Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Cuba e Rivoluzione cubana, Politica internazionale: America Latina

15 novembre: una Tiananmen in salsa cubana?

15 novembre: una Tiananmen in salsa cubana?


Trotsky e l’insipienza politica della “sinistra non ufficiale” di Cuba


Vale­rio Torre

 

Lo scor­so 11 luglio, a Cuba si sono svol­te mani­fe­sta­zio­ni di pro­te­sta con­tro il regi­me come non se n’erano mai viste dal “Male­co­na­zo” del 1994[1]. Ne abbia­mo lun­ga­men­te par­la­to in un pre­ce­den­te arti­co­lo[2], in cui abbia­mo esa­mi­na­to le cau­se e ipo­tiz­za­to gli svi­lup­pi del­le dimo­stra­zio­ni di que­sto 2021, traen­do anche del­le impor­tan­ti con­clu­sio­ni politiche.
La vio­len­ta repres­sio­ne, che si è da subi­to svi­lup­pa­ta con diver­se cen­ti­na­ia di arre­sti e deci­ne di pesan­ti con­dan­ne a segui­to di processi‑simulacro sen­za le mini­me garan­zie giu­ri­di­che e spes­so cele­bra­ti addi­rit­tu­ra in assen­za di un difen­so­re, non ha dis­si­pa­to il mal­con­ten­to che ser­peg­gia nel Pae­se. Anzi, pos­sia­mo con cer­tez­za dire che l’11 luglio 2021 ha rap­pre­sen­ta­to uno spartiacque.
Le pro­te­ste rea­liz­za­te in quel­la gior­na­ta sem­bra­no aver aper­to una pic­co­la brec­cia nel­la mono­li­ti­ca costru­zio­ne che il buro­cra­ti­co regi­me castri­sta, col segui­to dei suoi reg­gi­co­da inter­na­zio­na­li, spac­cia per “socia­li­smo”, men­tre altro non è che una dit­ta­tu­ra capi­ta­li­sta ret­ta da una cric­ca usur­pa­tri­ce che con­ti­nua frau­do­len­te­men­te a defi­nir­si “comu­ni­sta”. Su que­sto, infat­ti, cioè sul­la com­piu­ta e con­so­li­da­ta restau­ra­zio­ne del capi­ta­li­smo a Cuba, ci sia­mo appro­fon­di­ta­men­te pro­nun­cia­ti in un altro testo[3], al qua­le per­ciò rinviamo.

Archi­pié­la­go e la repres­sio­ne “pre­ven­ti­va” del regime
Ma gli even­ti dell’11 luglio scor­so han­no dischiu­so una nuo­va pro­spet­ti­va. Si può, appun­to, dire rispet­to a que­sta data che c’è “un pri­ma” e “un dopo”. E “dopo” l’11 luglio si è spon­ta­nea­men­te for­ma­ta, a par­ti­re da un grup­po di gio­va­ni arti­sti, musi­ci­sti, gior­na­li­sti, intel­let­tua­li e atti­vi­sti LGBTIQ+, una piat­ta­for­ma civi­ca che ha pre­so il nome di “Archi­pié­la­go” (Arci­pe­la­go), il cui prin­ci­pa­le espo­nen­te è il noto dram­ma­tur­go Yunior Gar­cía Agui­le­ra. Il 21 set­tem­bre scor­so, alcu­ni par­te­ci­pan­ti a que­sto pro­get­to (che sui social media con­ta ormai più di 33.000 segua­ci) han­no pre­sen­ta­to alle auto­ri­tà cuba­ne, sul­la base dell’art. 56 del­la Costi­tu­zio­ne[4], una richie­sta di auto­riz­za­zio­ne a rea­liz­za­re per il pros­si­mo 15 novem­bre una mar­cia paci­fi­ca «con­tro la vio­len­za, per esi­ge­re il rispet­to di tut­ti i dirit­ti di tut­ti i cuba­ni, per la libe­ra­zio­ne dei pri­gio­nie­ri poli­ti­ci e per la solu­zio­ne del­le nostre dif­fe­ren­ze attra­ver­so la via demo­cra­ti­ca e paci­fi­ca». Nell’istanza, gli orga­niz­za­to­ri chie­de­va­no di esse­re tute­la­ti dal­lo Sta­to nel­la rea­liz­za­zio­ne del­la marcia.
La richie­sta è sta­ta respin­ta dal­le auto­ri­tà e una nota infor­ma­ti­va del­la Pro­cu­ra Gene­ra­le del­la Repub­bli­ca ha poi avver­ti­to che chiun­que con­trav­ver­rà al divie­to di par­te­ci­pa­re all’iniziativa incor­re­rà nei rigo­ri del­la leg­ge. Gli orga­niz­za­to­ri, però, han­no con­fer­ma­to la data del­la manifestazione.
Il regi­me ha già mes­so mano alle con­tro­mi­su­re, ini­zian­do con attac­chi media­ti­ci viru­len­ti in cui – come da soli­to copio­ne – un gene­ra­le di Divi­sio­ne, Fabián Esca­lan­te, ex capo dei ser­vi­zi di intel­li­gen­ce del Pae­se, ha bol­la­to i mani­fe­stan­ti come con­tro­ri­vo­lu­zio­na­ri al sol­do degli Usa, come sov­ver­si­vi che voglio­no rove­scia­re il gover­no gra­zie a un pia­no orche­stra­to dal­la CIA[5]. Altri fian­cheg­gia­to­ri del gover­no, sot­to­li­nean­do la coin­ci­den­za del­la mar­cia con la ripre­sa dei voli turi­sti­ci, han­no accu­sa­to i mani­fe­stan­ti di esse­re con­tro la ria­per­tu­ra del turi­smo a Cuba[6]. Altri anco­ra si sono sca­te­na­ti nel­la demo­niz­za­zio­ne e nel dileg­gio di Yunior Gar­cía Agui­le­ra, rin­fac­cian­do­gli che è debi­to­re nei con­fron­ti del­la Revo­lu­ción per aver avu­to l’opportunità di fare car­rie­ra come dram­ma­tur­go[7]. In un altro arti­co­lo Gar­cía Agui­le­ra è sta­to sen­za mez­zi ter­mi­ni defi­ni­to un “Giu­da Isca­rio­ta”, men­tre il suo vol­to appa­re sovrap­po­sto a quel­lo del­la Sta­tua del­la Liber­tà in un mal­riu­sci­to foto­mon­tag­gio[8].
Ma non è solo con la poten­za di fuo­co dei mez­zi di comu­ni­ca­zio­ne che il regi­me inten­de far fron­te a que­sta “minac­cia”. Il gover­no del­la pro­vin­cia de L’Avana, nell’evidente inten­to di “blin­da­re” la capi­ta­le, ha annun­cia­to la mes­sa in cam­po – per tut­ta la set­ti­ma­na in cui cade il gior­no del­la mar­cia degli oppo­si­to­ri – di un pro­gram­ma di atti­vi­tà cul­tu­ra­li per cele­bra­re il 502° anni­ver­sa­rio del­la fon­da­zio­ne del­la cit­tà così inten­so da far dire al gover­na­to­re Rey­nal­do Gar­cía Zapa­ta: «Non deve svol­ger­si nessun’altra cosa che non sia ciò che abbia­mo pro­gram­ma­to».
Si pro­fi­la, dun­que, una situa­zio­ne dal­le mol­te inco­gni­te che dan­no appun­to il tito­lo a que­sto testo. Gli orga­niz­za­to­ri del­la mar­cia temo­no – e lo stan­no denun­cian­do con tut­ti i mez­zi a loro dispo­si­zio­ne – che agen­ti infil­tra­ti del regi­me com­pia­no atti vio­len­ti per poi attri­buir­li ai manifestanti.
Dav­ve­ro quin­di il regi­me cuba­no è dispo­sto a repri­me­re con inau­di­ta bru­ta­li­tà una mani­fe­sta­zio­ne che ora, rispet­to a quel­la dell’11 luglio, è sot­to gli occhi del mon­do, dato che è sta­ta orga­niz­za­ta da tem­po? Dav­ve­ro è dispo­sto a met­te­re in cam­po una repres­sio­ne in sti­le cine­se? Non pos­sia­mo far altro che atten­de­re gli sviluppi.

Il Con­si­glio per una Tran­si­zio­ne Demo­cra­ti­ca a Cuba
Tut­ta­via, acca­de che un orga­ni­smo bor­ghe­se di recen­te for­ma­zio­ne – il Con­si­glio per una Tran­si­zio­ne Demo­cra­ti­ca a Cuba (CTDC) – chia­ra­men­te espres­sio­ne dei gusa­nos di stan­za in Flo­ri­da e pale­se­men­te lon­ga manus del gover­no degli Sta­ti Uni­ti, abbia col­to al volo l’occasione for­ni­ta dal­la mar­cia in pro­gram­ma il 15 novem­bre per pro­cla­ma­re la pro­pria ade­sio­ne e dare il pro­prio soste­gno sul­la base di un pro­gram­ma chia­ra­men­te rea­zio­na­rio che ha al suo cen­tro un amplia­men­to dell’economia di mer­ca­to nel segno di una tota­le dere­go­la­men­ta­zio­ne e, soprat­tut­to, un «pia­no spe­cia­le di com­pen­sa­zio­ne per le espro­pria­zio­ni del perio­do rivo­lu­zio­na­rio sot­to assi­sten­za e col­la­bo­ra­zio­ne inter­na­zio­na­le»[9]. Si trat­ta, a quest’ultimo riguar­do, del­la riven­di­ca­zio­ne sto­ri­ca dei cuba­ni esi­lia­ti a Mia­mi che ave­va­no per­so le loro pro­prie­tà dopo la rivo­lu­zio­ne del 1959. È evi­den­te, dun­que, la con­trap­po­si­zio­ne fra le paro­le d’ordine pro­gres­si­ve che riven­di­ca­no dirit­ti e liber­tà e quel­le che com­pon­go­no il pro­gram­ma rea­zio­na­rio par­to­ri­to dal­la bece­ra bor­ghe­sia cubano‑americana.
Come abbia­mo soste­nu­to negli arti­co­li richia­ma­ti all’inizio di que­sto testo (v. note 2 e 3), a Cuba la restau­ra­zio­ne del capi­ta­li­smo è già da tem­po com­piu­ta­men­te avve­nu­ta e la casta buro­cra­ti­ca che si nascon­de die­tro l’insegna del Par­ti­to comu­ni­sta, impos­ses­sa­ta­si ormai dei mez­zi di pro­du­zio­ne, si è tra­sfor­ma­ta in clas­se pos­si­den­te, si è con­ver­ti­ta in nuo­va bor­ghe­sia. Tro­tsky ave­va ipo­tiz­za­to per l’Unione Sovie­ti­ca, «la pos­si­bi­li­tà, soprat­tut­to nel caso di una deca­den­za mon­dia­le pro­lun­ga­ta, del­la restau­ra­zio­ne di una nuo­va clas­se pro­prie­ta­ria ori­gi­na­ta dal­la buro­cra­zia. L’attuale posi­zio­ne del­la buro­cra­zia, che “in qual­che modo” ha nel­le sue mani, attra­ver­so lo Sta­to, le for­ze pro­dut­ti­ve, costi­tui­sce un pun­to di par­ten­za estre­ma­men­te impor­tan­te per un pro­ces­so di tra­sfor­ma­zio­ne»[10]. Que­sta “tra­sfor­ma­zio­ne” è avve­nu­ta, con dina­mi­che dif­fe­ren­ti, sia in Urss che in Cina, e così pure a Cuba. E oggi lo scon­tro è fra la neo‑borghesia ori­gi­na­ta dal­la buro­cra­zia castri­sta e quel­la anti­ca dei gusa­nos del­la Flo­ri­da. La posta in gio­co di que­sto scon­tro inter‑borghese è la pro­prie­tà dei mez­zi di pro­du­zio­ne: in defi­ni­ti­va, la gestio­ne, a esclu­si­vo van­tag­gio dell’una o dell’altra fra­zio­ne bor­ghe­se, dell’economia del­la nazione.

Cosa pen­sa Comu­ni­stas del­la mar­cia del 15 novembre?
Vien da chie­der­si a que­sto pun­to: ma allo­ra che c’entrano le riven­di­ca­zio­ni che Archi­pié­la­go inten­de agi­ta­re nel­la mar­cia del 15 novem­bre con il pro­gram­ma rea­zio­na­rio con cui il CTDC ha dichia­ra­to il pro­prio soste­gno alla mani­fe­sta­zio­ne con l’evidente pro­po­si­to di ege­mo­niz­zar­la e con­qui­star­ne la direzione?
Nien­te. Asso­lu­ta­men­te nien­te. Tut­ta­via, que­sta coin­ci­den­za è sta­ta più che suf­fi­cien­te per­ché il regi­me aves­se un argo­men­to in più per bol­la­re come con­tro­ri­vo­lu­zio­na­ri al sol­do degli Usa gli orga­niz­za­to­ri e i par­te­ci­pan­ti all’iniziativa. Il soste­gno del CTDC alla mar­cia del 15 novem­bre ha dato fia­to al castri­smo per met­te­re in sce­na il copio­ne di sem­pre, quel­lo dell’ingerenza sta­tu­ni­ten­se per rove­scia­re il siste­ma poli­ti­co cuba­no attra­ver­so “agen­ti inter­ni”. È inte­res­se del gover­no cuba­no, insom­ma, non distin­gue­re, anzi acco­mu­na­re, i giu­sti recla­mi di dirit­ti e liber­tà espres­si da Archi­pié­la­go con il retri­vo pro­gram­ma bor­ghe­se del CTDC.
I mar­xi­sti dovreb­be­ro ave­re l’interesse oppo­sto. E inve­ce, acca­de che il grup­po Comu­ni­stas, che si auto­de­fi­ni­sce come “sini­stra non uffi­cia­le cuba­na” – e che sem­bra esse­re diven­ta­to il pun­to di rife­ri­men­to del­la mag­gio­ran­za del­le orga­niz­za­zio­ni tro­tski­ste sol per­ché uno dei suoi espo­nen­ti, Frank Gar­cía Her­nán­dez, orga­niz­zò a Cuba nel 2019 una con­fe­ren­za inter­na­zio­na­le su Tro­tsky – si sia espres­so sul­la que­stio­ne del­la mar­cia del 15 novem­bre soste­nen­do che quel­la “sini­stra non uffi­cia­le” non deve par­te­ci­par­vi[11]. Di segui­to andre­mo ad ana­liz­za­re que­sta posizione.
Il ragio­na­men­to di Her­nán­dez, auto­re del­lo scrit­to che la enun­cia, par­te dal­la con­sta­ta­zio­ne che, a dif­fe­ren­za del­le riven­di­ca­zio­ni popo­la­ri agi­ta­te nel­la mani­fe­sta­zio­ne dell’11 luglio, quel­le di Archi­pié­la­go non ten­go­no con­to del­le «neces­si­tà imme­dia­te dell’ampia mag­gio­ran­za del­la clas­se lavo­ra­tri­ce cuba­na». E subi­to si dà una spie­ga­zio­ne, che però di fat­to squa­li­fi­ca l’obiettivo del­la mar­cia. Dice: «È logi­co che i recla­mi di Archi­pié­la­go si limi­ti­no a indi­riz­zar­si con­tro la vio­len­za poli­ti­ca. I fir­ma­ta­ri han­no sod­di­sfat­te le con­di­zio­ni di base per man­gia­re tre vol­te al gior­no». Tra­dot­to: pote­te per­met­ter­vi di par­la­re di liber­tà per­ché voi intel­let­tua­li ave­te la pan­cia pie­na. E quan­tun­que anch’egli si con­si­de­ri par­te dell’intellettualità cuba­na, tra­spa­re da que­sto giu­di­zio un sot­ti­le disprez­zo ver­so una con­di­zio­ne che tra le righe vie­ne dipin­ta come piccolo‑borghese.
Bene, seguia­mo allo­ra l’argomentazione di Her­nán­dez e tor­nia­mo all’11 luglio, in cui si mani­fe­sta­va non per la liber­tà di espres­sio­ne e con­tro la cen­su­ra, ma per cibo e medi­ci­na­li. Per­ché cre­de il Nostro che il regi­me abbia vio­len­te­men­te repres­so i cor­tei, abbia arre­sta­to cen­ti­na­ia di mani­fe­stan­ti – e lo stes­so Her­nán­dez! – e li abbia con­dan­na­ti a sva­ria­ti anni di car­ce­re? Pen­sa for­se che il castri­smo al pote­re con­sen­ta la liber­tà di espres­sio­ne in gene­ra­le e non cen­su­ri altro che le richie­ste di cibo e medi­ci­na­li? Cre­de for­se che per tut­to il resto vi sia ampia liber­tà d’espressione e nes­su­no ven­ga cen­su­ra­to? E che dun­que i pri­gio­nie­ri poli­ti­ci cuba­ni non sia­no dete­nu­ti per rea­ti d’opinione ma per­ché vole­va­no “solo” nutrir­si e curar­si? Ritie­ne quin­di che il pre­si­den­te cuba­no repri­ma sol­tan­to chi chie­de di poter man­gia­re e aver acces­so ai far­ma­ci e inve­ce con­sen­ta a chiun­que di pote­re libe­ra­men­te fon­da­re un par­ti­to d’opposizione o un sin­da­ca­to che non sia quel­lo gover­na­ti­vo? Per­bac­co! Allo­ra, sal­vo che per quel­la “pic­co­la” restri­zio­ne riguar­dan­te ali­men­ti e medi­ci­ne, Cuba sareb­be il Ben­go­di del­la demo­cra­zia universale!
Il fat­to è che se non si ha dirit­to di mani­fe­sta­re libe­ra­men­te il pro­prio pen­sie­ro, non si può scen­de­re in piaz­za né per recla­ma­re dirit­ti e pro­te­sta­re con­tro la cen­su­ra o chie­de­re la libe­ra­zio­ne dei pri­gio­nie­ri poli­ti­ci (riven­di­ca­zio­ni piccolo‑borghesi, secon­do la costru­zio­ne di Her­nán­dez), né per il pane e i far­ma­ci (riven­di­ca­zio­ni pro­le­ta­rie, sem­pre secon­do lui). Que­sta for­za­ta dico­to­mia fra “dirit­ti astrat­ti” e “neces­si­tà con­cre­te” sor­vo­la sul fat­to che a Cuba vige una dit­ta­tu­ra che impe­di­sce di pro­te­sta­re per entram­be le cose, e il Nostro non vuo­le espli­ci­ta­men­te rico­no­scer­lo (per le ragio­ni che vedre­mo in seguito).

Riven­di­ca­zio­ni solo sul­la car­ta, non in piazza
Ma con­ti­nuia­mo. L’autore pro­se­gue nel suo ragio­na­men­to soste­nen­do che, comun­que, i recla­mi di Archi­pié­la­go sono astrat­ta­men­te giu­sti (dal che ver­reb­be da pen­sa­re che, allo­ra, sareb­be altret­tan­to giu­sto appog­gia­re la mani­fe­sta­zio­ne); tut­ta­via, con­si­de­ran­do il soste­gno che il rea­zio­na­rio CTDC ha dato alla mar­cia, la “sini­stra non uffi­cia­le” non può sfi­la­re al fian­co di chi agi­ta un pro­gram­ma bor­ghe­se con cui «vuo­le licen­zia­re e pri­va­tiz­za­re» e dare «un risar­ci­men­to ai bor­ghe­si e ai lati­fon­di­sti col­pi­ti dal­le espro­pria­zio­ni del­la Rivo­lu­zio­ne».
Ora, noi non sap­pia­mo quan­to gran­de e par­te­ci­pa­ta sarà la mar­cia orga­niz­za­ta dagli intel­let­tua­li di Archi­pié­la­go. Sap­pia­mo, però, sul­la scor­ta di quan­to acca­du­to l’11 luglio che i set­to­ri orga­ni­ca­men­te espres­sio­ne dei gusa­nos di Mia­mi sono a Cuba estre­ma­men­te mino­ri­ta­ri, rap­pre­sen­ta­no un’élite che non si arri­schia a scen­de­re in piaz­za per esse­re repres­sa dai man­ga­nel­li del­la poli­zia cuba­na o dal­le maz­ze del­le squa­dre para­mi­li­ta­ri orga­niz­za­te dal regi­me. Il soste­gno che il CTDC ha offer­to alla mar­cia sarà più che altro sim­bo­li­co e teso a capi­ta­liz­za­re il mal­con­ten­to popo­la­re nel ten­ta­ti­vo di assi­cu­rar­se­ne la direzione.
Her­nán­dez sostie­ne che, se mai aves­se deci­so di scen­de­re in piaz­za, la famo­sa “sini­stra non uffi­cia­le cuba­na” avreb­be dovu­to decli­na­re alme­no die­ci riven­di­ca­zio­ni – che dili­gen­te­men­te elen­ca nel testo che stia­mo com­men­tan­do – tese a sod­di­sfa­re le neces­si­tà di base del­la popo­la­zio­ne. Ebbe­ne, qua­le miglio­re occa­sio­ne, allo­ra, se dav­ve­ro que­sta fan­to­ma­ti­ca “sini­stra non uffi­cia­le” aves­se alme­no un mini­mo peso socia­le, per par­te­ci­pa­re alla mar­cia avan­zan­do a gran voce que­ste riven­di­ca­zio­ni e oscu­ra­re così, insie­me a quel­le degli intel­let­tua­li di Archi­pié­la­go, il rea­zio­na­rio pro­gram­ma del CTDC? E inve­ce no, le “riven­di­ca­zio­ni pro­le­ta­rie” di Her­nán­dez resta­no a far bel­la mostra di sé sul web, men­tre la piaz­za vie­ne lascia­ta alle pur giu­ste “riven­di­ca­zio­ni degli intel­let­tua­li” e al pro­gram­ma rea­zio­na­rio dei gusa­nos. Cosa ci gua­da­gna in quest’esercizio – esso sì, intel­let­tua­le – la clas­se lavo­ra­tri­ce nel cui inte­res­se l’autore ha par­to­ri­to le die­ci riven­di­ca­zio­ni (che peral­tro sono in sé cor­ret­te)? Nul­la, asso­lu­ta­men­te nul­la. Però, men­tre con­ti­nua­no a man­ca­re gene­ri ali­men­ta­ri e far­ma­ci, men­tre l’inflazione con­ti­nua a galop­pa­re, essa può bear­si nel leg­ge­re la piat­ta­for­ma riven­di­ca­ti­va ela­bo­ra­ta nel suo inte­res­se da Her­nán­dez sul sito di Comu­ni­stas.
E nep­pu­re al Nostro è pas­sa­to per la men­te di dire: “Bene. Noi, la ‘sini­stra non uffi­cia­le’, non sfi­le­re­mo insie­me alla bor­ghe­sia rea­zio­na­ria per­ché il loro è il pro­gram­ma dei gusa­nos. E nep­pu­re al fian­co degli arti­sti di Archi­pié­la­go per­ché, pur avan­zan­do essi paro­le d’ordine che in fon­do sono giu­ste, sono pur sem­pre dei piccolo‑borghesi. Ma, vivad­dio, noi ‘sini­stra non uffi­cia­le’ sia­mo pur sem­pre i rap­pre­sen­tan­ti del­la clas­se lavo­ra­tri­ce, e allo­ra appro­fit­tia­mo del­la data del­la con­vo­ca­zio­ne del­la mar­cia e andia­mo a sfi­la­re in un altro luo­go con le nostre riven­di­ca­zio­ni, le uni­che che pos­so­no risol­ve­re le neces­si­tà di base del­la clas­se operaia”.
No, nean­che que­sto è venu­to in men­te a Her­nán­dez; e per le ragio­ni che abbia­mo già espli­ci­ta­to nel testo indi­ca­to alla nota 2: per­ché il grup­po Comu­ni­stas è «un’organizzazione che non va al di là di qual­che tie­pi­da cri­ti­ca alla buro­cra­zia, con­ti­nuan­do a richia­mar­si comun­que alla tra­di­zio­ne castri­sta e, soprat­tut­to, alla figu­ra di Fidel. Que­sto grup­po si limi­ta a rim­pro­ve­ra­re al par­ti­to e al grup­po diri­gen­te un’eccessiva buro­cra­tiz­za­zio­ne, a disap­pro­va­re la cor­ru­zio­ne e i bas­si livel­li di pro­dut­ti­vi­tà dell’economia, a rimar­ca­re il fat­to che non ci sia discus­sio­ne nel Pae­se e che ci sia­no nel­le libre­rie pochi testi rela­ti­vi a tut­te le bran­che del sape­re, a bia­si­ma­re l’introduzione di misu­re capi­ta­li­sti­che». Que­sti mili­tan­ti cuba­ni «oscil­la­no … fra la dife­sa roman­ti­ca del castri­smo “fide­li­sta” (di Fidel) e il maquil­la­ge con­cre­to del castri­smo “rau­li­sta” (di Raúl)», espri­men­do sim­pa­tie – come emer­ge dal­la let­tu­ra del loro sito – per il “socia­li­smo” cine­se e quel­lo viet­na­mi­ta: che, come soste­nia­mo noi, di socia­li­smo non han­no asso­lu­ta­men­te nul­la, esat­ta­men­te come il regi­me cuba­no, del qua­le Her­nán­dez è comun­que un rap­pre­sen­tan­te (sia pure con qual­che mal di pan­cia) visto che lavo­ra alle dipen­den­ze di un’istituzione cul­tu­ra­le sta­ta­le e che riven­di­ca se stes­so come «mili­tan­te del Par­ti­to comu­ni­sta», cioè di quel­lo al potere.

Tro­tsky con­tro i “tro­tski­sti” cubani
Ma c’è una ragio­ne in più alla base del­la posi­zio­ne espres­sa dall’esponente di Comu­ni­stas. Que­sto grup­po ritie­ne che, sì, quel­lo castri­sta sarà un regi­me un po’ buro­cra­ti­co, imple­men­te­rà pure misu­re capi­ta­li­sti­che, ma resta comun­que un regi­me pro­dot­to del­la Revo­lu­ción: sic­ché, baste­reb­be far­lo retro­ce­de­re da que­sta mania di favo­ri­re l’imprenditoria pri­va­ta, baste­reb­be che fomen­tas­se alme­no un po’ l’autorganizzazione del­le mas­se, per­ché l’autentico socia­li­smo – quel­lo di Fidel, benin­te­so – tor­ni a splen­de­re su Cuba.
Noi che rite­nia­mo che a Cuba il capi­ta­li­smo sia sta­to già da tem­po pie­na­men­te restau­ra­to non ne abbia­mo biso­gno, ma chi voles­se ave­re un’ulteriore dimo­stra­zio­ne del pen­sie­ro di Her­nán­dez e di Comu­ni­stas al riguar­do potrà leg­ge­re un altro arti­co­lo del Nostro, inti­to­la­to “Tro­tski y la cri­sis polí­ti­ca cuba­na”. In que­sto testo, l’autore sostie­ne che a cau­sa dell’atteggiamento del PCC «un rile­van­te set­to­re del­la gio­ven­tù cuba­na si sta sem­pre più spo­li­ti­ciz­zan­do, poi­ché iden­ti­fi­ca il socia­li­smo con l’anchilosato discor­so uffi­cia­le […] finen­do per respin­ge­re le idee mar­xi­ste caden­do nell’apatia poli­ti­ca, e nel peg­gio­re dei casi orien­tan­do­si ver­so la destra». Tut­ta­via, pres­so­ché sim­me­tri­ca­men­te «stan­no emer­gen­do nuo­ve e gio­va­ni figu­re nel­la sini­stra cri­ti­ca cuba­na che in mag­gio­ran­za sono attra­ver­sa­te da un deno­mi­na­to­re comu­ne: tro­va­no nel libro di Tro­tsky, La Rivo­lu­zio­ne tra­di­ta un’analisi che risul­ta loro uti­le per com­pren­de­re la cri­si cuba­na. Ad ecce­zio­ne del­le pur­ghe sta­li­ni­ste, le dif­fi­col­tà com­por­ta­te da uno Sta­to mul­tiet­ni­co e il tem­po tra­scor­so, que­sti gio­va­ni che pub­bli­ca­men­te si posi­zio­na­no alla sini­stra del Par­ti­to Comu­ni­sta sco­pro­no come nel­la buro­cra­zia cuba­na si ripro­du­co­no peri­co­lo­si trat­ti del­la buro­cra­zia sovie­ti­ca».
Anco­ra una vol­ta, non pos­sia­mo fare a meno di escla­ma­re: per­bac­co! A Cuba sta­va­no fio­ren­do cir­co­li tro­tski­sti in ogni dove e noi, cie­chi, non ce ne era­va­mo accor­ti, se non fos­se sta­to per il buon Frank che ci ha rive­la­to l’esistenza di schie­re di gio­va­ni in mar­cia agi­tan­do La Rivo­lu­zio­ne tra­di­ta così come i gio­va­ni maoi­sti negli anni 60 face­va­no con il Libret­to ros­so di Mao. Stra­no che un ser­vi­zio di intel­li­gen­ce così occhiu­to come quel­lo castri­sta non se ne sia accor­to! Eh, non c’è più il con­tro­spio­nag­gio di una volta!
Il fat­to è che, se dav­ve­ro a Cuba, come ce li descri­ve Her­nán­dez, ci fos­se­ro le miglia­ia di gio­va­ni tro­tski­sti svez­za­ti da quel libro di Tro­tsky, biso­gne­reb­be dire che, così come lo stes­so Frank, de La Rivo­lu­zio­ne tra­di­ta non ci han­no capi­to gran­ché. Tro­tsky non si limi­tò a descri­ve­re in quell’opera il feno­me­no del­la buro­cra­tiz­za­zio­ne del par­ti­to al pote­re, ma andò oltre. Spie­gò che i pila­stri di un’economia non capi­ta­li­sta (in tran­si­zio­ne ver­so il socia­li­smo) sono tre: pro­prie­tà sta­ta­le dei gran­di mez­zi di pro­du­zio­ne e del siste­ma ban­ca­rio; pia­ni­fi­ca­zio­ne eco­no­mi­ca cen­tra­liz­za­ta a cui tut­ta la pro­du­zio­ne deve esse­re subor­di­na­ta; mono­po­lio del com­mer­cio este­ro. E, come abbia­mo dimo­stra­to nel testo richia­ma­to nel­la nota 3, tut­ti e tre que­sti pila­stri sono sta­ti da tem­po demo­li­ti dal­la buro­cra­zia castri­sta al potere.
Tro­tsky scris­se anche che «la natu­ra di clas­se del­lo Sta­to non vie­ne deter­mi­na­ta dal­le sue for­me poli­ti­che, ma dal suo con­te­nu­to socia­le, cioè dal carat­te­re del­le for­me di pro­prie­tà e dei rap­por­ti di pro­du­zio­ne che un dato Sta­to fa pro­pri e difen­de»[12]. A Cuba non è la per­cen­tua­le di pro­prie­tà sta­ta­le dei mez­zi di pro­du­zio­ne a deter­mi­na­re il carat­te­re di clas­se del­lo Sta­to, ma il fat­to che la pro­du­zio­ne effet­tua­ta attra­ver­so quei mez­zi non si svol­ge in fun­zio­ne di un’economia cen­tral­men­te pia­ni­fi­ca­ta carat­te­riz­za­ta dal mono­po­lio del com­mer­cio este­ro: e dun­que, non si svol­ge nell’interesse del­la socie­tà, ma del­le leg­gi del mer­ca­to e del pro­fit­to. Ciò per­ché Cuba ha “fat­to pro­pri e difen­de” rap­por­ti di pro­du­zio­ne capitalistici.
Tro­tsky scris­se pure che «la pro­gno­si poli­ti­ca impli­ca un’alternativa: o la buro­cra­zia, dive­nen­do sem­pre più l’organo del­la bor­ghe­sia mon­dia­le nel­lo Sta­to ope­ra­io, rove­sce­rà le nuo­ve for­me di pro­prie­tà [cioè, quel­le socia­li­ste: Nda] e tra­sci­ne­rà di nuo­vo il Pae­se nel capi­ta­li­smo; oppu­re la clas­se ope­ra­ia distrug­ge­rà la buro­cra­zia e apri­rà la stra­da al socia­li­smo»[13].
Ma Tro­tsky ha ugual­men­te scrit­to, sem­pre ne La Rivo­lu­zio­ne tra­di­ta, un pas­sag­gio fon­da­men­ta­le, che cer­ta­men­te Her­nán­dez e tut­ti quei gio­va­ni tro­tski­sti cuba­ni da lui evo­ca­ti for­ma­ti­si su quest’opera non han­no let­to. O, se pure l’avessero fat­to, non l’hanno capi­to. Oppu­re, peg­gio, l’hanno capi­to ma fan­no fin­ta di no:

«Ammet­tia­mo […] che né il par­ti­to rivo­lu­zio­na­rio, né il par­ti­to con­tro­ri­vo­lu­zio­na­rio si impa­dro­ni­sca­no del pote­re. La buro­cra­zia resta alla testa del­lo Sta­to. Anche in que­ste con­di­zio­ni l’evoluzione dei rap­por­ti socia­li non si fer­ma. Non si può cer­to imma­gi­na­re che la buro­cra­zia abdi­chi in favo­re dell’eguaglianza socia­li­sta. Se essa ha … rite­nu­to pos­si­bi­le […] rista­bi­li­re i gra­di e le deco­ra­zio­ni, in segui­to dovrà ine­vi­ta­bil­men­te cer­ca­re un appog­gio nei rap­por­ti di pro­prie­tà. Si potreb­be obiet­ta­re che poco impor­ta­no ai gros­si fun­zio­na­ri le for­me di pro­prie­tà da cui rica­va­no i loro red­di­ti, ma sareb­be igno­ra­re il fat­to­re del­la pre­ca­rie­tà dei dirit­ti del­la buro­cra­zia e il pro­ble­ma del­la sua discen­den­za. Il recen­te cul­to del­la fami­glia sovie­ti­ca non cade dal cie­lo. I pri­vi­le­gi che non si pos­so­no tra­man­da­re ai figli per­do­no la metà del loro valo­re. Ma il dirit­to di lascia­re in ere­di­tà è inse­pa­ra­bi­le da quel­lo di pro­prie­tà. Non basta esse­re diret­to­re di un tru­st, biso­gna esser­ne azio­ni­sta. La vit­to­ria del­la buro­cra­zia in que­sto set­to­re deci­si­vo ne fareb­be una nuo­va clas­se pos­si­den­te»[14].

Tro­tsky spie­ga, in altri ter­mi­ni, che i pri­vi­le­gi del­la casta buro­cra­ti­ca sono per loro natu­ra pre­ca­ri e che, per con­so­li­dar­si, deb­bo­no tra­sfor­mar­si in pri­vi­le­gi pro­prie­ta­ri. Così pure, chi li eser­ci­ta non può limi­tar­si ad esser­ne il gesto­re, ma deve diven­tar­ne il tito­la­re. In man­can­za di una rivo­lu­zio­ne poli­ti­ca che la rove­scias­se, anche la buro­cra­zia cuba­na si è muta­ta in bor­ghe­sia. La casta buro­cra­ti­ca che ha diret­to e diri­ge Cuba si è, cioè, tra­sfor­ma­ta nel­la nuo­va bor­ghe­sia che ora è al pote­re: non più di uno Sta­to ope­ra­io (ben­ché defor­ma­to), ma di uno Sta­to bor­ghe­se, la cui colon­na ver­te­bra­le, come in tut­ti gli Sta­ti bor­ghe­si, è rap­pre­sen­ta­ta dal­le for­ze arma­te. Un’istituzione che gesti­sce diret­ta­men­te un’enorme par­te dell’economia del­la Isla (sen­za aver biso­gno di ripe­ter­lo, richia­mia­mo qui il bra­no di Tro­tsky cita­to alla nota 10).

E ora non resta che atten­de­re il 15 novembre
Que­sto è l’autentico Tro­tsky, non quel­lo muti­la­to in nome del qua­le par­la­no Her­nán­dez e i suoi segua­ci. Noi riven­di­chia­mo il Tro­tsky per il qua­le, una vol­ta che la buro­cra­zia si è con­so­li­da­ta al pote­re con­ver­ten­do­si da gesto­re in pro­prie­ta­ria dei mez­zi di pro­du­zio­ne e aven­do fat­ti pro­pri e difen­den­do rap­por­ti di pro­du­zio­ne capi­ta­li­sti­ci, non basta depor­la attra­ver­so una rivo­lu­zio­ne poli­ti­ca, ma è neces­sa­ria una rivo­lu­zio­ne socia­le attra­ver­so cui espro­priar­la (espro­prian­do anche gli altri capi­ta­li­sti cui essa si è associata).
Nel­la loro sma­nia di usci­re dal­la mar­gi­na­li­tà in cui tut­ti noi mar­xi­sti rivo­lu­zio­na­ri ci dibat­tia­mo, mol­te del­le orga­niz­za­zio­ni tro­tski­ste in giro per il mon­do si sono lascia­te abba­ci­na­re da quest’intellettuale che ambi­gua­men­te riven­di­ca Lenin e Tro­tsky ma pure Fidel Castro, e l’hanno elet­to a loro “pro­fe­ta” nel­la spe­ran­za di met­te­re pie­de a Cuba, bastio­ne del­lo sta­li­ni­smo caraibico.
Noi ci sot­tra­ia­mo, denun­cian­do­lo, a que­sto dise­gno che non ren­de­rà un buon ser­vi­gio né al mar­xi­smo rivo­lu­zio­na­rio, né alla clas­se lavo­ra­tri­ce cuba­na. E, nell’impossibilità di fare altri­men­ti, restia­mo per il momen­to osser­va­to­ri di quan­to acca­drà il 15 novem­bre pros­si­mo e dopo.
Cer­ta­men­te, allo­ra il qua­dro sarà un po’ più chia­ro e cer­che­re­mo di son­da­re le pro­spet­ti­ve che potreb­be­ro aprir­si per capi­re qua­le sarà il desti­no di Cuba e dei cubani.


Note

[1] Nell’agosto del 1994, nel pie­no del c.d. “perío­do espe­cial” (una pro­lun­ga­ta fase di pro­fon­da cri­si eco­no­mi­ca che col­pì Cuba dopo il col­las­so dell’Unione Sovie­ti­ca e del Come­con e che ebbe come con­se­guen­za pro­fon­de restri­zio­ni nel­la vita del­le fami­glie cuba­ne, segna­te da penu­ria di com­bu­sti­bi­li, elet­tri­ci­tà, gene­ri ali­men­ta­ri e medi­ci­na­li), si veri­fi­cò una pro­te­sta di mas­sa che ebbe come cen­tro il Male­cón (il lun­go­ma­re de L’Avana). Ben­ché le cau­se del­le mani­fe­sta­zio­ni di allo­ra e di oggi sia­no simi­li, gli sboc­chi poli­ti­ci sono asso­lu­ta­men­te diver­si: le pro­te­ste del 1994 tro­va­ro­no una solu­zio­ne nell’apertura del­le fron­tie­re di Cuba ver­so gli Sta­ti Uni­ti e negli accor­di migra­to­ri fra i due Pae­si che con­sen­ti­ro­no a deci­ne di miglia­ia di cuba­ni di emi­gra­re ver­so gli Usa su imbar­ca­zio­ni improvvisate.
[2]El pue­blo no come pla­nes”.
[3]Cuba: dal­la rivo­lu­zio­ne alla restau­ra­zio­ne”.
[4] «I dirit­ti di riu­nio­ne, mani­fe­sta­zio­ne e asso­cia­zio­ne, con sco­pi leci­ti e pacifici, sono rico­no­sciu­ti dal­lo Sta­to a con­di­zio­ne che ven­ga­no eser­ci­ta­ti rispet­tan­do l’ordine pubbli­co e le pre­scri­zio­ni sta­bi­li­te dal­la leg­ge».
[5] Si veda il deli­ran­te testo “Más sobre la actua­li­dad cuba­na (Par­te II)”, che il gene­ra­le in que­stio­ne chiu­de chia­man­do la popo­la­zio­ne alla lot­ta con­tro i con­te­sta­to­ri (¡Al com­ba­te!).
[6]¿Sería pací­fi­ca? una mani­fe­sta­ción con­tra la aper­tu­ra del turi­smo en Cuba en noviem­bre 2021”.
[7]Yunior Gar­cía Agui­le­ra, el «patrio­ta pre­o­cu­pa­do»”.
[8]Un nue­vo mesías y una demo­cra­cia rap­ta­da”.
[9]El Con­se­jo para la Tran­si­ción Demo­crá­ti­ca en Cuba pro­po­ne «50 actua­cio­nes urgen­tes»”.
[10] L. Tro­tsky, “Enco­re une fois: l’Urss et sa défen­se”, 4 novem­bre 1937, Qua­triè­me Inter­na­tio­na­le, n. spe­cia­le, giu­gno 1938, pp. 86‑87.
[11] Quest’opinione è arti­co­la­ta nel testo “La izquier­da no ofi­cial cuba­na ante el 20 de noviem­bre: opcio­nes y dile­mas”, il cui tito­lo fa rife­ri­men­to alla data del 20 per­ché era quel­la ori­gi­na­ria­men­te scel­ta per lo svol­gi­men­to del­la mar­cia dai suoi orga­niz­za­to­ri, i qua­li l’hanno poi anti­ci­pa­ta al 15.
[12] L. Tro­tsky, “Un État non ouvrier et non bour­geois?”, Œuvres, vol. 15, Insti­tut León Tro­tsky, 1983, p. 305.
[13] L. Tro­tsky, Il pro­gram­ma di tran­si­zio­ne, Mas­sa­ri edi­to­re, 2008, p. 118.
[14] L. Tro­tsky, La rivo­lu­zio­ne tra­di­ta, A.C. Edi­to­ria­le, 2000, p. 298.