Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Politica internazionale: America Latina

Brasile: la necessità del fronte unico nella fase che viene

 

Brasile: la necessità del fronte unico nella fase che viene

L’avventurismo met­te a rischio la rea­zio­ne del­la clas­se lavoratrice

Vale­rio Torre [*]

 

Lenin era soli­to dire che i fat­ti han­no la testa dura. Ci per­met­tia­mo di aggiun­ge­re che i fat­ti del­la lot­ta di clas­se ce l’han­no ancor più dura: sicu­ra­men­te più di quel­la degli ingua­ri­bi­li set­ta­ri che pen­sa­no di pie­gar­li alla loro visio­ne fran­tu­man­do­li a testa­te. Ma la testa di quei set­ta­ri è di bur­ro rispet­to alla lot­ta di clas­se: sic­ché, a pen­sa­re di affron­tar­la in quel modo c’è il serio rischio di rom­per­se­la, la testa.
È il caso del Pstu bra­si­lia­no e del­la ten­den­za inter­na­zio­na­le di cui esso fa par­te, la Lit.
Quan­do, dopo l’impeachment che nel 2016 ha estro­mes­so Dil­ma Rous­seff dal­la pre­si­den­za del Bra­si­le, ven­ne­ro con­vo­ca­te mani­fe­sta­zio­ni di mas­sa nel­le più gran­di cit­tà del Pae­se per pro­te­sta­re con­tro l’elezione di Michel Temer (il pre­si­den­te che l’aveva ille­git­ti­ma­men­te sosti­tui­ta), il Pstu per gior­ni e gior­ni si è rifiu­ta­to di pren­der­vi par­te soste­nen­do – anche con­tro l’evidenza – che le mobi­li­ta­zio­ni non era­no per il “Fora Temer!” (“Cac­cia­mo Temer!”), ma per il “Vol­ta Dil­ma!” (“Rein­te­gria­mo Dil­ma!”): per cui, con l’argomento che i rivo­lu­zio­na­ri non pote­va­no soste­ne­re – sia pure indi­ret­ta­men­te – un gover­no bor­ghe­se di col­la­bo­ra­zio­ne di clas­se come quel­lo di Rous­seff, i mili­tan­ti del Pstu sono rima­sti a casa pro­prio men­tre il 4 set­tem­bre scor­so 100.000 mani­fe­stan­ti inva­de­va­no l’Avenida Pau­li­sta (la più gran­de arte­ria di San Pao­lo) per pro­te­sta­re con­tro un gover­no ille­git­ti­mo. Sicu­ra­men­te un bel modo per sta­re nel­le mas­se e dispu­tar­ne la direzione!
Tut­ta­via, dopo alcu­ni gior­ni di assen­za dal­le mani­fe­sta­zio­ni, aven­do com­pre­so di esse­re rima­sto alla coda del movi­men­to di pro­te­sta – anzi, di esser­se­ne volon­ta­ria­men­te tenu­to fuo­ri! – improv­vi­sa­men­te e sen­za alcu­na auto­cri­ti­ca, sot­to la spin­ta del­la sua base gio­va­ni­le il Pstu deci­de­va di par­te­ci­pa­re alle mobi­li­ta­zio­ni che anco­ra inva­de­va­no le strade.

Il pos­si­bi­le arre­sto di Lula: pal­co­sce­ni­co per un’altra giravolta
“Meglio tar­di che mai!”, potreb­be dire qual­cu­no. Cer­to: ma dal momen­to che dire la veri­tà è sem­pre rivo­lu­zio­na­rio, ancor meglio sareb­be sta­to che il Pstu aves­se chie­sto scu­sa alle mas­se (e ai pro­pri mili­tan­ti), ammet­ten­do aper­ta­men­te il pro­prio gros­so­la­no erro­re. Ma tant’è: sarà pure rivo­lu­zio­na­rio dire la veri­tà, però è anche tan­to dolo­ro­so per l’amor pro­prio feri­to di chi si cre­de un infal­li­bi­le diri­gen­te rivo­lu­zio­na­rio. Dimo­stra­re umil­tà non è da tutti.
E infat­ti, poche set­ti­ma­ne dopo il Pstu ci è rica­sca­to. Eduar­do Almei­da, prin­ci­pa­le diri­gen­te del par­ti­to e mem­bro del Segre­ta­ria­to inter­na­zio­na­le del­la Lit fir­ma­va un arti­co­lo, pub­bli­ca­to con gran­de risal­to sul­le pagi­ne web del Pstu e del­la Lit stes­sa, in cui, facen­do incre­di­bil­men­te fron­te uni­co con gli appa­ra­ti repres­si­vi del­lo Sta­to, riven­di­ca­va aper­ta­men­te e con for­za l’arresto di Lula, che frat­tan­to era sta­to inda­ga­to dal­la magi­stra­tu­ra bor­ghe­se nell’ambito di un’inchiesta per un colos­sa­le feno­me­no di cor­ru­zio­ne che anco­ra men­tre scri­via­mo sta coin­vol­gen­do tra­sver­sal­men­te deci­ne e deci­ne di per­so­nag­gi poli­ti­ci bra­si­lia­ni di pri­mo pia­no. Il testo non lascia­va dub­bi all’interpretazione: «Noi difen­dia­mo la pri­gio­ne e l’esproprio dei beni di tut­ti i cor­rot­ti. E que­sto signi­fi­ca pre­ten­de­re la pri­gio­ne per Lula […] Ave­re una poli­ti­ca dif­fe­ren­te ci ren­de­reb­be com­pli­ci di Lula, e inde­bo­li­reb­be com­ple­ta­men­te anche la lot­ta con­tro la cor­ru­zio­ne» (il gras­set­to è nostro).
Più che il pro­gram­ma di un par­ti­to rivo­lu­zio­na­rio, sem­bra quel­lo del nostra­no Movi­men­to 5 Stel­le; anzi qui sem­bra dav­ve­ro di ascol­ta­re le qua­lun­qui­sti­che dichia­ra­zio­ni giu­sti­zia­li­ste di un Di Maio o un Di Bat­ti­sta. E infat­ti, il testo di Eduar­do Almei­da – ogget­ti­va­men­te non ricon­du­ci­bi­le ai prin­ci­pi del tro­tski­smo, cui pure egli si richia­ma – susci­tò tan­to scan­da­lo nel­la sini­stra rivo­lu­zio­na­ria bra­si­lia­na da indur­re il Pstu e la Lit a riti­rar­lo pre­ci­pi­to­sa­men­te dai rispet­ti­vi siti sosti­tuen­do­lo con un altro, mol­to più “mor­bi­do”, di Mariu­cha Fon­ta­na, in cui la riven­di­ca­zio­ne dell’arresto di Lula miste­rio­sa­men­te spa­ri­va[1]. Miste­rio­sa­men­te ma, come nel caso del­la man­ca­ta par­te­ci­pa­zio­ne alle azio­ni di pro­te­sta con­tro Temer, sen­za nes­su­na giu­sti­fi­ca­zio­ne, né alcu­na one­sta autocritica.

Rivo­lu­zio­ne subito!
Evi­den­te­men­te, alla pove­ra Mariu­cha Fon­ta­na deve esse­re sta­to attri­bui­to un par­ti­co­la­re com­pi­to nel suo ruo­lo di mem­bro del­la dire­zio­ne del Pstu: quel­lo di tap­pa­bu­chi di tut­te le scioc­chez­ze che cicli­ca­men­te il suo par­ti­to produce.
È infat­ti dal­lo scor­so mese di set­tem­bre che il Pstu sta agi­tan­do la paro­la d’ordine “Fora Temer! Fora todos eles!” (“Cac­cia­mo Temer! Cac­cia­mo­li tut­ti!”, pal­li­da eco del “Que se vayan todos!” che risuo­na­va duran­te la cri­si rivo­lu­zio­na­ria nell’Argentina del 2001), con­tra­stan­do con vee­men­za ver­ba­le tut­te quel­le orga­niz­za­zio­ni del­la sini­stra bra­si­lia­na che, per il solo fat­to di riven­di­ca­re nuo­ve ele­zio­ni, o ele­zio­ni per un’Assemblea costi­tuen­te, ven­go­no spre­gia­ti­va­men­te qua­li­fi­ca­te come “vago­ne di coda del luli­smo”. Il Pstu, inve­ce, ha dal pri­mo momen­to respin­to que­ste paro­le d’ordine pro­spet­tan­do l’attualità e l’immediatezza di una rivo­lu­zio­ne socia­li­sta in Bra­si­le. Infat­ti, se le paro­le han­no un sen­so, “Cac­cia­mo­li tut­ti!” è uno slo­gan che non può ave­re altro signi­fi­ca­to se non quel­lo del rove­scia­men­to dell’intero siste­ma bor­ghe­se per sosti­tuir­ne le clas­si gover­nan­ti oggi al pote­re con un gover­no dei lavo­ra­to­ri nel qua­dro di un regi­me diver­so, cioè socialista.
Sui siti del Pstu e del­la Lit pos­sia­mo tro­va­re innu­me­re­vo­li esem­pi di que­sta politica:

«La lot­ta con­tro il gover­no Temer e i suoi prov­ve­di­men­ti deve ubi­car­si nel­la pro­spet­ti­va di una stra­te­gia mol­to più offen­si­va: la pre­sa del pote­re da par­te dei lavo­ra­to­ri e del­le mas­se. Cioè, non solo la scon­fit­ta del gover­no Temer, ben­sì quel­la dell’insieme di que­sto regi­me cor­rot­to e putri­do al ser­vi­zio del capi­ta­li­smo, per instal­la­re un nuo­vo regi­me (sul­la base di isti­tu­zio­ni com­ple­ta­men­te diver­se) e ini­zia­re la costru­zio­ne di un nuo­vo tipo di Sta­to, al ser­vi­zio dei lavo­ra­to­ri e del­le mas­se»[2];

oppu­re, ancora:

«Il PT sostie­ne che cam­bie­re­mo il Pae­se con le ele­zio­ni, rifor­man­do il capi­ta­li­smo […]. Il PSOL dice di col­lo­car­si alla sini­stra del PT, ma non pro­po­ne un pro­get­to socia­li­sta. Pro­po­ne, con le ele­zio­ni, di garan­ti­re più demo­cra­zia nel capi­ta­li­smo […]. Ci sono altri set­to­ri che dico­no che il socia­li­smo oggi è impos­si­bi­le, per­ché la coscien­za del­la clas­se lavo­ra­tri­ce è mol­to arre­tra­ta e non ci sareb­be­ro le con­di­zio­ni per supe­ra­re que­sto ritar­do […]. A 100 anni dal­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa, il com­pi­to di ogni atti­vi­sta e del­la clas­se ope­ra­ia è pre­pa­ra­re, discu­te­re e lot­ta­re per un pro­get­to rivo­lu­zio­na­rio e socia­li­sta: per una rivo­lu­zio­ne socia­li­sta in Bra­si­le»[3];

o, infi­ne:

«Basta capi­ta­li­smo, sfrut­ta­men­to, mise­ria e disoc­cu­pa­zio­ne. Basta gover­ni di allean­ze con la bor­ghe­sia per gesti­re il capi­ta­li­smo. Voglia­mo gli ope­rai e il popo­lo pove­ro al pote­re, con gover­ni basa­ti su con­si­gli popo­la­ri, e non que­sta fal­sa demo­cra­zia dei ric­chi e dei suoi par­la­men­ti cor­rot­ti for­gia­ti in ele­zio­ni con­trol­la­te dal pote­re eco­no­mi­co»[4].

Potreb­be sem­bra­re solo la decli­na­zio­ne di una pro­pa­gan­da rivo­lu­zio­na­ria, e sareb­be buo­na cosa. Inve­ce, a leg­ge­re più atten­ta­men­te, la poli­ti­ca del Pstu/Lit non è impron­ta­ta alla pro­pa­gan­da, ben­sì all’azione: “rivo­lu­zio­ne subi­to!”. E guai a colo­ro che par­la­no di ele­zio­ni o di Assem­blea costi­tuen­te: ven­go­no subi­to bol­la­ti come la peg­gior spe­cie di riformisti.
Elo­quen­te, in tal sen­so, l’articolo di Ale­jan­dro Itur­be, “Qual è la poli­ti­ca cor­ret­ta per l’attuale situa­zio­ne in Bra­si­le?”. Nel­la sua foga pole­mi­ca con­tro le orga­niz­za­zio­ni che avan­za­no que­sta pro­po­sta, il teo­ri­co del­la Lit tuo­na: «La paro­la d’ordine dell’Assemblea costi­tuen­te … chiu­de di nuo­vo que­sto pro­ces­so di lot­ta nel “recin­to” e nel­la trap­po­la del­la demo­cra­zia bor­ghe­se (il voto uni­ver­sa­le). Rove­scia­mo il gover­no Temer con la lot­ta, e pure il cor­rot­to par­la­men­to, e poi […] dicia­mo ai lavo­ra­to­ri che non deb­bo­no pren­de­re il pote­re attra­ver­so i loro orga­ni­smi […] ma che si trat­ta di con­vo­ca­re un’Assemblea costi­tuen­te per … vota­re un orga­ni­smo bor­ghe­se. […] Per­ciò, la pro­po­sta di Assem­blea costi­tuen­te […] fini­sce per costi­tui­re […] un’altra capi­to­la­zio­ne di que­ste cor­ren­ti alla demo­cra­zia borghese».
E allo­ra, la poli­ti­ca cor­ret­ta è sol­tan­to “rivo­lu­zio­ne subi­to!”, per­ché die­tro que­gli “incal­li­ti rifor­mi­sti” «c’è una stra­te­gia elet­to­ra­le», che va com­bat­tu­ta «per­ché le ele­zio­ni sono con­trol­la­te dal­la bor­ghe­sia»[5]. Del resto, come ave­va solen­ne­men­te annun­cia­to Itur­be nel già richia­ma­to arti­co­lo, non è il momen­to di pen­sa­re alle urne, per­ché «i lavo­ra­to­ri e le mas­se stan­no rapi­da­men­te rom­pen­do col regi­me democratico‑borghese».

Con­tror­di­ne, com­pa­gni: al voto!
Per­ciò, a leg­ge­re que­ste toni­truan­ti dichia­ra­zio­ni, ci si aspet­te­reb­be di assi­ste­re alla sce­na del Pstu/Lit lan­cia­to alla pre­sa del Pala­cio do Pla­nál­to[6].
E inve­ce acca­de che alla “tap­pa­bu­chi” Mariu­cha Fon­ta­na ven­ga affi­da­to un arti­co­lo per copri­re un’altra gira­vol­ta del suo par­ti­to. Dall’oggi, la rivo­lu­zio­ne vie­ne rin­via­ta a un doma­ni miglio­re. Ora non è più il momen­to di fare la rivo­lu­zio­ne, ma del­le ele­zio­ni gene­ra­li! «L’unica solu­zio­ne per il Bra­si­le non ver­rà dal­le ele­zio­ni con­trol­la­te dai padro­ni. […] Tut­ta­via, di fron­te al ten­ta­ti­vo del par­la­men­to di eleg­ge­re in manie­ra indi­ret­ta un nuo­vo pre­si­den­te […] e del­la man­can­za di un’alternativa di pote­re orga­niz­za­ta, pro­po­nia­mo le ele­zio­ni gene­ra­li. Il popo­lo ha dirit­to di sce­glie­re […] l’85% pre­fe­ri­sce le ele­zio­ni anti­ci­pa­te» (il gras­set­to è nostro).
Ma come? Il pove­ro Itur­be ha dovu­to dare fon­do a tut­ta la sua capa­ci­tà dia­let­ti­ca per met­te­re all’indice quei rifor­mi­sti e oppor­tu­ni­sti che chie­de­va­no di tor­na­re al voto; fiu­mi di inchio­stro sono sta­ti ver­sa­ti per dire che la rivo­lu­zio­ne era alle por­te[7], tan­to da indur­re qual­che inge­nuo a soste­ne­re l’attualità di una «pos­si­bi­li­tà con­cre­ta di svi­lup­pi radi­ca­li, che met­ta­no in discus­sio­ne non solo Temer ma il domi­nio capi­ta­li­sta del Pae­se» (il gras­set­to è nostro)[8], e qual­che impres­sio­ni­sta ad affer­ma­re che il pur gran­de e par­te­ci­pa­to scio­pe­ro gene­ra­le del 28 apri­le scor­so avreb­be subi­to aper­to «la stra­da a un gover­no ope­ra­io basa­to sui comi­ta­ti popo­la­ri»[9] (cioè, i soviet); e poi, come se nul­la fos­se, ecco che l’attualità del­la rivo­lu­zio­ne non è più così con­cre­ta, la “alter­na­ti­va di pote­re” è tutt’altro che pron­ta e orga­niz­za­ta, i soviet non sono più ad ogni ango­lo di stra­da! E anche in que­sto caso, sen­za il mini­mo di auto­cri­ti­ca[10].

Le con­di­zio­ni di una cri­si rivoluzionaria
Il fat­to è che col volon­ta­ri­smo non si costrui­sco­no le con­di­zio­ni sog­get­ti­ve che deb­bo­no ricor­re­re in un pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio. “Sogna­re” l’esistenza dei soviet non signi­fi­ca affat­to che essi esi­sta­no dav­ve­ro – nean­che in for­ma embrio­na­le – e si con­trap­pon­ga­no al pote­re del­la bor­ghe­sia come dop­pio pote­re. Ipo­tiz­za­re l’attualità e la con­cre­tez­za di una cri­si rivo­lu­zio­na­ria sen­za aver dap­pri­ma gua­da­gna­to la stra­gran­de mag­gio­ran­za del­la clas­se lavo­ra­tri­ce alla con­sa­pe­vo­lez­za del­la neces­si­tà di rove­scia­re il siste­ma esi­sten­te con­du­ce solo all’illusione (e poi alla delu­sio­ne) dell’avan­guar­dia che è fino­ra sce­sa in piaz­za a insce­na­re sì gran­di mani­fe­sta­zio­ni, ma non cer­to dal carat­te­re insur­re­zio­na­le. Non spez­za­re, con un capil­la­re lavo­ro all’interno del­le for­ze arma­te, la loro cate­na di coman­do, gua­da­gnan­do alla cau­sa del­la rivo­lu­zio­ne una par­te rile­van­te del­le trup­pe di bas­so ran­go, signi­fi­ca esse­re vel­lei­ta­ri. Così come non por­re sot­to la dire­zio­ne del movi­men­to ope­ra­io impor­tan­ti set­to­ri di pic­co­la e pic­co­lis­si­ma bor­ghe­sia strap­pan­do­li all’influenza di quel­la media e gran­de signi­fi­ca non dota­re il movi­men­to di mas­sa del­la for­za d’urto neces­sa­ria per lo scon­tro di classe.

Dopo aver pre­di­ca­to per mesi che la rivo­lu­zio­ne era pros­si­ma sen­za che in real­tà fos­se­ro matu­re tut­te le con­di­zio­ni sog­get­ti­ve che abbia­mo sino­ra som­ma­ria­men­te elen­ca­to (ma anche quel­le ogget­ti­ve sono tutt’altro che pre­sen­ti), il Pstu/Lit si è magi­ca­men­te accor­to che «l’85% pre­fe­ri­sce le ele­zio­ni anti­ci­pa­te»[11]: in altri ter­mi­ni, che la stra­gran­de mag­gio­ran­za del­la clas­se ope­ra­ia subi­sce anco­ra l’influsso del­la demo­cra­zia bor­ghe­se e ripo­ne fidu­cia nel­le sue isti­tu­zio­ni. Ecco per­ché ha dovu­to pre­ci­pi­to­sa­men­te cor­reg­ge­re il tiro, vani­fi­can­do tut­ti gli sfor­zi fat­ti dai suoi teo­ri­ci per mostra­re l’esistenza di una real­tà che, inve­ce, non esi­ste anco­ra e che va piut­to­sto aiu­ta­ta ad emer­ge­re: cer­ta­men­te, decli­nan­do a livel­lo di pro­pa­gan­da il pro­gram­ma dei rivo­lu­zio­na­ri, ma tro­van­do le giu­ste paro­le d’ordine che ser­va­no a far fare alle mas­se la pro­pria espe­rien­za con le isti­tu­zio­ni bor­ghe­si e, con­tem­po­ra­nea­men­te, a far matu­ra­re in loro, con una pazien­te ope­ra di spie­ga­zio­ne, la coscien­za dell’insufficienza di quel­le isti­tu­zio­ni per un rea­le cambiamento.
Pen­sia­mo, con tut­ta l’approssimazione che deri­va dal non esse­re coin­vol­ti diret­ta­men­te nel pro­ces­so in atto, ma sul­la base del­le espe­rien­ze che ci ven­go­no dal­le ana­li­si dei com­pa­gni che sono pro­fon­da­men­te immer­si nell’attuale real­tà bra­si­lia­na, che la paro­la d’ordine dell’Assemblea costi­tuen­te – nel qua­dro del più gene­ra­le pro­gram­ma socia­li­sta – sia la più adat­ta allo sco­po in que­sto momento.

La paro­la d’ordine dell’Assemblea costituente
Pare del tut­to super­fluo ricor­da­re che per tut­to il 1917, in una situa­zio­ne vera­men­te rivo­lu­zio­na­ria (e non cer­to come quel­la che vive oggi il Bra­si­le: ma su que­sto tor­ne­re­mo in segui­to) i bol­sce­vi­chi agi­ta­ro­no costan­te­men­te la paro­la d’ordine dell’Assemblea costi­tuen­te (mai iso­lan­do­la, però, dal con­te­sto del pote­re sovie­ti­co) e che que­sta fu una del­le ragio­ni per cui otten­ne­ro l’appoggio del­le mas­se e pre­se­ro il potere.
Ma la riven­di­ca­zio­ne dell’Assemblea costi­tuen­te costi­tui­sce una colon­na por­tan­te di tut­to il pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio rus­so, a par­ti­re dal Mani­fe­sto che il pope Gapon lan­ciò all’indomani del­la tra­gi­ca “dome­ni­ca di san­gue” del 1905, pas­san­do per l’appello fir­ma­to dal soviet di Pie­tro­gra­do il 27 feb­bra­io 1917[12]; per l’ordine del gior­no appro­va­to dal Con­gres­so pan­rus­so dei Soviet del 3 giu­gno 1917; per un ana­lo­go ordi­ne del gior­no appro­va­to dal più gran­de grup­po bol­sce­vi­co allo­ra esi­sten­te, nel quar­tie­re ope­ra­io di Vyborg; fino al discor­so tenu­to il 20 otto­bre 1917 da Tro­tsky dinan­zi al pre­par­la­men­to[13] e per­si­no dopo la pre­sa del pote­re, col Decre­to sul­la for­ma­zio­ne del gover­no ope­ra­io e con­ta­di­no[14]. Lenin, nel­le sue famo­se Tesi di apri­le, riven­di­ca­va «la più sol­le­ci­ta con­vo­ca­zio­ne dell’Assemblea costi­tuen­te»[15].
Ma ci pia­ce anche far ricor­so a una, sep­pur lun­ga, cita­zio­ne di uno scrit­to non mol­to noto di Trotsky:

«Il pro­le­ta­ria­to … non deve sol­tan­to chia­ma­re alla rivo­lu­zio­ne, ma deve anda­re egli stes­so ver­so la rivoluzione.
Anda­re ver­so la rivo­lu­zio­ne non signi­fi­ca pre­pa­rar­si alla rivol­ta arma­ta in un gior­no stabilito.
Per la rivo­lu­zio­ne non si può sta­bi­li­re il gior­no e l’ora, come per una mani­fe­sta­zio­ne. Il popo­lo non ha anco­ra mai fat­to la rivo­lu­zio­ne a comando.
Ciò che si può fare in vista di un avve­ni­men­to ine­vi­ta­bi­le è sce­glie­re le posi­zio­ni più ido­nee, arma­re le mas­se di paro­le d’ordine rivoluzionarie […].
Allo­ra que­sta è sol­tan­to un’esercitazione del­le pro­prie for­ze, e non lo scon­tro deci­si­vo con le for­ze del nemi­co, sol­tan­to mano­vre e non la rivoluzione?
Sì, sol­tan­to mano­vre. Ma dif­fe­ren­ti dal­le mano­vre di guer­ra, in quan­to in ogni momen­to e indi­pen­den­te­men­te dal­la nostra volon­tà pos­so­no tra­sfor­mar­si in un vero e pro­prio combattimento […].
In qua­le momen­to avver­rà la tra­sfor­ma­zio­ne da mano­vre in com­bat­ti­men­to, dipen­de­rà dal­la quan­ti­tà e dall’unità rivo­lu­zio­na­ria del­le mas­se che scen­de­ran­no in stra­da, dal­la con­den­sa­zio­ne di quell’atmosfera di sim­pa­tia e con­sen­so gene­ra­le che la mas­sa ispi­ra, e dall’atteggiamento dei mili­ta­ri man­da­ti dal gover­no con­tro il popolo. […]
[…] le fab­bri­che devo­no esse­re il nostro pun­to di par­ten­za, data la com­po­si­zio­ne dei nostri prin­ci­pa­li cor­pi rivo­lu­zio­na­ri. Ciò signi­fi­ca che ogni seria mani­fe­sta­zio­ne […] deve pren­de­re le mos­se da uno scio­pe­ro poli­ti­co di mas­sa. […]
È chia­ro che uno scio­pe­ro poli­ti­co di mas­sa a carat­te­re nazio­na­le deve ave­re una comu­ne paro­la d’ordine. Que­sto non vuol dire che non si pos­sa­no affac­cia­re riven­di­ca­zio­ni loca­li e par­ti­co­la­ri […]. Ma tut­te le richie­ste set­to­ria­li, andan­do a coin­ci­de­re nel­lo scio­pe­ro gene­ra­le, deb­bo­no armar­si di una paro­la d’ordine uni­ta­ria: la ces­sa­zio­ne del­la guer­ra e la con­vo­ca­zio­ne dell’Assemblea costi­tuen­te nazio­na­le. Tut­ti i pre­te­sti devo­no esse­re buo­ni per istil­la­re nel­le mas­se l’idea dell’Assemblea costi­tuen­te nazio­na­le. […] In cit­tà non deve resta­re nes­su­no che non sap­pia che la sua richie­sta è l’Assemblea costi­tuen­te nazio­na­le […]».

Con­fi­dia­mo nel­la pazien­za dei nostri let­to­ri nell’aver dovu­to affron­ta­re la lun­ghez­za del­la cita­zio­ne, ma inten­dia­mo ricom­pen­sar­li rive­lan­do­ne la fon­te. Si trat­ta del testo inti­to­la­to “Pro­le­ta­ria­to e rivo­lu­zio­ne”, e fu scrit­to nel novem­bre del 1904 come par­te dell’opuscolo Pri­ma del nove gen­na­io[16]. Ciò che di esso appa­re stu­pe­fa­cen­te è l’acutezza dell’analisi che Tro­tsky fa di una situa­zio­ne che non era anco­ra sfo­cia­ta in un pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio (che, com’è noto, pren­de­rà cor­po poco più di un mese dopo, con la già richia­ma­ta “dome­ni­ca di san­gue” del 9 gen­na­io 1905), ma che era gra­vi­da del­le sue pre­mes­se. Come ebbe a scri­ve­re il cura­to­re di que­sti sag­gi, Mois­saye J. Olgin – che li rac­col­se e li pub­bli­cò in ingle­se nel 1918 in un opu­sco­lo dal tito­lo Our revo­lu­tion – que­sto sag­gio in par­ti­co­la­re sem­bra esse­re sta­to scrit­to dopo la rivo­lu­zio­ne del 1905, e inve­ce appar­ve pri­ma[17].
Sta di fat­to che già allo­ra Tro­tsky lan­ciò la sola paro­la d’ordine che dav­ve­ro potes­se fun­ge­re da ful­cro uni­fi­can­te del­le aspet­ta­ti­ve del pro­le­ta­ria­to indu­stria­le e di quel­lo urba­no, dei con­ta­di­ni, del­le clas­si piccolo‑borghesi e dell’esercito, per un rea­le cam­bia­men­to del­la socie­tà in cui vive­va­no: quel­la dell’Assemblea costi­tuen­te. Con­tra­star­la oggi in Bra­si­le facen­do ricor­so a un argo­men­to che costi­tui­sce un’ovvietà – e cioè che si trat­ta di un mec­ca­ni­smo del­le isti­tu­zio­ni bor­ghe­si – signi­fi­ca esse­re dei veri set­ta­ri: come in pre­ce­den­za segna­la­to, in man­can­za di un’attuale e con­cre­ta alter­na­ti­va di pote­re e di orga­ni­smi popo­la­ri che pos­sa­no riscuo­te­re la fidu­cia del­le mas­se, che mag­gio­ri­ta­ria­men­te la ripon­go­no inve­ce negli orga­ni­smi del­lo Sta­to bor­ghe­se, non ci si può sot­trar­re al com­pi­to di far fare loro quell’esperienza che anco­ra le illu­de con la for­za dell’ideologia domi­nan­te, al con­tem­po spie­gan­do pazien­te­men­te dove con­dur­ran­no quel­le illusioni.

Per una cor­ret­ta ana­li­si del­la real­tà: gol­pe isti­tu­zio­na­le e demo­cra­zia blindata
Ma da dove nasce l’erroneità del­le posi­zio­ni del Pstu/Lit con la con­se­guen­te neces­si­tà di cor­reg­ger­le “in cor­so d’opera” attra­ver­so con­ti­nue gira­vol­te, in una spi­ra­le di coa­zio­ne a ripe­te­re che sem­bra ave­re del patologico?
Cer­ta­men­te, da un’equivocata ana­li­si del­la situa­zio­ne poli­ti­ca che ha por­ta­to alla defe­ne­stra­zio­ne di Dil­ma Rous­seff e del­le sue conseguenze.
Nel­la sma­nia di non appa­ri­re come un difen­so­re del gover­no bor­ghe­se del PT a gui­da Rous­seff, il Pstu ha strom­baz­za­to ai quat­tro ven­ti che la sua sosti­tu­zio­ne con il suo vice, Temer, signi­fi­ca­va “tro­car seis por meia duzia”[18], cioè met­te­re un gover­no bor­ghe­se al posto di un altro[19]. Radi­ca­va la sua con­vin­zio­ne nel fat­to che, appun­to, Temer era il vice­pre­si­den­te del gover­no Dil­ma e che l’esecutivo si basa­va sul­la coa­li­zio­ne fra i rispet­ti­vi par­ti­ti. Per­ciò, l’impeachment con cui la pre­si­den­te era sta­ta depo­sta non era affat­to un gol­pe, come inve­ce rite­ne­va la stra­gran­de mag­gio­ran­za del­le orga­niz­za­zio­ni del­la sini­stra bra­si­lia­na; e pro­te­sta­re con­tro l’impeachment gri­dan­do al gol­pe signi­fi­ca­va – lo abbia­mo det­to all’inizio di que­sto arti­co­lo – soste­ne­re un gover­no bor­ghe­se agen­do come “vago­ne di coda del luli­smo”. Que­sta era la ragio­ne per cui il Pstu non par­te­ci­pa­va alle mani­fe­sta­zio­ni di pro­te­sta con­tro l’appena inse­dia­to Temer.
Eppu­re, quan­do nel 2012 il pre­si­den­te del Para­guay, Fer­nan­do Lugo, fu desti­tui­to in favo­re del suo vice, Fede­ri­co Fran­co, con una mano­vra di impea­ch­ment basa­ta su un voto par­la­men­ta­re (asso­lu­ta­men­te simi­le a ciò che è acca­du­to in Bra­si­le, gli stes­si Pstu e Lit denun­cia­ro­no «il gol­pe bian­co … dis­si­mu­la­to die­tro una fac­cia­ta di lega­li­tà attra­ver­so un “pro­ces­so poli­ti­co” rea­liz­za­to dal par­la­men­to»[20], defi­nen­do­lo un «col­po di Sta­to rea­zio­na­rio, soste­nu­to dal­la destra tra­di­zio­na­le para­gua­ia­na, … con un pro­ces­so poli­ti­co lam­po con­su­ma­to nel par­la­men­to»[21], e anche «un gol­pe con­tro il movi­men­to sin­da­ca­le, con­ta­di­no, popo­la­re e stu­den­te­sco. È un attac­co diret­to alle liber­tà demo­cra­ti­che con­qui­sta­te duran­te decen­ni di lot­te popo­la­ri», sic­ché «il com­pi­to prin­ci­pa­le ora è scon­fig­ge­re il gol­pe rea­zio­na­rio nel­le stra­de, attra­ver­so l’organizzazione e le mobi­li­ta­zio­ni popo­la­ri. La prin­ci­pa­le paro­la d’ordine di tut­to il movi­men­to di mas­sa e del­la sini­stra deve esse­re: Abbas­so il gol­pe par­la­men­ta­re! Abbas­so il gover­no gol­pi­sta di Fran­co!»[22]. Come si vede, a quell’epoca il Pstu/Lit non si face­va scru­po­lo di difen­de­re il pre­si­den­te a capo di un gover­no di fron­te popo­la­re desti­tui­to da una mano­vra di palaz­zo, defi­ni­ta aper­ta­men­te “gol­pe rea­zio­na­rio” ma asso­lu­ta­men­te iden­ti­ca a quel­la bra­si­lia­na di oggi.
Infat­ti, se si raf­fron­ta­no gli arti­co­li e le dichia­ra­zio­ni sul Para­guay del 2012 e sul Bra­si­le del 2016 inver­ten­do nei testi i nomi di Lugo e Fran­co con quel­li di Dil­ma e Temer, non c’è nes­su­na dif­fe­ren­za, e gli arti­co­li sul Para­guay di allo­ra potreb­be­ro tran­quil­la­men­te esse­re posti nel sito del Pstu/Lit rispet­to al Bra­si­le di oggi e viceversa.
A distan­za di quat­tro anni, inve­ce, un’altra gira­vol­ta: non si può par­la­re di gol­pe, nean­che par­la­men­ta­re, per­ché – si leg­ge in deci­ne di testi pub­bli­ca­ti dai teo­ri­ci del­la Lit – non c’è sta­to alcun muta­men­to nel regi­me democratico‑borghese, che è rima­sto intat­to. Sarem­mo in pre­sen­za di un gol­pe – essi aggiun­go­no – solo se vedes­si­mo i sol­da­ti per stra­da e il regi­me fos­se tran­si­ta­to ver­so una dit­ta­tu­ra militare.
Tut­ta­via, come ha acu­ta­men­te dimo­stra­to Alva­ro Bian­chi[23], ben­ché il gol­pe mili­ta­re sia sta­ta la for­ma “tipi­ca” cui abbia­mo assi­sti­to duran­te il XX seco­lo, per la com­pren­sio­ne del­la real­tà odier­na devo­no inve­ce risul­ta­re chiari:

«[…] il pro­ta­go­ni­sta di ciò che vie­ne defi­ni­to “coup d’état, i mez­zi che carat­te­riz­za­no l’azione e i fini per­se­gui­ti. Il sog­get­to del col­po di sta­to moder­no è […] una fra­zio­ne del­la buro­cra­zia sta­ta­le. Il col­po di sta­to non è un gol­pe nel­lo Sta­to o con­tro lo Sta­to. Il suo pro­ta­go­ni­sta si tro­va all’interno del­lo stes­so Sta­to, poten­do esse­re, per­fi­no, lo stes­so gover­nan­te[24]. I mez­zi sono ecce­zio­na­li, cioè, non sono carat­te­ri­sti­ci del fun­zio­na­men­to rego­la­re del­le isti­tu­zio­ni poli­ti­che. Tali mez­zi si carat­te­riz­za­no per l’eccezionalità dei pro­ce­di­men­ti e del­le risor­se mes­se in atto. Il fine è il muta­men­to isti­tu­zio­na­le, una alte­ra­zio­ne radi­ca­le nel­la distri­bu­zio­ne di pote­re fra le isti­tu­zio­ni poli­ti­che, con la sosti­tu­zio­ne o meno dei gover­nan­ti. Sin­te­ti­ca­men­te, col­po di sta­to è un cam­bia­men­to isti­tu­zio­na­le pro­mos­so sot­to la dire­zio­ne di una fra­zio­ne dell’apparato del­lo Sta­to che uti­liz­za a tale sco­po misu­re e risor­se ecce­zio­na­li che non appar­ten­go­no alle rego­le usua­li del gio­co poli­ti­co».

Tra l’altro, non è nep­pu­re vero quan­to sostie­ne il Pstu/Lit, e cioè che il regi­me sareb­be rima­sto iden­ti­co a se stes­so. È uti­le qui ripren­de­re la fecon­da rico­stru­zio­ne ana­li­ti­ca di Feli­pe Demier[25], ricor­ren­do al con­cet­to di “demo­cra­zia blin­da­ta”: vale a dire, quel pro­ces­so che si veri­fi­ca nel qua­dro del­la con­trof­fen­si­va del capi­ta­le sul lavo­ro, che, allo sco­po di inver­ti­re il segno nega­ti­vo dell’economia e con­tra­sta­re la cadu­ta del sag­gio di pro­fit­to, ten­de a ren­de­re i regi­mi democratico‑borghesi immu­ni dal­le riven­di­ca­zio­ni popo­la­ri – o meno recet­ti­vi rispet­to ad esse – sgom­bran­do le isti­tu­zio­ni dagli “ecces­si” di demo­cra­zia in gra­do di para­liz­za­re la “vita­li­tà” dei mer­ca­ti: si ha quin­di un muta­men­to “qua­li­ta­ti­vo” dall’interno dei regi­mi libe­ra­li, ben­ché for­mal­men­te con­ser­vi­no la stes­sa “pel­le”, attra­ver­so una stret­ta sem­pre più auto­ri­ta­ria del­la demo­cra­zia par­la­men­ta­re borghese.
Il caso bra­si­lia­no, per­ciò, con­fer­ma le con­clu­sio­ni di Alva­ro Bian­chi, se ana­liz­za­te alla luce del­la rico­stru­zio­ne di Feli­pe Demier, secon­do il quale:

«gra­zie alla sua demo­cra­zia blin­da­ta, la clas­se domi­nan­te bra­si­lia­na si è vista dispen­sa­ta dal com­pi­to di por­re in esse­re un gol­pe nel regi­me pro­pria­men­te det­to, riu­scen­do a vani­fi­ca­re il suf­fra­gio uni­ver­sa­le di 54,5 milio­ni di bra­si­lia­ni sen­za ricor­re­re a un gol­pe mili­ta­re, bona­par­ti­sta, vio­len­to. […] la demo­cra­zia blin­da­ta bra­si­lia­na […] sem­bra già con­te­ne­re in sé espe­dien­ti di ecce­zio­na­li­tà, i qua­li, una vol­ta mes­si in pra­ti­ca, non signi­fi­ca­no, come pri­ma, la sop­pres­sio­ne del­la stes­sa demo­cra­zia, ma inve­ce la rive­la­zio­ne del­la sua veri­tà recon­di­ta, del­la sua natu­ra essen­zial­men­te anti­de­mo­cra­ti­ca […]. Pre­scin­den­do da un atto di for­za, il gol­pe nel gover­no attua­to gra­zie agli stes­si dispo­si­ti­vi del regi­me ha espres­so, da un cer­to pun­to di vista, la stes­sa for­za del­la demo­cra­zia blin­da­ta».

La fase che vie­ne richie­de un vero fron­te unico
E dun­que, quel­la in cui il Bra­si­le si tro­va non è affat­to una situa­zio­ne “rivo­lu­zio­na­ria” – come il Pstu e la Lit voglio­no dipin­ge­re offren­do una let­tu­ra fidei­sti­ca­men­te accet­ta­ta dai suoi acco­li­ti inter­na­zio­na­li[26] – ma una con­giun­tu­ra in cui un impor­tan­te set­to­re del­la bor­ghe­sia ha “sca­ri­ca­to” il gover­no del PT, rite­nu­to inca­pa­ce di far appro­va­re e appli­ca­re le con­tro­ri­for­me pre­vi­den­zia­le e del lavo­ro e una mano­vra di tagli al bilan­cio, nel gra­do, nell’intensità e nel­la rapi­di­tà che la cri­si eco­no­mi­ca in un Pae­se dal capi­ta­li­smo peri­fe­ri­co e dipen­den­te richie­de­va­no, ed è pas­sa­to all’attacco per impor­re alla clas­se lavo­ra­tri­ce bra­si­lia­na una scon­fit­ta sto­ri­ca. In que­sta situa­zio­ne, però, a fron­te di quell’attacco si è deter­mi­na­ta una pola­riz­za­zio­ne, con una rile­van­te par­te del pro­le­ta­ria­to che si sta ren­den­do pro­ta­go­ni­sta di una note­vo­le resi­sten­za alle mano­vre del governo.
Dopo le gran­di mani­fe­sta­zio­ni e scio­pe­ri dei mesi scor­si, per il 30 giu­gno pros­si­mo è in pro­gram­ma uno scio­pe­ro gene­ra­le che avrà come piat­ta­for­ma la cac­cia­ta di Temer e il No alle con­tro­ri­for­me. Ma i rap­por­ti di for­za non sono anco­ra favo­re­vo­li ai lavo­ra­to­ri, che si tro­va­no con­tro la for­za del gover­no e del set­to­re di clas­se domi­nan­te che uti­liz­za­no la poten­za dei loro appa­ra­ti repres­si­vi; e, dall’altro lato, sono rap­pre­sen­ta­ti da sin­da­ca­ti e for­ze poli­ti­che che non han­no alcu­na inten­zio­ne di giun­ge­re allo scon­tro con la bor­ghe­sia, ma lo “mima­no” sol­tan­to sot­to la spin­ta del­la pro­pria base, e che tut­ta­via godo­no anco­ra di un ampio cre­di­to e del­la fidu­cia del­la mag­gio­ran­za del proletariato.
In que­sta situa­zio­ne, è asso­lu­ta­men­te ste­ri­le agi­ta­re il “pro­gram­ma mas­si­mo” del socia­li­smo, per le ragio­ni che in pre­ce­den­za abbia­mo espo­sto, ma è neces­sa­rio inve­ce uni­fi­ca­re le riven­di­ca­zio­ni socia­li ed eco­no­mi­che con quel­le demo­cra­ti­che, come appun­to l’Assemblea costi­tuen­te; così come, met­ten­do da par­te ogni set­ta­ri­smo, far nasce­re, sep­pu­re nell’autonomia di ogni orga­niz­za­zio­ne, un fron­te uni­co del­le for­ze socia­li­ste e rivo­lu­zio­na­rie, per resi­ste­re agli attac­chi del­la bor­ghe­sia e per incar­na­re un orga­ni­smo di lot­ta che sap­pia decli­na­re quell’intreccio di paro­le d’ordine, non solo per scon­fig­ge­re il gover­no Temer e le sue con­tro­ri­for­me, quan­to per ini­zia­re la lun­ga e dif­fi­ci­le bat­ta­glia per deter­mi­na­re nel­la socie­tà bra­si­lia­na altri rap­por­ti di for­za da cui poi ripar­ti­re per lan­cia­re l’attacco alle clas­si dominanti.


Note

[1] L’articolo era sta­to pub­bli­ca­to sul­la pagi­na in por­to­ghe­se (https://tinyurl.com/yapvpogs) e quel­la in spa­gno­lo (https://tinyurl.com/y9dousnw) del sito del­la Lit, oltre che sul­la pagi­na Face­book dell’autore (https://tinyurl.com/ya8vwgyt), ma è sta­to ovun­que rimos­so. Tut­ta­via, lo si può anco­ra leg­ge­re in ita­lia­no a quest’indirizzo. Quel­lo di Fon­ta­na, inve­ce, è rin­ve­ni­bi­le qui: https://tinyurl.com/y7chvdwf.
[2] “L’impeachment di Dil­ma: ‘Non pian­ge­re per me, Bra­si­le’”, all’indirizzo https://tinyurl.com/zsnqdp6.
[3] “Il Bra­si­le ha biso­gno di una rivo­lu­zio­ne socia­li­sta”, all’indirizzo https://tinyurl.com/ycepjyyn.
[4] “Cac­cia­mo Temer! Cac­cia­mo­li tut­ti! Ope­rai e popo­lo pove­ro al pote­re”, all’indirizzo https://tinyurl.com/ycubveaj.
[5] “È il momen­to di azio­ni uni­ta­rie e di discu­te­re le dif­fe­ren­ze stra­te­gi­che”, all’indirizzo https://tinyurl.com/y72o4fgr.
[6] La sede del­la pre­si­den­za del­la repub­bli­ca, a Brasilia.
[7] V. pre­ce­den­te nota 2.
[8] “2007–2017. A die­ci anni dal­l’i­ni­zio del­la cri­si”, alla pagi­na https://tinyurl.com/yab4kbpe.
[9] “Il Bra­si­le para­liz­za­to dal­lo scio­pe­ro gene­ra­le”, alla pagi­na https://tinyurl.com/y987mvjv.
[10] Gio­va pre­ci­sa­re che, men­tre sta­va­mo ulti­man­do quest’articolo, sul sito del Pstu è sta­to pub­bli­ca­to un testo (“Polê­mi­ca: Os limi­tes das Dire­tas já”, all’indirizzo https://tinyurl.com/y9l5v7rr), nel qua­le vie­ne ulte­rior­men­te appro­fon­di­ta la “svol­ta” in favo­re del­le ele­zio­ni gene­ra­li «nel caso il movi­men­to di mas­sa non avan­zi e non si radi­ca­liz­zi», ma con un’apertura di cre­di­to per­si­no per la paro­la d’ordine del­le sole pre­si­den­zia­li, asse­con­dan­do gli umo­ri del­la mag­gio­ran­za del movi­men­to di massa!
[11] Il che smen­ti­sce cla­mo­ro­sa­men­te l’affermazione di Itur­be richia­ma­ta nel testo, secon­do cui «le mas­se stan­no rapi­da­men­te rom­pen­do col regi­me democratico‑borghese».
[12] «Tut­ti insie­me, con le for­ze riu­ni­te, lot­te­re­mo per otte­ne­re la com­ple­ta distru­zio­ne del vec­chio regi­me e con­vo­ca­re l’Assemblea costi­tuen­te, che dovrà esse­re elet­ta sul­la base del suf­fra­gio uni­ver­sa­le …». L’appello fu pub­bli­ca­to sull’Izve­sti­ja del 28 febbraio.
[13] «La veri­tà è che la bor­ghe­sia […] si pone come obiet­ti­vo la distru­zio­ne dell’Assemblea costi­tuen­te. […] Noi, del­la fra­zio­ne social­de­mo­cra­ti­ca bol­sce­vi­ca, annun­cia­mo di non aver nul­la in comu­ne con que­sto gover­no del tra­di­men­to del popo­lo. […] Noi ci appel­lia­mo al popo­lo. […] Viva l’Assemblea costi­tuen­te!» (J. Reed, Die­ci gior­ni che scon­vol­se­ro il mon­do, Bur, pp. 326‑327.
[14] «Il Con­gres­so dei Soviet dei depu­ta­ti ope­rai, sol­da­ti e con­ta­di­ni di tut­ta la Rus­sia decre­ta di: costi­tui­re per la dire­zio­ne del Pae­se, fino alla con­vo­ca­zio­ne del­la Assem­blea costi­tuen­te, un gover­no prov­vi­so­rio ope­ra­io e con­ta­di­no che si chia­me­rà Con­si­glio dei com­mis­sa­ri del popo­lo» (V.I. Lenin, Ope­re, vol. XXVI, p. 244): il gras­set­to è nostro.
[15] V.I. Lenin, “Sui com­pi­ti del pro­le­ta­ria­to nel­la rivo­lu­zio­ne attua­le”, op. cit., vol. XXIV, p. 15.
[16] L.D. Tro­tsky, Pri­ma del nove gen­na­io, Celuc Libri, pp. 70 e ss.
[17] M.J. Olgin, Intro­duc­tion at “The Pro­le­ta­riat and the Revo­lu­tion”, all’indirizzo web https://tinyurl.com/y8vch4k3.
[18] Let­te­ral­men­te: cam­bia­re sei con una mez­za doz­zi­na. L’italiano pre­ve­de, come espres­sio­ne equi­va­len­te, “se non è zup­pa, è pan bagnato”.
[19] È para­dos­sa­le che un’organizzazione che si richia­ma al tro­tski­smo abbia dimen­ti­ca­to che non tut­ti i gover­ni bor­ghe­si sono ugua­li, che fra quel­li di fron­te popo­la­re (come quel­lo di Dil­ma e, pri­ma, di Lula) e gli altri pura­men­te bor­ghe­si (come quel­lo di Temer) c’è un’importante dif­fe­ren­za qualitativa!
[20] “Gol­pe da direi­ta depõe pre­si­den­te do Para­guai” (http://tinyurl.com/hgrujty).
[21] “Gol­pe de Esta­do no Para­guai: Der­ro­te­mos o gol­pe par­la­men­tar e o gover­no de Fran­co nas ruas!” (http://tinyurl.com/hngsm6r).
[22] “Gol­pe de Esta­do no Para­guai” (http://tinyurl.com/h9wmly5).
[23] “O que é um gol­pe de esta­do?” (https://tinyurl.com/y7d434xx).
[24] Si regi­stra­no, infat­ti, mol­ti casi di c.d. “auto­gol­pe” (NdA).
[25] “Depois do gol­pe: a força e a fra­que­za da demo­cra­cia blin­da­da bra­si­lei­ra” (https://tinyurl.com/y9cb6b59). È uti­le, del­lo stes­so auto­re, leg­ge­re i testi “A demo­cra­cia blin­da­da” (https://tinyurl.com/y8ko264v) e “A for­mação da demo­cra­cia blin­da­da no Bra­sil” (https://tinyurl.com/yb8taprh).
[26] La sezio­ne ita­lia­na del­la Lit, infat­ti, con scar­so sen­so del­le pro­por­zio­ni par­la aper­ta­men­te di «sce­na­ri rivo­lu­zio­na­ri» (https://tinyurl.com/ycrc6cwq).

 

[*] In col­la­bo­ra­zio­ne con Erne­sto Russo