta­le. Ne discen­de che quel­lo del­la comu­ne discen­den­za da Abra­mo o dagli anti­chi abi­tan­ti del­la Pale­sti­na è un fal­so mito.
Léon spie­ga che duran­te il decli­no dell’Impero roma­no e del feu­da­le­si­mo, in cui pre­do­mi­na­va l’economia natu­ra­le, gli ebrei soprav­vi­ve­va­no in quan­to comu­ni­tà per­ché era­no gli inter­me­dia­ri indi­spen­sa­bi­li del com­mer­cio. La fase del capi­ta­li­smo medie­va­le li rele­gò dap­pri­ma nell’usura, sal­vo poi allon­ta­nar­li anche da que­sta fun­zio­ne, con la con­se­guen­te loro cac­cia­ta dai prin­ci­pa­li Pae­si dell’Europa occi­den­ta­le: il XIV e il XV seco­lo segna­ro­no il gran­de eso­do ver­so Est (soprat­tut­to la Polo­nia) degli ebrei occi­den­ta­li. Infi­ne, la com­par­sa del capi­ta­li­smo mani­fat­tu­rie­ro e indu­stria­le vide le comu­ni­tà ebrai­che rima­ste in Occi­den­te assi­mi­lar­si rapi­da­men­te nel­la misu­ra in cui non svol­ge­va­no alcun ruo­lo eco­no­mi­co par­ti­co­la­re[13].
La socie­tà dell’Europa orien­ta­le era inve­ce rima­sta fer­ma allo sta­dio feu­da­le: qui, fino alla fine del XVIII seco­lo, gli ebrei svol­se­ro il ruo­lo di com­mer­cian­ti o media­to­ri, pro­spe­ran­do[14]. Ma lo svi­lup­po del capi­ta­li­smo nel XIX seco­lo comin­ciò a mina­re la loro situa­zio­ne: la distru­zio­ne dell’economia feu­da­le e del­le for­me pri­mi­ti­ve di capi­ta­li­smo pro­dus­se da un lato il feno­me­no migra­to­rio di mas­sa degli ebrei ver­so i gros­si cen­tri dell’interno del­la Rus­sia e del­la Ger­ma­nia ed Austria e dall’altro un pro­ces­so di dif­fe­ren­zia­zio­ne socia­le del­la casta com­mer­cia­le ebrai­ca, sfo­cia­to nel­la for­ma­zio­ne di un pro­le­ta­ria­to mar­gi­na­le, con­cen­tra­to soprat­tut­to nel set­to­re dell’industria dei beni di con­su­mo e di dimen­sio­ne arti­gia­na­le, e di una mas­sa di paria desti­na­ti all’emigrazione. Infi­ne, l’avvento del­la fase impe­ria­li­sti­ca del capi­ta­li­smo sra­di­cò gli ebrei dal­le posi­zio­ni eco­no­mi­che che rico­pri­va­no da seco­li, spin­gen­do­li ver­so occi­den­te. Stran­go­la­ti tra il feu­da­le­si­mo in decom­po­si­zio­ne e il capi­ta­li­smo deca­den­te sen­za che l’assimilazione potes­se rea­liz­zar­si, essi rima­se­ro inchio­da­ti a una fun­zio­ne eco­no­mi­ca sto­ri­ca­men­te supe­ra­ta, non poten­do più inte­grar­si in un’economia capi­ta­li­sti­ca in declino.
L’incapacità di assi­mi­la­re i grup­pi ebrei alla bor­ghe­sia e alla clas­se media in manie­ra natu­ra­le (com’era acca­du­to, ad esem­pio, in Inghil­ter­ra) fu alla base del­la con­trad­di­zio­ne che die­de for­ma all’antisemitismo moder­no, facen­do degli ebrei il capro espia­to­rio del­la cri­si del capi­ta­li­smo[15]. In Occi­den­te, la cri­si glo­ba­le dei rap­por­ti socia­li bor­ghe­si die­de un nuo­vo slan­cio all’antisemitismo fino alla for­ma più estre­ma del regi­me nazi­sta, che più tar­di avreb­be dirot­ta­to con­tro gli ebrei l’odio anti­ca­pi­ta­li­sta e la dispe­ra­zio­ne del­la clas­se media, del­la pic­co­la bor­ghe­sia pau­pe­riz­za­ta e di set­to­ri arre­tra­ti del­la stes­sa clas­se operaia.

La nasci­ta del movi­men­to sionista
Per una curio­sa coin­ci­den­za sto­ri­ca, fra il 1897 e il 1898 sor­se­ro le tre orga­niz­za­zio­ni poli­ti­che che incro­cia­ro­no i desti­ni del­la que­stio­ne ebrai­ca dan­do­le rispo­ste stra­te­gi­ca­men­te dif­fe­ren­ti: quan­do nel 1898 ven­ne fon­da­to il Par­ti­to ope­ra­io social­de­mo­cra­ti­co rus­so (Posdr) – cioè quel­lo che dopo la scis­sio­ne del 1903 fra bol­sce­vi­chi e men­sce­vi­chi, gui­da­to da Lenin e Tro­tsky, sareb­be giun­to al pote­re nell’ottobre del 1917 – già era­no nati l’anno pre­ce­den­te il Bund (Unio­ne gene­ra­le degli ope­rai ebrei del­la Litua­nia, Polo­nia e Rus­sia) e l’Organizzazione sio­ni­sta. Non par­le­re­mo qui, se non inci­den­tal­men­te, del pri­mo. Accen­ne­re­mo inve­ce al secon­do, per poi sof­fer­mar­ci det­ta­glia­ta­men­te su quest’ultima.
Come abbia­mo det­to, il pro­le­ta­ria­to ebreo nell’Europa orien­ta­le for­ma­to­si col pro­ces­so di dif­fe­ren­zia­zio­ne socia­le nel­la casta com­mer­cia­le ebrai­ca, era rele­ga­to in set­to­ri mar­gi­na­li dell’economia indu­stria­le, per­lo­più fab­bri­che arti­gia­na­li o semiar­ti­gia­na­li tes­si­li e con­cia­rie. Per i cir­co­li intel­let­tua­li ebrai­ci litua­ni e polac­chi, il mar­xi­smo cui si avvi­ci­na­va­no non ser­vi­va a dare una rispo­sta alla clas­se ope­ra­ia nel suo insie­me, ma a risol­ve­re il pro­ble­ma nazio­na­le ebrai­co in Rus­sia in con­si­de­ra­zio­ne di un pro­le­ta­ria­to strut­tu­ral­men­te mar­gi­na­le ed etni­ca­men­te omo­ge­neo. Infat­ti, le con­di­zio­ni di lavo­ro degli ope­rai ebrei – alle dipen­den­ze di un padro­ne ebreo, in una fab­bri­ca ebrea – deter­mi­na­va­no una sor­ta di “ghet­to socio-eco­no­mi­co”[16] in cui era impos­si­bi­le l’incontro con gli ope­rai rus­si o polac­chi: la coscien­za di clas­se si fon­dò dun­que, per così dire, su basi nazio­na­li. Il Bund nac­que sì su basi teo­ri­che socia­li­ste e rivo­lu­zio­na­rie, ma per orga­niz­za­re que­sto pro­le­ta­ria­to, agi­tan­do la paro­la d’ordine del­la sal­va­guar­dia del­la “cul­tu­ra nazio­na­le” e soste­nen­do l’organizzazione sepa­ra­ta degli ope­rai ebrei rispet­to ai rus­si, polac­chi, ecc., divi­den­do così il movi­men­to ope­ra­io a secon­da del­la sua ori­gi­ne nazio­na­le o “raz­zia­le”. In real­tà, il Bund era un rifles­so del nazio­na­li­smo bor­ghe­se in seno al pro­le­ta­ria­to ebreo, inscri­ven­do­si in quel­la cor­ren­te del­la social­de­mo­cra­zia euro­pea che capi­to­la­va di fron­te alle rispet­ti­ve bor­ghe­sie nazionali.
L’anno suc­ces­si­vo alla nasci­ta del Bund – sia­mo quin­di nel 1898 – tre suoi dele­ga­ti par­te­ci­pa­ro­no al con­gres­so di fon­da­zio­ne del Posdr, mar­can­do anche in quel­la occa­sio­ne la pro­pria pro­spet­ti­va di dife­sa del­le tra­di­zio­ni loca­li­ste e dell’autonomia orga­niz­za­ti­va del pro­le­ta­ria­to ebrai­co[17]. Il Bund fece quin­di par­te del Posdr fino alla scis­sio­ne del­le due fra­zio­ni, bol­sce­vi­ca e men­sce­vi­ca, nel 1903. Da quel momen­to in poi si alli­neò sem­pre con quest’ultima, fino ad appog­gia­re Keren­sky con­tro Lenin e Tro­tsky nel 1917[18].
Coe­va­men­te al Bund, nel­lo stes­so 1897, nac­que l’Organizzazione sio­ni­sta. Il telo­ne di fon­do era dato dall’acuirsi dell’antisemitismo, fra i pogrom rus­si del 1882 e l’affare Drey­fus in Fran­cia (1894): in Rus­sia nasce­va l’Associazione degli Aman­ti di Sion ad ope­ra del medi­co ebreo polac­co Leo Pin­sker, auto­re del pam­phlet Autoe­man­ci­pa­zio­ne, in cui soste­ne­va che l’unica solu­zio­ne pos­si­bi­le per la que­stio­ne ebrai­ca era il ritor­no in Pale­sti­na. L’associazione ven­ne forag­gia­ta dal ban­chie­re ebreo fran­ce­se Edmond James de Roth­schild che acqui­stò 25.000 etta­ri di ter­re­ni agri­co­li in Pale­sti­na tra­sfe­ren­do­li alla Jewish Colo­ni­za­tion Asso­cia­tion (che con­ti­nuò a finan­zia­re negli anni) e favo­ren­do l’insediamento del­le pri­me colo­nie ebrai­che in ter­ri­to­rio pale­sti­ne­se. Nascon­den­do­si die­tro un atteg­gia­men­to pater­na­li­sti­co (l’aiuto agli “sfor­tu­na­ti fra­tel­li”) Roth­schild, in real­tà, si ren­de­va inter­pre­te degli inte­res­si del­la bor­ghe­sia ebrai­ca occi­den­ta­le che, da un lato, non vede­va di buon occhio la recru­de­scen­za dell’antisemitismo e dun­que favo­ri­va l’emigrazione il più lon­ta­no pos­si­bi­le (ver­so la “ter­ra dei loro avi”) di mas­se ebrai­che spin­te in Occi­den­te dal­la mise­ria che sof­fri­va­no nell’Est euro­peo; dall’altro, aspi­ra­va a con­fi­na­re gli ebrei più pove­ri in Medio Orien­te allo sco­po di sepa­rar­li dal­la lot­ta di clas­se in Euro­pa sot­traen­do­li all’influenza che su di essi ave­va il mar­xi­smo rivo­lu­zio­na­rio[19].
In que­sto qua­dro, Theo­dor Herzl, un gior­na­li­sta ebreo unghe­re­se, scris­se un libro, Lo Sta­to ebrai­co, che ancor oggi vie­ne con­si­de­ra­to “la bib­bia del movi­men­to sio­ni­sta”. «Sin dal suo ini­zio – dice Léon – il sio­ni­smo si pre­sen­tò come rea­zio­ne del­la pic­co­la bor­ghe­sia ebrea (…) dura­men­te col­pi­ta dall’ondata cre­scen­te di anti­se­mi­ti­smo, sbat­tu­ta da un pae­se all’altro, in cer­ca di una Ter­ra Pro­mes­sa in cui tro­va­re ripa­ro (…). Il sio­ni­smo (…) è di fat­to un pro­dot­to del­la fase supre­ma del capi­ta­li­smo, di un capi­ta­li­smo che ha ini­zia­to la sua fase di decli­no, (…) l’ideologia sio­ni­sta, come tut­te le ideo­lo­gie, non è che il rifles­so distor­to degli inte­res­si di una clas­se, l’ideologia del­la pic­co­la bor­ghe­sia ebrea che sof­fo­ca fra le rovi­ne del feu­da­le­si­mo e il capi­ta­li­smo in decli­no»[20].
Herzl orga­niz­zò il pri­mo con­gres­so sio­ni­sta, che si cele­brò a Basi­lea nell’agosto del 1897 e si con­clu­se con l’approvazione dell’opzione poli­ti­ca del­la costru­zio­ne in Pale­sti­na di uno Sta­to ebrai­co. Il vero obiet­ti­vo del sio­ni­smo, però, non fu mai solo quel­lo di colo­niz­za­re la Pale­sti­na, ma di disper­de­re ed espro­pria­re il popo­lo che l’abitava, piut­to­sto che sfrut­tar­lo, come inve­ce era “tra­di­zio­ne” del colo­nia­li­smo clas­si­co. L’intenzione era sosti­tui­re la popo­la­zio­ne nati­va con una nuo­va comu­ni­tà di colo­ni, espel­len­do, non solo dal­la loro ter­ra ma anche dal­la sto­ria, con­ta­di­ni, arti­gia­ni e cit­ta­di­ni pale­sti­ne­si, rim­piaz­zan­do­li con una nuo­va for­za lavo­ro[21].
Un simi­le pro­get­to, però, era impe­gna­ti­vo per un movi­men­to anco­ra debo­le e di scar­so segui­to all’interno del­le comu­ni­tà ebrai­che mon­dia­li[22], così i sio­ni­sti cer­ca­ro­no l’appoggio di diver­si impe­ria­li­smi, gio­can­do per­si­no con­tem­po­ra­nea­men­te su più tavo­li: dal sul­ta­no tur­co al kai­ser tede­sco, dal re d’Inghilterra allo zar rus­so, fino a tro­va­re soste­gno pro­prio nell’impero bri­tan­ni­co. Nel novem­bre 1917, la “Dichia­ra­zio­ne Bal­four”[23] aprì la stra­da alla crea­zio­ne del­lo Sta­to d’Israele.

Dall’occupazione del­la Pale­sti­na alla fon­da­zio­ne del­lo Sta­to d’Israele
Fini­ta la pri­ma guer­ra mon­dia­le, la Socie­tà del­le nazio­ni, ante­si­gna­na dell’Onu, asse­gnò alla Gran Bre­ta­gna il man­da­to sul­la Pale­sti­na. Ini­ziò ad inten­si­fi­car­si[24] l’afflusso di colo­ni sio­ni­sti che acqui­si­va­no in bloc­co ter­re su cui costrui­va­no inse­dia­men­ti per crea­re reti socia­li e comu­ni­ta­rie a soste­gno di un grup­po anco­ra ristret­to ed eco­no­mi­ca­men­te debo­le di nuo­vi arri­va­ti[25]. Nel 1917 c’erano in Pale­sti­na 56.000 ebrei e 644.000 ara­bi. La colo­niz­za­zio­ne espli­ci­ta­va ormai le rea­li inten­zio­ni dei sio­ni­sti: l’acquisizione del­le ter­re pre­ve­de­va l’espulsione con la for­za dei con­ta­di­ni ara­bi e il boi­cot­tag­gio dell’economia pale­sti­ne­se (i colo­ni assu­me­va­no solo lavo­ra­to­ri ebrei e com­pra­va­no solo pro­dot­ti da agri­col­to­ri o da nego­zian­ti ebrei). E ad appro­fon­di­re que­sto pro­ces­so con­tri­buì anche l’amministrazione bri­tan­ni­ca che con­fi­scò tut­te le ter­re di pro­prie­tà col­let­ti­va[26] dichia­ran­do­le di pro­prie­tà sta­ta­le. Alla fine del man­da­to (1948), sareb­be­ro sta­te con­si­de­ra­te di pro­prie­tà del neo­na­to Sta­to d’Israele.
Per seco­li una mol­ti­tu­di­ne ara­ba e pochi ebrei ave­va­no con­vis­su­to paci­fi­ca­men­te, ma ora i nuo­vi arri­va­ti rap­pre­sen­ta­va­no una pre­sen­za che mira­va ad impor­si come domi­na­tri­ce nel Pae­se. Nac­que una resi­sten­za sot­to for­ma di disob­be­dien­za civi­le e insur­re­zio­ne arma­ta che durò dal 1936 al 1939, con le for­ze arma­te ingle­si che a fati­ca riu­sci­ro­no a schiac­ciar­la nel san­gue, anche col sup­por­to del­le for­ze para­mi­li­ta­ri sio­ni­ste che, adde­stra­te diret­ta­men­te dal­le trup­pe bri­tan­ni­che, for­ma­ro­no il nucleo di quel­lo che sareb­be poi diven­ta­to l’esercito israe­lia­no. Pur con alcu­ne con­trad­di­zio­ni, l’amministrazione man­da­ta­ria con­sen­tì al movi­men­to sio­ni­sta di crear­si un’enclave indi­pen­den­te come base per la suc­ces­si­va fon­da­zio­ne del­lo Sta­to d’Israele. Intan­to, la situa­zio­ne venu­ta­si a deter­mi­na­re in Euro­pa, con l’emanazione di legi­sla­zio­ni raz­zia­li, accen­tuò l’ondata migra­to­ria degli ebrei per­se­gui­ta­ti in Pale­sti­na. La sco­per­ta dell’Olocausto dopo la fine del­la secon­da guer­ra mon­dia­le, poi, con­vin­se l’opinione pub­bli­ca mon­dia­le del­la neces­si­tà di crea­re uno Sta­to auto­no­mo degli ebrei.
Nel 1947 c’erano ormai in Pale­sti­na 630.000 ebrei e 1.300.000 ara­bi e, ben­ché i pri­mi rap­pre­sen­tas­se­ro solo il 31% del­la popo­la­zio­ne, il pia­no di divi­sio­ne pro­mos­so dall’Onu con l’appoggio di Sta­lin[27] pre­ve­de­va l’assegnazione del 54% del­le ter­re fer­ti­li al movi­men­to sio­ni­sta. Ma già pri­ma del­la nasci­ta del­lo Sta­to d’Israele esso se ne era impa­dro­ni­to per i tre quar­ti espel­len­do­ne gli abi­tan­ti. Dei 475 cen­tri abi­ta­ti pale­sti­ne­si esi­sten­ti nel 1948, 385 furo­no com­ple­ta­men­te rasi al suo­lo; i rima­nen­ti si vide­ro con­fi­sca­te le ter­re. Le vere mire sio­ni­ste era­no sta­te espli­ci­ta­te mol­ti anni pri­ma. In un discor­so del 1938, David Ben Gurion (futu­ro pre­mier) dichia­rò: «Quan­do sare­mo diven­ta­ti una for­za di peso con la nasci­ta del­lo Sta­to, abo­li­re­mo la divi­sio­ne e ci espan­de­re­mo in tut­ta la Pale­sti­na. (…) Lo Sta­to dovrà pre­ser­va­re l’ordine, non pre­di­can­do, ma con le mitra­glia­tri­ci»[28]. Al momen­to del­la pro­cla­ma­zio­ne del­lo Sta­to d’Israele (15/5/1948), 780.000 pale­sti­ne­si era­no sta­ti espul­si; gli altri furo­no vit­ti­me di per­se­cu­zio­ni sel­vag­ge e una car­ne­fi­ci­na para­go­na­bi­le solo a quel­la mes­sa in atto dai nazi­sti: era la Nak­ba, la cata­stro­fe, che dura anco­ra oggi.
Il gior­no suc­ces­si­vo alla pro­cla­ma­zio­ne, scop­pia­va la pri­ma del­le guer­re ara­bo-israe­lia­ne, i cui svi­lup­pi non trat­te­re­mo qui, ma per i qua­li rin­via­mo alle già cita­te ope­re di Schoen­man e Pap­pe[29]. Pos­sia­mo però già affer­ma­re a mo’ di sin­te­si che la nasci­ta e la per­ma­nen­za in vita del­lo Sta­to sio­ni­sta d’Israele sono il frut­to di una rapi­na e di innu­me­re­vo­li e san­gui­no­si mas­sa­cri ai dan­ni di una popo­la­zio­ne inerme.

La chia­ve del pro­ble­ma è nel­la natu­ra del­lo Sta­to d’Israele
Ci pare inve­ce uti­le sof­fer­mar­ci sul suo carat­te­re, a par­ti­re da quel­lo dell’ideologia sio­ni­sta che lo sostiene.
Innan­zi­tut­to, il sio­ni­smo non è para­go­na­bi­le ai movi­men­ti di libe­ra­zio­ne nazio­na­le che han­no lot­ta­to per libe­rar­si dai colo­niz­za­to­ri impe­ria­li­sti, come pos­so­no esse­re sta­ti quel­li in India, Indo­ne­sia, Alge­ria, Viet­nam. Israe­le è inve­ce un’enclave inse­dia­ta in Pale­sti­na per difen­de­re gli inte­res­si dell’imperialismo in un’area stra­te­gi­ca[30]: come nel caso dei colo­ni ingle­si in Rho­de­sia (l’attuale Zim­ba­b­we) o degli afri­ka­ner in Sud Afri­ca, si trat­ta di una popo­la­zio­ne stra­nie­ra impian­ta­ta nel­le ter­re dei nati­vi dove eser­ci­ta un ruo­lo oppres­so­re e al ser­vi­zio dell’imperialismo.
Israe­le è uno Sta­to raz­zi­sta. Come riba­di­to dal prov­ve­di­men­to nor­ma­ti­vo cita­to all’inizio di quest’articolo, è uffi­cial­men­te uno “Sta­to ebreo”, cioè non di tut­ti colo­ro che lo abi­ta­no, ma solo di chi è di discen­den­za ebrea[31]: la “leg­ge del ritor­no” san­ci­sce il dirit­to per ogni ebreo a ritor­na­re in Israe­le (col rico­no­sci­men­to del­la cit­ta­di­nan­za), ma non è ispi­ra­ta – come potreb­be appa­ri­re – a un prin­ci­pio uma­ni­ta­rio, ben­sì a una con­ce­zio­ne etni­ca del­lo Sta­to, dato che non è appli­ca­bi­le ai fami­lia­ri all’estero di quei pale­sti­ne­si che vivo­no e lavo­ra­no in Israe­le, dal momen­to che que­sti non sono ebrei; la “leg­ge sul­la cit­ta­di­nan­za” impe­di­sce il matri­mo­nio di ebrei con i resi­den­ti nei Ter­ri­to­ri occu­pa­ti, pena la per­di­ta dei dirit­ti di cit­ta­di­nan­za; la “leg­ge dell’assente” con­sen­te l’esproprio del­le ter­re che non sono sta­te col­ti­va­te per un cer­to tem­po e che in tut­ta evi­den­za si appli­ca a dan­no di chi è sta­to espul­so dal ter­ri­to­rio sen­za poter­vi fare ritor­no (i pale­sti­ne­si), ma non risul­ta mai esse­re sta­ta appli­ca­ta nei con­fron­ti di un ebreo[32]. Le ter­re ven­go­no asse­gna­te, attra­ver­so il Fon­do nazio­na­le ebrai­co, solo ad ebrei, che per leg­ge non pos­so­no ven­de­re, affit­ta­re o far col­ti­va­re a “non ebrei”.
Ci sono poi altre dispo­si­zio­ni che impe­di­sco­no i matri­mo­ni fra non ebrei che abi­ta­no in aree diver­se dei Ter­ri­to­ri occu­pa­ti o addi­rit­tu­ra le riu­ni­fi­ca­zio­ni di nuclei fami­lia­ri che sono disper­si in quel­le aree. E infi­ne, esi­sto­no altre misu­re di tipo ammi­ni­stra­ti­vo o poli­zie­sco, come i check-point da cui i pale­sti­ne­si sono costret­ti a pas­sa­re più vol­te al gior­no per recar­si al lavo­ro o altre neces­si­tà, costret­ti ad este­nuan­ti controlli.
Per man­te­ne­re il suo carat­te­re colo­nia­le e raz­zi­sta, lo Sta­to sio­ni­sta è obbli­ga­to ad eser­ci­ta­re per­ma­nen­te­men­te la vio­len­za con­tro la popo­la­zio­ne domi­na­ta, né può tol­le­ra­re la mini­ma con­te­sta­zio­ne inter­na o con­te­sta­zio­ne del­la sua natu­ra: la “leg­ge del par­la­men­to” vie­ta la pre­sen­ta­zio­ne di par­ti­ti che neghi­no l’esistenza di Israe­le come Sta­to del popo­lo ebrai­co o la sua natu­ra “demo­cra­ti­ca”[33]; non si con­ta­no le miglia­ia di deten­zio­ni ai dan­ni di pale­sti­ne­si e i casi di tor­tu­re. E per difen­de­re il carat­te­re raz­zi­sta, la popo­la­zio­ne ebrai­ca vive sem­pre sul pie­de di guer­ra: il prin­ci­pio del­la sicu­rez­za di Israe­le si sostan­zia in una per­ma­nen­te chia­ma­ta alle armi e in un’educazione militarista.
Il raz­zi­smo è addi­rit­tu­ra “intraet­ni­co”: ven­go­no discri­mi­na­ti gli ebrei sefar­di­ti (Miz­ra­him), discen­den­ti dal­le comu­ni­tà ebrai­che del Medio Orien­te, Maroc­co, Egit­to, Iraq, Iran, India, che si distin­guo­no dall’etnia domi­nan­te (Ash­ke­na­zi) per cul­tu­ra, abi­tu­di­ni, lin­gua, fino al colo­re del­la pelle.
Il col­lan­te che tie­ne insie­me que­sta socie­tà così vio­len­ta e raz­zi­sta è l’immaginario col­let­ti­vo del “nemi­co comu­ne” e dell’assedio perpetuo.
Sin dal­la pro­cla­ma­zio­ne del­lo Sta­to d’Israele, i sio­ni­sti han­no uti­liz­za­to, in una per­ma­nen­te mani­po­la­zio­ne del geno­ci­dio, il ricat­to dell’Olocausto per impor­re la loro poli­ti­ca, e bran­di­to l’accusa di anti­se­mi­ti­smo con­tro chiun­que osas­se avan­za­re cri­ti­che alla natu­ra del­la socie­tà che han­no edi­fi­ca­to. Sono mol­ti, però, i docu­men­ti sto­ri­ci che pro­va­no una sor­di­da sto­ria di col­la­bo­ra­zio­ne e addi­rit­tu­ra di com­pli­ci­tà con i nazi­sti del sio­ni­smo, che nul­la fece – pur poten­do – per sal­va­re gli ebrei dal­le came­re a gas[34]. La poli­ti­ca di Israe­le nei con­fron­ti dei pale­sti­ne­si può ben esse­re defi­ni­ta geno­ci­da, non dif­fe­ren­do – se non nei nume­ri – da quel­la appli­ca­ta dal nazi­smo ai danni degli ebrei d’Europa: è per que­sto che lo scrit­to­re e paci­fi­sta israe­lia­no Uri Avne­ry accu­sa il suo gover­no di esse­re esso stes­so la più gran­de fab­bri­ca di anti­se­mi­ti­smo al mondo.

Distru­zio­ne del sio­ni­smo e del­la sua strut­tu­ra sta­tua­le come pri­mo pas­so per la solu­zio­ne del­la que­stio­ne ebraica
In mol­ti casi è il timo­re di esse­re accu­sa­ti di anti­se­mi­ti­smo a fre­na­re colo­ro che vor­reb­be­ro denun­cia­re i cri­mi­ni di Israe­le: ed è per que­sto che è impor­tan­te svol­ge­re una capil­la­re ope­ra di con­tro­in­for­ma­zio­ne al fine di eman­ci­pa­re le coscien­ze dall’inganno siste­ma­ti­co per­pe­tra­to dal­la pro­pa­gan­da e dall’ideologia sio­ni­sta, facen­do com­pren­de­re che que­sto can­cro non solo non ha risol­to e non risol­ve­rà la que­stio­ne ebrai­ca[35], ma ha crea­to anche una que­stio­ne pale­sti­ne­se. In altri casi è la natu­ra rifor­mi­sta e con­tro­ri­vo­lu­zio­na­ria di alcu­ne orga­niz­za­zio­ni del­la sini­stra a impe­di­re l’avanzamento di una coscien­za in tal sen­so. Pren­dia­mo ad esem­pio quan­to è acca­du­to in occa­sio­ne dell’aggressione israe­lia­na con­tro la Stri­scia di Gaza del luglio 2014, che ha pro­vo­ca­to 2191 mor­ti (di cui 299 don­ne e 597 bam­bi­ni) e 10.895 feri­ti[36], raden­do al suo­lo rile­van­te par­te del ter­ri­to­rio del­la Striscia.
Ebbe­ne, all’aggressione mili­ta­re la sini­stra rifor­mi­sta ita­lia­na ha rispo­sto invo­can­do una gene­ri­ca “pace” fra Israe­le e Pale­sti­na, sen­za distin­gue­re fra l’usurpatore sto­ri­co e l’aggredito e ripro­po­nen­do la stan­tia solu­zio­ne dei “due popo­li, due Sta­ti”. Men­tre Sel[37] invo­ca­va l’intervento dei caschi blu di quel­la stes­sa Onu che ha con­se­gna­to al movi­men­to sio­ni­sta le chia­vi del­la Pale­sti­na e ha poi sem­pre coper­to poli­ti­ca­men­te il suo pro­get­to raz­zi­sta e colo­nia­le, il segre­ta­rio di Rifon­da­zio­ne comu­ni­sta, Pao­lo Fer­re­ro, si pre­mu­ra­va di annun­cia­re al mon­do, nel bel mez­zo dei bom­bar­da­men­ti e del­le atro­ci­tà inflit­te a don­ne, vec­chi e bam­bi­ni pale­sti­ne­si, che lui – per cari­tà! – non è anti­sio­ni­sta e che lo Sta­to usur­pa­to­re ha la sua legit­ti­mi­tà sto­ri­ca sul­la Pale­sti­na[38]. Di fat­to, que­ste posi­zio­ni ren­do­no la sini­stra rifor­mi­sta com­pli­ce del­la mat­tan­za sionista.
A que­sta visio­ne poli­ti­ca è neces­sa­rio oppor­re inve­ce – a par­ti­re da una ter­za Inti­fa­da i cui segna­li si sono intra­vi­sti in occa­sio­ne dell’aggressione sio­ni­sta[39] e che potreb­be costi­tui­re una poten­te spin­ta per la ripre­sa e lo svi­lup­po del pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio nel­la regio­ne medio­rien­ta­le – l’unica rea­le solu­zio­ne: l’estirpazione defi­ni­ti­va del can­cro raz­zi­sta e geno­ci­da nel­la regio­ne, cioè la distru­zio­ne del­lo Sta­to sio­ni­sta di Israe­le, cane da guar­dia dell’imperialismo nell’area, e la costru­zio­ne di una Pale­sti­na uni­ca, lai­ca, demo­cra­ti­ca e non raz­zi­sta in tut­to il suo ter­ri­to­rio sto­ri­co[40]. Una Pale­sti­na sen­za muri né cam­pi di con­cen­tra­men­to, in cui pos­sa­no fare ritor­no i milio­ni di rifu­gia­ti espul­si dal­la loro ter­ra e recu­pe­ra­re i pro­pri pie­ni dirit­ti i milio­ni che sono rima­sti e sono oggi oppres­si. Un Pae­se in cui, a loro vol­ta, pos­sa­no per­ma­ne­re tut­ti gli ebrei che sia­no dispo­sti a con­vi­ve­re in pace e ugua­glian­za, con dirit­ti di mino­ran­za, nel­la pro­spet­ti­va dell’edificazione del­la Fede­ra­zio­ne del­le repub­bli­che ara­be socialiste.
Rispet­to all’analisi fat­ta a par­ti­re dal XIX seco­lo dal mar­xi­smo, attual­men­te la que­stio­ne ebrai­ca si è aggra­va­ta per effet­to del sio­ni­smo[41], che si pone come un osta­co­lo in più sul­la stra­da del­la sua solu­zio­ne. Ai mar­xi­sti rivo­lu­zio­na­ri di oggi spet­ta un com­pi­to ancor più gra­vo­so di quel­lo dei loro pre­de­ces­so­ri: distrug­ge­re que­sto mostruo­so siste­ma di oppres­sio­ne, a par­ti­re dall’architettura sta­tua­le di cui si è dota­to[42].


Note

[1] Così il diri­gen­te del Likud, Zeev Elkin, duran­te il dibat­ti­to: http://tinyurl.com/lfbfan7.
[2] Nel suo fon­da­men­ta­le lavo­ro rico­strut­ti­vo La sto­ria occul­ta del sio­ni­smo, lo sto­ri­co israe­lia­no Ral­ph Schoen­man descri­ve i quat­tro fal­si miti su cui si reg­ge lo Sta­to di Israe­le: il pri­mo è quel­lo di “una ter­ra sen­za popo­lo per un popo­lo sen­za ter­ra”; il secon­do, appun­to, quel­lo del­la “demo­cra­zia israe­lia­na”; il ter­zo, quel­lo del­la “sicu­rez­za” che sareb­be alla base del­la poli­ti­ca este­ra israe­lia­na, cioè la neces­si­tà di costrui­re una socie­tà com­ple­ta­men­te mili­ta­riz­za­ta in gra­do di difen­der­si dal­le “orde bar­ba­ri­che” di mas­se ara­be tra­boc­can­ti odio; il quar­to, infi­ne, quel­lo del sio­ni­smo come “ere­de mora­le” del­le vit­ti­me dell’Olocausto (nel­la ste­su­ra di quest’articolo fac­cia­mo rife­ri­men­to all’edizione bra­si­lia­na del testo di Schoen­man, A histó­ria ocul­ta do sio­ni­smo, 2008, Edi­to­ra Sun­der­mann. Il richia­mo ai “quat­tro miti” si tro­va alle pagi­ne 44–45).
[3] Fra i pri­mi ad aver affron­ta­to da un pun­to di vista scien­ti­fi­co la que­stio­ne ebrai­ca vi fu Karl Marx, e al suo scrit­to “La que­stio­ne ebrai­ca”, pub­bli­ca­to nel­la rivi­sta Anna­li fran­co-tede­schi nel feb­bra­io del 1844 (Mas­sa­ri edi­to­re, 2001, pp. 259 e ss.) occor­re rin­via­re. Non­di­me­no, il testo fon­da­men­ta­le al riguar­do è indub­bia­men­te quel­lo di Abra­ham Léon, La con­ce­zio­ne mate­ria­li­sta del­la que­stio­ne ebrai­ca, pub­bli­ca­to postu­mo in lin­gua fran­ce­se, tra­dot­to poi in ingle­se (The Jewish Que­stion, a Mar­xi­st Inter­pre­ta­tion) e pub­bli­ca­to in Ita­lia, da ulti­mo, per i tipi del­la Gio­va­ne Tal­pa, 2006, con il tito­lo Il mar­xi­smo e la que­stio­ne ebrai­ca: è a quest’edizione che fac­cia­mo rife­ri­men­to qui. Nato nel 1918 a Var­sa­via da geni­to­ri ebrei, Léon emi­grò in Bel­gio dove mili­tò nel movi­men­to gio­va­ni­le sio­ni­sta di sini­stra Hasho­mer Hatzair dive­nen­do­ne pre­sto uno dei mas­si­mi diri­gen­ti. Rup­pe in segui­to col sio­ni­smo avvi­ci­nan­do­si alla Quar­ta Inter­na­zio­na­le. Scris­se nel 1942, in con­di­zio­ni incre­di­bil­men­te dif­fi­ci­li, nel­la clan­de­sti­ni­tà dovu­ta all’occupazione nazi­sta, il testo sul­la que­stio­ne ebrai­ca, lo stu­dio mar­xi­sta più impor­tan­te che sia sta­to scrit­to su que­sto tema. Impe­gna­to nell’organizzazione e nel­lo svi­lup­po del­la sezio­ne bel­ga del­la Quar­ta, ven­ne arre­sta­to e depor­ta­to ad Ausch­wi­tz dove morì poche set­ti­ma­ne pri­ma del­la libe­ra­zio­ne degli inter­na­ti dal campo.
[4] Que­ste rico­stru­zio­ni sono inte­res­sa­te, per­ché fun­zio­na­li sia all’antisemitismo scio­vi­ni­sta che, dal ver­san­te oppo­sto, al sio­ni­smo, che del pri­mo non rap­pre­sen­ta altro, come spie­ghe­re­mo, se non l’immagine riflessa.
[5] «Non cer­chia­mo il segre­to dell’ebreo nel­la sua reli­gio­ne, cer­chia­mo inve­ce il segre­to del­la reli­gio­ne nell’ebreo rea­le. Qual è il prin­ci­pio mon­da­no dell’ebraismo? Il biso­gno pra­ti­co, l’egoismo. Qual è il cul­to mon­da­no dell’ebreo? Il bas­so com­mer­cio. Qual è il suo Dio mon­da­no? Il dena­ro. Ebbe­ne, l’emancipazione dal com­mer­cio e dal dena­ro, dun­que dall’ebraismo pra­ti­co, rea­le, sareb­be l’emancipazione del­la nostra epo­ca. Un’organizzazione del­la socie­tà che eli­mi­nas­se i pre­sup­po­sti del traf­fi­co (…) ren­de­reb­be impos­si­bi­le l’ebreo. La sua coscien­za reli­gio­sa sareb­be sciol­ta come vano fumo (…). Noi rico­no­scia­mo dun­que nell’ebraismo un ele­men­to anti­so­cia­le, uni­ver­sa­le e pre­sen­te, il qua­le, attra­ver­so lo svi­lup­po sto­ri­co a cui gli ebrei (…) han­no col­la­bo­ra­to con zelo, è sta­to sospin­to fino al cul­mi­ne attua­le (…). L’emancipazione degli ebrei è, nel suo signi­fi­ca­to ulti­mo, l’emancipazione dell’umanità dall’ebraismo» (K. Marx, op. cit., p. 293).
[6] «L’ebraismo rea­le, mon­da­no, e per­ciò anche l’ebraismo reli­gio­so, è pro­dot­to con­ti­nua­men­te dal­la vita civi­le moder­na, e tro­va la sua ela­bo­ra­zio­ne ulti­ma nel siste­ma del dena­ro. (…) l’ebraismo si è con­ser­va­to e si è svi­lup­pa­to median­te la sto­ria, nel­la sto­ria e con la sto­ria (…) que­sto svi­lup­po è da col­lo­car­si non nel­la teo­ria reli­gio­sa, ma solo nel­la pras­si com­mer­cia­le e indu­stria­le» (F. Engels – K. Marx, La sacra fami­glia, Edi­to­ri Riu­ni­ti, 1979, pp. 142–143).
[7] K. Marx, Grun­dris­se. Linea­men­ti fon­da­men­ta­li del­la cri­ti­ca del­l’e­co­no­mia poli­ti­ca, PGre­co edi­zio­ni, Vol. I, p. 466.
[8] K. Marx, Il capi­ta­le, Edi­to­ri Riu­ni­ti, 1994, Libro I, sez. I, cap. 1, p. 111. Ana­lo­ga­men­te, op. cit., Libro III, sez. IV, cap. 20, p. 395.
[9] L’opera di Abra­ham Léon è sta­ta sot­to­po­sta a cri­ti­ca da Enzo Tra­ver­so (Les mar­xi­stes et la que­stion jui­ve, Edi­tions Kimé, 1997), cui ha rispo­sto – peral­tro, con una dife­sa abba­stan­za timi­da – Erne­st Man­del in una nota di let­tu­ra del testo di Tra­ver­so (http://tinyurl.com/poo2obo). Va  però segna­la­to che quest’ultimo, pur mol­to ben docu­men­ta­to e di uti­lis­si­ma let­tu­ra, appa­re – al di là del­le obie­zio­ni di Man­del – attra­ver­sa­to da idea­li­smo e pog­gia in defi­ni­ti­va sugli stes­si fon­da­men­ti demo­li­ti da Léon.
[10] A. Léon, op. cit., p. 34.
[11] Marx spie­ga effi­ca­ce­men­te che il capi­ta­le vive­va “nei pori” di quel­le socie­tà: e che in quei pori era­no pene­tra­ti gli ebrei.
[12] R. Fan­jul, G. Zadu­nai­sky, “Israel: histo­ria de una colo­ni­za­ción”, Revi­sta de Amé­ri­ca, dicem­bre 1973, p. 5.
[13] Fu dun­que la loro spe­ci­fi­ca fun­zio­ne eco­no­mi­ca a per­met­te­re agli ebrei di con­ser­va­re un’identità par­ti­co­la­re di grup­po socia­le per tut­to il tem­po in cui han­no assol­to un ruo­lo socio-eco­no­mi­co spe­ci­fi­co, e uni­ca­men­te a tale con­di­zio­ne. Non appe­na ces­sa­va­no di assol­ve­re tale ruo­lo, essi si assi­mi­la­va­no ai popo­li cir­co­stan­ti. In que­sto sen­so, come spie­ga Léon (op. cit., pp. 40–41), la fun­zio­ne degli ebrei come popo­lo-clas­se spie­ga non solo la loro soprav­vi­ven­za, ma anche la loro assimilazione.
[14] I dati risa­len­ti all’inizio del XIX seco­lo indi­ca­no che la com­po­si­zio­ne socia­le del­la comu­ni­tà ebrai­ca orien­ta­le era così deter­mi­na­ta: 86,5% di com­mer­cian­ti; 11,6% di arti­gia­ni e 1,9% di contadini.
[15] Per un’interessante con­fer­ma di que­sto pro­ces­so, rela­ti­va­men­te alla Roma­nia, L. Tro­tsky, “La que­stio­ne ebrai­ca”, in Le guer­re bal­ca­ni­che 1912–1913, Edi­zio­ni Lot­ta comu­ni­sta, 1999, p. 349.
[16] E. Tra­ver­so, op. cit., p. 115.
[17] V. I. Nev­skij, Sto­ria del Par­ti­to bol­sce­vi­co, Edi­zio­ni Pan­ta­rei, 2008, p. 80.
[18] Inte­res­san­te la rico­stru­zio­ne del dibat­ti­to al con­gres­so del Posdr del 1903 rispet­to alla richie­sta di auto­no­mia del Bund all’interno del par­ti­to, con la vio­len­ta pre­sa di posi­zio­ne con­tra­ria di Tro­tsky, spal­leg­gia­to da Mar­tov: se ne leg­ga il reso­con­to in I. Deu­tscher, Il pro­fe­ta arma­to, Lon­ga­ne­si, 1956, pp. 108–111.
[19] Il mar­xi­smo, già pri­ma del­la rivo­lu­zio­ne d’ottobre, eser­ci­ta­va una for­te attra­zio­ne sul pro­le­ta­ria­to ebreo, soprat­tut­to in Euro­pa orien­ta­le, dato che si pone­va l’obiettivo del­la solu­zio­ne del pro­ble­ma ebrai­co nel qua­dro del­la lot­ta per il socia­li­smo, facen­do appel­lo alle mas­se oppres­se ebrai­che dell’Est a unir­si con la clas­se lavo­ra­tri­ce: il rove­scia­men­to di un siste­ma capi­ta­li­sti­co in cui si era­no così bene inte­gra­ti i capi­ta­li­sti ebrei, altret­tan­to sfrut­ta­to­ri, e l’instaurazione del socia­li­smo avreb­be­ro posto fine non solo allo sfrut­ta­men­to di una clas­se sull’altra, ma anche a ogni altro tipo d’oppressione. È chia­ro che un simi­le pro­gram­ma ave­va un for­te fasci­no sul­le mas­se di ebrei dispe­ra­ti e veni­va per­ce­pi­to come un peri­co­lo dal­la bor­ghe­sia ebraica.
[20] A. Léon, op. cit., p. 207, 210.
[21] R. Schoen­man, op. cit., p. 47.
[22] S. Sand, L’invenzione del popo­lo ebrai­co, Riz­zo­li, 2010, p. 371.
[23] Si trat­ta del­la dichia­ra­zio­ne che il mini­stro degli este­ri bri­tan­ni­co, Arthur James Bal­four, rila­sciò a nome del gover­no ingle­se, con cui si mani­fe­sta­va il favo­re del­la Gran Bre­ta­gna alla nasci­ta in Pale­sti­na di un “foco­la­re ebrai­co”. Segui­va, evi­den­te­men­te, gli accor­di segre­ti con la Fran­cia per la futu­ra spar­ti­zio­ne del ter­ri­to­rio medio­rien­ta­le (accor­do Sykes‑Picot del 16/5/1916), allo­ra par­te dell’impero otto­ma­no, di cui pro­spet­ta­va la scon­fit­ta nel­la pri­ma guer­ra mon­dia­le in corso.
[24] Una pri­ma onda­ta migra­to­ria si ebbe fra il 1880 e gli ini­zi del 1900; una secon­da fra il 1903 e il 1914.
[25] I. Pap­pe, La puli­zia etni­ca del­la Pale­sti­na, Fazi edi­to­re, 2008, p. 25.
[26] Il pos­ses­so comu­ni­ta­rio del­le ter­re da par­te degli abi­tan­ti dei vil­lag­gi era una carat­te­ri­sti­ca del­la socie­tà rura­le palestinese.
[27] L. Mlečin, Per­ché Sta­lin creò Israe­le, San­dro Teti edi­to­re, 2010, pp. 84 e ss. (un testo mol­to docu­men­ta­to, ben­ché espri­ma a più ripre­se sim­pa­tie sio­ni­ste e sta­li­ni­ste). L’appoggio dell’Urss al sio­ni­smo non si limi­tò al voto favo­re­vo­le in sede Onu: ven­ne­ro for­ni­te armi pesan­ti, a dispet­to dell’embargo vigen­te, duran­te la pri­ma guer­ra ara­bo-israe­lia­na, attra­ver­so la Ceco­slo­vac­chia: ivi, pp. 131 e ss. In ogni caso, tut­ta la vicen­da mostra una vol­ta di più la mio­pia del­la cric­ca buro­cra­ti­ca sovie­ti­ca nell’usare il movi­men­to sio­ni­sta in fun­zio­ne anti­oc­ci­den­ta­le, met­ten­do peral­tro una pie­tra sopra alla denun­cia del sio­ni­smo fat­ta dall’Internazionale comu­ni­sta (A. Ago­sti, La Ter­za Inter­na­zio­na­le, Edi­to­ri Riu­ni­ti, 1974, t. I, p. 247), il cui Comi­ta­to ese­cu­ti­vo rac­co­man­da­va ai comu­ni­sti di tene­re nei con­fron­ti del sio­ni­smo «un atteg­gia­men­to di asso­lu­ta osti­li­tà» (J. Degras, Sto­ria dell’Internazionale comu­ni­sta, Fel­tri­nel­li edi­to­re, 1975, t. I, p. 389).
[28] Ripor­ta­to da R. Schoen­man, op. cit., pp. 76–77.
[29] È uti­le, inol­tre, la let­tu­ra dell’articolo di S. Misleh, “Sio­ni­smo e puli­zia etni­ca del popo­lo pale­sti­ne­se” (http://tinyurl.com/pa3fa43).
[30] Con rara lun­gi­mi­ran­za, A. Léon (op. cit., pp. 214 e ss.) ave­va pre­vi­sto la pos­si­bi­li­tà che in Pale­sti­na sor­ges­se uno Sta­to ebrai­co dipen­den­te dall’imperialismo, esclu­den­do cate­go­ri­ca­men­te che tale solu­zio­ne potes­se costi­tui­re una solu­zio­ne del­la que­stio­ne ebraica.
[31] Per una disa­mi­na degli argo­men­ti “pseu­do­ge­ne­ti­ci” che il sio­ni­smo, con risul­ta­ti spes­so grot­te­schi, pone alla base del con­cet­to di “raz­za” ebrai­ca, S. Sand, op. cit., pp. 379 e ss. È evi­den­te che una simi­le nor­ma­ti­va acco­mu­na l’ideologia sio­ni­sta a quel­la nazi­sta, costrui­ta sugli stes­si fal­si pre­sup­po­sti. Gio­va anche sot­to­li­nea­re che Israe­le è uno Sta­to teo­cra­ti­co, per­ché costi­tui­to sul­la base di un cri­te­rio religioso.
[32] L’applicazione di que­sta nor­ma ha garan­ti­to, insie­me ai finan­zia­men­ti miliar­da­ri da par­te dell’imperialismo sta­tu­ni­ten­se, la “accu­mu­la­zio­ne pri­mi­ti­va” del sio­ni­smo. Quan­to all’entità dei finan­zia­men­ti rice­vu­ti dagli Usa, fra il 1949 e il 1966 sono sta­ti ver­sa­ti a Israe­le 7 miliar­di di dol­la­ri: per ave­re un ter­mi­ne di com­pa­ra­zio­ne, l’importo del Pia­no Mar­shall (1949–1954) fu di 13 miliar­di di dollari!
[33] S. Sand, op. cit., p. 430.
[34] R. Schoen­man, op. cit., pp. 103–119.
[35] «Nel­la sfe­ra del­la nazio­na­li­tà solo il socia­li­smo può por­ta­re la demo­cra­zia più ampia. Esso deve for­ni­re agli ebrei l’opportunità di con­ser­va­re le pro­prie carat­te­ri­sti­che nazio­na­li in tut­ti i Pae­si i cui vivo­no, di con­cen­trar­si in uno o più ter­ri­to­ri, natu­ral­men­te sen­za reca­re pre­giu­di­zio agli inte­res­si del­le popo­la­zio­ni loca­li. Solo la più ampia demo­cra­zia pro­le­ta­ria ren­de­rà pos­si­bi­le la solu­zio­ne del­la que­stio­ne ebrai­ca ridu­cen­do al mini­mo gli incon­ve­nien­ti» (A. Léon, op. cit., pp. 227–228, ripren­den­do un con­cet­to pochi anni pri­ma accen­na­to da Tro­tsky: v. nota 42).
[36] Http://tinyurl.com/okfgtcm.
[37] Http://tinyurl.com/pvy7zaa.
[38] Nel­la sua sem­pi­ter­na foga di accre­di­tar­si come sog­get­to poli­ti­co affi­da­bi­le, il segre­ta­rio del Prc non si è fat­to scru­po­lo di dichia­ra­re: «Non sono mai sta­to anti­sio­ni­sta … io pen­so che sia giu­sto che ci sia lo Sta­to di Israe­le lì». Ascol­ta­re per cre­de­re: http://tinyurl.com/m2feqg7, al minu­to 3’55” del video.
[39] Http://tinyurl.com/zzm9cgs.
[40] N. More­no, “Por una Pale­sti­na lai­ca, demo­crá­ti­ca y no raci­sta” (http://tinyurl.com/nc9nw8r).
[41] È indub­bio che la que­stio­ne pale­sti­ne­se crea­ta dal sio­ni­smo abbia ine­vi­ta­bil­men­te semi­na­to odio con­tro gli ebrei nei Pae­si ara­bi dove un tem­po l’antisemitismo era pra­ti­ca­men­te sconosciuto.
[42] I limi­ti di spa­zio per que­sto arti­co­lo non ci han­no con­sen­ti­to di sof­fer­mar­ci sul­la let­tu­ra che Tro­tsky – di discen­den­za ebrea – dava del­la que­stio­ne ebrai­ca. Ben­ché non l’abbia affron­ta­ta spe­ci­fi­ca­men­te e non le abbia dedi­ca­to testi orga­ni­ci di una cer­ta impor­tan­za, ci limi­tia­mo a segna­la­re qui che egli fu l’unico a pre­ve­de­re lo ster­mi­nio degli ebrei (“La bor­ghe­sia ebrea e la lot­ta rivo­lu­zio­na­ria”, 22/12/1938, in Œuvres, vol. 19, Insti­tut Léon Tro­tsky, 1985, p. 273), ma che in ogni caso la sua visio­ne fon­da­men­ta­le rispet­to alla que­stio­ne ebrai­ca era stret­ta­men­te lega­ta al desti­no del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te mon­dia­le: per­si­no quan­do arri­vò a non esclu­de­re la pos­si­bi­li­tà (“Ter­mi­do­ro e l’antisemitismo”, 22/2/1937, op. cit., vol. 12, p. 351) che, in regi­me di fede­ra­zio­ne socia­li­sta, un gover­no ope­ra­io potreb­be dover crea­re, ove gli ebrei lo voles­se­ro, le con­di­zio­ni per il pie­no svi­lup­po del loro popo­lo. Tut­to ciò, natu­ral­men­te, sen­za cede­re di un solo mil­li­me­tro rispet­to alle posi­zio­ni del sio­ni­smo, con­si­de­ra­to “uto­pi­co e reazionario”.