Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Politica internazionale: America Latina, Uruguay

“Pepe” Mujica (1935–2025): dalla liberazione nazionale al “capitalismo sano”

Mujica alla Casa Bianca con Obama

La mor­te di “Pepe” Muji­ca, ex pre­si­den­te del­l’U­ru­guay, ha tro­va­to mol­to spa­zio sui media del­la “sini­stra alter­na­ti­va”, che han­no sot­to­li­nea­to e cele­bra­to l’u­mil­tà e la mode­stia di que­sta figu­ra: doti che sicu­ra­men­te spic­ca­no in un mon­do i cui lea­der poli­ti­ci sono la quin­tes­sen­za del­la pro­ter­via del potere.
Ma sono qua­li­tà suf­fi­cien­ti a cam­bia­re la vita del­le clas­si subal­ter­ne e del­le mas­se popo­la­ri quan­do i rap­por­ti su cui si fon­da il domi­nio capi­ta­li­sta resta­no intat­ti nel­la socie­tà? O non sono inve­ce il clas­si­co “spec­chiet­to per le allo­do­le” che la bor­ghe­sia uti­liz­za per illu­de­re gli ulti­mi che “uno di loro” è anda­to al potere?
Ce ne par­la Juan Fer­ro in que­st’ar­ti­co­lo trat­to dal­la pagi­na web Polí­ti­ca Obrera.
Buo­na lettura.
La redazione

“Pepe” Mujica (1935–2025): dalla liberazione nazionale al “capitalismo sano”


Juan Ferro

 

“Pepe” Muji­ca è mor­to all’età di 89 anni. Fiu­mi d’inchiostro scor­re­ran­no sicu­ra­men­te sul­la sua mor­te e sul­la sua ere­di­tà. Tra ciò che già appa­re sul­la stam­pa main­stream ci sono la sua umil­tà, la sua vita ben lon­ta­na dai pri­vi­le­gi di cui soli­ta­men­te gode la mag­gior par­te dei poli­ti­ci par­la­men­ta­ri e dei capi di Sta­to, la sua pic­co­la fat­to­ria, la sua vec­chia moto­ci­clet­ta, il suo modo di par­la­re sem­pli­ce e diret­to e il suo “io non rubo”. Nel mar­ciu­me capi­ta­li­sta, por­re fine alla vita di un poli­ti­co par­la­men­ta­re sen­za “met­te­re le mani nel sac­co” è già con­si­de­ra­to una sor­ta di “sim­bo­lo”.
Ma né i poli­ti­ci né i papi pos­so­no esse­re carat­te­riz­za­ti esclu­si­va­men­te dal loro com­por­ta­men­to mora­le nel­la vita, ben­sì dal­le loro azio­ni poli­ti­che. Ber­go­glio ha con­clu­so la sua vita da papa con 100 dol­la­ri sul con­to in ban­ca, e nes­su­no met­te in dub­bio la sua umil­tà. Ma quan­do si trat­ta di ana­liz­za­re il ruo­lo da lui svol­to nel­la sto­ria, dob­bia­mo giu­di­ca­re il ruo­lo regres­si­vo e sini­stro del­la Chie­sa cat­to­li­ca nel mon­do e il suo soste­gno ai peg­gio­ri regi­mi poli­ti­ci, com­pre­si i cri­mi­ni con­tro l’u­ma­ni­tà. L’a­spet­to prin­ci­pa­le su cui basa­re un giu­di­zio su Muji­ca è quin­di il ruo­lo poli­ti­co da lui svol­to dopo la sua libe­ra­zio­ne, il suo ruo­lo di pre­si­den­te e i suoi dove­ri post-presidenziali.
Muji­ca entrò in poli­ti­ca con i “Blan­cos”, uno dei par­ti­ti sto­ri­ci del­la bor­ghe­sia uru­gua­ia­na, lega­to al lati­fon­do del Pae­se. In segui­to diven­ne un guer­ri­glie­ro, in un perio­do in cui una par­te del­la gio­ven­tù uru­gua­ia­na si inna­mo­rò del­la ribel­lio­ne arma­ta nel pie­no del­la trion­fan­te Rivo­lu­zio­ne cuba­na. Non è mai sta­to un teo­ri­co del MLN (Tupa­ma­ros), ma piut­to­sto un uomo d’a­zio­ne, soste­ni­to­re del­la stra­te­gia del fuo­co guer­ri­glie­ro [il “fochi­smo”: N.d.T.], for­te­men­te dif­fu­sa negli anni 60 in diver­si Pae­si lati­noa­me­ri­ca­ni. Fu impri­gio­na­to dal­le for­ze arma­te uru­gua­ia­ne e diven­ne ostag­gio del­la dit­ta­tu­ra per più di 12 anni in una pri­gio­ne uru­gua­ia­na chia­ma­ta para­dos­sal­men­te “Liber­tad”, che era un baluar­do del­le tor­tu­re che carat­te­riz­za­va­no la dit­ta­tu­ra uruguaiana.
La sua libe­ra­zio­ne avven­ne nel mar­zo 1985, quan­do la leg­ge 15.737 pro­mul­gò un’am­ni­stia per i pri­gio­nie­ri poli­ti­ci. Con l’av­ven­to del­la demo­cra­zia, Muji­ca diven­ne un’i­co­na del­la ricon­ver­sio­ne del­la sini­stra arma­ta all’in­ter­no del Fren­te Amplio [Fron­te Ampio] uru­gua­ia­no. A quel pun­to il fochi­smo ave­va ormai esau­ri­to le sue poten­zia­li­tà come movi­men­to poli­ti­co. I “movi­men­ti di libe­ra­zio­ne nazio­na­le” pro­mos­si da Che Gue­va­ra era­no sta­ti distrut­ti dal­le for­ze arma­te, e sia in Argen­ti­na che in Uru­guay era­no sta­ti tra­sfor­ma­ti in par­ti­ti che ope­ra­va­no esclu­si­va­men­te negli ambien­ti parlamentari.
Muji­ca era il lea­der emer­gen­te di un Fron­te Ampio che ave­va cam­bia­to le sue basi poli­ti­che. L’au­to­ri­tà acqui­si­ta attra­ver­so anni di reclu­sio­ne e tor­tu­ra ven­ne uti­liz­za­ta per con­vin­ce­re la popo­la­zio­ne che il fochi­smo era un fat­to del pas­sa­to e che biso­gna­va costrui­re uno spa­zio “di sini­stra” per la coe­si­sten­za con il capi­ta­li­smo, cer­can­do di otte­ne­re miglio­ra­men­ti socia­li che non alte­ras­se­ro il siste­ma di domi­nio capitalista.
Muji­ca dimo­strò rapi­da­men­te una capa­ci­tà cama­leon­ti­ca di adat­ta­men­to ai tem­pi che cam­bia­va­no: una vol­ta usci­to dal car­ce­re, diven­ne l’e­spo­nen­te che avreb­be por­ta­to avan­ti le posi­zio­ni più a destra del Fron­te Ampio. Il suo par­ti­to, il MPP (Movi­men­to di Par­te­ci­pa­zio­ne Popo­la­re), ha svol­to fin dall’inizio un ruo­lo asso­lu­ta­men­te conservatore.
Le pro­po­ste dife­se da Muji­ca pro­ve­ni­va­no da intel­let­tua­li che cer­ca­va­no miglio­ra­men­ti “socia­li” per i più biso­gno­si. Con­si­de­ra­va una gran­de tro­va­ta il pia­no “Fame Zero” di un intel­let­tua­le bra­si­lia­no, adot­ta­to da Lula in Bra­si­le. Ammi­ra­va l’i­sti­tu­zio­ne di pia­ni socia­li e creò “Jun­tos” e “Fon­des”, un pro­gram­ma simi­le ai pia­ni socia­li in Argentina.
Nel­la sua asce­sa alla pre­si­den­za, Muji­ca ha dovu­to supe­ra­re il note­vo­le osta­co­lo del suo pas­sa­to da guer­ri­glie­ro, che lo ha reso un can­di­da­to “rischio­so”, atti­ran­do attac­chi sia da par­te dei “bian­chi” che dei “colo­ra­dos”. Ciò con­tra­sta con la “sta­bi­li­tà e cer­tez­za” tra­smes­sa dai poli­ti­ci del­la sini­stra “col­ta e istrui­ta” del Fron­te Ampio, come Taba­ré Váz­quez e Dani­lo Asto­ri. Muji­ca salì al pote­re dimo­stran­do con insi­sten­za che le sue poli­ti­che non era­no dan­no­se per i gran­di capi­ta­li­sti stra­nie­ri né avreb­be­ro intac­ca­to la ric­chez­za dei capi­ta­li­sti uru­gua­ia­ni. Quan­do assun­se la pre­si­den­za del­l’U­ru­guay, rea­liz­zò quan­to ave­va deli­nea­to duran­te la sua cam­pa­gna: il capi­ta­le avreb­be avu­to le garan­zie “lega­li” che il Fron­te Ampio avreb­be for­ni­to nel suo governo.
Duran­te il gover­no Muji­ca (2010–2015), il pae­se ha aper­to la stra­da alla più gran­de sven­di­ta all’estero di ter­ri­to­ri nel­la sto­ria del­l’U­ru­guay. Con l’in­gres­so dell’impresa [fin­lan­de­se] Bot­nia, si aprì il mer­ca­to dei capi­ta­li bel­gi, fin­lan­de­si e cile­ni e si acqui­sta­ro­no indi­scri­mi­na­ta­men­te ter­re­ni uru­gua­ia­ni per le fab­bri­che di cel­lu­lo­sa, che gode­va­no anche di enor­mi bene­fi­ci in ter­mi­ni di tas­se, for­ni­tu­re di ener­gia e aper­tu­ra di nuo­ve rot­te adat­te a loro.
Que­sta poli­ti­ca inau­gu­ra­ta da Muji­ca fu poi segui­ta come “que­stio­ne di sta­to” dal gover­no Lacal­le Pou, che sop­pian­tò il Fron­te Ampio. È la stes­sa poli­ti­ca che l’at­tua­le pre­si­den­te del Fron­te Ampio, Yaman­dú Orsi, por­ta avan­ti in un Pae­se in cui il ser­vi­zio fer­ro­via­rio nazio­na­le non è più dispo­ni­bi­le per gli uru­gua­ia­ni ed è a ser­vi­zio solo del­le azien­de pro­dut­tri­ci di cel­lu­lo­sa che sono arri­va­te tar­di in Uru­guay e non han­no acces­so diret­to ai fiu­mi navigabili.
Oggi ci sono dipar­ti­men­ti – Tacua­rem­bó, Colo­nia, Rio Negro, Soria­no – che sono ter­re­ni di pro­prie­tà di capi­ta­li stra­nie­ri desti­na­ti alla pian­ta­gio­ne di euca­lip­ti che ali­men­ta­no le enor­mi cal­da­ie del­le fab­bri­che di cel­lu­lo­sa. Dal con­trol­lo pri­va­to dei por­ti del­le fab­bri­che di cel­lu­lo­sa si è pas­sa­ti alla pri­va­tiz­za­zio­ne del por­to di Mon­te­vi­deo a favo­re di ope­ra­to­ri por­tua­li stra­nie­ri secon­do il model­lo mene­mi­sta. Le mul­ti­na­zio­na­li comin­cia­ro­no a domi­na­re, espan­den­do la fibra otti­ca e fir­man­do con­trat­ti con le prin­ci­pa­li mul­ti­na­zio­na­li per lo sfrut­ta­men­to del­le piat­ta­for­me off­sho­re e dei mine­ra­li di fer­ro. Per­fi­no alcu­ni set­to­ri del Fron­te Ampio rea­gi­ro­no dura­men­te all’in­ten­zio­ne di Muji­ca di accet­ta­re anche l’at­ti­vi­tà mine­ra­ria a cie­lo aperto.
Sot­to il gover­no di Muji­ca, l’e­co­no­mia del Pae­se è diven­ta­ta mol­to più dipen­den­te dagli inve­sti­men­ti diret­ti este­ri. Muji­ca ha soste­nu­to il suo pro­gram­ma all’insegna del­lo slo­gan “capi­ta­li­smo sano”, che era la sua vera posi­zio­ne su que­sta que­stio­ne. Per quan­to riguar­da i set­to­ri agri­co­lo, mine­ra­rio e petro­li­fe­ro, sosten­ne una stra­te­gia di chia­ro appog­gio agli inve­sti­men­ti este­ri, che com­pren­de­va il raf­for­za­men­to del­la poli­ti­ca del­le zone di libe­ro scam­bio, la fir­ma di un accor­do con la com­pa­gnia fore­sta­le Mon­tes del Pla­ta, la sti­pu­la di con­trat­ti con le com­pa­gnie petro­li­fe­re e il lan­cio del­la socie­tà anglo‑indiana Zamin Fer­rous per lo sfrut­ta­men­to del mine­ra­le di ferro.
Infi­ne, in una del­le sue ulti­me riso­lu­zio­ni gover­na­ti­ve, pro­mos­se la leg­ge per il con­trol­lo e la rego­la­men­ta­zio­ne del­l’im­por­ta­zio­ne, pro­du­zio­ne, acqui­si­zio­ne, stoc­cag­gio, com­mer­cia­liz­za­zio­ne e distri­bu­zio­ne del­la mari­jua­na e dei suoi deri­va­ti ​​(Leg­ge 19.172), che auto­riz­za­va l’u­so medi­ci­na­le e ricrea­ti­vo di que­sta dro­ga. L’i­ni­zia­ti­va por­tò Muji­ca alla fama in tut­to il mon­do. È sta­to descrit­to come un “pala­di­no” con­tro il para­dig­ma proi­bi­zio­ni­sta degli Sta­ti Uni­ti. La leg­ge non ha in alcun modo fer­ma­to la for­te ten­den­za ver­so l’u­so di altri tipi di dro­ghe che afflig­ge i gio­va­ni uruguaiani.
Al di fuo­ri del gover­no e nel suo ruo­lo al Sena­to, Muji­ca si è schie­ra­to aper­ta­men­te sul­le posi­zio­ni più a destra del Fron­te Ampio. E il suo pun­to più debo­le, fino alla mor­te, è sta­ta la que­stio­ne dei dirit­ti uma­ni, una feri­ta che, come in Argen­ti­na, resta aper­ta. Muji­ca ha costan­te­men­te invo­ca­to il per­do­no per la dit­ta­tu­ra, la limi­ta­zio­ne del­le leg­gi che pre­ve­do­no pene per i repres­so­ri che vi han­no par­te­ci­pa­to e, negli ulti­mi gior­ni del­la sua vita, è anda­to oltre, attac­can­do le testi­mo­nian­ze dei mili­tan­ti tor­tu­ra­ti e impri­gio­na­ti dai mili­ta­ri. Samuel Bli­xen, noto gior­na­li­sta, sto­ri­co e auto­re di diver­si libri sul­la sini­stra, ha rispo­sto a Lucia Topo­lan­sky, moglie di Muji­ca, sot­to­li­nean­do che le sue dichia­ra­zio­ni ave­va­no oltre­pas­sa­to i limi­ti del­la dife­sa dei dirit­ti umani.
Il bilan­cio di Muji­ca è quel­lo di un guer­ri­glie­ro che si è tra­sfor­ma­to in “uomo di Sta­to”, ovve­ro un soste­ni­to­re del man­te­ni­men­to del­lo sfrut­ta­men­to del­l’uo­mo da par­te del­l’uo­mo. Il nostro bilan­cio non è mora­le, è politico.

 

(Tra­du­zio­ne dal­lo spa­gno­lo di Erne­sto Russo)