Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Imperialismo e guerre imperialiste

Lo scontro tra le grandi potenze nell’Artico, mentre l’Europa si sta sgretolando

La paven­ta­ta annes­sio­ne del­la Groen­lan­dia da par­te degli Sta­ti Uni­ti non rap­pre­sen­ta affat­to una mil­lan­te­ria del nuo­vo pre­si­den­te, Donald Trump: die­tro le sue roboan­ti dichia­ra­zio­ni si cela­no gli inte­res­si impe­ria­li­sti­ci degli Usa nel­la rin­no­va­ta com­pe­ti­zio­ne con Rus­sia e Cina per una nuo­va spar­ti­zio­ne del mondo.
Ce ne par­la Dar­rin Wal­ler in que­sto docu­men­ta­tis­si­mo arti­co­lo che pre­sen­tia­mo tra­dot­to in italiano.
Buo­na lettura.
La redazione

Lo scontro tra le grandi potenze nell’Artico, mentre l’Europa si sta sgretolando

L’America si aggiunge alla corsa con Cina e Russia per le risorse dell’Artico e il controllo delle rotte marittime …


Dar­rin Waller

 

Da un pun­to di vista com­mer­cia­le e stra­te­gi­co, la pro­po­sta del 47° Pre­si­den­te degli Sta­ti Uni­ti di impa­dro­nir­si del­la Groen­lan­dia, già avan­za­ta nel 2019 – e la sua deci­sio­ne di far­ne una pie­tra milia­re del­la sua poli­ti­ca este­ra per il secon­do man­da­to – non è sta­ta una mos­sa improv­vi­sa. È sta­ta una mos­sa cal­co­la­ta per il con­trol­lo dell’Artico.
La Groen­lan­dia – l’isola più gran­de del mon­do, con una minu­sco­la popo­la­zio­ne di 58.000 abi­tan­ti, geo­lo­gi­ca­men­te par­te del con­ti­nen­te nor­da­me­ri­ca­no ma geo­po­li­ti­ca­men­te par­te dell’Europa – detie­ne tri­lio­ni di dol­la­ri di risor­se non sfrut­ta­te, che con­sen­ti­reb­be­ro agli Sta­ti Uni­ti di ricol­lo­ca­re in un col­po solo le loro mon­ta­gne di debi­ti. Ecco per­ché Trump ha minac­cia­to di impor­re tarif­fe con­tro la Dani­mar­ca e non ha esclu­so di pren­de­re l’isola arti­ca con la for­za. Come la not­te segue il gior­no, la Groen­lan­dia cadrà sot­to il con­trol­lo degli Sta­ti Uniti.
L’opposizione al con­trol­lo ame­ri­ca­no da par­te del­la popo­la­zio­ne indi­ge­na Inuit del­la Groen­lan­dia si è note­vol­men­te atte­nua­ta. Il moti­vo? La Dani­mar­ca, che fino a tem­pi rela­ti­va­men­te recen­ti ha uti­liz­za­to con­tro di loro il manua­le colo­nia­le euro­peo stan­dard, che com­pren­de­va il rapi­men­to di bam­bi­ni, la ste­ri­liz­za­zio­ne for­za­ta e lo sfol­la­men­to. Non c’è amo­re cor­ri­spo­sto tra gli Inuit e i dane­si, que­sto è certo.
Que­sto è uno dei moti­vi per cui l’UE è rima­sta deci­sa­men­te in silen­zio sul­la Groen­lan­dia. Né la Pre­si­den­te del­la Com­mis­sio­ne euro­pea Ursu­la von der Leyen né il Pre­si­den­te del Con­si­glio euro­peo Antó­nio Costa han­no affron­ta­to pub­bli­ca­men­te le minac­ce sta­tu­ni­ten­si con­tro la Danimarca.
Le vaste ric­chez­ze petro­li­fe­re e mine­ra­rie del­la Groen­lan­dia sono un valo­re in sé. Non sor­pren­de quin­di che KoBold Metals, una socie­tà sta­tu­ni­ten­se soste­nu­ta da gigan­ti mine­ra­ri bri­tan­ni­ci e austra­lia­ni, stia già sman­tel­lan­do le regio­ni ric­che di mine­ra­li dell’isola.
E chi c’è die­tro la KoBold? I soli­ti sospet­ti: oli­gar­chi e inve­sti­to­ri isti­tu­zio­na­li sta­tu­ni­ten­si come Bill Gates, Jeff Bezos, Michael Bloom­berg, il cac­cia­to­re di uni­cor­ni Andrees­sen Horo­wi­tz e la tri­pli­ce cer­ca­tri­ce di ren­di­te: Blac­kRock, Van­guard e Sta­te Street. Cer­to che ci sono.
La con­qui­sta dell’isola arti­ca dareb­be a Washing­ton un pun­to d’appoggio tar­di­vo ma stra­te­gi­co nel­la cor­sa con­tro Pechi­no e Mosca per lo sfrut­ta­men­to del­le vaste risor­se non sfrut­ta­te del regno pola­re. Ma soprat­tut­to, apri­reb­be la stra­da allo svi­lup­po del Nor­th­we­st Pas­sa­ge, una rot­ta marit­ti­ma arti­ca riva­le del­la Nor­thern Sea Rou­te rus­sa. Entram­be le rot­te ridu­co­no i tem­pi di tran­si­to dall’Asia all’Europa fino a 15 gior­ni rispet­to al Cana­le di Suez, ma solo se i ghiac­ci si riti­ra­no o ven­go­no eliminati.
La cor­sa alle ric­chez­ze del nord ghiac­cia­to è ini­zia­ta seria­men­te il 2 ago­sto 2007, quan­do la Rus­sia ha affer­ma­to la pro­pria sovra­ni­tà sui fon­da­li arti­ci pian­tan­do la ban­die­ra nazio­na­le a 14.000 pie­di sot­to il Polo Nord.
Da allo­ra, Mosca e Pechi­no han­no costrui­to rapi­da­men­te infra­strut­tu­re arti­che, tra cui nuo­vi cor­ri­doi ener­ge­ti­ci e di tra­spor­to, gia­ci­men­ti di gas e petro­lio, minie­re, impian­ti di fusio­ne, por­ti, cit­tà e basi mili­ta­ri. Una flot­ta di moder­ne navi rom­pi­ghiac­cio civi­li e mili­ta­ri garan­ti­rà la navi­ga­zio­ne tut­to l’anno lun­go la Nor­thern Sea Rou­te entro il 2027.
Per un’analisi det­ta­glia­ta di come Cina e Rus­sia stan­no ridi­se­gnan­do l’Artico, si veda qui.
Come è faci­le intui­re, la Rus­sia pos­sie­de la più gran­de flot­ta di rom­pi­ghiac­cio del mon­do, con oltre qua­ran­ta navi, otto del­le qua­li a pro­pul­sio­ne nuclea­re. Tra que­ste, i rom­pi­ghiac­cio da com­bat­ti­men­to sono ora arma­ti con mis­si­li da cro­cie­ra super­so­ni­ci Kali­br, in gra­do di col­pi­re navi e obiet­ti­vi ter­re­stri. Sia la Cina che la Rus­sia sono in cor­sa per costrui­re altri gigan­te­schi rom­pi­ghiac­cio nuclea­ri di varie tipo­lo­gie. Agli Sta­ti Uni­ti, per egua­glia­re que­sta dupli­ce capa­ci­tà civile‑militare, occor­re­reb­be­ro decen­ni: ammes­so che il loro siste­ma di approv­vi­gio­na­men­to, cor­rot­to e mal­fun­zio­nan­te, ven­ga mai adeguato.

La Nor­thern Sea Rou­te del­la Rus­sia (linea ros­sa) si sno­da in gran par­te all’interno del­le sue acque ter­ri­to­ria­li, men­tre il Nor­th­we­st Pas­sa­ge dell’Occidente (linea ver­de) si tro­va prin­ci­pal­men­te all’interno del Cana­da. La rot­ta trans­po­la­re (linea blu) rima­ne impra­ti­ca­bi­le in pie­no inver­no a cau­sa del­lo spes­so ghiac­cio marino.

Data l’aggressiva spin­ta di Cina e Rus­sia per domi­na­re l’ultima fron­tie­ra del­la Ter­ra, la ragio­ne per cui Sve­zia e Fin­lan­dia si sono uni­te nel­la NATO ai loro vici­ni nor­di­ci – Dani­mar­ca e Nor­ve­gia – va ben oltre la guer­ra in Ucraina.
Le 830 miglia di con­fi­ne arti­co del­la Fin­lan­dia con la Rus­sia diven­ta­no ora la nuo­va linea del fron­te del­la NATO, raf­for­zan­do la sicu­rez­za dell’alleanza nell’Artico insie­me alle altre nazio­ni nor­di­che. Le loro for­ze aeree si stan­no rapi­da­men­te inte­gran­do e le for­ze arma­te sta­tu­ni­ten­si han­no otte­nu­to l’accesso a basi nava­li e aeree cri­ti­che, non­ché a cam­pi di adde­stra­men­to e di eser­ci­ta­zio­ne nell’Artico, spin­gen­do­si fino al con­fi­ne con la Rus­sia. Inol­tre, la costel­la­zio­ne di satel­li­ti Star­link di Elon Musk for­ni­sce ora una coper­tu­ra com­ple­ta del­le comu­ni­ca­zio­ni sull’intera regio­ne sel­vag­gia e ghiacciata.
In bre­ve, Washing­ton si sta posi­zio­nan­do per con­tra­sta­re le ambi­zio­ni arti­che di Rus­sia e Cina. Met­tia­mo da par­te, per il momen­to, la que­stio­ne degli stru­men­ti di cui dispo­ne per far­lo: ne ripar­le­re­mo tra un attimo.
Det­to que­sto, la soprav­vi­ven­za del­la NATO e dell’UE dopo l’inevitabile scon­fit­ta dell’Ucraina è tutt’altro che garan­ti­ta, per non par­la­re del­la loro capa­ci­tà di sod­di­sfa­re la richie­sta di Washing­ton di spen­de­re il 5% del PIL per la dife­sa, sen­za dub­bio con armi sta­tu­ni­ten­si. Peg­gio anco­ra, Washing­ton e Mosca potreb­be­ro alla fine for­gia­re una nuo­va archi­tet­tu­ra di sicu­rez­za euro­pea, met­ten­do com­ple­ta­men­te da par­te l’Europa e l’Ucraina. Se a ciò si aggiun­ge l’apparente spin­ta dell’amministrazione Trump ver­so un cam­bio di regi­me nel Regno Uni­to e in Ger­ma­nia, la capa­ci­tà dell’Europa di orien­ta­re la pro­pria atten­zio­ne stra­te­gi­ca ver­so l’Artico appa­re a dir poco tenue, in mez­zo a cre­scen­ti cri­si interne.
In poche paro­le, le éli­te euro­pee e le loro buro­cra­zie han­no ripe­tu­ta­men­te dimo­stra­to incom­pe­ten­za, un pro­fon­do distac­co dai cit­ta­di­ni e l’incapacità di com­pren­de­re – per non par­la­re di for­mu­la­re – una stra­te­gia effi­ca­ce. Que­sto fal­li­men­to è evi­den­te nel mas­sa­cro in cor­so in Ucrai­na, la peg­gio­re tra­ge­dia euro­pea dal­la Secon­da Guer­ra Mondiale.
Anche se l’Europa sta giran­do a vuo­to, l’ultima leva di Washing­ton sul­la Rus­sia e sul­la Cina nell’Artico si tro­va nell’arcipelago del­le Sval­bard, con­trol­la­to dal­la Nor­ve­gia. Situa­te a metà stra­da tra la costa set­ten­trio­na­le del­la Nor­ve­gia e il Polo Nord, le Sval­bard si tro­va­no all’incrocio stra­te­gi­co tra la Nor­thern Sea Rou­te (NSR) e il Nor­th­we­st Pas­sa­ge. Ciò le ren­de un pun­to di stroz­za­tu­ra marit­ti­mo idea­le, che potreb­be para­liz­za­re le ambi­zio­ni del­la Rus­sia nell’Artico da un gior­no all’altro, anche sen­za il coin­vol­gi­men­to del­la NATO.
In poche paro­le, le Sval­bard sono il tal­lo­ne d’Achille del gio­co di pote­re arti­co del­la Rus­sia e del­la Cina. In base al Trat­ta­to del­le Sval­bard del 1920, l’arcipelago è com­ple­ta­men­te smi­li­ta­riz­za­to ed è espli­ci­ta­men­te vie­ta­ta la crea­zio­ne di basi o infra­strut­tu­re mili­ta­ri. Allo stes­so tem­po, il trat­ta­to garan­ti­sce la liber­tà di navi­ga­zio­ne, con­sen­ten­do alle navi rus­se e cine­si di attra­ver­sa­re libe­ra­men­te le sue acque.
Per Mosca e Pechi­no, que­sto qua­dro giu­ri­di­co è di vita­le impor­tan­za: garan­ti­sce il dirit­to di tran­si­ta­re davan­ti alle Sval­bard, anche se l’arcipelago si tro­va nel­le acque ter­ri­to­ria­li del­la Nor­ve­gia. Que­sto acces­so è fon­da­men­ta­le per sbloc­ca­re la Nor­thern Sea Rou­te, che si sno­da in gran par­te all’interno del­la zona eco­no­mi­ca esclu­si­va del­la Rus­sia, ma che dipen­de in modo cru­cia­le dal pas­sag­gio vici­no alle Svalbard.
Non c’è da stu­pir­si, quin­di, che il trat­ta­to sul­le Sval­bard sia già in discus­sio­ne. Se da un lato garan­ti­sce alla Nor­ve­gia la sovra­ni­tà sull’arcipelago, dall’altro assi­cu­ra agli Sta­ti fir­ma­ta­ri — tra cui Sta­ti Uni­ti, Cina e Rus­sia — pari dirit­ti di sfrut­ta­men­to del­le risor­se e di acces­so alle sue acque. La Nor­ve­gia, tut­ta­via, limi­ta que­ste dispo­si­zio­ni alle acque ter­ri­to­ria­li del­le Sval­bard (12 miglia nau­ti­che), esclu­den­do la piat­ta­for­ma con­ti­nen­ta­le este­sa e la zona eco­no­mi­ca esclu­si­va (ZEE), un’area di 200 miglia nau­ti­che in cui gli Sta­ti costie­ri con­trol­la­no lo sfrut­ta­men­to del­le risorse.
Rus­sia e Cina rifiu­ta­no que­sta inter­pre­ta­zio­ne, con­si­de­ran­do­la una minac­cia alle loro ambi­zio­ni arti­che. La dispu­ta alza la posta in gio­co per il con­trol­lo del­le rot­te marit­ti­me arti­che, del­le risor­se non sfrut­ta­te e dell’influenza stra­te­gi­ca in una regio­ne in rapi­da trasformazione.
Ma ecco il pun­to cru­cia­le per gli Stati‑civiltà: gli Sta­ti Uni­ti potreb­be­ro riti­rar­si uni­la­te­ral­men­te dal Trat­ta­to del­le Sval­bard, minan­do le sue pro­te­zio­ni e scon­vol­gen­do lo sta­tus quo. Il Pre­si­den­te ha l’autorità di abro­ga­re i trat­ta­ti sen­za l’approvazione del Con­gres­so, come nel caso dell’Accordo sul cli­ma di Pari­gi e del Trat­ta­to INF. Anche se il riti­ro non annul­le­reb­be il trat­ta­to stes­so, eli­mi­ne­reb­be gli obbli­ghi degli Sta­ti Uni­ti e potreb­be desta­bi­liz­za­re il qua­dro di rife­ri­men­to, soprat­tut­to se si alli­neas­se alla posi­zio­ne del­la Norvegia.
Abban­do­nan­do il Trat­ta­to del­le Sval­bard, Washing­ton potreb­be impor­re restri­zio­ni alla navi­ga­zio­ne rus­sa e cine­se, costrin­gen­do le loro imbar­ca­zio­ni a navi­ga­re più a nord attra­ver­so acque for­te­men­te ghiac­cia­te. Per­si­no i for­mi­da­bi­li rom­pi­ghiac­cio nuclea­ri rus­si fareb­be­ro fati­ca a pene­tra­re i ghiac­ci più spes­si, per non par­la­re degli ulte­rio­ri one­ri deri­van­ti dall’aumento dei costi del car­bu­ran­te, dai tem­pi di tran­si­to più lun­ghi e dall’aumento del rischio di incidenti.
Le impli­ca­zio­ni sareb­be­ro deva­stan­ti. Da un gior­no all’altro, la stra­te­gia rus­sa per l’Artico ver­reb­be para­liz­za­ta. Anche se gli Sta­ti Uni­ti non pre­mo­no il gril­let­to, la sem­pli­ce minac­cia di sfrut­ta­re le Sval­bard potreb­be ser­vi­re come poten­te mer­ce di scam­bio in qual­sia­si nego­zia­to di “gran­de accor­do” con Mosca e Pechi­no, rimo­del­lan­do l’ordine glo­ba­le in sfe­re di influenza.
La fred­da e cru­da real­tà è che le Sval­bard sono più di un remo­to avam­po­sto arti­co: sono un ful­cro geo­po­li­ti­co. Sfrut­tan­do que­sto pun­to di stroz­za­tu­ra marit­ti­mo, gli Sta­ti Uni­ti potreb­be­ro lascia­re Rus­sia e Cina bloc­ca­te nei ghiac­ci. Seb­be­ne una simi­le mos­sa pro­vo­che­reb­be un con­trac­col­po diplo­ma­ti­co e un’ulteriore ero­sio­ne del­la fidu­cia negli accor­di inter­na­zio­na­li, il van­tag­gio stra­te­gi­co di mina­re le ambi­zio­ni rus­se e cine­si nell’Artico potreb­be rive­lar­si trop­po allet­tan­te, soprat­tut­to dopo che lo “Sput­nik moment” dell’IA ha lascia­to Washing­ton sconvolta.
Nell’Artico, come altro­ve, il dirit­to inter­na­zio­na­le è for­te solo quan­to la volon­tà dei poten­ti di rispet­tar­lo. E se c’è una cosa che Washing­ton ha dimo­stra­to è che gio­ca il “gran­de gio­co” secon­do le pro­prie regole.

 

(Tra­du­zio­ne dal­l’in­gle­se di Andrea Di Benedetto)