Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Lotta di classe, Storia del movimento operaio

Lo sciopero alla Renault Billancourt

Come ave­va­mo pre­an­nun­cia­to, com­ple­tia­mo la rie­vo­ca­zio­ne del pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio del Mag­gio fran­ce­se con la testi­mo­nian­za di un ope­ra­io del­la Renault di Bil­lan­court, una del­le più gran­di fab­bri­che occu­pa­te nel 1968, mili­tan­te di una del­le orga­niz­za­zio­ni tro­tski­ste pro­ta­go­ni­ste di quel periodo.
Il testo è sta­to pub­bli­ca­to nel n. 119, mag­gio 2018, del­la rivi­sta Con­ver­gen­ces révo­lu­tion­nai­res, pub­bli­ca­ta dal­la Frac­tion L’Étincelle, ten­den­za del Nou­veau Par­ti Anti­ca­pi­ta­li­ste (Npa).
Buo­na lettura.
La redazione

Lo sciopero alla Renault‑Billancourt

Il rac­con­to di un protagonista

Michel [*]

 

Nel 1968, lo sta­bi­li­men­to di Renault-Bil­lan­court ave­va 35.000 dipen­den­ti. Si esten­de­va su set­tan­ta­cin­que etta­ri. Un bel giar­di­no! Il cen­tro del­la fab­bri­ca era l’Isola Seguin, un’isola di undi­ci etta­ri e un chi­lo­me­tro di lun­ghez­za nel mez­zo del­la Sen­na. Que­sto era il mio posto di lavoro.

La fab­bri­ca Renault sull’Isola Seguin, Boulogne-Billancourt

Anche pri­ma del­lo scio­pe­ro c’era un’atmosfera spe­cia­le, come del resto ovun­que. Per­ché noi, al tur­no di not­te, a vol­te sen­ti­va­mo il rumo­re del­le gra­na­te. Pen­so che fos­se la Sen­na a por­tar­lo. E tra i miei com­pa­gni il cli­ma sta­va cam­bian­do: segui­va­no da lon­ta­no l’attualità, ma dice­va­no “mer­da, che stia­mo aspet­tan­do?”, per­ché da quan­do gli stu­den­ti sta­va­no lot­tan­do, non c’era ragio­ne di star­se­ne con le mani in mano.
Poi c’era sta­to il famo­so scio­pe­ro del 13 mag­gio, uno scio­pe­ro gene­ra­le che era riu­sci­to bene. Era sta­to con­vo­ca­to dai sin­da­ca­ti. L’abbiamo fat­to insie­me a tut­ti gli altri. Nien­te era sta­to pre­vi­sto per il dopo.
Il 14 mag­gio i lavo­ra­to­ri di Sud‑Aviation, a Nan­tes, era­no sce­si in scio­pe­ro. Non ne ave­va­mo par­la­to mol­to in fab­bri­ca, ma quan­do il gior­no dopo abbia­mo sapu­to che anche in Renault‑Cléon sta­va­no scio­pe­ran­do, la cosa si fece più inte­res­san­te per­ché si trat­ta­va di com­pa­gni di lot­ta. E, il 16 mag­gio, si dice­va che fos­se suc­ces­so qual­co­sa in Pla­ce Natio­na­le, uno degli ingres­si prin­ci­pa­li del­la fab­bri­ca. Era­no gio­va­ni del­la Fede­ra­zio­ne degli Stu­den­ti Rivo­lu­zio­na­ri, un’organizzazione gio­va­ni­le di uno dei grup­pi tro­tski­sti[1], giun­ti nel­la pau­sa pran­zo. Dal­la fine dell’isola dove lavo­ra­va­mo, per attra­ver­sar­la da un capo all’altro e poi pren­de­re il pon­te c’erano da per­cor­re­re qua­si due chi­lo­me­tri. Così, facem­mo una riu­nio­ne in quel­lo che una vol­ta si chia­ma­va il “via­le del tre­no”, per­ché un tem­po c’era un tre­no che por­ta­va lì i com­po­nen­ti da mon­ta­re. Ed era lì, un po’ fuo­ri dal­lo sta­bi­li­men­to, che ave­va­mo l’abitudine di riu­nir­ci quan­do c’era qual­co­sa di cui discu­te­re. Ci sia­mo incon­tra­ti e abbia­mo det­to: “che facciamo?”.
C’era comun­que una pro­pen­sio­ne allo scio­pe­ro. Non era­va­mo in mol­ti, ma c’erano parec­chi gio­va­ni tra di noi. Allo­ra arri­vò un dele­ga­to del­la Cgt. Gli chie­dem­mo: “tu cosa sai?”. Per­ché non ave­va­mo tele­fo­no: né cel­lu­la­re, ovvia­men­te, né fis­so, e nei repar­ti, ci era impos­si­bi­le tele­fo­na­re. Per sco­pri­re cosa stes­se acca­den­do chie­dem­mo al dele­ga­to: “Vai a par­la­re col sin­da­ca­to”. Lui ci rispo­se: “Non ho la bici­clet­ta”. Allo­ra tut­ti noi, stu­fi, ci met­tem­mo in movi­men­to per risa­li­re l’isola. Era il tar­do pome­rig­gio. C’era un tale cli­ma nel veder­ci mar­cia­re in grup­po, che mol­ti – 100‑150 lavo­ra­to­ri, quel­li che lavo­ra­va­no in “nor­ma­le” (e cioè, il tur­no di gior­no a caval­lo tra la mat­ti­na e il pome­rig­gio) – si spa­ven­ta­ro­no e se ne anda­ro­no. Va det­to che c’erano mol­ti immi­gra­ti che era­no lì da poco tem­po e ave­va­no pau­ra di met­ter­si nei guai.
E così ini­ziam­mo, sen­za alcun appel­lo allo sciopero.
Risa­lim­mo l’isola, attra­ver­san­do il pon­te che va ver­so Bas‑Meudon, dall’altra par­te del­la Sen­na. E là i ragaz­zi si arran­gia­ro­no. Nes­su­no dis­se loro nulla.

Ini­zia l’occupazione
Nel­la loro testa, c’era l’idea di resi­ste­re lì all’assedio. Anda­ro­no a pren­de­re dei con­tai­ner, gros­se cas­se di metal­lo, che con­te­ne­va­no pic­co­li pez­zi, era­no dan­na­ta­men­te pesan­ti, e poi quei pic­co­li pez­zi era­no faci­li da usa­re, se neces­sa­rio. Siste­ma­ro­no il tut­to con un car­rel­lo ele­va­to­re. C’era un ami­co che chia­ma­va­mo “il pom­pie­re” per­ché era sta­to un vigi­le del fuo­co: comin­ciò a inse­gna­re ai ragaz­zi come tene­re le mani­chet­te antin­cen­dio, per­ché non era come tene­re una pom­pa, c’era una pres­sio­ne ter­ri­bi­le. Alla fine ci orga­niz­zam­mo così. Andam­mo a con­trol­la­re i sor­ve­glian­ti. Capi­ro­no subi­to e se la fila­ro­no. Ci sta­bi­lim­mo per pas­sa­re la not­te, andan­do a pren­de­re dei mate­ras­si­ni di gom­ma­piu­ma e altro, e la not­te tra­scor­se bene. Ma poi, la mat­ti­na pre­sto, ci furo­no alcu­ni che era­no venu­ti ad “aiu­tar­ci” (tra vir­go­let­te), tan­to per capir­ci. Era­no mem­bri del Par­ti­to comu­ni­sta e del­la Cgt, che era­no accor­si per­ché sape­va­no chi c’era lì. Ed era­no venu­ti a cal­mar­ci un po’, o alme­no per indur­re all’inerzia.

La ban­die­ra ros­sa sven­to­la sul­l’in­gres­so del­la Renault occupata

Fuo­ri c’era un cen­tro per anzia­ni in costru­zio­ne e, sul­la gru, una ban­die­ra tri­co­lo­re. I ragaz­zi la vide­ro e i più sve­gli si arram­pi­ca­ro­no per pren­der­la. La strap­pa­ro­no e con­ser­va­ro­no solo il ros­so che fis­sa­ro­no sull’ingresso del­la fab­bri­ca: con gran­de disap­pun­to dei pez­zi gros­si del sin­da­ca­to e dei poli­ti­ci del Pcf, che non ci incol­pa­ro­no tan­to per la ban­die­ra ros­sa quan­to per ave­re strap­pa­to il tri­co­lo­re nazionale.

L’opera di pom­pie­rag­gio del sindacato
Il 16 mag­gio, il movi­men­to era par­ti­to anche da altri set­to­ri del­lo sta­bi­li­men­to, ben­ché la Cgt cer­cas­se di cal­ma­re le acque spie­gan­do che avrem­mo dovu­to pazien­ta­re, che il comi­ta­to ese­cu­ti­vo si sareb­be dovu­to riu­ni­re nel pome­rig­gio, che sta­va per deci­de­re qua­li azio­ni intra­pren­de­re … Tra gli altri, c’erano dei gio­va­ni pro­ve­nien­ti dai set­to­ri del­le pro­fes­sio­ni intor­no a Pla­ce Natio­na­le. Imme­dia­ta­men­te i gio­va­ni più riso­lu­ti si piaz­za­ro­no spon­ta­nea­men­te alle varie por­te del­la fab­bri­ca. Fu così che vedem­mo mol­ti di loro arri­va­re alla por­ta di Bas‑Meudon. Ma, dopo un bre­ve movi­men­to, la Cgt ripre­se il con­trol­lo del­la situa­zio­ne. Mise fine alla cosa soste­nen­do che non ci sareb­be­ro dovu­ti esse­re ele­men­ti ester­ni, che biso­gna­va che fos­se uno “scio­pe­ro respon­sa­bi­le”. Un gran­de cor­teo di stu­den­ti venu­ti a incon­tra­re gli ope­rai di Bil­lan­court si tro­va­ro­no davan­ti ai gran­di can­cel­li chiu­si di Quai de Sta­lin­grad[2], con i mili­tan­ti del­la Cgt che ci si era­no piaz­za­ti davan­ti facen­do cor­do­ne. Non si può dire che sia sta­to un bell’esempio di fraternizzazione.

Gli ope­rai vota­no lo scio­pe­ro per alza­ta di mano

I respon­sa­bi­li del­la Cgt si era­no det­ti: “non pos­sia­mo lasciar pas­sa­re la cosa”. E la Cgt con­vo­cò una gran­de adu­na­ta, nel pome­rig­gio del 17 mag­gio, sul­la spia­na­ta, in una gran­de sala sull’Isola di Seguin, vici­no alla por­ta di Bas‑Meudon. Era mol­to gran­de per­ché era lì che i tre­ni che por­ta­va­no i com­po­nen­ti face­va­no mano­vra, ed è lì che si tene­va­no tut­te le assem­blee gene­ra­li. I ragaz­zi ven­ne­ro all’assemblea. Quel gior­no mol­ti era­no anco­ra al lavo­ro, per­ché, se c’erano set­to­ri come il nostro in cui c’erano alcu­ni atti­vi­sti, ce n’erano altri che non par­te­ci­pa­va­no in mas­sa. La Cgt chie­se di vota­re lo scio­pe­ro. I ragaz­zi alza­ro­no la mano, ma poi la mag­gior par­te di loro se ne tor­nò a casa. I sin­da­ca­ti non li inco­rag­gia­ro­no a fare nient’altro: tor­na­re a casa e infor­mar­si sul­le pros­si­me assem­blee gene­ra­li. È così che è sem­pre sta­to. Qua­si ogni gior­no c’era un radu­no di tut­ta la fab­bri­ca al mat­ti­no, sem­pre par­te­ci­pa­to. I ragaz­zi veni­va­no, era­no con­ten­ti che tut­to stes­se andan­do bene, tut­ti alza­va­no la mano, per­ché c’era comun­que un bel cli­ma. Ma non si pro­po­ne­va loro nient’altro, per cui la cosa fini­va lì.
Noi, un pugno di atti­vi­sti dell’estrema sini­stra, cer­cam­mo di orga­niz­za­re un po’ i ragaz­zi. Il Pcf e la Cgt, inve­ce, mise­ro in pie­di soprat­tut­to una sor­ta di ser­vi­zio d’ordine. Pres­so lo sta­bi­li­men­to, dove si tro­va­va il mio repar­to e dove c’erano tut­te le attrez­za­tu­re cen­tra­li dell’impianto (cen­tra­le elet­tri­ca, a vapo­re, ecc.), non c’era mai nes­su­no. Ma il sin­da­ca­to vi ave­va piaz­za­to alcu­ni dei suoi a fare la guar­dia, per pau­ra che i ragaz­zi potes­se­ro rom­pe­re tut­to. Tan­to che ebbi dif­fi­col­tà a tor­nar­ci per recu­pe­ra­re le mie cose. Era­no dav­ve­ro zelan­ti! E poi c’era una cosa: era in can­tie­re il rila­scio del nuo­vis­si­mo model­lo Renault, la R6. Non era anco­ra sta­to pre­sen­ta­to al pub­bli­co, ma ce n’era già un pic­co­lo stock a Bas‑Meudon, rico­per­to da teli. Anche lì la Cgt si affret­tò a met­te­re una guar­dia per evi­ta­re che si potes­se­ro sve­la­re i segre­ti com­mer­cia­li dell’impresa.

Assem­blea degli ope­rai in occu­pa­zio­ne (17 Mag­gio 1968)

Dal can­to nostro, i ten­ta­ti­vi che face­va­mo di orga­niz­za­re i ragaz­zi ave­va­no poco peso rispet­to a ciò che pote­va met­te­re in cam­po la Cgt. Ciò che il sin­da­ca­to chia­ma­va “comi­ta­to di scio­pe­ro” era solo un comi­ta­to inter­sin­da­ca­le: Cgt, Fo e Cfdt. La Cgt pote­va dire: “ci sono i tre sin­da­ca­ti, vede­te che è demo­cra­ti­co”. Ma gli ope­rai non ave­va­no voce in capitolo.
All’epoca, la men­sa azien­da­le era gesti­ta dai sin­da­ca­ti, in que­sto caso dal­la Cgt. Una vera minie­ra d’oro per il sin­da­ca­to e un sac­co di impie­ga­ti. Fun­zio­nò duran­te lo scio­pe­ro e vi si pote­va man­gia­re a buon mer­ca­to. Lì ven­ne­ro orga­niz­za­ti alcu­ni spettacoli.
Ma l’atteggiamento del­la Cgt ver­so gli stu­den­ti non piac­que a tut­ti. C’erano sta­ti degli scon­tri ver­ba­li, e i rap­por­ti tra i gio­va­ni ope­rai più com­bat­ti­vi e l’apparato mili­tan­te del­la Cgt, che si oppo­ne­va a tut­te le ini­zia­ti­ve non orga­niz­za­te dal sin­da­ca­to, si face­va­no sem­pre più tesi. Dopo qual­che gior­no, gli ope­rai gio­va­ni ten­de­va­no a unir­si agli stu­den­ti nel­le mani­fe­sta­zio­ni e a lot­ta­re con­tro i poli­ziot­ti, dove acca­de­va qual­co­sa, piut­to­sto che rima­ne­re nel­lo stabilimento.
Noi, com­pa­gni di Voix ouvriè­re del­la fab­bri­ca, distri­buim­mo un volan­ti­no in cui dice­va­mo che biso­gna­va orga­niz­zar­si, pren­de­re il desti­no nel­le nostre mani. Ricor­do che, quan­do ven­ne dif­fu­so, gli “sta­li­ni­sti” (mili­tan­ti del Pcf) cer­ca­ro­no di strap­par­ce­lo dal­le mani. Ma era dif­fi­ci­le che pic­chias­se­ro noi, alme­no, che era­va­mo ope­rai, cono­sciu­ti da anni. Se fos­si­mo tor­na­ti a casa con la fac­cia rot­ta, sareb­be fini­ta male per loro. Ma alcu­ni ami­ci che era­no venu­ti ad aiu­tar­ci a dif­fon­de­re il volan­ti­no ven­ne­ro aggrediti.

Dopo gli accor­di di Gre­nel­le lo scio­pe­ro continua
Le cose anda­ro­no così per una deci­na di gior­ni, e poi ci furo­no gli accor­di di Gre­nel­le, nego­zia­ti nel fine set­ti­ma­na del 25 e 26 mag­gio tra il gover­no e i sin­da­ca­ti. Il sala­rio mini­mo ven­ne por­ta­to a 519 fran­chi, ma era anco­ra ben al di sot­to dei 600 fran­chi richie­sti per anni dai sin­da­ca­ti. L’aumento gene­ra­le del­le retri­bu­zio­ni del set­to­re pri­va­to ven­ne fis­sa­to al 7% più il 3% pro­mes­so per otto­bre, men­tre l’inflazione annua era supe­rio­re all’8%. Non era­va­mo nem­me­no vici­ni. Per quan­to riguar­da­va i gior­ni di scio­pe­ro, il 50% sareb­be sta­to paga­to a con­di­zio­ne che i lavo­ra­to­ri venis­se­ro a lavo­ra­re per recuperarli.
E fu a Bil­lan­court che il lune­dì mat­ti­na il segre­ta­rio gene­ra­le del­la Cgt, Geor­ges Séguy, ven­ne a van­ta­re i meri­ti dell’accordo. Salì sul pon­te ed elen­cò le richie­ste che veni­va­no sod­di­sfat­te: un guaz­za­bu­glio in cui non c’era un solo aumen­to uni­for­me annun­cia­to, ma una serie di pic­co­le cose, cate­go­ria per cate­go­ria. Nes­su­no vi si ritro­va­va. Fino a quan­do non dis­se: «Il Con­si­glio nazio­na­le dei dato­ri di lavo­ro fran­ce­si ha accet­ta­to di paga­re il 50% del­lo sti­pen­dio duran­te lo scio­pe­ro con un meto­do di recu­pe­ro a secon­da dei casi …». Così, in quel momen­to, la pla­tea lo rico­prì di urla. Tut­ti ave­va­no capi­to: biso­gna­va tor­na­re al lavo­ro e lavo­ra­re più ore per recu­pe­ra­re il ritar­do accu­mu­la­to con lo scio­pe­ro. Non ave­va­mo fat­to uno scio­pe­ro così for­te per que­sto. Quel gior­no, la sala sull’Isola di Seguin era pie­na, tra 5.000 e 10.000 lavo­ra­to­ri, non lo so; ma c’era una fol­la che tra­boc­ca­va sul pon­te dall’ingresso dell’isola, all’esterno. E non era una pic­co­la mino­ran­za a fischia­re Séguy – che ave­va pro­te­sta­to che ci sta­va­mo pren­den­do in giro – era dav­ve­ro una gran par­te dei presenti.

Geor­ges Seguy par­la agli ope­rai del­la Renault: ver­rà sepol­to da una valan­ga di fischi

Poi, di fron­te ai fischi, Séguy fece un vol­ta­fac­cia: dis­se che era venu­to solo per con­sul­tar­ci. La rispo­sta l’aveva avu­ta. Tut­ta la stam­pa die­de la noti­zia del­la sua disav­ven­tu­ra sull’Isola di Seguin.
E lo scio­pe­ro con­ti­nuò. Così come con­ti­nua­ro­no gli attac­chi con­te­nu­ti nei volan­ti­ni del Pcf o del­la Cgt con­tro i “sinistroidi‑Marcellin”, cioè i mili­tan­ti del­la sini­stra, accu­sa­ti di esse­re soste­ni­to­ri del mini­stro degli Inter­ni, Ray­mond Marcellin.

Ini­zia il riflusso
A Bil­lan­court lo scio­pe­ro durò fino a lune­dì 17 giu­gno. Séguy non tor­nò più, fu il segre­ta­rio del­la Cgt in fab­bri­ca a fare appel­lo alla ripre­sa del lavo­ro pre­sen­tan­do una serie di pic­co­le con­ces­sio­ni fat­te dal­la dire­zio­ne di Renault ma accom­pa­gna­te da un ricat­to: le con­ces­sio­ni vale­va­no solo se il lavo­ro fos­se ripre­so mar­te­dì 18 giu­gno. La Cgt, quin­di, orga­niz­zò una vota­zio­ne a scru­ti­nio segre­to per la ripre­sa. Le nuo­ve con­ces­sio­ni era­no mise­re: oltre all’annunciato aumen­to del 10% dei sala­ri (che inclu­de­va il 3% che ave­va­mo già avu­to a gen­na­io), ave­va­no aggiun­to la men­sua­liz­za­zio­ne degli “ora­ri”, cioè dei lavo­ra­to­ri che non ave­va­no uno sti­pen­dio fis­so men­si­le, ma che veni­va­no retri­bui­ti per il nume­ro di ore lavo­ra­te. Ma que­sta men­sua­liz­za­zio­ne era in real­tà solo per i lavo­ra­to­ri “ora­ri” di più di 55 anni, ecc.
Ma nel Pae­se gli scio­pe­ri comin­cia­va­no a deflui­re. Con lo scio­gli­men­to del par­la­men­to, de Gaul­le die­de ai lea­der sin­da­ca­li e ai par­ti­ti di sini­stra un pre­te­sto per “por­re fine alla ricrea­zio­ne”. Era rico­min­cia­to il rifor­ni­men­to di car­bu­ran­ti. Il lavo­ro ripren­de­va fab­bri­ca dopo fab­bri­ca, dopo che i sin­da­ca­ti ave­va­no nego­zia­to pic­co­le con­ces­sio­ni a livel­lo locale.

Assem­blea operaia

A Bil­lan­court, il 78% dei pre­sen­ti votò a favo­re del­la ripre­sa, con­tro il 22% a favo­re del­la con­ti­nua­zio­ne. Ma all’assemblea, pre­vi­sta per il tar­do pome­rig­gio per annun­cia­re i risul­ta­ti del­la vota­zio­ne, c’era quel 22% di “irri­du­ci­bi­li” che era­no rima­sti in fab­bri­ca e che fece­ro sen­ti­re ai lea­der sin­da­ca­li quel che pen­sa­va­no del­la loro pre­sun­ta vit­to­ria: «ven­du­ti!», «CGT dimis­sio­ni!» … Ci furo­no del­le tes­se­re sin­da­ca­li strappate.
Duran­te lo scio­pe­ro, ci incon­tra­va­mo al par­co di Saint-Cloud per discu­te­re la situa­zio­ne con i sim­pa­tiz­zan­ti e i lavo­ra­to­ri che ave­va­mo gua­da­gna­to alle nostre posi­zio­ni. A vol­te c’erano fino a qua­ran­ta per­so­ne. Per loro era più inte­res­san­te che resta­re a non far nul­la con gli sta­li­ni­sti. Era bel­lo. Di que­gli ope­rai, un discre­to nucleo rima­se per gli anni suc­ces­si­vi intor­no ai com­pa­gni del­la fabbrica.


Note

[1] Fer, orga­niz­za­zio­ne gio­va­ni­le dell’Oci, il grup­po tro­tski­sta ani­ma­to da Pier­re Lambert.
[2] Si trat­ta di una stra­da di Boulogne‑Billancourt (Ndt).


[*] Michel, mili­tan­te del­la fra­zio­ne tro­tski­sta del Nou­veau par­ti anti­ca­pi­ta­li­ste (Npa), deno­mi­na­ta L’Étincelle, era ope­ra­io del­la Renault‑Billancourt e face­va par­te di Voix ouvriè­re, grup­po tro­tski­sta sciol­to dal gover­no dopo i fat­ti del Mag­gio 68, poi rior­ga­niz­za­to­si come Lut­te ouvriè­re.

 

(Tra­du­zio­ne dal fran­ce­se di L.F.)