Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Rivoluzione russa del 1917

Le rivoluzioni contadine del 1917

Pro­se­gue, sul­le pagi­ne di que­sto sito, la pre­sen­ta­zio­ne in ita­lia­no dei sag­gi pub­bli­ca­ti dal­la rivi­sta Jaco­bin Maga­zi­ne sul­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa del 1917.
È la vol­ta di un arti­co­lo, scrit­to da Sarah Bad­cock, sul­le rivo­lu­zio­ni con­ta­di­ne che furo­no par­te del com­ples­so e ric­co pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio del 1917.
Ricor­dia­mo che la nostra ini­zia­ti­va è il frut­to del­la col­la­bo­ra­zio­ne con Jaco­bin per la divul­ga­zio­ne del pia­no edi­to­ria­le pre­vi­sto per com­me­mo­ra­re il cen­te­na­rio dell’Ottobre sovie­ti­co, ed è rea­liz­za­ta in part­ner­ship con il sito Paler­mo­Grad.
Tut­to il mate­ria­le, tra­dot­to in nume­ro­se lin­gue, vie­ne pub­bli­ca­to in un’appo­si­ta sezio­ne del sito Mar­xists Inter­net Archi­ve: per l’i­ta­lia­no, a que­st’in­di­riz­zo.
Buo­na lettura.
La redazione

Le rivoluzioni contadine del 1917

Nel­la Rus­sia del 1917, la gen­te comu­ne del­le cam­pa­gne entrò in sce­na diret­ta­men­te per cam­bia­re il pro­prio mondo


Sarah Badcock [*]

 

Nel 1917, i con­ta­di­ni cam­bia­ro­no le rego­le del gio­co poli­ti­co. Defi­ni­ro­no le rispo­ste dei poli­ti­ci alle sfi­de nazio­na­li; pro­dus­se­ro, con­trol­la­ro­no e sta­bi­li­ro­no la distri­bu­zio­ne del­le der­ra­te ali­men­ta­ri; arma­ti e in uni­for­me, i con­ta­di­ni ser­vi­ro­no come sol­da­ti, facen­do e disfa­cen­do il pote­re poli­ti­co; e, come la mag­gio­ran­za del­la popo­la­zio­ne urba­na del­la Rus­sia, svol­se­ro un ruo­lo chia­ve nel­le insur­re­zio­ni nel­le città.
Tut­ta­via, quan­do si par­la di rivo­lu­zio­ni con­ta­di­ne, gene­ral­men­te ci si rife­ri­sce a com­bat­ti­men­ti nel­le cam­pa­gne per l’utilizzo e il pos­ses­so del­la ter­ra. E, ben­ché nel 1917 più dell’80% del­la popo­la­zio­ne rus­sa vives­se in aree non urba­ne, spes­so gli stu­dio­si sot­to­va­lu­ta­no l’esperienza e la par­te­ci­pa­zio­ne dei con­ta­di­ni nel­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa, sof­fer­man­do­si inve­ce sui lavo­ra­to­ri del­le cit­tà e sugli intellettuali.
La diver­si­tà e la com­ples­si­tà del­le insur­re­zio­ni nel­le cam­pa­gne sfa­ta­no qual­sia­si con­vin­zio­ne che pos­sia­mo nutri­re sul­la natu­ra del­le azio­ni con­ta­di­ne. Rive­la­no anche la straor­di­na­ria crea­ti­vi­tà e la natu­ra tra­sfor­ma­ti­va del­la rivoluzione.
Le insur­re­zio­ni con­ta­di­ne rifug­go­no da faci­li defi­ni­zio­ni. Man mano che si pro­pa­ga­va­no lun­go il cor­so del 1917 e nel Pae­se, assu­me­va­no for­me tan­to diver­se quan­to il vasto ter­ri­to­rio dell’Impero russo.
Spes­so, la qua­li­tà del­la ter­ra e la cul­tu­ra loca­le deter­mi­na­va­no la for­ma di que­ste rivol­te. Ben­ché in tan­ti imma­gi­ni­no vio­len­ti assal­ti ai pro­prie­ta­ri ter­rie­ri e l’occupazione con la for­za del­le tenu­te, in real­tà mol­te lot­te con­ta­di­ne si svol­se­ro paci­fi­ca­men­te. Scon­tri vio­len­ti atti­ra­va­no più atten­zio­ne, ma com­por­ta­va­no gran­di rischi per chi vi par­te­ci­pa­va. La mag­gior par­te dei con­ta­di­ni rus­si intra­pre­se azio­ni paci­fi­che e misu­ra­te, anche se colo­ro le cui pro­prie­tà veni­va­no redi­stri­bui­te non la pen­sa­va­no allo stes­so modo.
Alcu­ni con­ta­di­ni si lan­cia­ro­no in rivol­te sur­ret­ti­zie per apri­re sem­pli­ce­men­te i recin­ti e per­met­te­re al bestia­me del vil­lag­gio di pasco­la­re sul­le ter­re del lati­fon­di­sta. Cer­te comu­ni­tà pro­dus­se­ro docu­men­ti appa­ren­te­men­te uffi­cia­li con cui veni­va con­ces­so l’usufrutto per­pe­tuo del­le risor­se loca­li. Mol­te auda­ci som­mos­se vide­ro con­ta­di­ni lavo­ra­re insie­me per taglia­re la legna dai boschi circostanti.
Pur­trop­po, non abbia­mo un reso­con­to det­ta­glia­to sui tan­ti modi in cui i lavo­ra­to­ri rura­li die­de­ro il loro con­tri­bu­to a quell’anno rivo­lu­zio­na­rio. Ciò che sap­pia­mo però basta a dimo­stra­re qua­li varie­tà di tat­ti­che, di atto­ri e di obiet­ti­vi vi sia­no sta­te, e quan­to deci­si­vo sia sta­to il loro ruo­lo nel­lo Sta­to post‑rivoluzionario russo.

Arri­va la modernità
Si defi­ni­sce in gene­re con la paro­la “con­ta­di­no” colui che vive e lavo­ra in aree rura­li, ma in Rus­sia lo stes­so ter­mi­ne indi­ca anche una cate­go­ria giu­ri­di­ca – “sol­vei” – che appa­ri­va per­si­no nel pas­sa­por­to di una per­so­na. I con­ta­di­ni rus­si pote­va­no vive­re in aree urba­ne, gua­da­gnar­si da vive­re come ope­rai o com­mer­cian­ti e ser­vi­re nel­le for­ze armate.

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Con­ta­di­ni in un vil­lag­gio rus­so pri­ma del­la rivoluzione

All’inizio del XX seco­lo, la moder­ni­tà arri­vò nel­la Rus­sia rura­le coe­si­sten­do – e tra­sfor­man­do­li – con gli ele­men­ti tra­di­zio­na­li del­la vita con­ta­di­na, defi­ni­ta dal patriar­ca­to, dal­la reli­gio­ne orto­dos­sa e dal­la comunanza.
Le strut­tu­re del pote­re patriar­ca­le garan­ti­va­no che i maschi anzia­ni domi­nas­se­ro sia la fami­glia che la comu­ni­tà. La fede orto­dos­sa rus­sa svol­ge­va un ruo­lo impor­tan­te nel­la vita socia­le, cul­tu­ra­le e spi­ri­tua­le di mol­ti resi­den­ti. Siste­mi comu­ni­ta­ri di gestio­ne del­la ter­ra soprav­vi­ve­va­no in tan­te aree, age­vo­lan­do l’uso col­let­ti­vo del­le risor­se e raf­for­zan­do le strut­tu­re socia­li patriar­ca­li. Tut­ti que­sti fat­to­ri die­de­ro alla Rus­sia rura­le un cer­to livel­lo di pro­vin­cia­li­smo, e la poli­ti­ca pri­vi­le­gia­va gli inte­res­si loca­li a disca­pi­to di quel­li nazionali.
La moder­ni­tà sfi­dò que­sti model­li tra­di­zio­na­li in diver­si modi. Dopo l’emancipazione dei ser­vi del­la gle­ba del 1861, l’istruzione pri­ma­ria nel­le cam­pa­gne ebbe un’accelerazione, por­tan­do l’alfabetizzazione alle gene­ra­zio­ni più gio­va­ni. Frat­tan­to, l’emigrazione sta­gio­na­le di milio­ni di per­so­ne ver­so i cen­tri urba­ni deter­mi­na­va, al loro rien­tro, l’introduzione nel­la socie­tà d’origine di idee e costu­mi metro­po­li­ta­ni, tra cui il seco­la­ri­smo e la cul­tu­ra consumistica.
Gover­ni loca­li elet­ti e tri­bu­na­li regio­na­li offri­ro­no alla popo­la­zio­ne rura­le nuo­vi modi di comu­ni­ca­re con lo Sta­to, che essa mostrò di gra­di­re. Dopo la rivo­lu­zio­ne del 1905, i con­ta­di­ni par­te­ci­pa­ro­no alle ele­zio­ni nazio­na­li recla­man­do a gran voce i pro­pri rap­pre­sen­tan­ti regionali.
Infi­ne, la mobi­li­ta­zio­ne del 1914 segnò un signi­fi­ca­ti­vo cam­bio tra gli abi­tan­ti del­le cam­pa­gne, che pre­se­ro le armi – alcu­ni con fer­vo­re patriot­ti­co, altri con gran­de rilut­tan­za – e attra­ver­sa­ro­no il gran­de Impero.
Que­sti lega­mi col mon­do al di fuo­ri dei loro vil­lag­gi signi­fi­ca­ro­no che, nel 1917, i con­ta­di­ni non vive­va­no più nell’isolamento di una pre­mo­der­ni­tà. Si rela­zio­na­va­no con lo Sta­to e la nazio­ne in diver­si modi. La cre­sci­ta dell’alfabetizzazione per­mi­se loro di impe­gnar­si in pro­gram­mi poli­ti­ci nazio­na­li e regio­na­li, men­tre le espe­rien­ze nei cen­tri urba­ni ispi­ra­ro­no i gio­va­ni a sfi­da­re il domi­nio patriar­ca­le degli anziani.

For­me rivoluzionarie

«L’acqua è vostra, la luce è vostra, la ter­ra è vostra, il legno è vostro».
Que­ste paro­le, pro­nun­cia­te da un mari­na­io agi­ta­to­re duran­te un’assemblea nel giu­gno del 1917 a Kazan, col­go­no l’elemento più impor­tan­te del­le aspi­ra­zio­ni rivo­lu­zio­na­rie con­ta­di­ne. L’esplicita dichia­ra­zio­ne secon­do cui la ter­ra e il legno, così come l’aria e l’acqua, appar­te­ne­va­no a chi ne ave­va biso­gno fu spes­so ripe­tu­ta duran­te l’anno rivo­lu­zio­na­rio e oltre.
In regio­ni un tem­po carat­te­riz­za­te dal­la ser­vi­tù del­la gle­ba, gli anti­chi ser­vi nutri­va­no un pro­fon­do risen­ti­men­to per l’iniquità del rego­la­men­to dell’emancipazione. Le occu­pa­zio­ni del­le ter­re si fece­ro più vio­len­te in aree in cui i con­ta­di­ni ave­va­no rela­zio­ni osti­li con i pro­prie­ta­ri ter­rie­ri locali.

The revolt of the peasants in the village Sorochintsy - Ivan Vladimirov

Dipin­to che ritrae la rivol­ta con­ta­di­na nel vil­lag­gio di Soro­chin­tsy (I. Vladimirov)

Ciò che sap­pia­mo del­la for­ma e dell’intensità del­le rivo­lu­zio­ni con­ta­di­ne ci pro­vie­ne in gran par­te dai cosid­det­ti rap­por­ti sui disor­di­ni redat­ti soprat­tut­to sul­la base del­le denun­ce dei lati­fon­di­sti pri­va­ti. Que­sti rap­por­ti ci rive­la­no che le zone del­la Rus­sia dal­le ter­re più fer­ti­li furo­no quel­le che vis­se­ro i disor­di­ni più inten­si. Ci indi­ca­no anche che le aree con la più alta con­cen­tra­zio­ne di ser­vi del­la gle­ba vide­ro anche più som­mos­se, più attac­chi ver­so sin­go­li pro­prie­ta­ri ter­rie­ri e più vio­len­te occu­pa­zio­ni di ter­re. Que­ste sta­ti­sti­che, tut­ta­via, non ci for­ni­sco­no un qua­dro com­ple­to del­le rivol­te con­ta­di­ne, per­ché han­no regi­stra­to sol­tan­to un tipo par­ti­co­la­re di azione.
Anche se l’assalto vio­len­to e la redi­stri­bu­zio­ne for­za­ta spes­so esem­pli­fi­ca­no la rivo­lu­zio­ne con­ta­di­na, non era­no così comu­ni. Nel 1917, infat­ti, solo una pic­co­la par­te del­le ter­re col­ti­va­bi­li appar­te­ne­va anco­ra all’élite. In alcu­ne regio­ni, come Via­t­ka, i lati­fon­di­sti del­la nobil­tà e la fame di ter­re era­no per lo più assenti.
La Rivo­lu­zio­ne di feb­bra­io die­de ini­zio a un pro­gres­si­vo dispie­ga­men­to del­le aspi­ra­zio­ni e del­le azio­ni dei con­ta­di­ni, ma il modo in cui i rivo­lu­zio­na­ri del­le cam­pa­gne lot­ta­va­no per l’eguaglianza dipen­de­va dall’uso che local­men­te face­va­no del­la ter­ra e dai model­li di pro­prie­tà. La mag­gior par­te di que­ste azio­ni non com­por­tò vio­len­ze od occu­pa­zio­ni con la for­za. Al con­tra­rio, le comu­ni­tà con­ta­di­ne spe­ri­men­ta­ro­no le leg­gi sul­la pro­prie­tà pri­va­ta – tra­sgre­den­do­le – quan­do ten­ta­va­no di pro­teg­ger­si da una poten­zia­le repressione.
Ad esem­pio, i con­ta­di­ni del vil­lag­gio di Ary­sh­ka­d­za annun­cia­ro­no sem­pli­ce­men­te che avreb­be­ro semi­na­to col gra­no d’inverno i cam­pi dei pro­prie­ta­ri loca­li, i cui impie­ga­ti avreb­be­ro avu­to un gior­no di tem­po per abban­do­na­re le ter­re. Que­sti se ne anda­ro­no e i con­ta­di­ni ini­zia­ro­no la semina.
Peral­tro, non dob­bia­mo con­si­de­ra­re que­ste rivol­te con­ta­di­ne come un feno­me­no di clas­se, per­ché i con­ta­di­ni non for­ma­va­no una clas­se coe­ren­te. Ciò det­to, gene­ral­men­te i con­ta­di­ni si rite­ne­va­no lavo­ra­to­ri agri­co­li, il che defi­ni­va la loro viso­ne del mon­do e le loro azio­ni. Alcu­ne rivol­te con­ta­di­ne vide­ro comu­ni­tà agi­re col­let­ti­va­men­te con­tro i lati­fon­di­sti tan­to da appa­ri­re come sol­le­va­zio­ni clas­si­ste, come oppres­si con­tro i loro oppres­so­ri. Mol­te altre, inve­ce, furo­no con­te­se sull’utilizzo del­la ter­ra tra comu­ni­tà vici­ne o tra individui.
Ad esem­pio, spes­so gli abi­tan­ti dei vil­lag­gi pren­de­va­no di mira i con­ta­di­ni che ave­va­no scel­to di lavo­ra­re indi­vi­dual­men­te pic­co­li ter­re­ni inve­ce di ter­re comu­na­li, for­zan­do­li a ritor­na­re all’agricoltura comu­ni­ta­ria. Soli­ta­men­te, era l’intero vil­lag­gio che si scon­tra­va con que­sti con­ta­di­ni indi­vi­dua­li­sti, cer­can­do di rein­te­gra­re loro e le loro ter­re. Gli abi­tan­ti dei vil­lag­gi ave­va­no dif­fe­ren­ti livel­li di ric­chez­za e influen­za, ma que­ste posi­zio­ni socia­li non era­no sta­bi­li, né dura­tu­re: gli indi­vi­dui sali­va­no e scen­de­va­no nel­le gerar­chie sociali.
Intan­to, il gover­no cen­tra­le dava soste­gno alle denun­ce dei pro­prie­ta­ri ter­rie­ri e ordi­na­va alle comu­ni­tà con­ta­di­ne di rispet­ta­re la pro­prie­tà pri­va­ta. Tut­ta­via, non riu­sci­va a far rispet­ta­re que­gli ordi­ni, sic­ché il 1917 vide una recru­de­scen­za del­le vio­la­zio­ni del­la pro­prie­tà privata.

Chi dires­se le rivo­lu­zio­ni contadine?
Abbia­mo sol­tan­to ele­men­ti fram­men­ta­ri a pro­po­si­to degli indi­vi­dui e dei grup­pi che dires­se­ro le rivol­te con­ta­di­ne. Comi­ta­ti, soviet e sin­da­ca­ti assun­se­ro la lea­der­ship in mol­ti vil­lag­gi, ema­nan­do ordi­ni sull’uso e la gestio­ne del­le ter­re. Que­ste orga­niz­za­zio­ni rap­pre­sen­ta­va­no una base isti­tu­zio­na­le per le azio­ni dei contadini.
Alcu­ne di esse, come i soviet dei depu­ta­ti con­ta­di­ni, era­no par­te di reti regio­na­li e nazio­na­li, e il gover­no prov­vi­so­rio creò comi­ta­ti del­le ter­re e degli approv­vi­gio­na­men­ti. Ma que­ste isti­tu­zio­ni loca­li man­te­ne­va­no il con­trol­lo solo nel­la misu­ra in cui rispon­de­va­no diret­ta­men­te alle riven­di­ca­zio­ni dei loro elet­to­ri. Come il comi­ta­to del vil­lag­gio di Sot­nur­sk ebbe a ricor­da­re alle sue auto­ri­tà regio­na­li, «noi vi abbia­mo elet­to e voi dove­te ascol­tar­ci!».
Un insie­me di pro­ve indi­ca che solo chi era inte­gra­to nel­la comu­ni­tà con­ta­di­na assun­se il pote­re. La cosid­det­ta intel­li­ghen­zia del vil­lag­gio – mae­stri, medi­ci, agro­no­mi ed eccle­sia­sti­ci – furo­no siste­ma­ti­ca­men­te esclu­si da inca­ri­chi elet­ti­vi e gene­ral­men­te non appa­io­no nei reso­con­ti del­le rivo­lu­zio­ni con­ta­di­ne. I risul­ta­ti elet­to­ra­li evi­den­zia­no che gli abi­tan­ti dei vil­lag­gi pre­fe­ri­va­no can­di­da­ti istrui­ti, seri, sen­si­bi­li e affi­da­bi­li, che appar­te­nes­se­ro anche alla clas­se con­ta­di­na. Le diver­se fac­ce assun­te dal­le rivo­lu­zio­ni con­ta­di­ne, ad ogni modo, signi­fi­ca­no che non pos­sia­mo ste­reo­ti­pa­re le loro dire­zio­ni, dal momen­to che alcu­ne di esse coin­vol­se­ro l’intera comu­ni­tà del vil­lag­gio, alcu­ne furo­no diret­te da don­ne, e un pugno di bor­ghi più ric­chi gui­da­ro­no le altre.

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Mani­fe­sta­zio­ne di con­ta­di­ni a Mosca, 1917

La Rivo­lu­zio­ne di feb­bra­io tra­sfor­mò lo sta­tus e il pote­re dei sol­da­ti del­la trup­pa, che diven­ta­ro­no i pro­tet­to­ri arma­ti del movi­men­to. Diser­to­ri, riser­vi­sti e sol­da­ti di stan­za in guar­ni­gio­ni del­la retro­guar­dia, tut­ti par­te­ci­pa­ro­no atti­va­men­te alla poli­ti­ca dei vil­lag­gi. Tra i fore­stie­ri, se voglia­mo con­si­de­rar­li tali, essi furo­no i più pros­si­mi a gui­da­re le rivo­lu­zio­ni contadine.
Dal momen­to che i sol­da­ti era­no espo­sti, adde­stra­ti ed equi­pag­gia­ti per la vio­len­za, era mol­to faci­le che l’azione rivo­lu­zio­na­ria nel­le cam­pa­gne diven­tas­se vio­len­ta quan­do essi vi pren­de­va­no par­te. A vol­te, l’intera comu­ni­tà par­te­ci­pa­va agli assal­ti. Ad esem­pio, un grup­po di sol­da­ti, accom­pa­gna­ti dal­le don­ne del vil­lag­gio coi loro figli, espul­se dal­le sue ter­re Nata­lia Nera­to­va nel mag­gio del 1917.
All’inizio del­la rivo­lu­zio­ne, la poli­ti­ca di par­ti­to svol­ge­va anco­ra un ruo­lo mar­gi­na­le nel­le atti­vi­tà dei con­ta­di­ni. Il par­ti­to socia­li­sta rivo­lu­zio­na­rio di Vik­tor Cher­nov ave­va svi­lup­pa­to una for­te base di soste­gno nel­le cam­pa­gne, spe­cial­men­te nel cuo­re del­la Rus­sia, come dimo­stra­ro­no le ele­zio­ni per l’Assemblea costi­tuen­te in novem­bre. A livel­lo nazio­na­le, rispet­to al 23% dei bol­sce­vi­chi i socia­li­sti rivo­lu­zio­na­ri ebbe­ro il 37% dei con­sen­si, ma que­sti nume­ri non ren­do­no giu­sti­zia al loro enor­me peso in alcu­ni ter­ri­to­ri, aven­do otte­nu­to il 76% dei voti nel­le regio­ni set­ten­trio­na­li e il 75% nel­le regio­ni cen­tra­li del­le Ter­re nere.
Il par­ti­to ave­va capi­ta­liz­za­to la sua imma­gi­ne di par­ti­to dei con­ta­di­ni e i suoi stret­ti vin­co­li loca­li per garan­tir­si il soste­gno elet­to­ra­le, ma non dires­se la rivo­lu­zio­ne con­ta­di­na. I suoi mili­tan­ti assun­se­ro ruo­li di dire­zio­ne nei vil­lag­gi solo quan­do inter­pre­ta­ro­no le aspi­ra­zio­ni e le moti­va­zio­ni di quel­le comunità.

La divi­sio­ne fra cit­tà e campagne
Le rivo­lu­zio­ni con­ta­di­ne mise­ro a nudo l’impotenza del­le auto­ri­tà nazio­na­li e regio­na­li. Né il gover­no prov­vi­so­rio, né il soviet di Pie­tro­gra­do si occu­pa­va­no del­le inquie­tu­di­ni e del­le riven­di­ca­zio­ni dei con­ta­di­ni, ma chie­de­va­no alle popo­la­zio­ni del­le cam­pa­gne di atten­de­re pazien­te­men­te che l’Assemblea costi­tuen­te decre­tas­se la redi­stri­bu­zio­ne del­le terre.
Que­sti appel­li furo­no per­lo­più igno­ra­ti dai con­ta­di­ni, le cui azio­ni il gover­no cen­tra­le non poté evi­ta­re. Le auto­ri­tà regio­na­li affron­ta­ro­no l’inizio del 1917 con la con­vin­zio­ne che le rivo­lu­zio­ni con­ta­di­ne fos­se­ro frut­to di malin­te­si e pen­sa­va­no che la con­ci­lia­zio­ne e la sen­si­bi­liz­za­zio­ne avreb­be­ro fer­ma­to i disor­di­ni. Ma già in esta­te, la con­sa­pe­vo­le riso­lu­tez­za del­le comu­ni­tà con­ta­di­ne, che cer­ca­va­no di por­re in esse­re le loro rivo­lu­zio­ni sen­za ricor­re­re a pia­ni cen­tra­li, avreb­be intac­ca­to quel­la convinzione.
Sem­pre più fre­quen­te­men­te, le auto­ri­tà regio­na­li face­va­no affi­da­men­to sul­le for­ze arma­te per con­trol­la­re le aree rura­li. Un pugno di diri­gen­ti più avve­du­ti cer­cò di otte­ne­re il con­trol­lo sui con­ta­di­ni auto­riz­zan­do pre­ven­ti­va­men­te il tra­sfe­ri­men­to del­le ter­re ai comi­ta­ti loca­li. Ma le rivol­te pro­se­gui­va­no sen­za tre­gua poi­ché nes­sun pote­re cen­tra­le o regio­na­le era in gra­do di attua­re nes­su­na politica.

Pri­ma pagi­na del­l’Iz­ve­stia con la pub­bli­ca­zio­ne del Decre­to sul­la Terra

Dopo che, nell’ottobre del 1917, i bol­sce­vi­chi pre­se­ro il pote­re, imme­dia­ta­men­te Lenin ema­nò il Decre­to sul­la Ter­ra, che tra­sfe­ri­va tut­te le ter­re pri­va­te in favo­re dei con­ta­di­ni. Iro­ni­ca­men­te, que­sto prov­ve­di­men­to for­nì la dimo­stra­zio­ne dell’impotenza del gover­no cen­tra­le, dato che i con­ta­di­ni si era­no già impa­dro­ni­ti del­la mag­gior par­te del­le ter­re pri­va­te pri­ma di otto­bre. Il decre­to di Lenin annun­ciò la bat­ta­glia per il con­trol­lo dell’economia con­ta­di­na che sareb­be poi diven­ta­to un ele­men­to chia­ve nel­la guer­ra civi­le russa.
La sto­ria del­la rivo­lu­zio­ne con­ta­di­na deve anco­ra esse­re scrit­ta, ma ciò che di essa cono­scia­mo ci con­sen­te una visio­ne ancor più ric­ca del­la Rus­sia del 1917.


[*] Sarah Bad­cock è un pro­fes­so­re asso­cia­to all’Università di Not­tin­gham, spe­cia­li­sta in stu­di sul­la Rus­sia impe­ria­le e rivo­lu­zio­na­ria e sul­la sto­ria del­la repressione.

 

(Tra­du­zio­ne di Vale­rio Torre)