Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Storia del movimento operaio

Trotsky e la battaglia per la Quarta Internazionale (1933–1940)

Il 3 set­tem­bre 1938 ven­ne fon­da­ta la Quar­ta Internazionale.
A ottan­tu­no anni di distan­za, inten­dia­mo rie­vo­ca­re quest’evento pub­bli­can­do un testo di Vale­rio Tor­re che riper­cor­re il lun­go e tra­va­glia­to cam­mi­no che pre­ce­det­te l’avvenimento e che lo seguì nei due anni suc­ces­si­vi, fino all’assassinio di León Tro­tsky: non già per limi­tar­ci a una ritua­le com­me­mo­ra­zio­ne, quan­to inve­ce per­ché, come scri­ve l’autore, si trat­ta di un pro­get­to nato nel XX seco­lo ma che pro­iet­ta la sua ombra sul seco­lo attua­le, poi­ché chi si richia­ma ai prin­ci­pi del mar­xi­smo rivo­lu­zio­na­rio non può pre­scin­de­re, ancor più oggi, dall’attualità e dal­la vigen­za dell’analisi avan­za­ta dal Pro­gram­ma di Tran­si­zio­ne, e cioè che «la situa­zio­ne poli­ti­ca mon­dia­le … è carat­te­riz­za­ta prin­ci­pal­men­te da una cri­si sto­ri­ca di dire­zio­ne del pro­le­ta­ria­to».
È esat­ta­men­te per por­re rime­dio a que­sta situa­zio­ne che Tro­tsky e i suoi lan­cia­ro­no quel pro­get­to: la costru­zio­ne di un’Internazionale rivo­lu­zio­na­ria che ripren­des­se la ban­die­ra del bol­sce­vi­smo, get­ta­ta nel fan­go dal­la cric­ca sta­li­nia­na che ave­va tra­sfor­ma­to l’Unione sovie­ti­ca in un immen­so gulag.
Per un com­ples­so di ragio­ni che non è qui pos­si­bi­le esa­mi­na­re quel pro­get­to è rima­sto incom­piu­to, ed è per que­sto che oggi dif­fe­ren­ti orga­niz­za­zio­ni, grup­pi e set­to­ri che si rife­ri­sco­no al tro­tski­smo dichia­ra­no di voler rico­strui­re la Quar­ta Internazionale.
È nostra opi­nio­ne che, per diver­si moti­vi, nes­su­na di que­ste cor­ren­ti ha fino­ra imboc­ca­to il cam­mi­no cor­ret­to per por­ta­re avan­ti que­sto dise­gno; sic­ché quel­la “cri­si sto­ri­ca di dire­zio­ne del pro­le­ta­ria­to”, dia­gno­sti­ca­ta nel 1938, si è ulte­rior­men­te aggra­va­ta a livel­lo mon­dia­le, con le con­se­guen­ze che sono sot­to gli occhi di tutti.
I com­pi­ti e gli obiet­ti­vi che Tro­tsky e i suoi si pose­ro ottan­tu­no anni fa sono anco­ra dinan­zi a noi, per cui cre­dia­mo oppor­tu­no, attra­ver­so que­sto scrit­to, get­ta­re retro­spet­ti­va­men­te lo sguar­do sul­la bat­ta­glia lan­cia­ta allo­ra, che, per quan­to det­to, è anco­ra da combattere.
Buo­na lettura.
La redazione

Trotsky e la battaglia per la Quarta Internazionale (1933‑1940)


Vale­rio Torre

 

In let­te­ra­tu­ra, nel tea­tro e nel­la cine­ma­to­gra­fia si può nar­ra­re una sto­ria par­ten­do dall’inizio; oppu­re, si pos­so­no usa­re dei fla­sh­back come tes­se­re di un mosai­co da com­por­re; oppu­re, anco­ra, si può rac­con­ta­re subi­to la fine, sal­vo ripren­de­re poi lo svi­lup­po nar­ra­ti­vo per far com­pren­de­re al let­to­re o allo spet­ta­to­re come si sia giun­ti all’evento appe­na descritto.
Que­ste moda­li­tà – e tan­te altre pos­si­bi­li – sono tut­te leci­te e pos­so­no esse­re più o meno effi­ca­ci nell’economia del­la sto­ria da raccontare.
Nel caso di que­sto testo, doven­do illu­stra­re quel perio­do bre­ve – che va dal 1933 al 1940 – ma inten­sis­si­mo (in cui poche set­ti­ma­ne pos­so­no equi­va­le­re a decen­ni), quel perio­do cioè che segnò la gesta­zio­ne e poi la nasci­ta del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le, pen­sia­mo sia giu­sto par­ti­re pro­prio da quest’ultimo even­to, e cioè dal­la sua fon­da­zio­ne, per poi risa­li­re al con­te­sto sto­ri­co poli­ti­co in cui essa matu­rò. Non per­ché la crea­zio­ne del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le rap­pre­sen­ti “la fine” del­la sto­ria di cui andre­mo ad occu­par­ci. Al con­tra­rio: per­ché anzi que­sto che sem­bra un epi­lo­go ne rap­pre­sen­ta inve­ce “l’inizio”. L’inizio di una sto­ria più gran­de in cui tut­ti colo­ro che ancor oggi si richia­ma­no ai prin­ci­pi del mar­xi­smo rivo­lu­zio­na­rio sono total­men­te coin­vol­ti. Un com­pi­to immen­so. Per­ché, per usa­re le paro­le di salu­to che nell’ottobre 1938 Tro­tsky rivol­se ad un mee­ting per la cele­bra­zio­ne del deci­mo anni­ver­sa­rio del­la nasci­ta dell’organizzazione ame­ri­ca­na e per la Con­fe­ren­za fon­da­ti­va del­la Quar­ta appe­na svolta:

«Non sia­mo un par­ti­to ugua­le agli altri […] Il nostro obiet­ti­vo è la tota­le libe­ra­zio­ne, mate­ria­le e spi­ri­tua­le, dei lavo­ra­to­ri e degli sfrut­ta­ti median­te la rivo­lu­zio­ne socia­li­sta […] Il nostro par­ti­to ci richie­de una dedi­zio­ne tota­le e com­ple­ta […] Ma, in com­pen­so, ci dà la più gran­de del­le feli­ci­tà, la con­sa­pe­vo­lez­za di par­te­ci­pa­re alla costru­zio­ne di un futu­ro miglio­re, di por­ta­re sul­le nostre spal­le una par­ti­cel­la del desti­no dell’umanità e di non vive­re inva­no la nostra vita»[1].

Tro­tsky dedi­cò, nel perio­do dal 1933 al 1940, la mag­gior par­te dei suoi sfor­zi e del suo lavo­ro alla costru­zio­ne del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le, che ven­ne for­mal­men­te costi­tui­ta – come vedre­mo – nel set­tem­bre del 1938. E lui stes­so era tan­to con­sa­pe­vo­le dell’impegno pro­fu­so in que­sto com­pi­to, che nel mar­zo del 1935, lun­gi da ogni inten­to auto­pro­cla­ma­to­rio, scriveva:

«… pen­so che l’opera nel­la qua­le sono impe­gna­to, mal­gra­do il suo carat­te­re insuf­fi­cien­te e fram­men­ta­rio, sia la più impor­tan­te del­la mia vita, più impor­tan­te che il 1917, più impor­tan­te che lo stes­so perio­do del­la Guer­ra civi­le o qua­lun­que altro […] Non pos­so dun­que par­la­re del­la “indi­spen­sa­bi­li­tà” del­la mia ope­ra, nem­me­no per il perio­do 1917‑1921. Ma oggi essa è indi­spen­sa­bi­le nel sen­so pie­no del ter­mi­ne. Non v’è ombra di arro­gan­za in que­sta pre­te­sa […] All’infuori di me, non v’è nes­su­no per com­pie­re la mis­sio­ne di arma­re del meto­do rivo­lu­zio­na­rio una gene­ra­zio­ne nuo­va»[2].

E dun­que, il diri­gen­te più illu­stre insie­me a Lenin dell’Assalto al Cie­lo dell’Ottobre del 1917, l’oratore più auto­re­vo­le e più popo­la­re del­la rivo­lu­zio­ne, il crea­to­re dell’Armata Ros­sa che riu­scì a spez­za­re l’assedio al neo­na­to Sta­to rivo­lu­zio­na­rio da par­te di quat­tor­di­ci eser­ci­ti di Pae­si impe­ria­li­sti, rite­ne­va che non fos­se­ro que­sti gli aspet­ti e gli even­ti impor­tan­ti del­la sua vita. Con­si­de­ra­va inve­ce “indi­spen­sa­bi­le” la sua ope­ra solo per la costru­zio­ne del­la Quar­ta Internazionale.
Tro­tsky ave­va ragio­ne. Gra­zie al suo instan­ca­bi­le impe­gno, la fon­da­zio­ne del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le, al di là di tut­te le sue debo­lez­ze, ha reso innan­zi­tut­to pos­si­bi­le pre­ser­va­re la con­ti­nui­tà orga­ni­ca e sto­ri­ca del mar­xi­smo rivo­lu­zio­na­rio che era sta­to scon­fit­to nei gran­di con­flit­ti del­la lot­ta di clas­se sia nell’Urss che nel resto d’Europa.
Ma non è solo que­sto il meri­to del­la nasci­ta del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le. Essa non fu fon­da­ta (come anche alcu­ni set­to­ri che si richia­ma­no al tro­tski­smo fan­no appa­ri­re in con­se­guen­za del­la loro poli­ti­ca erro­nea) come una set­ta dot­tri­na­le desti­na­ta a pre­ser­va­re come un fetic­cio l’eredità ideo­lo­gi­ca rivo­lu­zio­na­ria in cir­co­stan­ze che ne ren­de­va­no impos­si­bi­le l’utilizzazione. Quan­do Tro­tsky insi­ste­va sul fat­to che la Quar­ta Inter­na­zio­na­le nuo­ta­va con­tro la cor­ren­te, giun­gen­do ad usa­re per i tro­tski­sti l’espressione “esi­lia­ti dal­la loro stes­sa clas­se”, in real­tà sta­va sot­to­li­nean­do dif­fi­col­tà e com­pi­ti poli­ti­ci ogget­ti­vi, non una impos­si­bi­li­tà storico‑metafisica di agi­re. Lo sfor­zo di Tro­tsky e dei suoi com­pa­gni non deve esse­re riven­di­ca­to allo­ra solo per aver pre­ser­va­to la con­ti­nui­tà del pro­gram­ma rivo­lu­zio­na­rio, ma anche per aver mes­so in pie­di un’organizzazione atti­va nell’arena del­la lot­ta di clas­se mon­dia­le per mez­zo di un pro­gram­ma rivo­lu­zio­na­rio. In que­sto sen­so, se è vero che, come affer­ma­va Tro­tsky, “il par­ti­to è il suo pro­gram­ma”, non è meno vera l’espressione oppo­sta: “il pro­gram­ma è il par­ti­to”. Ecco per­ché la cor­ren­te che si ispi­ra al tro­tski­smo insi­ste tan­to nell’idea del­la costru­zio­ne del par­ti­to, a dif­fe­ren­za di altre ten­den­ze del­la sini­stra inter­na­zio­na­le per le qua­li il par­ti­to rap­pre­sen­ta ormai una cosa supe­ra­ta, un resi­duo novecentesco.

La Con­fe­ren­za di fondazione
Dun­que, per tener fede alla scel­ta di par­ti­re dal­la fine (che, abbia­mo visto, poi “fine” non è) del­la sto­ria del­la nasci­ta del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le, dicia­mo che la Con­fe­ren­za di fon­da­zio­ne si svol­se il 3 set­tem­bre del 1938 a Péri­gny, alla peri­fe­ria di Pari­gi, in un gra­na­io mes­so a dispo­si­zio­ne da Alfred Rosmer. Fu un con­gres­so che durò un solo gior­no, rea­liz­za­to nel­la più asso­lu­ta clan­de­sti­ni­tà sot­to l’incombente minac­cia del­la per­se­cu­zio­ne sta­li­ni­sta, tan­to che era sta­to uffi­cial­men­te con­vo­ca­to in un luo­go del­la Sviz­ze­ra, e al qua­le il suo prin­ci­pa­le ispi­ra­to­re, León Tro­tsky, esi­lia­to in Mes­si­co, non poté par­te­ci­pa­re. Vi pre­se inve­ce par­te una tren­ti­na di dele­ga­ti in rap­pre­sen­tan­za di dodi­ci Pae­si, cui ven­ne­ro attri­bui­te le dele­ghe per altre sezio­ni che furo­no impos­si­bi­li­ta­te ad inter­ve­ni­re per pro­ble­mi orga­niz­za­ti­vi o di sicu­rez­za[3].
La discus­sio­ne fu mol­to limi­ta­ta, sia per ragio­ni di tem­po, sia per il fat­to che mol­ti docu­men­ti era­no scom­par­si nel rapi­men­to e nell’assassinio ad ope­ra del­la Gpu sta­li­nia­na, poco pri­ma del­la Con­fe­ren­za, di Rudolf Kle­ment, segre­ta­rio orga­niz­za­ti­vo e col­la­bo­ra­to­re di Tro­tsky nel perio­do d’esilio in Tur­chia e in Fran­cia. Tut­ta­via, nono­stan­te que­ste limi­ta­zio­ni, la Con­fe­ren­za fon­da­ti­va era sta­ta pre­ce­du­ta da una pro­lun­ga­ta discus­sio­ne del­le tesi poli­ti­che gene­ra­li, sia nel­le sezio­ni che in due pre­con­fe­ren­ze. La discus­sio­ne pro­gram­ma­ti­ca cen­tra­le del­la Con­fe­ren­za fu quel­la sul Pro­gram­ma di tran­si­zio­ne, ela­bo­ra­to da Tro­tsky a par­ti­re da un con­fron­to con i diri­gen­ti del Socia­li­st Wor­kers Par­ty (Swp) ame­ri­ca­no (la più gran­de sezio­ne del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le) e che non costi­tui­sce, come spes­so si dice, il pro­gram­ma del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le, quan­to piut­to­sto il pro­gram­ma del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le «per il pas­sag­gio alla rivo­lu­zio­ne pro­le­ta­ria a par­ti­re dal­la cri­si del­la socie­tà capi­ta­li­sti­ca»[4].
Oltre al Pro­gram­ma di tran­si­zio­ne, ven­ne­ro appro­va­ti, tra gli altri, lo Sta­tu­to, un mani­fe­sto con­tro la guer­ra impe­ria­li­sta (ricor­dia­mo che già sof­fia­va­no sull’Europa i ven­ti del­la Secon­da Guer­ra mon­dia­le) ed altre riso­lu­zio­ni, tra cui le tesi sul ruo­lo mon­dia­le dell’imperialismo nordamericano.
Il pun­to rela­ti­vo alla “pro­cla­ma­zio­ne” del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le regi­strò una diver­gen­za, che, come poi vedre­mo nel pro­sie­guo di que­sto testo, era il por­ta­to del­la lun­ga fase di gesta­zio­ne che por­tò alla sua nasci­ta e del­le appro­fon­di­te discus­sio­ni svi­lup­pa­te­si in seno all’Opposizione di Sini­stra Inter­na­zio­na­le (Osi: l’organizzazione a par­ti­re dal­la qua­le nac­que la Quar­ta Inter­na­zio­na­le). Tre dele­ga­ti (Lamed e Stock­fish del­la Polo­nia; Crai­peau del­la Fran­cia) si espres­se­ro con­tro la pro­cla­ma­zio­ne già in quel­la Con­fe­ren­za, soste­nen­do l’immaturità di una simi­le deci­sio­ne; ma due di essi (i due polac­chi) rila­scia­ro­no una dichia­ra­zio­ne di voto in cui sosten­ne­ro che, pur con­si­de­ran­do un erro­re la deci­sio­ne posi­ti­va su que­sto pun­to, avreb­be­ro rispet­ta­to lo Sta­tu­to e la disci­pli­na del­la Quar­ta[5].
Fu, quin­di, elet­to un Comi­ta­to Ese­cu­ti­vo. Vale la pena di sot­to­li­nea­re alcu­ne curio­si­tà, riguar­do ai dele­ga­ti e ai mem­bri di quest’organismo.
Per l’Italia era pre­sen­te come dele­ga­to – e ven­ne elet­to nel Comi­ta­to – Pie­tro Tres­so, uno dei tre mili­tan­ti (insie­me a Leo­net­ti e Ravaz­zo­li) espul­si dal Par­ti­to comu­ni­sta d’Italia (Pcd’I) e che die­de­ro vita alla Noi (Nuo­va Oppo­si­zio­ne Ita­lia­na)[6], suc­ces­si­va­men­te assas­si­na­to in Fran­cia per mano degli sta­li­ni­sti[7]. Per la Gre­cia era pre­sen­te come dele­ga­to Michel Rap­tis (cono­sciu­to con lo pseu­do­ni­mo di Pablo) che fu in segui­to uno dei più noti diri­gen­ti del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le dopo la mor­te di Tro­tsky e sicu­ra­men­te uno dei mas­si­mi respon­sa­bi­li del­la pro­fon­da e vio­len­ta cri­si che l’ha atta­na­glia­ta e che por­tò a una serie di rot­tu­re. Ta Thu Thau, diri­gen­te del­la sezio­ne dell’Indocina (l’attuale Viet­nam) era in car­ce­re al momen­to del­la Con­fe­ren­za, eppu­re ven­ne elet­to nel Comi­ta­to Esecutivo.
Così pure Tro­tsky, assen­te sia per­ché esi­lia­to in Mes­si­co, sia per ragio­ni di sicu­rez­za, ven­ne elet­to qua­le mem­bro segre­to nell’organismo in rap­pre­sen­tan­za dell’Opposizione di Sini­stra dell’Unione Sovie­ti­ca. Il dele­ga­to rus­so alla Con­fe­ren­za, Mor­d­ka Zbo­ro­w­ski (cono­sciu­to con lo pseu­do­ni­mo di Étien­ne), sot­to­li­neò insi­sten­te­men­te quest’assenza[8] pro­po­nen­do­si per sosti­tuir­lo. Dopo la Secon­da Guer­ra Mon­dia­le, si sco­prì che “Étien­ne” era in real­tà un agen­te del Nkvd, infil­tra­to nel movi­men­to tro­tski­sta e respon­sa­bi­le per l’assassinio del figlio di Tro­tsky, Lev Sedov, di cui era riu­sci­to a diven­ta­re stret­to col­la­bo­ra­to­re[9]. Lev Sedov era, al momen­to del­la sua ucci­sio­ne, respon­sa­bi­le del­la costru­zio­ne euro­pea dell’Opposizione di Sini­stra Internazionale.

La bat­ta­glia per la rifor­ma del par­ti­to e dell’Internazionale
Come nasce in Tro­tsky la con­sa­pe­vo­lez­za del­la neces­si­tà di fon­da­re la Quar­ta Internazionale?
A par­ti­re dal 1923, di fron­te al sor­ge­re dei pri­mi ele­men­ti di quel­la che sareb­be sta­ta la buro­cra­tiz­za­zio­ne del par­ti­to bol­sce­vi­co, Tro­tsky ini­ziò ad ingag­gia­re una dura bat­ta­glia per il recu­pe­ro del­la demo­cra­zia inter­na di par­ti­to e, quin­di, per il recu­pe­ro del par­ti­to stes­so[10]. Ciò lo por­tò ad uno scon­tro aper­to nei con­fron­ti del­la cosid­det­ta “troi­ka”, cioè quel bloc­co fra Sta­lin, Kame­nev e Zino­viev, che, gra­zie ad un mutuo appog­gio per man­te­ne­re le pro­prie cari­che di prin­ci­pa­li diri­gen­ti del par­ti­to, riu­sci­ro­no ad ave­re e con­so­li­da­re la mag­gio­ran­za nel Comi­ta­to cen­tra­le, con­trol­lan­do di fat­to l’intera mac­chi­na dell’organizzazione e dell’apparato.
Per die­ci lun­ghi anni, Tro­tsky con­ti­nuò nel­la poli­ti­ca di rifor­ma del par­ti­to orga­niz­zan­do l’Opposizione di Sini­stra, la cui bat­ta­glia non era solo diret­ta, dopo la rot­tu­ra del­la “troi­ka”, con­tro la poli­ti­ca eco­no­mi­ca di Sta­lin e Bucha­rin, ma anche con­tro la teo­riz­za­zio­ne sta­li­nia­na del­la costru­zio­ne del “socia­li­smo in un pae­se solo”.

Mem­bri dell’Opposizione di sini­stra. In pri­ma fila: Sere­bria­kov, Rádek, Tro­tsky, Bogu­sla­v­sky, Pre­o­bra­z­hen­sky; in pie­di: Rako­v­sky, Drob­nis, Belo­bo­ró­dov, Sosnovsky

Ana­lo­ga­men­te, Tro­tsky rite­ne­va neces­sa­rio rifor­ma­re l’Internazionale. Con­vin­to che il pro­ces­so di buro­cra­tiz­za­zio­ne non fos­se irre­ver­si­bi­le e che l’avanguardia del pro­le­ta­ria­to mon­dia­le era anco­ra con­cen­tra­ta nel­le file dell’Internazionale comu­ni­sta, una del­le pri­me atti­vi­tà su cui si con­cen­trò una vol­ta espul­so dal Pae­se ed esi­lia­to in Tur­chia fu di sta­bi­li­re con­tat­ti con i diver­si grup­pi che, in tut­to il mon­do, era­no sta­ti espul­si dai par­ti­ti comu­ni­sti sta­li­niz­za­ti e ave­va­no dichia­ra­to il loro appog­gio all’Opposizione russa.
Fu così che il 6 apri­le 1930 rap­pre­sen­tan­ti di otto grup­pi di oppo­si­zio­ne di vari par­ti­ti comu­ni­sti si riu­ni­ro­no a Pari­gi fon­dan­do l’Opposizione di Sini­stra Inter­na­zio­na­le e carat­te­riz­zan­do­la come fra­zio­ne dell’Internazionale comu­ni­sta. Altri grup­pi di diver­si Pae­si che non era­no potu­ti inter­ve­ni­re alla con­fe­ren­za di Pari­gi die­de­ro comun­que il loro appoggio.
Ciò che però con­tras­se­gna­va la neo­na­ta Osi era l’estrema ete­ro­ge­nei­tà dei set­to­ri che la com­po­ne­va­no. Que­sto indus­se Tro­tsky ad ingag­gia­re un’importante bat­ta­glia poli­ti­ca di deli­mi­ta­zio­ne depu­ran­do le fila dell’Osi da tut­ti gli ele­men­ti casua­li, piccolo‑borghesi, pro­pa­gan­di­sti e set­ta­ri, poi­ché l’obiettivo non era solo rim­piaz­za­re Sta­lin, ma por­re alla testa del movi­men­to comu­ni­sta una dire­zio­ne mar­xi­sta rivo­lu­zio­na­ria. Per­ciò, nel feb­bra­io del 1932 fu appro­va­ta una dichia­ra­zio­ne che fis­sa­va undi­ci con­di­zio­ni di prin­ci­pio per poter entra­re nell’Osi.
In un testo del dicem­bre del 1932[11], Tro­tsky chia­ri­sce che l’Osi e le sue sezio­ni nazio­na­li si con­si­de­ra­no fra­zio­ni del Comin­tern e dei par­ti­ti comu­ni­sti nazio­na­li, pre­fi­gu­ran­do tut­ta­via la pos­si­bi­li­tà che una cata­stro­fe sto­ri­ca di immen­se pro­por­zio­ni, come la cadu­ta del­lo Sta­to sovie­ti­co o la vit­to­ria del nazi­smo e la scon­fit­ta del pro­le­ta­ria­to tede­sco, avreb­be­ro mes­so in que­stio­ne la soprav­vi­ven­za dell’Internazionale Comu­ni­sta. Quel­la cata­stro­fe si verificò.

Il “4 ago­sto del­lo sta­li­ni­smo”. Il “Bloc­co dei Quattro”
La cri­si eco­no­mi­ca del 1929 e i suoi effet­ti sul­la Ger­ma­nia non ave­va­no col­to alla sprov­vi­sta Tro­tsky, che ave­va ben com­pre­so la por­ta­ta degli avve­ni­men­ti che si sta­va­no veri­fi­can­do in ter­ra tede­sca pro­du­cen­do ana­li­si anco­ra oggi insu­pe­ra­te sul­la nasci­ta, il con­so­li­da­men­to e la vit­to­ria del nazismo.
In que­sti arti­co­li[12], Tro­tsky ten­tò inva­no di aller­ta­re il Kpd – cioè il Par­ti­to comu­ni­sta tede­sco – con­tro i peri­co­li dell’adozione del­la poli­ti­ca sta­li­nia­na del “social­fa­sci­smo”[13], invi­tan­do i comu­ni­sti a for­ma­re un fron­te uni­co col poten­te par­ti­to social­de­mo­cra­ti­co per con­tra­sta­re il nazi­smo fin­ché si fos­se in tem­po. Ma tut­to fu inu­ti­le. La sui­ci­da poli­ti­ca set­ta­ria det­ta­ta dal Comin­tern ven­ne cie­ca­men­te appli­ca­ta e in bre­ve tut­te le orga­niz­za­zio­ni del movi­men­to ope­ra­io distrutte.
Il 30 gen­na­io 1933, Hitler fu desi­gna­to Can­cel­lie­re del­la Ger­ma­nia. Per chi voles­se qual­che dimo­stra­zio­ne del­la “lun­gi­mi­ran­te ana­li­si” del­la buro­cra­zia sta­li­nia­na di fron­te all’inverarsi del peri­co­lo nazi­sta, basti sape­re che il gior­no suc­ces­si­vo, il 31 gen­na­io, l’organo del Par­ti­to comu­ni­sta fran­ce­se, L’Humanité, rele­ga­va la noti­zia nel­le pagi­ne inter­ne tito­lan­do “Risul­ta­ti del­la poli­ti­ca del male mino­re: Hitler Can­cel­lie­re”. E nei gior­ni seguen­ti, Pal­mi­ro Togliat­ti, mas­si­mo diri­gen­te del Pcd’l e fra i più in vista dell’Internazionale comu­ni­sta, affer­ma­va che l’avvenimento non era para­go­na­bi­le alla Mar­cia su Roma di Mus­so­li­ni, e anzi pre­ve­de­va “una nuo­va asce­sa del­le masse”.
Nel suc­ces­si­vo mese di mar­zo, Hitler assun­se pote­ri dit­ta­to­ria­li. Il 1° mar­zo, il Par­ti­to comu­ni­sta tede­sco ven­ne posto fuo­ri­leg­ge. Nel giro di sole ventiquattr’ore, 4.000 dei suoi mem­bri ven­ne­ro arre­sta­ti pra­ti­ca­men­te sen­za oppor­re nes­su­na resi­sten­za e, a par­ti­re dal 3 mar­zo, si sca­te­nò una vera e pro­pria cac­cia al comunista.
Thäl­mann, il più impor­tan­te diri­gen­te del Kpd, ven­ne arre­sta­to pro­prio men­tre a Mosca la Pra­v­da assi­cu­ra­va che il nazi­smo non sareb­be riu­sci­to a spez­za­re il par­ti­to comu­ni­sta, per­ché non si pote­va “ster­mi­na­re l’avanguardia ope­ra­ia”, né distrug­ge­re un par­ti­to che ave­va otte­nu­to “sei milio­ni di voti ope­rai”[14]. Il pode­ro­so pro­le­ta­ria­to tede­sco, insom­ma, ingan­na­to e demo­ra­liz­za­to dai suoi par­ti­ti, si schian­tò sen­za oppor­re alcu­na resistenza.
Il 12 mar­zo 1933, Tro­tsky scris­se che lo sta­li­ni­smo tede­sco crol­la­va più per il suo putri­du­me inter­no che per i col­pi del fasci­smo e che non era più tem­po di pen­sa­re alla rifor­ma di un par­ti­to che ormai altro non era se non un “cada­ve­re”[15]. Era ora di pen­sa­re a “crea­re un par­ti­to nuo­vo”, poi­ché egli rite­ne­va che si fos­se con­su­ma­to un nuo­vo “4 ago­sto”[16] (rife­ren­do­si all’ignominioso crol­lo del­la Secon­da Inter­na­zio­na­le, i cui par­ti­ti ave­va­no vota­to nel 1914, appun­to il 4 ago­sto, i cre­di­ti di guer­ra decre­tan­do lo scop­pio del­la Pri­ma guer­ra mon­dia­le). Ma non era anco­ra giun­to il momen­to di crea­re una nuo­va Inter­na­zio­na­le. Tro­tsky, infat­ti, pen­sa­va che vi fos­se anco­ra spa­zio per sane rea­zio­ni in un cer­to nume­ro di sezio­ni del Comin­tern: «Non si trat­ta di fon­da­re la Quar­ta Inter­na­zio­na­le ma di sal­va­re la Ter­za», spie­ga­va[17].
Que­sta illu­sio­ne durò dav­ve­ro mol­to poco. Il 5 apri­le 1933 una riso­lu­zio­ne adot­ta­ta all’unanimità dal pre­si­dium del Comi­ta­to ese­cu­ti­vo dell’Internazionale comu­ni­sta e supi­na­men­te accet­ta­ta da tut­te le sue sezio­ni, pro­cla­ma­va che la poli­ti­ca segui­ta in Ger­ma­nia era l’unica giu­sta[18]. Ma il nazi­smo non era – dicia­mo così – mol­to d’accordo con que­sta riso­lu­zio­ne: il 26 mag­gio ven­ne sciol­to sen­za nes­su­na rea­zio­ne il Par­ti­to comu­ni­sta austria­co, men­tre poco dopo quel­lo bul­ga­ro vede­va limi­ta­ta la pro­pria atti­vi­tà da restri­zio­ni tali da impe­dir­gli di fat­to qual­sia­si espres­sio­ne indi­pen­den­te[19].
Ciò indus­se Tro­tsky, a par­ti­re da un impor­tan­te testo del 15 giu­gno[20], a pre­fi­gu­ra­re il crol­lo com­ple­to dell’Internazionale comu­ni­sta e la rot­tu­ra dei rivo­lu­zio­na­ri con essa. Da que­sto momen­to in poi, il “Vec­chio” (così Tro­tsky veni­va affet­tuo­sa­men­te chia­ma­to dai mili­tan­ti dell’Osi, a dispet­to dei suoi soli 53 anni, ben­ché il suo segre­ta­rio dell’epoca, Jean Van Hei­je­noort, lo aves­se visto inca­nu­ti­re nel giro di pochi mesi[21]), il “Vec­chio”, dun­que, mutò pro­gres­si­va­men­te la pro­pria ana­li­si poli­ti­ca. A par­ti­re da un testo del 15 luglio[22], si pro­nun­ciò per la crea­zio­ne di nuo­vi par­ti­ti comu­ni­sti e per una nuo­va Inter­na­zio­na­le. E, vista l’esiguità del­le for­ze in cam­po, andò via via affi­nan­do la pro­pria pro­po­sta poli­ti­ca di costru­zio­ne soste­nen­do la neces­si­tà di rivol­ger­si ver­so quel­le orga­niz­za­zio­ni socia­li­ste di sini­stra che, nel­la situa­zio­ne data dal fal­li­men­to dell’Internazionale comu­ni­sta da una par­te e dal­la decom­po­si­zio­ne del­la social­de­mo­cra­zia dall’altra, anda­va­no evol­ven­do ver­so posi­zio­ni rivo­lu­zio­na­rie: indi­riz­za­re, dun­que, i pro­pri sfor­zi orga­niz­za­ti­vi ver­so que­ste cor­ren­ti cen­tri­ste in evo­lu­zio­ne ver­so sini­stra[23] dove­va costi­tui­re il nuo­vo com­pi­to dei bolscevico‑leninisti, cioè dei trotskisti.
Il 27 e 28 ago­sto del 1933, si svol­se a Pari­gi la Con­fe­ren­za del­le orga­niz­za­zio­ni socia­li­ste e comu­ni­ste di sini­stra, cui par­te­ci­pò anche l’Osi, che pose in discus­sio­ne il pro­prio pro­gram­ma basa­to sugli undi­ci pun­ti di prin­ci­pio di cui abbia­mo già rife­ri­to. La par­te­ci­pa­zio­ne a que­sta Con­fe­ren­za val­se all’Osi la pos­si­bi­li­tà di attrar­re altre tre orga­niz­za­zio­ni: il Sap tede­sco (di cui face­va par­te il gio­va­ne Wil­ly Brandt, futu­ro Can­cel­lie­re del­la Ger­ma­nia dal 1969 al 1974) e l’Osp e il Rsp olan­de­si. Insie­me, sot­to­scris­se­ro una dichia­ra­zio­ne, cono­sciu­ta poi come “Dichia­ra­zio­ne dei Quat­tro”, in cui con­ve­ni­va­no sul­la neces­si­tà del­la fusio­ne dell’avanguardia rivo­lu­zio­na­ria in una nuo­va Inter­na­zio­na­le: la Quarta.
Cer­ta­men­te, il c.d. “Bloc­co dei Quat­tro” si for­mò intor­no a un testo che non costi­tui­va il rias­sun­to del pen­sie­ro poli­ti­co di Tro­tsky, ma solo la pre­sa d’atto del “mini­mo comun deno­mi­na­to­re” esi­sten­te fra le orga­niz­za­zio­ni fir­ma­ta­rie, e cioè di un qua­dro per la costru­zio­ne e la discus­sio­ne che fos­se allo stes­so tem­po uno stru­men­to di lot­ta poli­ti­ca[24]. Non­di­me­no, per Tro­tsky si trat­tò di un avve­ni­men­to impor­tan­te, che costi­tui­va un rile­van­te pun­to di par­ten­za per la costru­zio­ne del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le intor­no all’Osi, che frat­tan­to ave­va cam­bia­to nome in Lega Comu­ni­sta Inter­na­zio­na­li­sta (Lci).
Tro­tsky non pen­sa­va di costrui­re la nuo­va Inter­na­zio­na­le con i socia­li­sti di sini­stra nel loro com­ples­so, ma di gua­da­gnar­ne le avan­guar­die. Si trat­ta­va, insom­ma, di un’esperienza da pra­ti­ca­re per rom­pe­re il muro di iso­la­men­to che limi­ta­va la sua organizzazione.
Tut­ta­via, si tro­vò di fron­te a dif­fi­col­tà pro­ve­nien­ti dall’interno del­la stes­sa Lci, con set­to­ri che cri­ti­ca­va­no la scel­ta di pun­ta­re sul “Bloc­co” con le altre tre orga­niz­za­zio­ni in ragio­ne del loro cen­tri­smo; e dif­fi­col­tà pro­ve­nien­ti da alcu­ne di que­ste ulti­me, che non ave­va­no un rea­le inte­res­se a “com­pro­met­ter­si” con il trotskismo.
Tro­tsky si vide quin­di costret­to a difen­de­re vigo­ro­sa­men­te le pro­prie posi­zio­ni nei con­fron­ti dei suoi stes­si mili­tan­ti (il che non impe­di­rà alcu­ne scis­sio­ni nei ran­ghi del­la Lci); e ad ingag­gia­re un’energica bat­ta­glia teo­ri­ca nei con­fron­ti del­le altre orga­niz­za­zio­ni fir­ma­ta­rie del­la “Dichia­ra­zio­ne” per indur­le ad evol­ve­re defi­ni­ti­va­men­te ver­so posi­zio­ni coe­ren­te­men­te rivoluzionarie.
Ciò, tut­ta­via, non si veri­fi­cò, sic­ché l’esperienza del “Bloc­co dei Quat­tro” si con­su­mò in una rot­tu­ra di fat­to. Essa, però, non si tra­dus­se in un fal­li­men­to: innan­zi­tut­to, dimo­strò agli occhi dell’avanguardia rivo­lu­zio­na­ria euro­pea che per i tro­tski­sti quel­la del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le non era una riven­di­ca­zio­ne set­ta­ria; in secon­do luo­go, evi­den­ziò, all’interno del­la stes­sa Lci, l’esistenza di diver­gen­ze simi­li a quel­le poste dai cen­tri­sti, ma che furo­no discus­se e poi scon­fit­te; infi­ne, con­sen­tì di reclu­ta­re qua­dri e grup­pi che sareb­be­ro poi sta­ti deci­si­vi per la costru­zio­ne del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le: basti pen­sa­re alla fusio­ne dell’Osp e del Rsp olan­de­si in un nuo­vo par­ti­to, il Rsap, che ade­rì poi alla Lci; e, dall’altro lato dell’oceano, alla fusio­ne, nata all’interno del­la lot­ta di clas­se, del­la sezio­ne ame­ri­ca­na del­la Lci con un par­ti­to ope­ra­io gui­da­to da un pasto­re pro­te­stan­te; fusio­ne fon­da­ta sul­la base del comu­ne rico­no­sci­men­to del­la neces­si­tà di crea­re una nuo­va Internazionale.

La “svol­ta fran­ce­se”: l’entrismo
La vit­to­ria di Hitler pro­dus­se una pro­fon­da inquie­tu­di­ne nel movi­men­to ope­ra­io euro­peo, spe­cie nei qua­dri del­la social­de­mo­cra­zia, in cui comin­cia­ro­no a sor­ge­re ten­den­ze ver­so la sini­stra. Nel feb­bra­io del 1934, gli ope­rai social­de­mo­cra­ti­ci austria­ci sosten­ne­ro eroi­che, ben­ché infrut­tuo­se, lot­te arma­te con­tro il loro gover­no, segui­ti con la mede­si­ma sor­te dagli ope­rai spa­gno­li in otto­bre. In Spa­gna, Fran­cia, Bel­gio e Sviz­ze­ra, set­to­ri del­la gio­ven­tù socia­li­sta mani­fe­sta­va­no sim­pa­tie per le idee tro­tski­ste. Insom­ma, ben­ché anco­ra influen­za­te dal­la social­de­mo­cra­zia, le mas­se era­no in via di radicalizzazione.
Tro­tsky – per il qua­le l’idea del­la costru­zio­ne del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le non dove­va esse­re mec­ca­ni­ca­men­te svi­lup­pa­ta a tavo­li­no, ma dove­va fare i con­ti con la real­tà del movi­men­to di mas­sa – appro­fon­dì, dopo aver­la avvia­ta con la poli­ti­ca che ave­va por­ta­to al “Bloc­co dei Quat­tro”, la sua rifles­sio­ne sul lavo­ro poli­ti­co da com­pie­re in dire­zio­ne del­le mas­se in via di radicalizzazione.
Lo sta­li­ni­smo, che ave­va aper­to un’autostrada alla pre­sa del pote­re da par­te di Hitler con la teo­riz­za­zio­ne del social­fa­sci­smo, sen­za nean­che giu­sti­fi­ca­re l’abbandono di que­sta poli­ti­ca con­clu­se, a par­ti­re dal­la Fran­cia, pat­ti d’unità d’azione con i par­ti­ti socia­li­sti (che solo pochi mesi pri­ma ave­va defi­ni­to, appun­to, “social­fa­sci­sti”) per resi­ste­re all’avanzata del nazismo.
In real­tà, que­sto pro­ces­so era il pro­dot­to del­la pres­sio­ne di set­to­ri, soprat­tut­to gio­va­ni­li, che in Fran­cia respin­ge­va­no la poli­ti­ca di divi­sio­ne all’interno del­la clas­se ope­ra­ia fino ad allo­ra pro­pu­gna­ta dal­la scre­di­ta­ta Inter­na­zio­na­le sta­li­niz­za­ta e si rivol­ge­va­no prio­ri­ta­ria­men­te ai par­ti­ti socia­li­sti, sen­si­bi­li alle loro aspi­ra­zio­ni ma sostan­zial­men­te inca­pa­ci di rispondervi.
Tro­tsky, sem­pre atten­to ai pro­ces­si poli­ti­ci, com­pre­se subi­to che la cri­si di que­sti par­ti­ti – non con­giun­tu­ra­le, ben­sì sto­ri­ca, nell’epoca di decli­no dell’imperialismo – offri­va ai tro­tski­sti uno spa­zio enor­me per un lavo­ro, al loro inter­no, di con­qui­sta di quei set­to­ri che, su basi con­fu­se, si col­lo­ca­va­no all’ala sini­stra: un lavo­ro, come sem­pre nel­la visio­ne tro­tskia­na, fina­liz­za­to alla costru­zio­ne del nuo­vo par­ti­to rivo­lu­zio­na­rio. Inol­tre, que­sta poli­ti­ca avreb­be aiu­ta­to la Lega a supe­ra­re il peri­co­lo del­la mar­gi­na­li­tà: rifiu­tar­la avreb­be signi­fi­ca­to esse­re respin­ti con irri­ta­zio­ne dal­le masse.
È per que­sto moti­vo che Tro­tsky defi­nì quel­la che ven­ne chia­ma­ta “svol­ta fran­ce­se” – e cioè l’entrismo nel par­ti­to socia­li­sta fran­ce­se – come una “svol­ta deci­si­va”[25].
Ben­ché il “Vec­chio” aves­se da subi­to rac­co­man­da­to «auda­cia, rapi­di­tà e una­ni­mi­tà»[26] nell’applicazione di que­sta tat­ti­ca, si aprì una cri­si sia nel­la Lega fran­ce­se che nel­la Lega inter­na­zio­na­le. Alcu­ni set­to­ri la con­si­de­ra­ro­no una capi­to­la­zio­ne alla social­de­mo­cra­zia e si svi­lup­pa­ro­no appas­sio­na­te discus­sio­ni nel movi­men­to tro­tski­sta inter­na­zio­na­le. Tut­ta­via, nono­stan­te alcu­ne scis­sio­ni, la tat­ti­ca dell’entrismo fu appli­ca­ta in vari Pae­si oltre alla Fran­cia, con alcu­ni note­vo­li suc­ces­si, il più signi­fi­ca­ti­vo dei qua­li si regi­strò negli Sta­ti Uni­ti dove il pro­dot­to di que­sta poli­ti­ca fu la suc­ces­si­va nasci­ta del Swp, che diven­ne la sezio­ne più impor­tan­te e di mag­gior peso ope­ra­io del­la Quar­ta Internazionale.
Nel 1935, Tro­tsky si sen­tì in dove­re di trac­cia­re un bilan­cio del com­ples­so del­le poli­ti­che che ave­va avvia­to a par­ti­re dal­la con­sta­ta­zio­ne del crol­lo del­la Ter­za Inter­na­zio­na­le. Pre­so for­mal­men­te atto che l’esperienza del “Bloc­co dei Quat­tro” era giun­ta al ter­mi­ne, Tro­tsky sot­to­li­neò che l’adozione gene­ra­liz­za­ta e su sca­la inter­na­zio­na­le del­la poli­ti­ca sta­li­nia­na del fron­te popo­la­re decre­ta­va la defi­ni­ti­va liqui­da­zio­ne del Comin­tern. In que­sto qua­dro, i sin­to­mi di una rapi­da mar­cia ver­so la guer­ra, lo indus­se­ro a rite­ne­re giun­to il momen­to di acce­le­ra­re il rit­mo del­la costru­zio­ne del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le. In que­sto sen­so deve esse­re let­ta la “Let­te­ra aper­ta per la Quar­ta Inter­na­zio­na­le”[27] rivol­ta alle orga­niz­za­zio­ni rivo­lu­zio­na­rie di tut­to il mon­do e fir­ma­ta dal­la Lci e da altri partiti.
La “Let­te­ra aper­ta” segnò l’inizio di un nuo­vo perio­do nel­la pre­i­sto­ria del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le: mes­si da par­te l’affermazione dei prin­ci­pi gene­ra­li e l’aspetto del­la pro­pa­gan­da, Tro­tsky sot­to­li­nea­va la neces­si­tà di met­te­re in cam­po il pri­mo atto con­cre­to del­la costru­zio­ne del­la nuo­va Inter­na­zio­na­le, poi­ché le con­di­zio­ni sto­ri­co-poli­ti­che del­la nuo­va fase impo­ne­va­no urgen­te­men­te che i rivo­lu­zio­na­ri si dedi­cas­se­ro al com­pi­to imme­dia­to del­la sua creazione.
A quell’epoca, Tro­tsky spe­ra­va anco­ra che la fon­da­zio­ne del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le non avreb­be coin­vol­to la sola Lci. Pen­sa­va che i bol­sce­vi­co-leni­ni­sti sareb­be­ro sta­ti solo una fra­zio­ne dell’Internazionale in costru­zio­ne, ma alla fine le cose non anda­ro­no in que­sto modo. Tra l’altro, anche all’interno del­la sua stes­sa orga­niz­za­zio­ne Tro­tsky incon­tra­va parec­chie resi­sten­ze: non più ad ope­ra del­le orga­niz­za­zio­ni cen­tri­ste gua­da­gna­te al movi­men­to per la Quar­ta Inter­na­zio­na­le nel perio­do 1933‑1936 (che, anzi, dall’esterno si impe­gna­ro­no in per­ma­nen­ti pole­mi­che con­tro il “tro­tski­smo”), quan­to ad ope­ra di diri­gen­ti stes­si del movi­men­to (Veree­ken, Vic­tor Ser­ge, Snee­vliet) che vi vei­co­la­va­no posi­zio­ni cen­tri­ste[28].
In ogni caso, sul fini­re del mese di luglio del 1936, si svol­se a Pari­gi una Con­fe­ren­za inter­na­zio­na­le del­la Lci in cui si deci­se che quel­la sareb­be sta­ta la pri­ma con­fe­ren­za per la Quar­ta Inter­na­zio­na­le e in cui si deter­mi­nò altre­sì di scio­glie­re la Lci e di pro­cla­ma­re al suo posto la nasci­ta del Movi­men­to per la Quar­ta Internazionale.
In que­sto perio­do, e fino alla Con­fe­ren­za fon­da­ti­va di cui abbia­mo in pre­ce­den­za par­la­to, Tro­tsky si dovet­te misu­ra­re con nume­ro­se obie­zio­ni rispet­to alla “matu­ri­tà” del­le con­di­zio­ni per “fon­da­re” la Quar­ta Inter­na­zio­na­le. A que­ste cri­ti­che egli con­trap­po­se argo­men­ti con­te­nu­ti in deci­ne di scrit­ti su cui non pos­sia­mo, nell’economia di que­sto testo, soffermarci.
Gio­va, tut­ta­via, ricor­da­re a mo’ di sin­te­si alcu­ne poche fra­si di Tro­tsky, il qua­le era con­vin­to – e lo ripe­te­va in ogni occa­sio­ne uti­le – che la Quar­ta Inter­na­zio­na­le non anda­va “pro­cla­ma­ta”, ben­sì “for­gia­ta nel­la lot­ta”. E, dun­que, il “Vec­chio” diceva:

«È ridi­co­lo, quan­to assur­do, discu­te­re se sia oppor­tu­no “fon­dar­la”. Un’Internazionale non si “fon­da” come fos­se una coo­pe­ra­ti­va: la si costrui­sce nel­la lot­ta»[29].

Oppu­re, anco­ra, rispet­to alla cri­ti­ca di un’elaborazione teo­ri­ca non del tut­to completa:

«La Quar­ta Inter­na­zio­na­le non usci­rà com­ple­ta­men­te ela­bo­ra­ta dal­le nostre mani come Miner­va dal­la testa di Gio­ve. Cre­sce­rà e si svi­lup­pe­rà nel­la teo­ria come nell’azione»[30].


L’Opposizione in Unio­ne Sovietica
La “testar­dag­gi­ne” e il pun­ti­glio di Tro­tsky nell’insistere sul­la costru­zio­ne in Euro­pa tro­va la sua spie­ga­zio­ne nel fat­to che pro­prio que­sto con­ti­nen­te egli repu­ta­va cen­tra­le per la nasci­ta di un par­ti­to rivo­lu­zio­na­rio mon­dia­le, dal momen­to che qui era­no gra­vi­de le con­di­zio­ni per un con­flit­to bel­li­co; qui egli vede­va con­cen­trar­si le con­trad­di­zio­ni che avreb­be­ro potu­to deter­mi­na­re un’ascesa rivoluzionaria.
Per­ciò, la tat­ti­ca dell’entrismo pro­dus­se, ad esem­pio in Fran­cia, dei rile­van­ti suc­ces­si; men­tre la poli­ti­ca ver­so quei set­to­ri del­la social­de­mo­cra­zia che svi­lup­pa­va­no una ten­den­za a sini­stra con­sen­tì al movi­men­to tro­tski­sta di reclu­ta­re grup­pi e qua­dri che avreb­be­ro in segui­to avu­to un ruo­lo impor­tan­te nel­la costru­zio­ne del­la Quar­ta Internazionale.
Ma la sezio­ne più impor­tan­te dell’Osi, nume­ri­ca­men­te e per radi­ca­men­to, era nell’Unione Sovietica.
La gran­de bat­ta­glia poli­ti­ca del 1926‑1927 si era con­clu­sa con la scon­fit­ta dell’Opposizione e la depor­ta­zio­ne di Tro­tsky ad Alma‑Ata. Mil­le­cin­que­cen­to tro­tski­sti ven­ne­ro espul­si dal par­ti­to e pre­sto altre miglia­ia ne avreb­be­ro segui­to le sor­ti insie­me ai mili­tan­ti più in vista dell’Opposizione[31]: un’avanguardia avvia­ta su un cam­mi­no che ver­rà per­cor­so dal­la qua­si tota­li­tà dei bol­sce­vi­chi del­la rivo­lu­zio­ne, gio­va­ni o vec­chi, indi­pen­den­te­men­te dal­la loro posi­zio­ne nel­lo scon­tro del 1926‑1927. In real­tà, l’obiettivo dei pri­mi arre­sti – già nel 1927 – e più tar­di, nel 1928, dell’inizio del­le depor­ta­zio­ni di mas­sa, era di spez­za­re l’Opposizione come orga­niz­za­zio­ne, pri­van­do­la di tut­ti i suoi diri­gen­ti e quadri.
Nel 1929, Tro­tsky ven­ne espul­so dal ter­ri­to­rio dell’Unione Sovie­ti­ca. Secon­do i ver­ba­li del­la riu­nio­ne dell’Ufficio poli­ti­co[32], Sta­lin argo­men­tò la pro­po­sta di espul­sio­ne basan­do­la, tra l’altro, sul fat­to che fin­ché egli fos­se resta­to nel Pae­se avreb­be potu­to diri­ge­re ideo­lo­gi­ca­men­te l’opposizione, la cui for­za nume­ri­ca non smet­te­va di aumentare.

Tro­tsky in esi­lio sull’isola di Prin­ki­po, con la figlia Zinai­da (1929)

In real­tà, ciò che, per boc­ca del­lo stes­so Sta­lin, era vero nel 1929 – e Tro­tsky stes­so sti­ma­va, sul­la base di atti uffi­cia­li, che nel solo 1928 ben 8.000 oppo­si­to­ri era­no sta­ti arre­sta­ti, depor­ta­ti e con­dan­na­ti a pene deten­ti­ve – si con­fer­mò negli anni successivi.
Nono­stan­te la dura repres­sio­ne, gli oppo­si­to­ri si mostra­va­no sem­pre più come gli uni­ci con­ti­nua­to­ri del­le tra­di­zio­ni del Par­ti­to bol­sce­vi­co. Ad essi si avvi­ci­na­va­no set­to­ri di mas­sa che con­ser­va­va­no quel­le tra­di­zio­ni, rico­no­scen­do in tal modo que­sto ruo­lo all’Opposizione, la qua­le, facen­do­si por­ta­vo­ce del mal­con­ten­to socia­le pro­dot­to dal­le visto­se dise­gua­glian­ze, rap­pre­sen­ta­va per­ciò una minac­cia poten­zia­le con­tro la domi­na­zio­ne del­la buro­cra­zia sovie­ti­ca. È per que­sto che, come sot­to­li­nea bene Pier­re Broué:

«… la lot­ta con­tro il “tro­tski­smo” rap­pre­sen­tò una tap­pa deci­si­va nel­lo svi­lup­po e nell’instaurazione del tota­li­ta­ri­smo sta­li­nia­no, e fu con­tro i “bolscevico‑leninisti” che fu mes­so a pun­to e per­fe­zio­na­to il siste­ma con­tem­po­ra­neo dell’apparato poli­zie­sco, dal­la Gpu ai Gulag»[33].

Anda­va insom­ma emer­gen­do nel movi­men­to di mas­sa un orien­ta­men­to ver­so l’Opposizione di Sini­stra; e il gran­de timo­re del­la buro­cra­zia era che quest’avanguardia, diret­ta dall’Opposizione, avreb­be potu­to inter­cet­ta­re un’eventuale asce­sa di mas­sa in un con­te­sto inter­na­zio­na­le che lo ren­de­va alta­men­te probabile.
In car­ce­re gli “irri­du­ci­bi­li” (così era­no defi­ni­ti i tro­tski­sti, che per­fi­no nel­le duris­si­me con­di­zio­ni del­la deten­zio­ne riu­sci­va­no a spez­za­re l’isolamento gua­da­gnan­do anche nel­la pri­gio­nia nuo­vi adep­ti e sim­pa­tiz­zan­ti) discu­te­va­no, riu­sci­va­no a pub­bli­ca­re e a far cir­co­la­re arti­co­li, dibat­te­va­no le diver­gen­ze, affron­ta­va­no que­stio­ni teo­ri­che e di attua­li­tà. Fu per que­sto che il car­ce­re di Ver­kh­neu­ral­sk ven­ne defi­ni­to “l’unica uni­ver­si­tà indi­pen­den­te dell’Urss”[34].
Fede­li alle pro­prie idee e in vir­tù del­la fer­rea disci­pli­na cui era­no sta­ti abi­tua­ti duran­te la clan­de­sti­ni­tà sot­to lo zari­smo, i tro­tski­sti depor­ta­ti com­me­mo­ra­ro­no sem­pre le due date del 1° Mag­gio e del 7 Novem­bre insce­nan­do mani­fe­sta­zio­ni inter­ne, can­tan­do L’Internazionale nono­stan­te il divie­to e inal­be­ran­do strac­ci ros­si a mo’ di ban­die­re. Cer­to, que­ste mani­fe­sta­zio­ni costa­va­no loro mol­to care: cel­le di iso­la­men­to, aggra­va­men­to del­le pene inflit­te. E quan­do il regi­me car­ce­ra­rio diven­ta­va insop­por­ta­bi­le non resta­va che l’estrema pro­te­sta: lo scio­pe­ro del­la fame, di cui i tro­tski­sti furo­no pro­ta­go­ni­sti, diri­gen­do dei veri e pro­pri “comi­ta­ti di scio­pe­ro” e coin­vol­gen­do anche gli altri pri­gio­nie­ri. E alla Gpu non resta­va altro che ricor­re­re alla ter­ri­bi­le ali­men­ta­zio­ne for­za­ta per mez­zo di gros­si tubi di gom­ma infi­la­ti a for­za nel­le gole dei depor­ta­ti, alcu­ni dei qua­li ten­ta­va­no anche il sui­ci­dio per sfug­gi­re a que­sto tre­men­do sistema.

Mem­bri dell’opposizione depor­ta­ti in un cam­po in Sibe­ria insce­na­no una mani­fe­sta­zio­ne di pro­te­sta (1928)

Val­ga per­ciò il rico­no­sci­men­to fat­to ai tro­tski­sti in car­ce­re da Leo­pold Trep­per, fon­da­to­re e capo del­la rete di spio­nag­gio sovie­ti­co deno­mi­na­ta “l’Orchestra ros­sa”, e dun­que uomo del regi­me, ma sta­li­ni­sta disil­lu­so, che, arre­sta­to e con­dan­na­to a die­ci anni di car­ce­re per aver osa­to esi­ge­re dai pro­pri supe­rio­ri una spie­ga­zio­ne sul per­ché non si fos­se tenu­to con­to del­le infor­ma­zio­ni da lui for­ni­te per tem­po sui pia­ni di Hitler per inva­de­re l’Unione Sovie­ti­ca, ebbe modo di cono­sce­re duran­te il suo pere­gri­na­re da una pri­gio­ne all’altra mol­ti mili­tan­ti tro­tski­sti che divi­se­ro con lui il desti­no del­la pri­gio­nia e a cui dedi­cò que­ste parole:

«I baglio­ri dell’Ottobre si spe­gne­va­no nel cre­pu­sco­lo car­ce­ra­rio. La rivo­lu­zio­ne dege­ne­ra­ta ave­va dato vita a un siste­ma di ter­ro­re e d’orrore in cui gli idea­li del socia­li­smo veni­va­no can­cel­la­ti in nome di un dog­ma fos­si­liz­za­to che i car­ne­fi­ci ave­va­no anco­ra il corag­gio di chia­ma­re mar­xi­smo. E tut­ta­via noi seguim­mo la cor­ren­te, inte­rior­men­te lace­ra­ti ma doci­li, stri­to­la­ti dall’ingranaggio che ave­va­mo mes­so in moto con le nostre stes­se mani. Rotel­le dell’apparato, ter­ro­riz­za­ti fino all’angoscia, ci costruim­mo gli stru­men­ti del­la sot­to­mis­sio­ne. Tut­ti colo­ro che non si sono erti con­tro la mac­chi­na sta­li­nia­na sono respon­sa­bi­li, col­let­ti­va­men­te respon­sa­bi­li: io non sfug­go a que­sto giu­di­zio. Ma chi, in quel perio­do, pro­te­stò? Chi si levò per gri­da­re il pro­prio disgu­sto? I tro­tski­sti pos­so­no riven­di­ca­re quell’onore. Sull’esempio del loro capo, che pagò la sua testar­dag­gi­ne con un col­po di pic­co­ne, essi com­bat­te­ro­no total­men­te lo sta­li­ni­smo: e furo­no i soli. All’epoca del­le gran­di pur­ghe, essi pote­va­no urla­re la loro rivol­ta solo negli immen­si spa­zi ghiac­cia­ti ove era­no sta­ti tra­sci­na­ti per meglio esse­re ster­mi­na­ti. Nei cam­pi, la loro con­dot­ta fu degna e anche esem­pla­re: ma la loro voce si per­se nel­la tun­dra. Oggi i tro­tski­sti han­no il dirit­to di accu­sa­re colo­ro che un tem­po urla­ro­no sfre­na­ta­men­te con i lupi. Essi non devo­no però dimen­ti­ca­re che su di noi pos­se­de­va­no l’immenso van­tag­gio di ave­re una visio­ne poli­ti­ca com­ples­si­va­men­te coe­ren­te, suscet­ti­bi­le di sosti­tui­re lo sta­li­ni­smo, e alla qua­le pote­va­no aggrap­par­si nel pro­fon­do scon­for­to del­la rivo­lu­zio­ne tra­di­ta»[35].


Il Ter­ro­re sta­li­nia­no. La “solu­zio­ne finale”
In que­sto qua­dro, il Ter­ro­re sta­li­nia­no, cioè i tre Pro­ces­si di Mosca – in cui ven­ne­ro con­dan­na­ti a mor­te e giu­sti­zia­ti gra­zie a fal­se accu­se estor­te con la tor­tu­ra qua­si tut­ti i più impor­tan­ti diri­gen­ti del­la Rivo­lu­zio­ne d’Ottobre, indi­pen­den­te­men­te dal­la loro ade­sio­ne all’Opposizione di Sini­stra – e le Gran­di Pur­ghe, costi­tui­ro­no una sor­ta di guer­ra civi­le pre­ven­ti­va per impe­di­re il trion­fo di una rivo­lu­zio­ne poli­ti­ca che, scon­fig­gen­do la buro­cra­zia sta­li­ni­sta, rista­bi­lis­se la pro­spet­ti­va rivo­lu­zio­na­ria in Urss. E fu esat­ta­men­te per que­ste ragio­ni che Sta­lin deci­se quel­la che sareb­be sta­ta la “solu­zio­ne finale”.
Sul fini­re del 1936, la qua­si tota­li­tà dei bolscevico‑leninisti anco­ra vivi era sta­ta inter­na­ta nei cam­pi di Vor­ku­ta, al di là del cir­co­lo pola­re arti­co con tem­pe­ra­tu­re di ‑50°.

Il cam­po di con­cen­tra­men­to di Vorkuta

Nono­stan­te le con­di­zio­ni inu­ma­ne, i tro­tski­sti rifiu­ta­va­no di lavo­ra­re oltre le otto ore, igno­ra­va­no siste­ma­ti­ca­men­te il rego­la­men­to car­ce­ra­rio, cri­ti­ca­va­no aper­ta­men­te Sta­lin e, nell’autunno del 1936, dopo il pri­mo Pro­ces­so di Mosca, orga­niz­za­ro­no mani­fe­sta­zio­ni di pro­te­sta men­tre un’assemblea gene­ra­le vota­va lo scio­pe­ro del­la fame con una serie di riven­di­ca­zio­ni: sepa­ra­zio­ne dei pri­gio­nie­ri poli­ti­ci dai comu­ni; riu­ni­fi­ca­zio­ne in un uni­co cam­po dei nuclei fami­lia­ri disper­si; lavo­ro con­for­me alla spe­cia­liz­za­zio­ne pro­fes­sio­na­le di cia­scu­no; dirit­to a rice­ve­re libri e gior­na­li; miglio­ra­men­to del­le con­di­zio­ni di ali­men­ta­zio­ne e di vita.
Lo scio­pe­ro del­la fame durò 132 gior­ni. Furo­no impie­ga­ti tut­ti i mez­zi per far­lo ces­sa­re (ali­men­ta­zio­ne for­za­ta, sospen­sio­ne del riscal­da­men­to), ma inu­til­men­te: gli scio­pe­ran­ti resi­stet­te­ro. Improv­vi­sa­men­te, agli ini­zi di mar­zo del 1937, da Mosca giun­se l’ordine di sod­di­sfa­re le rivendicazioni.
Ma la tre­gua durò poco: qual­che mese dopo, l’alimentazione fu ridot­ta e i car­ce­rie­ri inci­ta­va­no i pri­gio­nie­ri comu­ni alla vio­len­za con­tro i tro­tski­sti, che infi­ne ven­ne­ro tut­ti radu­na­ti in un cam­po appo­si­to, rica­va­to da una vec­chia fab­bri­ca di mat­to­ni, cir­con­da­to da filo spi­na­to e sor­ve­glia­to da guar­die arma­te gior­no e notte.
Una mat­ti­na del mar­zo 1938 tren­ta­cin­que di loro, uomi­ni e don­ne, ven­ne­ro por­ta­ti nel­la tun­dra, alli­nea­ti vici­no a fos­se già sca­va­te e ucci­si a col­pi di mitra­glia­tri­ce. Gior­no dopo gior­no, a grup­pi di una qua­ran­ti­na cir­ca, ven­ne­ro tut­ti ster­mi­na­ti[36]. L’uomo che era sta­to inca­ri­ca­to da Sta­lin del­la “solu­zio­ne fina­le” si chia­ma­va Kach­ke­tin, era il coman­dan­te del cam­po e a lui si attri­bui­sce l’uccisione di deci­ne di miglia­ia di oppo­si­to­ri, un com­pi­to che egli ese­gui­va con zelo nel­la spe­ran­za di una pro­mo­zio­ne: pro­mo­zio­ne che non arri­vò. Arri­vò inve­ce una con­vo­ca­zio­ne a Mosca, dove, appe­na mes­so pie­de, fu arre­sta­to e fuci­la­to. Era un testi­mo­ne trop­po sco­mo­do e trop­po ben infor­ma­to sul massacro.
L’epurazione non riguar­dò solo i comu­ni­sti sovie­ti­ci: deci­ne di miglia­ia di comu­ni­sti stra­nie­ri che vive­va­no in Unio­ne Sovie­ti­ca furo­no ster­mi­na­ti e le pur­ghe si abbat­te­ro­no sui mili­tan­ti in tut­ti i par­ti­ti comu­ni­sti del mon­do, facen­do regi­stra­re gli assas­si­ni selet­ti­vi di chi si fos­se col­lo­ca­to poli­ti­ca­men­te alla sini­stra del Cremlino.
Il gran­de Ter­ro­re sta­li­nia­no equi­val­se dun­que a un geno­ci­dio poli­ti­co: ven­ne mas­sa­cra­ta l’intera spe­cie dei bol­sce­vi­chi anti­sta­li­ni­sti. Si con­su­mò così quel­la che Vic­tor Ser­ge avreb­be chia­ma­to “la mez­za­not­te del seco­lo”[37].

L’atto fina­le: l’assassinio di Trotsky
Eppu­re, nono­stan­te la por­ta­ta tra­gi­ca e maca­bra di que­sti even­ti, resta­va in vita colui che incar­na­va la tra­di­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria bol­sce­vi­ca. La far­sa dei Pro­ces­si di Mosca non era riu­sci­ta a mac­chia­re l’onore e la figu­ra di León Tro­tsky, prin­ci­pa­le accu­sa­to e con­dan­na­to a mor­te in con­tu­ma­cia. Se la Quar­ta Inter­na­zio­na­le appe­na fon­da­ta rap­pre­sen­ta­va, per le con­di­zio­ni in cui era nata, il cor­po di un nano, su quel cor­po si erge­va la testa di un gigan­te. E appun­to con­tro quel­la testa si indi­riz­za­ro­no tut­ti gli sfor­zi del­la mostruo­sa mac­chi­na buro­cra­ti­ca e dell’apparato poli­zie­sco di Sta­lin. Anche da un pun­to di vista sim­bo­li­co, l’assassinio di Tro­tsky con un col­po di pic­coz­za sul capo era diret­to a spe­gne­re l’unica voce anco­ra in gra­do di far tre­ma­re la buro­cra­zia sovietica.
Dopo aver fat­to ter­ra bru­cia­ta intor­no a lui eli­mi­nan­do i suoi più stret­ti col­la­bo­ra­to­ri, dopo aver­lo pri­va­to anche dei suoi affet­ti fami­lia­ri, ucci­den­do o deter­mi­nan­do la mor­te dei suoi quat­tro figli, dei due gene­ri, del­la pri­ma moglie, dopo un fal­li­to ten­ta­ti­vo nel mag­gio 1940, infi­ne la Gpu sta­li­nia­na riu­scì ad eli­mi­na­re nel suc­ces­si­vo mese di ago­sto l’ultimo auten­ti­co ere­de degli idea­li del­la Rivo­lu­zio­ne d’Ottobre.
Nei due anni suc­ces­si­vi alla sua fon­da­zio­ne, la Quar­ta Inter­na­zio­na­le ha avu­to nel movi­men­to ope­ra­io mon­dia­le un ruo­lo fon­da­men­ta­le per le sue ana­li­si sull’incipiente Secon­da guer­ra mon­dia­le: le ela­bo­ra­zio­ni di Tro­tsky e del­la sua neo­na­ta orga­niz­za­zio­ne resta­no insu­pe­ra­te per lo stu­dio minu­zio­so e l’inquadramento pre­ci­so del­le con­di­zio­ni che por­ta­va­no ine­lut­ta­bil­men­te allo scop­pio del con­flit­to bel­li­co. Ana­lo­ga­men­te, la disa­mi­na sul ruo­lo degli Usa rispet­to alla guer­ra appa­re di una pre­ci­sio­ne che nes­sun com­men­ta­to­re poli­ti­co dell’epoca riu­scì a raggiungere.
La gio­va­ne Quar­ta ave­va rivol­to una spe­cia­le atten­zio­ne al lavo­ro e all’organizzazione del­la gio­ven­tù e con­si­de­rò l’importanza di gua­da­gna­re a una poli­ti­ca rivo­lu­zio­na­ria gli intel­let­tua­li e gli arti­sti: esem­pla­re, in que­sto sen­so, è il Mani­fe­sto per un’Arte Rivo­lu­zio­na­ria, scrit­to da Tro­tsky insie­me a André Bre­ton e Die­go Rive­ra. Un altro tema affron­ta­to era sta­to quel­lo del­le nazio­na­li­tà oppres­se, ripren­den­do e amplian­do la que­stio­ne del dirit­to all’autodeterminazione dei popo­li che fu cen­tra­le per la Ter­za Inter­na­zio­na­le pri­ma del­la stalinizzazione.
Tut­ta­via, la dire­zio­ne poli­ti­ca del­la Quar­ta subì la cesu­ra dovu­ta all’assassinio di Tro­tsky per mano del sica­rio di Sta­lin, Ramón Mercader.

Tro­tsky in Messico

Fu così che la gio­va­ne orga­niz­za­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria entrò nei gran­di avve­ni­men­ti del­la Secon­da guer­ra mon­dia­le orfa­na di dire­zio­ne. Eppu­re, nono­stan­te le dif­fi­ci­li con­di­zio­ni det­ta­te dal domi­nio nazi­sta in Euro­pa e la limi­ta­tez­za del­le pro­prie for­ze, i tro­tski­sti svol­se­ro anche nel­la resi­sten­za un ruo­lo addi­rit­tu­ra eroi­co, per­se­gui­ta­ti e incar­ce­ra­ti dai gover­ni “demo­cra­ti­ci” di Inghil­ter­ra e Sta­ti Uni­ti e brac­ca­ti dagli sta­li­ni­sti e dai nazisti.

Un bilan­cio
A mo’ di con­clu­sio­ne, pos­sia­mo ten­ta­re un bilan­cio per rispon­de­re a quel­le cri­ti­che, ancor oggi ricor­ren­ti, che descri­vo­no Tro­tsky e i suoi segua­ci come un grup­po di incor­reg­gi­bi­li set­ta­ri, infar­ci­ti di dot­tri­na­ri­smo sle­ga­to dal­la real­tà poli­ti­ca e dal­la lot­ta di classe.
Chi avan­za que­sti argo­men­ti dovreb­be però spie­ga­re per­ché Sta­lin mise in cam­po su lar­ga sca­la la repres­sio­ne di mas­sa dal­la fine degli anni 30 con­tro tut­ti quel­li che in qual­che modo si era­no impe­gna­ti con il “tro­tski­smo”; per­ché dise­gnò su misu­ra per i tro­tski­sti l’universo con­cen­tra­zio­na­rio dei gulag; per­ché, all’interno dei cam­pi di con­cen­tra­men­to, sepa­ra­va i tro­tski­sti da tut­ti gli altri dete­nu­ti crean­do per essi – e solo per essi – pri­gio­ni spe­cia­li; per­ché, se si trat­ta­va di set­ta­ri impe­ni­ten­ti o sogna­to­ri uto­pi­sti, fu neces­sa­rio ster­mi­nar­li fino all’ultimo uomo nei cam­pi di Vor­ku­ta e di Koly­ma; per­ché, infi­ne, fra i milio­ni di dete­nu­ti libe­ra­ti dai cam­pi dopo la mor­te di Sta­lin, soprav­vis­se­ro men­sce­vi­chi, socia­li­sti rivo­lu­zio­na­ri, zino­vie­vi­sti, “destri”, men­tre i tro­tski­sti scam­pa­ti alla mor­te si con­ta­ro­no sul­le dita di una sola mano[38].
Chi avan­za que­ste cri­ti­che dovreb­be spie­ga­re anco­ra per­ché una del­le men­ti più luci­de dell’imperialismo, Win­ston Chur­chill, nel 1929, quan­do Tro­tsky era indub­bia­men­te l’uomo più indi­fe­so del mon­do, scon­fit­to insie­me alla sua Oppo­si­zio­ne di Sini­stra, espul­so dall’Urss ed esi­lia­to nel­la recon­di­ta iso­la tur­ca di Prin­ki­po, fu spin­to a dedi­car­gli un sag­gio inti­to­la­to “Tro­tsky, l’orco d’Europa”, deno­tan­do per­ciò il timo­re per quel che il rivo­lu­zio­na­rio rus­so rap­pre­sen­ta­va per l’ordine capi­ta­li­sti­co[39]; e per­ché, nel 1937, dopo aver appog­gia­to i Pro­ces­si di Mosca, gli dedi­cò un inte­ro capi­to­lo di un suo libro defi­nen­do­lo “il mor­bo del can­cro” (men­tre nel­lo stes­so libro par­la­va con ammi­ra­zio­ne di Hitler)[40].
Chi sostie­ne que­sta tesi dovreb­be, infi­ne, spie­ga­re per­ché, nel 1939, mol­te set­ti­ma­ne dopo la fir­ma del pat­to Hitler‑Stalin, in un incon­tro (su cui ebbe­ro a rife­ri­re, sul fini­re dell’agosto 1939, i quo­ti­dia­ni fran­ce­si Le Temps e Paris Soir) con l’ambasciatore fran­ce­se pres­so il Ter­zo Reich, Robert Cou­lon­dre, il Füh­rer si fos­se van­ta­to del­le mani libe­re che il pat­to gli lascia­va in Euro­pa. E quan­do Cou­lon­dre gli fece nota­re che in caso di guer­ra il vero vin­ci­to­re sareb­be sta­to Tro­tsky, Hitler sal­tò su tut­te le furie rispon­den­do che lo sape­va bene ma che la col­pa sareb­be sta­ta tut­ta dei suoi nemi­ci (inten­den­do Fran­cia e Inghil­ter­ra)[41].
Tut­to ciò dimo­stra sen­za dub­bio che la bor­ghe­sia per­ce­pi­va chia­ra­men­te il peri­co­lo per l’ordine mon­dia­le impe­ria­li­sta che, sul­lo sfon­do di un con­flit­to bel­li­co, potes­se mate­ria­liz­zar­si lo spet­tro di una rivo­lu­zio­ne vit­to­rio­sa a cui dava il nome di Tro­tsky[42].
L’assassinio di Tro­tsky, dun­que, non fu il pro­dot­to di una ven­det­ta per­so­na­le, né un rego­la­men­to di con­ti fra diver­se fra­zio­ni comu­ni­ste, quan­to piut­to­sto un fat­to poli­ti­co di pri­ma­ria impor­tan­za in cui la buro­cra­zia sta­li­nia­na agì per con­to del­la bor­ghe­sia impe­ria­li­sta che già le ave­va dato il pro­prio appog­gio per quel che con­cer­ne i Pro­ces­si di Mosca, nei qua­li Tro­tsky era l’accusato prin­ci­pa­le e con­dan­na­to a mor­te in contumacia.

L’am­ba­scia­to­re fran­ce­se Cou­lon­dre (il pri­mo a destra con gli occhia­li) insie­me a (da sini­stra): Himm­ler, von Hell­dorff, Darré

D’altro can­to, la pur gio­va­ne e debo­le Quar­ta Inter­na­zio­na­le si anda­va tra­sfor­man­do in un fat­to­re ogget­ti­vo del­la poli­ti­ca mon­dia­le, tan­to da giu­sti­fi­ca­re, come abbia­mo visto, la con­cor­dan­za fra Hitler e l’ambasciatore fran­ce­se Cou­lon­dre e l’odio con­giun­to degli sta­li­ni­sti, dei nazi­sti e dei “demo­cra­ti­ci” libe­ra­li. Era per­ciò neces­sa­rio sof­fo­car­la nel­la cul­la mas­sa­cran­do­ne i mili­tan­ti e i poten­zia­li ade­ren­ti, ucci­den­do­ne i prin­ci­pa­li diri­gen­ti, Tro­tsky su tutti.
L’episodio appe­na rife­ri­to dimo­stra ine­qui­vo­ca­bil­men­te che i Pae­si impe­ria­li­sti da un lato, e la cric­ca buro­cra­ti­ca al pote­re in Urss dall’altro, ave­va­no ben com­pre­so che Tro­tsky – o, per meglio dire, il pro­get­to che egli incar­na­va col suo inces­san­te sfor­zo di fon­da­re un’Internazionale rivo­lu­zio­na­ria – costi­tui­va un peri­co­lo mor­ta­le per il domi­nio sul mon­do del­la bor­ghe­sia e di quel­la che si sta­va affer­man­do come suo orga­no e agen­te: la con­tro­ri­vo­lu­zio­na­ria buro­cra­zia sta­li­nia­na. Quel pro­get­to non dove­va esse­re por­ta­to a compimento!
Nel­le con­di­zio­ni del­la “mez­za­not­te del seco­lo” in cui ven­ne fon­da­ta la Quar­ta Inter­na­zio­na­le, il com­pi­to ideo­lo­gi­co e poli­ti­co di León Tro­tsky era sta­to gigan­te­sco. Ed egli lo affron­tò fino alle estre­me con­se­guen­ze, pagan­do con la pro­pria vita ma crean­do anche le basi per un auten­ti­co pen­sie­ro ed una vera azio­ne rivo­lu­zio­na­ria nel­la tap­pa poli­ti­ca suc­ces­si­va, la nostra. Il gigan­te rivo­lu­zio­na­rio del XX seco­lo pro­iet­ta la sua ombra sul XXI seco­lo, cioè sul­la nostra stes­sa storia.
Per que­sto, fra tan­te cita­zio­ni che si potreb­be­ro fare in chiu­su­ra di que­sto testo ci sem­bra appro­pria­to ripor­ta­re un pas­so dell’orazione fune­bre per Tro­tsky pro­nun­cia­ta da James Can­non, diri­gen­te del Swp ame­ri­ca­no e del­la Quar­ta Internazionale:

«Noi non neghia­mo che il dolo­re strin­ga i nostri cuo­ri. Ma il nostro non è il dolo­re del­la pro­stra­zio­ne, il dolo­re che con­su­ma la volon­tà. Esso è tem­pra­to dal­la rab­bia, dall’odio e dal­la deter­mi­na­zio­ne. Lo tra­mu­te­re­mo nel­la volon­tà di con­ti­nua­re a lot­ta­re con tut­te le nostre for­ze per pro­se­gui­re la bat­ta­glia del “Vec­chio”. I suoi disce­po­li gli dico­no addio nel modo più degno, da buo­ni sol­da­ti dell’armata di Tro­tsky. Non ran­nic­chia­ti nel­la debo­lez­za e nel­la dispe­ra­zio­ne, ma in pie­di, con gli occhi asciut­ti e i pugni chiu­si. Con la can­zo­ne del­la lot­ta e del­la vit­to­ria sul­le nostre lab­bra. Con la can­zo­ne del­la fede nel­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le di Tro­tsky, il Par­ti­to inter­na­zio­na­le del­la raz­za uma­na!»[43].


Note

[1] L. Tro­tsky, “La fon­da­tion de la IVe Inter­na­tio­na­le”, in Œuvres, vol. 19, EDI, 1978, pp. 99 e ss.
[2] L. Tro­tsky, Dia­rio d’esilio, Il Sag­gia­to­re, 1969, pp. 72‑73.
[3] Per un reso­con­to sul­lo svol­gi­men­to del Con­gres­so fon­da­ti­vo rin­via­mo a Les con­grès de la Qua­triè­me Inter­na­tio­na­le, vol. 1 (1930‑1940), Édi­tions La Brè­che, 1978, pp. 199 e ss.
[4] P. Broué, La rivo­lu­zio­ne per­du­ta. Vita di Tro­tsky, 1879–1940, Bol­la­ti Borin­ghie­ri, 1991, p. 882.
[5] Les con­grès de la Qua­triè­me Inter­na­tio­na­le, cit., p. 251.
[6] Per appro­fon­di­re le vicen­de del­la Noi è uti­le rife­rir­si al testo All’opposizione nel Pci con Tro­tsky e Gram­sci. Bol­let­ti­no dell’Opposizione Comu­ni­sta Ita­lia­na (1931‑1933), Mas­sa­ri edi­to­re, 2004.
[7] Per cono­sce­re la vita, l’attività poli­ti­ca e le cir­co­stan­ze del­la mor­te di Pie­tro Tres­so non si può pre­scin­de­re da P. Casciola‑G. Ser­ma­si, Vita di Bla­sco. Pie­tro Tres­so, diri­gen­te del movi­men­to ope­ra­io inter­na­zio­na­le, Odeon­li­bri ISMOS, 1985; U. De Gran­dis, “È per­ché sia­mo rima­sti gio­va­ni”. Vita e mor­te di Pie­tro Tres­so “Bla­sco”, rivo­lu­zio­na­rio scle­den­se, Libe­ra Assoc. Cult. “Livio Crac­co”, 2012; A. Azza­ro­ni, Bla­sco. La ria­bi­li­ta­zio­ne di un mili­tan­te rivo­lu­zio­na­rio, Edi­zio­ni Azio­ne Comu­ne, 1963; P. Broué‑R. Vache­ron, Assas­si­nii nel maquis. La tra­gi­ca mor­te di Pie­tro Tres­so, Pro­spet­ti­va Edi­zio­ni, 1995; A. Bian­chi, Pie­tro Tres­so (1893–1943) e “l’opposizione dei tre”, su que­sto stes­so sito.
[8] I. Deu­tscher, Il pro­fe­ta esi­lia­to, Lon­ga­ne­si, 1965, pp. 532‑533.
[9] Tra gli altri, P. Broué, La rivo­lu­zio­ne per­du­ta. Vita di Tro­tsky, 1879–1940, cit., pp. 839‑841; anco­ra P. Broué, “Les tro­tsky­stes en Union sovié­ti­que (1929–1938)”, in Cahiers Léon Tro­tsky, n. 6, EDI, 1980, p. 53.
[10] Per una minu­zio­sa descri­zio­ne di que­sta bat­ta­glia, sor­ta all’interno del Comi­ta­to cen­tra­le, si veda E.H. Carr, La mor­te di Lenin. L’interregno 1923–1924, Einau­di, 1965, pp. 274 e ss. Una sin­te­si degli even­ti si tro­va in L. Tro­tsky, La mia vita, Mon­da­do­ri, 1961, pp. 410 e ss.
[11] L. Tro­tsky, “Tareas y méto­dos de la Opo­si­ción de Izquier­da Inter­na­cio­nal”, Ceip León Tro­tsky, all’indirizzo http://tiny.cc/jfs5bz.
[12] Si veda la serie di scrit­ti rag­grup­pa­ti sot­to il tito­lo “La cri­si del­la Ger­ma­nia e l’avvento di Hitler (1930–1933)”, rac­col­ti in L. Tro­tsky, I pro­ble­mi del­la rivo­lu­zio­ne cine­se e altri scrit­ti su que­stio­ni inter­na­zio­na­li, 1924‑1940, Einau­di, 1970, pp. 301 e ss. Si veda anche l’altra serie di testi del­la sezio­ne Il pro­le­ta­ria­to tede­sco e la lot­ta con­tro il nazi­smo (1931‑1933), in L. Tro­tsky, Scrit­ti 1929–1936, Mon­da­do­ri, 1970, pp. 291 e ss.
[13] La poli­ti­ca del social­fa­sci­smo fu il frut­to di una teo­riz­za­zio­ne che pren­de­va le mos­se da un testo di Sta­lin in cui la social­de­mo­cra­zia veni­va defi­ni­ta «l’ala mode­ra­ta del fasci­smo», con la con­se­guen­za che «que­ste orga­niz­za­zio­ni non si esclu­do­no tra di loro, ma si com­ple­ta­no a vicen­da. Non sono anta­go­ni­ste, ma gemel­le» (J. Sta­lin, “La situa­zio­ne inter­na­zio­na­le”, 20/9/1924, in Ope­re com­ple­te, vol. 6, Edi­zio­ni Rina­sci­ta, 1952, pp. 339‑340). Sul­la base di que­sto assun­to, nel 1928 l’analisi del Comin­tern si fon­dò su una let­tu­ra com­ple­ta­men­te erra­ta del­la real­tà inter­na­zio­na­le, secon­do cui, dopo un pri­mo perio­do (1917‑1924) di cri­si del capi­ta­li­smo e asce­sa rivo­lu­zio­na­ria e un secon­do (1925‑1928) di sua sta­bi­liz­za­zio­ne, si apri­va una nuo­va e più impo­nen­te fase di asce­sa rivo­lu­zio­na­ria (il c.d. “ter­zo perio­do”) in cui i par­ti­ti rifor­mi­sti e socia­li­sti rap­pre­sen­ta­va­no un nemi­co del pro­le­ta­ria­to, in quan­to fre­no del­le lot­te. Dal­la stol­ta equi­pa­ra­zio­ne sta­li­nia­na tra fasci­smo e social­de­mo­cra­zia alla defi­ni­zio­ne di “social­fa­sci­sti” dei socia­li­sti il pas­so fu bre­ve e avreb­be poi avu­to con­se­guen­ze tra­gi­che, come vedre­mo nel pro­sie­guo del testo. La sui­ci­da tat­ti­ca del “ter­zo perio­do” – che solo Tro­tsky denun­ciò e vana­men­te ten­tò di con­tra­sta­re – por­tò alla disfat­ta sen­za alcu­na resi­sten­za del pur gigan­te­sco e orga­niz­za­to pro­le­ta­ria­to tede­sco. Per un’analisi appro­fon­di­ta del­la tat­ti­ca del “ter­zo perio­do”, L. Tro­tsky, “El ‘Ter­cer perío­do’ de los erro­res de la Inter­na­cio­nal Comu­ni­sta”, Ceip León Tro­tsky, all’indirizzo http://tiny.cc/ovx4bz. Per un appro­fon­di­men­to più gene­ra­le sul­le tra­gi­che con­se­guen­ze dell’applicazione di que­sta tat­ti­ca ultra­si­ni­stra, L. Tro­tsky, I pro­ble­mi del­la rivo­lu­zio­ne cine­se e altri scrit­ti su que­stio­ni inter­na­zio­na­li, 1924‑1940, cit., pp. 301 e ss.; L. Tro­tsky, La Ter­za Inter­na­zio­na­le dopo Lenin, Sch­warz edi­to­re, 1957, pp. 241 e ss.; L. Tro­tsky, Revo­lu­cão e con­trar­re­vo­lu­cão na Ale­ma­n­ha, Edi­to­ra Insti­tu­to José Luís e Rosa Sun­der­mann, 2011.
[14] Ripor­ta­to in P. Broué, La rivo­lu­zio­ne per­du­ta. Vita di Tro­tsky, 1879–1940, cit., p. 704.
[15] L. Tro­tsky, “Il faut un nou­veau par­ti en Alle­ma­gne”, in Œuvres, cit., vol. 1, p. 55.
[16] Con­cet­to, que­sto, ripre­so e amplia­to in L. Tro­tsky, “La tra­ge­dia del pro­le­ta­ria­to tede­sco”, da I pro­ble­mi del­la rivo­lu­zio­ne cine­se e altri scrit­ti su que­stio­ni inter­na­zio­na­li 1924‑1940, cit., p. 413.
[17] L. Tro­tsky, “Il faut un nou­veau par­ti en Alle­ma­gne”, cit., p. 57.
[18] Jane Degras, Sto­ria dell’Internazionale Comu­ni­sta, t. III (1929/1943), Fel­tri­nel­li, 1975, pp. 278 e ss.
[19] Michel Drey­fus, “Tro­tsky dall’opposizione di sini­stra ai fon­da­men­ti di una nuo­va Inter­na­zio­na­le (1930‑1935)”, in Tro­tsky nel movi­men­to ope­ra­io del XX seco­lo, Il Pon­te – La Nuo­va Ita­lia, 1980, p. 1324.
[20] L. Tro­tsky, “Les orga­ni­sa­tions socia­li­stes de gau­che et nos tâches”, in Œuvres, cit., vol. 1, pp. 209 e ss.
[21] Jean Van Hei­je­noort, Con Tro­tsky, de Prin­ki­po a Coyoa­cán (Testi­mo­nio de sie­te años de exi­lio), Edi­to­rial Nue­va Ima­gen, 1979, pp. 53 e ss.
[22] L. Tro­tsky, “Il faut con­struir de nou­veau des par­tis com­mu­ni­stes et un nou­vel­le Inter­na­tio­na­le”, in Œuvres, cit., pp. 251 e ss.
[23] «Nei par­ti­ti socia­li­sti si sta for­man­do una ten­den­za ver­so la sini­stra. Dob­bia­mo orien­tar­ci ver­so que­ste cor­ren­ti»: L. Tro­tsky, “Por nue­vos par­ti­dos comu­ni­stas y una nue­va Inter­na­cio­nal”, Ceip León Tro­tsky, all’indirizzo http://tiny.cc/32b5bz.
[24] P. Broué, “Tro­tsky et la IVe Inter­na­tio­na­le”, in Pen­sie­ro e azio­ne poli­ti­ca in Lev Tro­tsky, Olsch­ki, 1982, vol. II, p. 501.
[25] L. Tro­tsky, “La Ligue devant un tour­nant déci­sif”, in Œuvres, cit., vol. 4, pp.105 e ss.
[26] Ibi­dem.
[27] L. Tro­tsky, “Pour la IVe Inter­na­tio­na­le. Let­tre ouver­te aux orga­ni­sa­tions et grou­pes revo­lu­tion­nai­res pro­lé­ta­riens”, in op. ult. cit., pp. 346 e ss.
[28] P. Broué, “Tro­tsky et la IVe Inter­na­tio­na­le”, cit., pag. 520.
[29] L. Tro­tsky, “La nou­vel­le mon­tée et les tâches de la IVe Inter­na­tio­na­le”, in Œuvres, cit., vol. 10, p. 157.
[30] L. Tro­tsky, “«Pour» la IVe Inter­na­tio­na­le? Non! La IVe Inter­na­tio­na­le!”, in Œuvres, cit., vol. 17, p. 157.
[31] V. Ser­ge, Memo­rie di un rivo­lu­zio­na­rio, Edi­zio­ni e/o, 1999, p. 263. Ana­lo­ga­men­te, P. Broué, El par­ti­do bol­che­vi­que, Edi­to­ra Insti­tu­to José Luís e Rosa Sun­der­mann, vol. 1, p. 362.
[32] P. Broué, op. ult. cit., p. 387. Si veda anche, del­lo stes­so Auto­re, La rivo­lu­zio­ne per­du­ta, cit., p. 557.
[33] P. Broué, “Les tro­tsky­stes en Union sovié­ti­que”, cit., p. 9.
[34] Così A. Cili­ga, Nel Pae­se del­la gran­de men­zo­gna, ripre­so da P. Broué, op. ult. cit., p. 34.
[35] L. Trep­per, Il gran­de gio­co, Arnol­do Mon­da­do­ri Edi­to­re, 1976, p. 63.
[36] J.J. Marie, “Les tro­tsky­stes à Vor­kou­ta”, in Cahiers du mou­ve­ment ouvrier, n. 34, Cerm­tri, 2007, pp. 91 e ss. Sul cam­po di Vor­ku­ta si veda pure M.B., “Les tro­tsky­stes à Vor­kou­ta (1937‑1938)”, Mar­xists Inter­net Archi­ve, all’indirizzo http://tiny.cc/d3m6bz. Può anche esse­re uti­le rife­rir­si alle memo­rie di D. Cor­ne­li, Il redi­vi­vo tibur­ti­no. Un ope­ra­io ita­lia­no nei lager di Sta­lin, Libri Libe­ral, 2000.
[37] Una mez­za­not­te che tro­va riscon­tro in alcu­ni nume­ri. Dei 21 mem­bri del Cc bol­sce­vi­co del 1917, solo set­te mori­ro­no per cau­se natu­ra­li; due furo­no ucci­si dai rus­si bian­chi; uno – Tro­tsky – assas­si­na­to da un agen­te del­la Gpu; die­ci ven­ne­ro fuci­la­ti nel­le pri­gio­ni sta­li­ni­ste e l’ultimo scom­par­ve sen­za lascia­re trac­cia, pro­ba­bil­men­te assas­si­na­to nel 1938. Fra il 1918 e il 1921, 31 bol­sce­vi­chi furo­no mem­bri del Cc: solo otto mori­ro­no per cau­se natu­ra­li; 18 furo­no assas­si­na­ti dal ter­ro­re sta­li­ni­sta. Il pri­mo Uffi­cio poli­ti­co del Cc nell’ottobre del 1917 era com­po­sto di set­te mem­bri: solo due mori­ro­no per cau­se natu­ra­li; gli altri cin­que ven­ne­ro assas­si­na­ti dal ter­ro­re sta­li­ni­sta. Cin­que era­no i mem­bri sovie­ti­ci del pri­mo Comi­ta­to Ese­cu­ti­vo del­la Ter­za Inter­na­zio­na­le: solo uno – Lenin – morì per cau­se natu­ra­li. Dei 139 mem­bri effet­ti­vi e sup­plen­ti del Cc elet­to nel XV Con­gres­so del par­ti­to nel 1934, die­ci era­no già sta­ti impri­gio­na­ti nel­la pri­ma­ve­ra del 1937; 98 furo­no arre­sta­ti e ucci­si nel 1937‑1938. Dei 1.956 dele­ga­ti a que­sto con­gres­so, 1.108 furo­no arre­sta­ti e accu­sa­ti di atti­vi­tà con­tro­ri­vo­lu­zio­na­rie. Nel perio­do fra il 1937 e il 1938 furo­no arre­sta­te 1.548.366 per­so­ne accu­sa­te di atti­vi­tà anti­so­vie­ti­che: di esse 681.692 ven­ne­ro fuci­la­te. Lo stes­so Tro­tsky, pochi gior­ni pri­ma del­la sua mor­te, scris­se: «Non è casua­le se il 90% dei rivo­lu­zio­na­ri che costi­tui­ro­no il Par­ti­to Bol­sce­vi­co, fece­ro la Rivo­lu­zio­ne d’ottobre, crea­ro­no lo Sta­to sovie­ti­co e l’Armata Ros­sa, dires­se­ro la guer­ra civi­le, è sta­to ster­mi­na­to con l’accusa di “tra­di­men­to” negli ulti­mi dodi­ci anni. In cam­bio, l’apparato sta­li­ni­sta ha por­ta­to nel­le sue file, in que­sto stes­so perio­do, la gran­de mag­gio­ran­za di quel­li che, negli anni del­la rivo­lu­zio­ne, era­no sta­ti dall’altro lato del­la bar­ri­ca­ta» (L. Tro­tsky, “L’attentat du 24 Mai et le Par­ti com­mu­ni­ste mexi­cain. Le Comin­tern e le Gpu”, in Œuvres, cit., vol. 24, pp. 312‑313). Per un pano­ra­ma com­ples­si­vo del­le vicen­de che cul­mi­na­ro­no in quel­lo che è sta­to defi­ni­to “il mas­sa­cro di una gene­ra­zio­ne”, non pos­sia­mo esi­mer­ci dal rac­co­man­da­re la let­tu­ra del libro di P. Broué, Comu­ni­sti con­tro Sta­lin, AC Edi­to­ria­le, 2016.
[38] Così, espres­sa­men­te, P. Broué, “Les tro­tsky­stes en Union sovié­ti­que”, cit., pp. 62‑63. Si veda anche P. Mer­let, L’Opposition Com­mu­ni­ste en Urss. Les tro­tsky­stes, t. II, Les Bons Carac­tè­res, 2014, pp. 119 e ss.
[39] I. Deu­tscher, Il pro­fe­ta esi­lia­to, cit., pp. 43‑44.
[40] «Io odio Tro­tsky!», dis­se Chur­chill all’ambasciatore sovie­ti­co nel 1938, aggiun­gen­do che era dav­ve­ro un bene che Sta­lin voles­se fare i con­ti con lui (The New Yor­ker, 30/11/2009). In real­tà, come nota­va C.L.R. James (“Trotsky’s Pla­ce in Histo­ry”, in The New Inter­na­tio­nal, set­tem­bre 1940, p. 166), «Win­ston Chur­chill lo odia­va, ani­ma­to da una mal­va­gi­tà per­so­na­le che sem­bra­va oltre­pas­sa­re i limi­ti del­la ragio­ne, [per­ché] con­sa­pe­vo­le del­la sua sta­tu­ra, del pote­re di ciò che egli rap­pre­sen­ta­va e mai illu­den­do­si dell’esiguità del­le sue for­ze».
[41] L’episodio è ripor­ta­to dal­lo stes­so Tro­tsky (“Enco­re une fois sur la natu­re de l’Urss”, in Œuvres, cit., vol. 22, pp. 109‑110; ed è ripre­so anche da I. Deu­tscher, Il pro­fe­ta esi­lia­to, cit., pp. 647‑648, e da D. North, In defen­ce of Leon Tro­tsky, Meh­ring Books, 2010, p. 5.
[42] «Benin­te­so, qui il nome di una per­so­na non ha che un carat­te­re con­ven­zio­na­le. Ma non è un caso se il diplo­ma­ti­co demo­cra­ti­co e il dit­ta­to­re tota­li­ta­rio attri­bui­sca­no entram­bi allo spet­tro del­la rivo­lu­zio­ne il nome dell’uomo che il Crem­li­no con­si­de­ra come il suo nemi­co prin­ci­pa­le. I due inter­lo­cu­to­ri sono d’accordo, come se andas­se da sé, che la rivo­lu­zio­ne si svi­lup­pe­reb­be sot­to una ban­die­ra osti­le al Crem­li­no» (L. Tro­tsky, “Hitler et Sta­li­ne, étoi­les jumel­les”, in Œuvres, cit., vol. 22, p. 185).
[43] J. Can­non, “To the Memo­ry of the Old Man”, in Socia­li­st Appeal, vol. IV, n. 36, 7/9/1940, pp. 2‑3.