Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Lotta di classe, Repressione

I “democratici” e la democrazia borghese

Dopo il “decreto sicurezza‑bis”

I “democratici” e la democrazia borghese


Mario Gangarossa

 

Non pre­ten­do che il demo­cra­ti­co fac­cia il rivoluzionario.
Pre­ten­do che fac­cia il demo­cra­ti­co. Che man­ten­ga quel­lo che ha promesso.
Ma, come sem­pre avvie­ne tut­te le vol­te che la rea­zio­ne segna un pun­to a suo favo­re e incas­sa, sul pia­no giu­ri­di­co, il restrin­gi­men­to di quei “dirit­ti”, fio­re all’occhiello di ogni costi­tu­zio­na­li­sta che si rispet­ti, i demo­cra­ti­ci dimo­stra­no tut­ta la loro inet­ti­tu­di­ne e l’inefficacia del­le loro politiche.
La demo­cra­zia è inca­pa­ce di difendersi.
Le sue pro­mes­se, le sue illu­sio­ni, le sue bat­ta­glie si rive­la­no un mero bluff. Le sue garan­zie, le sue liber­tà, vuo­ti simulacri.
I suoi “eroi”, deco­ro­sa­men­te, come è uso nel­le fami­glie edu­ca­te al rispet­to del­le isti­tu­zio­ni, quan­do è il momen­to di com­bat­te­re, lascia­no il cam­po all’uomo in mutan­de cer­can­do ripa­ro fra le sot­ta­ne dei giu­di­ci del­la Consulta.
For­te coi debo­li, debo­le coi for­ti, que­sta demo­cra­zia e i suoi sacer­do­ti in ges­sa­to e cra­vat­ta, è desti­na­ta a esse­re cal­pe­sta­ta dal “pagliac­cio” di tur­no, da essa stes­sa par­to­ri­to, che ripor­ta lo scon­tro al suo livel­lo natu­ra­le sen­za gli orpel­li e le fan­fa­lu­che dei media­to­ri sociali.
In piaz­za non ci scen­de­ran­no loro, i rap­pre­sen­tan­ti del­la demo­cra­zia bor­ghe­se, a difen­de­re dirit­ti e inte­res­si che non han­no mai rappresentato.
Loro non per­de­ran­no la casa, né il lavo­ro. Le loro pen­sio­ni non li costrin­ge­ran­no a rac­cat­ta­re fra i cas­so­net­ti il pran­zo e la cena. I loro par­go­let­ti con­ti­nue­ran­no ad ave­re un bril­lan­te futu­ro in qual­che pre­sti­gio­sa uni­ver­si­tà o in qual­che cli­ni­ca di lusso.

Lo Sta­to di poli­zia non è cosa che li riguardi.
Riguar­da gli ulti­mi del mon­do e chi, in que­sto pae­se, ha anco­ra voglia di scen­de­re in piaz­za a combattere.
Riguar­da l’opposizione socia­le, quel poco che oggi c’è e quel mol­to (le con­trad­di­zio­ni non si pos­so­no nascon­de­re a lun­go sot­to il tap­pe­to) che ci sarà domani.
Riguar­da gli sfrut­ta­ti che pren­do­no coscien­za del pro­prio ruo­lo. Gli ope­rai che si orga­niz­za­no fuo­ri dal­le gab­bie del sin­da­ca­to di regi­me. I lavo­ra­to­ri in nero sot­to­pa­ga­ti e sen­za futu­ro. I ragaz­zi del sud che emi­gra­no nel­le peri­fe­rie del­le “ric­che” cit­tà del nord. I migran­ti “volen­te­ro­si” che ven­do­no la loro fati­ca e il loro sudo­re per una mine­stra cal­da e una barac­ca di cartone.
La repres­sio­ne non ha mai fer­ma­to la lot­ta fra le classi.
Ha solo alza­to il livel­lo di scon­tro e costret­to a sce­glie­re da che par­te stare.
Ha posto nuo­vi pro­ble­mi e impo­sto solu­zio­ni che nel­la palu­de demo­cra­ti­ca sem­bra­va­no inat­tua­bi­li e inimmaginabili.
Ha rot­to l’apparenza del­la pace socia­le e crea­to le con­di­zio­ni dell’acutizzarsi pro­prio di quel con­flit­to che vole­va combattere.
Chi ha filo tes­sa la tela.
Sia­mo soprav­vis­su­ti a Scel­ba. A Cos­si­ga. A Dal­la Chiesa.
Soprav­vi­ve­re­mo a Salvini.