Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Politica internazionale: America Latina

La tattica, la strategia e la prova della realtà

pstu_zemaria_01demaio2006La tattica, la strategia e la prova della realtà

Luis Lei­ria

(dal sito Cor­reio da Cida­da­nia, http://tinyurl.com/zqh6qjr)

23 set­tem­bre 2016

 

La repli­ca al mio arti­co­lo “La Lit, l’impeachment e la lot­ta con­tro Temer”, pub­bli­ca­ta sul sito del­la Lit il 18 set­tem­bre, ha cor­ri­spo­sto alla sfi­da di man­te­ne­re ele­va­to il dibat­ti­to di idee, cen­tran­do­lo nel­le ana­li­si, carat­te­riz­za­zio­ni e poli­ti­che più ade­gua­te per l’intervento del­la sini­stra socia­li­sta nel Bra­si­le di oggi. Non mi atten­de­vo altro dal mio ami­co Ale­jan­dro Itur­be, che anco­ra una vol­ta fir­ma l’articolo “In real­tà, discu­tia­mo sul­la stra­te­gia”.
Se il tono è di discus­sio­ne di idee, la meta­fo­ra usa­ta da Itur­be per descri­ve­re la pole­mi­ca mi sem­bra infe­li­ce: «le pole­mi­che poli­ti­che han­no una dina­mi­ca pro­pria», scri­ve, «simi­le a un com­bat­ti­men­to di pugi­la­to […]: si cer­ca di schi­va­re i col­pi o i pun­ti for­ti dell’avversario e, al con­tem­po, di attac­car­ne le debo­lez­ze».
In tut­ta evi­den­za, se Itur­be ed io aves­si­mo affron­ta­to un match di boxe, il suo obiet­ti­vo – così come il mio – sareb­be sta­to quel­lo del­la vit­to­ria, pre­fe­ri­bil­men­te per k.o. Ma non è que­sta, alme­no da par­te mia, l’intenzione. Ciò che mi ha indot­to a scri­ve­re il pri­mo arti­co­lo non era “vin­ce­re” una qual­si­vo­glia pole­mi­ca, ma, al con­tra­rio, con­tri­bui­re a ricon­dur­re alla ragio­ne un’organizzazione alla qua­le ho dedi­ca­to dicias­set­te anni del­la mia vita e che vedo sull’orlo del precipizio.

Il Pstu ha cam­bia­to posi­zio­ne sen­za voler­lo ammettere
Più spe­ci­fi­ca­men­te, ciò che mi ha por­ta­to a rom­pe­re il silen­zio che ho custo­di­to da tre­di­ci anni rispet­to alla Lit è sta­to il fat­to di vede­re per la pri­ma vol­ta, che io mi ricor­di, il Pstu rifiu­tar­si di appog­gia­re e par­te­ci­pa­re alle mobi­li­ta­zio­ni con­tro il gover­no di tur­no, argo­men­tan­do che que­ste era­no per il ritor­no del gover­no pre­ce­den­te. «Non sia­mo d’accordo e non par­te­ci­pe­re­mo alle mani­fe­sta­zio­ni che difen­do­no un ex gover­no che altro non è sta­to che l’anticamera dell’attuale gover­no del Pmdb, che ha attac­ca­to i lavo­ra­to­ri e pre­pa­ra­to tut­ti gli attac­chi che l’attuale ese­cu­ti­vo sta lan­cian­do», scri­ve­va il Pstu in una nota uffi­cia­le a pro­po­si­to dei cor­tei che, con lo slo­gan “Fora Temer” (“Cac­cia­mo Temer”), veni­va­no svol­gen­do­si quo­ti­dia­na­men­te nel­le prin­ci­pa­li capi­ta­li del Pae­se, con cen­tro a San Paolo.
Col pre­te­sto di con­dan­na­re la repres­sio­ne che si abbat­te­va su que­ste mani­fe­sta­zio­ni, la nota non lascia­va dub­bi cir­ca il rifiu­to del Pstu a par­te­ci­par­vi, accu­san­do­le di esse­re «mani­fe­sta­zio­ni in dife­sa dell’ex pre­si­den­te e con­tro un pre­sun­to gol­pe», e chia­ri­va, sen­za lascia­re spa­zio a dub­bi: «non appog­gia­mo que­ste mani­fe­sta­zio­ni, né cre­dia­mo vi sia sta­to un gol­pe nel Pae­se».
È sta­to que­sto uno dei cen­tri del­la mia pole­mi­ca e, per­ciò, sono sta­to con­ten­to di vede­re che il Pstu ha cam­bia­to opi­nio­ne pas­san­do a par­te­ci­pa­re alle mani­fe­sta­zio­ni. Itur­be con­fer­ma que­sta cir­co­stan­za, ma non rico­no­sce il cam­bia­men­to di posi­zio­ne: «Par­te­ci­pia­mo e soste­nia­mo tut­te que­ste lot­te con­cre­te e lo fac­cia­mo pure in rela­zio­ne a quel­le mani­fe­sta­zio­ni che con­si­de­ria­mo real­men­te all’insegna del “Fora Temer”», scri­ve. Aggiun­gen­do: «Il “Fora Temer” comin­cia ad acqui­si­re peso di mas­sa: il 90% del­la popo­la­zio­ne bra­si­lia­na rifiu­ta il suo gover­no e si comin­cia­no a vede­re le pri­me espres­sio­ni chia­re di que­sta real­tà. È un com­pi­to con­cre­to e pos­si­bi­le nel cor­so del­la real­tà del Pae­se».
Tra le righe si leg­ge la scu­sa: tut­te le mani­fe­sta­zio­ni a cui il Pstu si era rifiu­ta­to di par­te­ci­pa­re non era­no real­men­te per il “Fora Temer”, ma per il “Tor­ni Dil­ma”. Non si com­pren­de tut­ta­via il cri­te­rio. Si vuol for­se dire che la mani­fe­sta­zio­ne dei 100.000 di dome­ni­ca 4 set­tem­bre a San Pao­lo non era “real­men­te” per il “Fora Temer”, ma che quel­la del suc­ces­si­vo gio­ve­dì 8 lo era diven­ta­ta e per­ciò la gio­ven­tù del Pstu ave­va deci­so di par­te­ci­pa­re «alla con­vo­ca­zio­ne del Dce dell’Usp»[1]? E quel­la di dome­ni­ca 11, la pri­ma in cui si è vista la par­te­ci­pa­zio­ne del Pstu al com­ple­to, era deci­sa­men­te per il “Fora Temer”?
Se il cri­te­rio si fon­da­va su quan­to era scrit­to nel volan­ti­no di con­vo­ca­zio­ne di gior­no 4 a San Pao­lo, va det­to che, in real­tà, il tito­lo era “Con­tro il gol­pe”; ma nel­lo stes­so gior­no c’era sta­ta una mani­fe­sta­zio­ne a Rio de Janei­ro il cui volan­ti­no di con­vo­ca­zio­ne por­ta­va il tito­lo “Fora Temer” ma non per que­sto il Pstu vi ha par­te­ci­pa­to. Così come non ha par­te­ci­pa­to alla mani­fe­sta­zio­ne di For­ta­le­za con­vo­ca­ta per il “Fora Temer” il 7 set­tem­bre, né alle mani­fe­sta­zio­ni del Gri­do degli Esclu­si pure con­vo­ca­te con lo stes­so slo­gan il 7 set­tem­bre, né a quel­le di Belo Hori­zon­te del 31 ago­sto, e nep­pu­re alla mani­fe­sta­zio­ne del 29 ago­sto. Que­sti sono solo alcu­ni esempi.
In ogni caso, come ho già scrit­to, deve esse­re salu­ta­to con favo­re il cam­bia­men­to di posi­zio­ne del Pstu, e la sua par­te­ci­pa­zio­ne alle mani­fe­sta­zio­ni costi­tui­sce già un’autocritica di fatto.
È mia opi­nio­ne che que­sto muta­men­to si è veri­fi­ca­to per­ché lo scon­tro con la real­tà era trop­po insop­por­ta­bi­le e indub­bia­men­te mol­ti qua­dri dell’organizzazione han­no rea­gi­to rispet­to al rifiu­to a par­te­ci­pa­re alle mobi­li­ta­zio­ni con­tro il gover­no, fat­to ine­di­to nel­la sto­ria del Pstu. Il cam­bia­men­to dimo­stra che ci sono anco­ra riser­ve di buon sen­so nel par­ti­to. Bene. Se que­sto dibat­ti­to doves­se aver con­tri­bui­to, sia pure in mini­ma par­te, a que­sto muta­men­to, ne sareb­be val­sa la pena e non mi inte­res­sa di aver abbas­sa­to la guar­dia e di aver fat­to sì che Itur­be mi abbia mes­so alle cor­de, visto che è così entu­sia­sta del pugilato.

Discus­sio­ne sul gol­pe: sof­fer­mia­mo­ci su di essa!
Fede­le alla sua visio­ne del­la pole­mi­ca come un incon­tro di boxe, Itur­be mi accu­sa di “schi­va­re” la que­stio­ne, per lui cru­cia­le, di defi­ni­re se ci sia sta­to o meno un “gol­pe”, accu­san­do­mi di man­can­za di serie­tà per non pren­de­re posi­zio­ne rispet­to a que­sta “defi­ni­zio­ne essen­zia­le”. Di fat­to, nel mio arti­co­lo ho det­to che «la pole­mi­ca “golpe‑non gol­pe, gol­pe di palazzo‑manovra par­la­men­ta­re” può esse­re sta­ta impor­tan­te ma già non ha più sen­so». Ma non ho scrit­to ciò per timo­re del­la discus­sio­ne o per una mano­vra tat­ti­ca. In tut­ta one­stà, riten­go che la discus­sio­ne sia supe­ra­ta, e sic­co­me è sta­ta affron­ta­ta in manie­ra vele­no­sa, pre­fe­ri­vo real­men­te non riprenderla.
In veri­tà, la con­si­de­ro per­si­no imba­raz­zan­te. Per­ché chi più ritie­ne che non ci sia sta­to un gol­pe è … lo stes­so Temer, che ha scel­to que­sto tema per il suo pri­mo inter­ven­to nel­la pri­ma riu­nio­ne del suo gover­no subi­to dopo l’impeachment. Il Pstu è sul­la stes­sa lun­ghez­za d’onda non accor­gen­do­si o non inte­res­san­do­si di esse­re in tale compagnia.
Ma visto che la Lit ritie­ne essen­zia­le que­sta defi­ni­zio­ne, affrontiamola.
Per ini­zia­re, sgom­bria­mo il cam­po. È cor­ret­to segna­la­re che il Pt e il PcdB han­no usa­to il tema del gol­pe per ten­ta­re di cana­liz­za­re un appog­gio popo­la­re al gover­no Dil­ma. Per­ciò que­ste orga­niz­za­zio­ni han­no cal­ca­to la mano, defi­nen­do fasci­sti i difen­so­ri dell’impeachment e dis­sot­ter­ran­do a spro­po­si­to lo slo­gan “No pasa­rán” del­la guer­ra civi­le spa­gno­la. In real­tà non c’è sta­to nes­sun gol­pe fasci­sta, né ciò che è acca­du­to con l’impeachment di Dil­ma può esse­re para­go­na­to al gol­pe del 1964, per­ché non c’è sta­to alcun cam­bia­men­to di regi­me e non vivia­mo oggi in una dit­ta­tu­ra militare.
Ciò det­to, inten­do affer­ma­re che cer­ta­men­te c’è sta­to un gol­pe, un gol­pe con altre carat­te­ri­sti­che, ma sicu­ra­men­te un gol­pe. In un arti­co­lo pub­bli­ca­to sul sito Esquerda.net nel­lo scor­so mese di mar­zo, già ave­vo chia­ri­to la mia posi­zio­ne: «La mag­gio­ran­za dei par­ti­ti di destra, il padro­na­to rap­pre­sen­ta­to dal­la poten­te Fie­sp[2], il set­to­re finan­zia­rio, i padro­ni dell’agrobusiness voglio­no di fat­to allon­ta­na­re Dil­ma dal­la pre­si­den­za e il Pt dal gover­no, ma ciò che stan­no pre­pa­ran­do è un “gol­pe costi­tu­zio­na­le” basa­to sull’impeachment del­la pre­si­den­te vota­to dai depu­ta­ti e dai sena­to­ri, quan­tun­que pri­vo di base giu­ri­di­ca, cioè sen­za che vi sia un rea­to di cui Dil­ma Rous­seff pos­sa esse­re rite­nu­ta respon­sa­bi­le». E spie­ga­vo: «Que­sto tipo di gol­pe, che rove­scia il gover­no ma man­tie­ne intat­to il regi­me, è cono­sciu­to come “gol­pe para­gua­ya­no” in ricor­do del­la desti­tu­zio­ne del pre­si­den­te di quel Pae­se, Fer­nan­do Lugo, avve­nu­ta il 22 giu­gno 2012 attra­ver­so una vota­zio­ne del Sena­to, in un processo‑lampo, dura­to poco più di 24 ore».
Nel­lo stes­so arti­co­lo, affer­ma­vo che «non si può resta­re neu­tri dinan­zi all’impeachment. Biso­gna denun­ciar­lo e oppor­si alla far­sa», ma chia­ri­vo che «una cosa è denun­cia­re e oppor­si all’impeachment e un’altra, ben diver­sa, è appog­gia­re que­sto gover­no», per­ché «da quan­do si è inse­dia­ta, Dil­ma Rous­seff ha appli­ca­to una poli­ti­ca oppo­sta a quel­la che ave­va dife­so in cam­pa­gna elet­to­ra­le», per cui il suo gover­no era indifendibile.
Mi ren­do con­to che Itur­be ha ben altro da fare che leg­ge­re quan­to scri­vo in Esquerda.net, sito di noti­zie del Blo­co de Esquer­da del Por­to­gal­lo di cui mi ono­ro esse­re sta­to uno dei fon­da­to­ri e di aver­vi lavo­ra­to per qua­si die­ci anni. Ma non può accu­sar­mi di sfug­gi­re a que­sta discus­sio­ne. Come ho det­to, la mia posi­zio­ne è del 20 mar­zo di quest’anno.
Ciò che ho soste­nu­to all’epoca è lo stes­so che sosten­go oggi: c’è sta­to sicu­ra­men­te un gol­pe rea­zio­na­rio che va denun­cia­to. Un gol­pe par­la­men­ta­re, costi­tu­zio­na­le, di palaz­zo, un gol­pe bian­co, o come voglia­mo chia­mar­lo, ma cer­ta­men­te un gol­pe. Denun­ciar­lo e esse­re con­tro l’impeachment non signi­fi­ca tut­ta­via appog­gia­re il gover­no di Dil­ma, che ha aper­to la stra­da a que­sto stes­so gol­pe met­ten­do in pra­ti­ca una fro­de elet­to­ra­le per aver appli­ca­to, sin dal pri­mo gior­no del suo secon­do gover­no, un pro­gram­ma oppo­sto a quel­lo pro­pa­gan­da­to pri­ma del­le ele­zio­ni e sul qua­le ave­va otte­nu­to 54 milio­ni di voti. Sia pure dif­fe­ren­zian­do­si con evi­den­ti sfu­ma­tu­re, la mag­gio­ran­za del­la sini­stra socia­li­sta si era alli­nea­ta a que­sta posi­zio­ne, e ha fat­to bene.

Ciò che la Lit ha soste­nu­to all’epoca del gol­pe del Paraguay
Oggi, di fron­te all’impeachment, la Lit non ammet­te che sia pos­si­bi­le denun­cia­re un gol­pe sen­za che ciò com­por­ti la dife­sa del gover­no Dil­ma. Ci sono due pos­si­bi­li­tà nel­la sini­stra: il Pstu è in una e il resto del­la sini­stra sta nell’ultimo vago­ne del con­vo­glio trai­na­to dal­la loco­mo­ti­va del­la bor­ghe­sia, i cui pri­mi vago­ni sono del Pt. O, per cita­re un’espressione mol­to usa­ta dal Pstu, colo­ro che riten­go­no che ci sia sta­to un gol­pe – di qual­sia­si tipo – altro non sono che “vedo­ve di Dilma”.
Tut­ta­via, non sem­pre la Lit ha espres­so un ragio­na­men­to così manicheo.
L’11 luglio 2012, il sito del Pstu pub­bli­cò una dichia­ra­zio­ne del­la Lit inti­to­la­ta “Col­po di sta­to in Para­guay: scon­fig­gia­mo il gol­pe par­la­men­ta­re e il gover­no di Fran­co nel­le piaz­ze!”, che così defi­ni­va la sua posi­zio­ne di fron­te alla depo­si­zio­ne del pre­si­den­te Fer­nan­do Lugo attra­ver­so un “giu­di­zio poli­ti­co lam­po mes­so in atto in par­la­men­to”: «la nostra posi­zio­ne è chia­ra e cate­go­ri­ca. Sia­mo asso­lu­ta­men­te con­tro il gol­pe e fac­cia­mo appel­lo al movi­men­to di mas­sa del Para­guay e di tut­ta l’America Lati­na per affron­tar­lo e scon­fig­ger­lo nel­le piaz­ze, con la sua orga­niz­za­zio­ne e mobi­li­ta­zio­ne indi­pen­den­ti».
La dichia­ra­zio­ne soste­ne­va che si trat­ta­va di «un gol­pe con­tro il movi­men­to sin­da­ca­le, con­ta­di­no, popo­la­re e stu­den­te­sco» e di un «attac­co diret­to alle liber­tà demo­cra­ti­che con­qui­sta­te duran­te decen­ni di lot­ta popo­la­re». E aggiun­ge­va con enfa­si: «Sia­mo con­tro il gol­pe per­ché, per noi, è il popo­lo, e solo il popo­lo, che deci­de se un pre­si­den­te deve resta­re o esse­re depo­sto». Quin­di, insi­ste­va: «Que­sto gol­pe attac­ca il dirit­to demo­cra­ti­co basi­la­re del popo­lo sfrut­ta­to: eleg­ge­re i suoi gover­nan­ti».
La dichia­ra­zio­ne, tut­ta­via, segna­la­va: «La nostra oppo­si­zio­ne fron­ta­le al gol­pe, però, non signi­fi­ca in nes­sun modo appog­gio poli­ti­co a tut­to ciò che ha signi­fi­ca­to il gover­no di Lugo. Egli ha pre­pa­ra­to, con la sua poli­ti­ca di con­ci­lia­zio­ne di clas­se, il ter­re­no per il gol­pe».
Più oltre, rispon­den­do a colo­ro che rite­ne­va­no che Lugo era sta­to depo­sto per esser­si scon­tra­to con i pri­vi­le­gi dei ric­chi e dell’imperialismo, la Lit affer­ma­va: «I socia­li­sti rivo­lu­zio­na­ri devo­no esse­re i miglio­ri oppo­si­to­ri del gol­pe. Dob­bia­mo esse­re i cam­pio­ni del­la resi­sten­za con­tro il gover­no gol­pi­sta di Fede­ri­co Fran­co. Ma, al con­tem­po, è neces­sa­rio spie­ga­re pazien­te­men­te che è sta­to lo stes­so Lugo a pre­pa­ra­re il ter­re­no, age­vo­la­re e capi­to­la­re ver­go­gno­sa­men­te al gol­pe del­la destra rea­zio­na­ria».
In tota­le, la dichia­ra­zio­ne usa 43 vol­te la paro­la “gol­pe” e lo defi­ni­sce indif­fe­ren­te­men­te come “gol­pe rea­zio­na­rio”, “gol­pe del­la destra”, “gol­pe parlamentare”.
Un altro testo pre­ce­den­te, fir­ma­to dal­la reda­zio­ne del sito del Pstu, par­la­va di “gol­pe bian­co” e esa­ge­ra­va: «la depo­si­zio­ne di Fer­nan­do Lugo con­fi­gu­ra un clas­si­co col­po di sta­to, simi­le a quel­lo acca­du­to in Hon­du­ras nel 2009» (il gras­set­to è mio). In quest’articolo, il Pstu esi­ge­va dal gover­no Dil­ma «che non rico­no­sces­se e rom­pes­se le rela­zio­ni col gover­no gol­pi­sta».
Infi­ne, una nota del Pt del Para­guay, sezio­ne del­la Lit, affer­ma­va: «Riaf­fer­mia­mo che il par­la­men­to nazio­na­le, un auten­ti­co covo di bri­gan­ti, non rap­pre­sen­ta il popo­lo lavo­ra­to­re e non ha la mini­ma auto­ri­tà poli­ti­ca o mora­le per desti­tui­re una per­so­na desi­gna­ta dal­la mag­gio­ran­za del popo­lo tra­mi­te ele­zio­ni gene­ra­li per eser­ci­ta­re l’incarico di pre­si­den­te del­la repub­bli­ca». E più avan­ti: «Il Pt non rico­no­sce il gover­no di Fede­ri­co Fran­co, ille­ga­le e ille­git­ti­mo per­ché impo­sto da un gol­pe par­la­men­ta­re. È un gover­no nato da una vio­la­zio­ne dei basi­la­ri prin­ci­pi demo­cra­ti­ci».
Mi sem­bra che que­ste cita­zio­ni sia­no più che suf­fi­cien­ti per dimo­stra­re che la Lit del 2012, di fron­te a un impea­ch­ment dal­le enor­mi somi­glian­ze con quel­lo di Dil­ma Rous­seff, ave­va una posi­zio­ne radi­cal­men­te diver­sa da quel­la assun­ta ora in Bra­si­le. Di fat­to, se nel­le cita­zio­ni ripro­dot­te sosti­tuis­si­mo “Fer­nan­do Lugo” con “Dil­ma Rous­seff” e “Fede­ri­co Fran­co” con “Michel Temer”, avrem­mo una posi­zio­ne mol­to simi­le a quel­la che set­to­ri del­la sini­stra socia­li­sta e io stes­so difendiamo.
Non c’è alcun male nel cam­bia­re di opi­nio­ne. Ma la Lit deve una spie­ga­zio­ne a tut­ti colo­ro che sono sta­ti accu­sa­ti di esse­re “vedo­ve di Dil­ma”: nel 2012 la Lit è sta­ta “vedo­va di Lugo”?

Le mani­fe­sta­zio­ni del­la destra sono sta­te “secon­da­rie e ausiliarie”?
Spin­to dal mio arti­co­lo a men­zio­na­re per la pri­ma vol­ta le gran­di mani­fe­sta­zio­ni in favo­re dell’impeachment di Dil­ma, diret­te dal­la destra e for­te­men­te par­te­ci­pa­te dall’estrema destra, Itur­be si limi­ta a dire che «in real­tà, non ho par­la­to di que­ste mobi­li­ta­zio­ni, non per­ché voles­si nascon­der­le, ma per­ché le con­si­de­ro ele­men­ti secon­da­ri e ausi­lia­ri del­la situa­zio­ne. Sono sta­te sì mobi­li­ta­zio­ni del­la clas­se media (come quel­le del Pt). Ma non sono sta­te l’elemento cen­tra­le che ha por­ta­to all’impeachment di Dil­ma».
Si noti che in nes­sun momen­to rico­no­sce che era­no mobi­li­ta­zio­ni del­la destra, con­ce­den­do solo che era­no di clas­se media, ma aggiun­gen­do imme­dia­ta­men­te che lo stes­so acca­de­va con quel­le del Pt.
Fran­ca­men­te, que­sta rispo­sta è stu­pe­fa­cen­te. Con­fes­so che non so che dire. Se le mani­fe­sta­zio­ni per il “Fora Dil­ma” (“Cac­cia­mo Dil­ma”) del 15 mar­zo, 12 apri­le, 16 ago­sto e 13 dicem­bre del 2015 e del 13 mar­zo di quest’anno, che han­no mobi­li­ta­to in piaz­za cen­ti­na­ia di miglia­ia di per­so­ne, sono sta­te “secon­da­rie e ausi­lia­rie” qua­li saran­no mai da Itur­be con­si­de­ra­te “prin­ci­pa­li e pri­ma­rie”? Se la destra, che non ha mai fat­to mobi­li­ta­zio­ni di peso dal­la fine del­la dit­ta­tu­ra, è riu­sci­ta a por­ta­re in piaz­za un ampio set­to­re del­la clas­se media, e per­si­no fran­ge di clas­se lavo­ra­tri­ce, e con­qui­sta­re l’egemonia nel­le stra­de, ciò è “secon­da­rio e ausi­lia­rio”? È pos­si­bi­le fare un’analisi dei rap­por­ti di for­za tra le clas­si sen­za tene­re nel debi­to con­to que­ste mani­fe­sta­zio­ni? Que­sto è mar­xi­smo o fantasia?
Itur­be si limi­ta a riaf­fer­ma­re che «ciò che ha per­mes­so che un par­la­men­to cor­rot­to e scre­di­ta­to allon­ta­nas­se il Pt dal gover­no è sta­to che la base ope­ra­ia ha rot­to con esso, a cau­sa dell’applicazione dei pia­ni di ristrut­tu­ra­zio­ne e del­le con­tro­ri­for­me che ave­va pro­mes­so di non appli­ca­re. Per­ciò la sua base non ha mos­so un dito per difen­der­lo, non per­ché sia sta­ta gua­da­gna­ta al pro­gram­ma del­la destra o da que­sta indot­ta alla pas­si­vi­tà, ma per­ché ha rite­nu­to – e giu­sta­men­te – che non c’era nul­la da difen­de­re».
Ora, non ho mai affer­ma­to che la clas­se lavo­ra­tri­ce era sta­ta gua­da­gna­ta alla destra. Ho scrit­to inve­ce che un impor­tan­te set­to­re di clas­se media lo era sta­to e che la clas­se lavo­ra­tri­ce era rima­sta in atte­sa, il che vuol dire che non si è mos­sa per difen­de­re il gover­no, ma anche che non ha fat­to nul­la per rovesciarlo.

“Cada cava­de­la, sua min­ho­ca” (A ogni col­po di zap­pa, un lombrico)
Itur­be mi attri­bui­sce una serie di opi­nio­ni poli­ti­che che non mi appar­ten­go­no. Mi accu­sa di esse­re un soste­ni­to­re del­la teo­ria del­la “onda con­ser­va­tri­ce” e di rite­ne­re che il pro­ces­so aper­to­si con le mobi­li­ta­zio­ni del giu­gno 2013 si è chiu­so tra­sfor­man­do­si nel suo oppo­sto gra­zie alle mobi­li­ta­zio­ni “verde‑oro” del 2015 e del mar­zo 2016.
Non rie­sce, tut­ta­via, a ripor­ta­re, a fon­da­men­to del­la sua affer­ma­zio­ne, alcu­na cita­zio­ne del mio scrit­to, per la sem­pli­ce ragio­ne che non ne esi­sto­no. Per­tan­to, andia­mo a chia­ri­re, tele­gra­fi­ca­men­te, per­ché non rien­tra nell’ambito di quest’articolo fare un’analisi del giu­gno 2013. È mia opi­nio­ne che il pro­ces­so non si sia affat­to chiu­so. Pro­se­gue, ad esem­pio, nel­le mobi­li­ta­zio­ni degli stu­den­ti medi e nel­le occu­pa­zio­ni di scuo­le che, nel caso di San Pao­lo, sono riu­sci­te a rove­scia­re il segre­ta­rio dell’Istruzione di Alck­min. O nell’esplosione degli inse­gnan­ti del Para­nà. Sareb­be for­se potu­ta esse­re un’espressione poli­ti­ca nuo­va se la sini­stra fos­se riu­sci­ta a con­fron­tar­si con un feno­me­no con mol­ti trat­ti in comu­ne con quel­lo degli Indi­gna­ti del­la Spagna.
Dato che non ho vis­su­to in Bra­si­le in que­sti anni dal 2013 al 2016, pro­ba­bil­men­te mol­te altre mobi­li­ta­zio­ni e feno­me­ni mi sono sfug­gi­ti. Ma c’è una cosa che pos­so affer­ma­re: le mobi­li­ta­zio­ni del­la destra con­tro Dil­ma non fan­no par­te di que­sto pro­ces­so, ma del suo con­tra­rio. Per Itur­be è così o no? Non è chia­ro. Ciò che di nuo­vo sem­bra è che la Lit vede un pro­ces­so dall’unico svi­lup­po fra il 2013, le mobi­li­ta­zio­ni del 2015 e 2016 e l’impeachment di Dilma.
Una nota­zio­ne fina­le su que­sto tema: l’uso che Itur­be fa dei son­dag­gi elet­to­ra­li per le pre­si­den­zia­li del 2018 è abba­stan­za biz­zar­ro. Sostie­ne che i son­dag­gi indi­ca­no che «i can­di­da­ti bor­ghe­si del­la destra otten­go­no cat­ti­vi risul­ta­ti: Aécio Neves il 14% (non andreb­be al secon­do tur­no) e Michel Temer il 5%». E aggiun­ge: «se som­mia­mo gli altri can­di­da­ti mino­ri e l’estrema destra (Jair Bol­so­na­ro col 7%), tut­ti insie­me non rag­giun­go­no il 30%, abba­stan­za al di sot­to del voto tra­di­zio­na­le del­la destra in que­sto Pae­se».
Solo che ha omes­so di cita­re i restan­ti risul­ta­ti: Lula col 22%, Mari­na col 17%, Ciro Gomes con il 5%, Lucia­na Gen­ro col 2%, Ronal­do Caia­do e Eduar­do Jor­ge entram­bi con l’1%. I voti bian­chi o nul­li ammon­te­reb­be­ro al 18% e il 7% degli inter­vi­sta­ti non han­no risposto.
C’è un pro­ver­bio por­to­ghe­se che reci­ta cada cava­de­la, sua min­ho­ca (A ogni col­po di zap­pa, un lom­bri­co), che vuol dire che quan­to più si rime­sta in un tema, tan­te più cose appa­io­no. Per voler dimo­stra­re che la destra tra­di­zio­na­le non ha un buon risul­ta­to, Itur­be “dimen­ti­ca” di cita­re il 22% di Lula. Che fine fa allo­ra la dimo­stra­zio­ne del­la rot­tu­ra del­la clas­se lavo­ra­tri­ce col Pt? Da dove vie­ne que­sto 22%?

Il gover­no Temer è mol­to debole?
L’articolo con cui sto pole­miz­zan­do affer­ma, a dimo­stra­zio­ne fina­le del­la sua visio­ne del pro­ces­so di impea­ch­ment, che il gover­no Temer è mol­to debo­le. «Pos­sia­mo discu­te­re se è ugual­men­te o più debo­le di quel­lo di Dil­ma, ma è chia­ro che non ha rap­pre­sen­ta­to un raf­for­za­men­to del regi­me bor­ghe­se di fron­te alle mas­se», dice Itur­be, che poi mi attri­bui­sce la con­clu­sio­ne “logi­ca” che il gover­no Temer è un gover­no for­te, cosa che non ho mai soste­nu­to, né scritto.
A que­sto pro­po­si­to pos­so solo dire: maga­ri la Lit aves­se ragio­ne! Per­ché nel­la sua fase fina­le Dil­ma già non riu­sci­va più a gover­na­re. Spe­ria­mo che con Temer real­men­te acca­da lo stes­so. Itur­be ha ragio­ne quan­do dice che non c’è un raf­for­za­men­to di fron­te “alle mas­se”, se tra­du­cia­mo la paro­la “mas­se” con “clas­se lavo­ra­tri­ce”. Ma c’è l’altra fac­cia del­la meda­glia. C’è un’alleanza, per il momen­to mol­to soli­da, di tut­ta la bor­ghe­sia intor­no a Temer, nono­stan­te i guai in cui egli si è tro­va­to coin­vol­to all’inizio. I prin­ci­pa­li con­glo­me­ra­ti dell’informazione lo pro­teg­go­no in manie­ra uni­ta­ria. Per di più, Temer non ha aspi­ra­zio­ni elet­to­ra­li per il 2018 (ciò fa par­te dell’accordo con il Psdb che non si candiderà).
Per­ciò la bor­ghe­sia incas­sa da Temer con­tro­ri­for­me legi­sla­ti­ve che Dil­ma non avreb­be avu­to la mini­ma pos­si­bi­li­tà di impor­re. Ma Temer fa oggi affi­da­men­to su una soli­da mag­gio­ran­za par­la­men­ta­re e sem­bra deci­so a far appro­va­re le con­tro­ri­for­me del lavo­ro, del­le pen­sio­ni e la pri­va­tiz­za­zio­ne del­la Petro­bras spezzettata.
D’altro can­to, a par­ti inver­ti­te, la destra è rima­sta sen­za una ban­die­ra per poter scen­de­re in piaz­za. Non è in con­di­zio­ne di con­vo­ca­re una mobi­li­ta­zio­ne di soste­gno a Temer e la paro­la d’ordine del­la lot­ta alla cor­ru­zio­ne si scon­tra con l’intenzione del nuo­vo pre­si­den­te di insab­bia­re e por­re ter­mi­ne all’inchiesta giu­di­zia­ria “Lava Jato”[3] pri­ma che coin­vol­ga il Psdb e il Pmdb.
L’impeachment di Dil­ma ad ope­ra del­la destra all’inizio ha deter­mi­na­to una rela­zio­ne di for­ze più favo­re­vo­le alla bor­ghe­sia. Ma la clas­se lavo­ra­tri­ce e i gio­va­ni non sono sta­ti scon­fit­ti. E anco­ra è in pie­di la Pri­ma­ve­ra fem­mi­ni­sta che ha mes­so radi­ci e può tor­na­re con for­za in qual­sia­si momen­to. Per­ciò, la situa­zio­ne non si è sta­bi­liz­za­ta. Ci sono anco­ra mol­te lot­te a veni­re e il risul­ta­to non è defi­ni­to. Il pro­ble­ma è che se la sini­stra socia­li­sta non costrui­sce un’alternativa al luli­smo tut­to pri­ma o poi pre­ci­pi­te­rà. Ed è qui che entra in gio­co la que­stio­ne del­la stra­te­gia, la più impor­tan­te di tut­te secon­do quan­to scri­ve Iturbe.

Volon­ta­ri­smo inconseguente
L’articolo mi rivol­ge le accu­se che abi­tual­men­te tut­ti i rivo­lu­zio­na­ri riser­va­no ai rifor­mi­sti dai tem­pi di Bern­stein: che per me il socia­li­smo è solo per i gior­ni di festa, per­ché non com­pren­do la dia­let­ti­ca fra la tat­ti­ca e la stra­te­gia, e, peg­gio anco­ra, che non difen­do più nem­me­no l’indipendenza di clas­se, ecc. Rima­ne da sape­re per­ché la Lit spen­da il suo tem­po per pole­miz­za­re con un rin­ne­ga­to che fareb­be arros­si­re di ver­go­gna per­si­no Kau­tsky. Lascia­mo dun­que da par­te que­sto ten­ta­ti­vo di squa­li­fi­car­mi e venia­mo al con­te­nu­to del­la discussione.
Itur­be sa bene che la rivo­lu­zio­ne non si decre­ta, e che, per quan­ta volon­tà e “fede” un par­ti­to abbia nel­la rivo­lu­zio­ne socia­li­sta, essa non dipen­de dal nostro volon­ta­ri­smo: è la clas­se che deve esse­re dispo­sta a fare la rivo­lu­zio­ne o que­sta non si veri­fi­che­rà. E anche nel­le cri­si rivo­lu­zio­na­rie ci sono limi­ti per la cre­sci­ta dei par­ti­ti rivo­lu­zio­na­ri, che dipen­do­no dal­la sua strut­tu­ra di qua­dri. Itur­be sa che la rivo­lu­zio­ne socia­li­sta pre­sup­po­ne una tap­pa di cri­si acu­ta, di gran­di mobi­li­ta­zio­ni di mas­sa, di scio­pe­ri gene­ra­li, occu­pa­zio­ni di fab­bri­che e ter­re. Ma, soprat­tut­to, la rivo­lu­zio­ne non si fa sen­za orga­ni­smi di dop­pio pote­re che pre­fi­gu­ri­no il nuo­vo Sta­to che verrà.
Ebbe­ne: io ho vis­su­to quel­la che pro­ba­bil­men­te è sta­ta l’ultima rivo­lu­zio­ne di carat­te­re socia­li­sta che ha pro­dot­to orga­ni­smi di dop­pio pote­re, la rivo­lu­zio­ne por­to­ghe­se del 1974. Que­sti orga­ni­smi, le com­mis­sio­ni dei lavo­ra­to­ri, dei cit­ta­di­ni, le assem­blee, le com­mis­sio­ni di sol­da­ti nel­le caser­me, di gestio­ne demo­cra­ti­ca o con­si­gli diret­ti­vi nel­le scuo­le non fece­ro la loro appa­ri­zio­ne come pro­dot­to di una poli­ti­ca di par­ti­to, di una volon­tà di un par­ti­to rivo­lu­zio­na­rio; ma per­ché era­no poste neces­si­tà che le mas­se lavo­ra­tri­ci, con­ta­di­ne, gli stu­den­ti e i sol­da­ti vole­va­no risol­ve­re con la loro pro­pria ini­zia­ti­va. L’assenza di dire­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria inges­sò que­sto pro­ces­so che comin­ciò ad esse­re scon­fit­to dal gol­pe del 25 novem­bre del 1975 e fu vin­to defi­ni­ti­va­men­te da ciò che all’epoca defi­nim­mo come “rea­zio­ne democratica”.
Ho vis­su­to que­sto feno­me­no e sono sta­to par­te atti­va di que­sti orga­ni­smi di pote­re. Pur­trop­po, nei pro­ces­si rivo­lu­zio­na­ri a cui ho par­te­ci­pa­to suc­ces­si­va­men­te non si è mai ripe­tu­to que­sto feno­me­no. Così, dire come fa Itur­be nell’articolo “Impea­ch­ment di Dil­ma: non pian­ge­re per me, Bra­si­le” che «la stra­te­gia del­la lot­ta con­tro il gover­no Temer e i suoi prov­ve­di­men­ti si deve inqua­dra­re nel­la pro­spet­ti­va di una stra­te­gia mol­to più offen­si­va: la pre­sa del pote­re da par­te dei lavo­ra­to­ri e del­le mas­se» si risol­ve in una dichia­ra­zio­ne di volon­ta­ri­smo sen­za pra­ti­che con­se­guen­ze, per­ché la pre­sa del pote­re non dipen­de dal­la volon­tà, né dal­la fede.
Itur­be, però, si pro­po­ne di «scon­fig­ge­re non solo Temer, ma anche tut­to il regi­me cor­rot­to» al ser­vi­zio del capi­ta­li­smo, «per inse­dia­re un nuo­vo regi­me» e «ini­zia­re la costru­zio­ne di un nuo­vo tipo di Sta­to» al «ser­vi­zio dei lavo­ra­to­ri e del­le mas­se». Cioè, la costru­zio­ne di uno Sta­to basa­to sugli orga­ni­smi dei lavo­ra­to­ri è già fis­sa­ta per quan­do Temer sarà rove­scia­to. Itur­be cre­de che quest’ipotesi sia sul pun­to di veri­fi­car­si? Temer ha solo due anni di mandato.
Anche se fos­se pos­si­bi­le, occor­re­reb­be svol­ge­re un com­pi­to indif­fe­ri­bi­le per quest’obiettivo: costrui­re lo stru­men­to che pos­sa con­dur­re i lavo­ra­to­ri su que­sta stra­da. Il Pstu, uni­ca orga­niz­za­zio­ne che affer­ma di ave­re una stra­te­gia, si pre­pa­ra a far­lo da solo. Ma, per que­sto, si tro­va a fare i con­ti con un osta­co­lo che, piac­cia o no, per­si­ste: l’influenza di Lula sui lavoratori.

Stra­te­gia socia­li­sta: qua­le posi­zio­ne di fron­te a un even­tua­le arre­sto di Lula?
Come già abbia­mo visto, Itur­be mi accu­sa di non com­pren­de­re la rela­zio­ne dia­let­ti­ca fra tat­ti­ca e stra­te­gia, il che avreb­be come con­se­guen­za che, nel mio caso, “ogni tat­ti­ca vie­ne rite­nu­ta vali­da in sé”. Il Pstu/Lit, al con­tra­rio, si pre­sen­ta come model­lo in que­sta sem­pre dif­fi­ci­le arti­co­la­zio­ne fra la poli­ti­ca quo­ti­dia­na e gli obiet­ti­vi rivo­lu­zio­na­ri. La pro­va del­la real­tà, tut­ta­via, non sem­bra dimo­stra­re quest’abilità.
Si veda il caso più scot­tan­te dopo l’impeachment di Dil­ma, quel­lo dell’accusa e del­la pos­si­bi­li­tà di arre­sto di Lula da par­te del Pro­cu­ra­to­re fede­ra­le. Al momen­to di chiu­de­re quest’articolo, la posi­zio­ne uffi­cia­le del Pstu/Lit è l’articolo di Mariu­cha Fon­ta­na, “Lula, l’Autolavaggio e la clas­se lavo­ra­tri­ce”. E pre­ci­sia­mo bene la data (21 set­tem­bre), per­ché in una set­ti­ma­na il Pstu ha già signi­fi­ca­ti­va­men­te cam­bia­to posi­zio­ne. Nell’articolo più recen­te, la diri­gen­te del Pstu rico­no­sce che quel­li che accu­sa­no Lula di esse­re a capo di un’organizzazione cri­mi­no­sa non pre­sen­ta­no pro­ve, ma solo “con­vin­ci­men­ti”. E aggiun­ge: «A luglio, non c’era base giu­ri­di­ca per l’arresto cau­te­la­re di Lula o l’aggressione ai suoi dirit­ti indi­vi­dua­li. Ciò meri­ta il nostro ripu­dio. Con­ti­nuia­mo a ripu­dia­re qual­sia­si con­dot­ta arbi­tra­ria del­la pro­cu­ra fede­ra­le». Subi­to dopo, attac­ca la tesi dell’imparzialità del pote­re giu­di­zia­rio: «Que­sto ser­ve gli inte­res­si del­le ban­che e del­le gran­di impre­se. E ciò vale per il Supre­mo Tri­bu­na­le fede­ra­le, per il Supre­mo Tri­bu­na­le di giu­sti­zia, per il Tri­bu­na­le Supre­mo del Lavo­ro e per il Pro­cu­ra­to­re fede­ra­le. Vale anche per il giu­di­ce Sér­gio Moro e il pro­cu­ra­to­re Del­tan Del­la­gnol. Basti vede­re che le inda­gi­ni di cor­ru­zio­ne dei “tuca­ni”[4] e dei mem­bri del Pmdb pro­ce­do­no a pas­so di luma­ca».
Così, il Pstu rico­no­sce che l’operazione Auto­la­vag­gio ser­ve gli inte­res­si del­la bor­ghe­sia. Non è chia­ro, tut­ta­via, se, nell’eventualità dell’arresto di Lula in assen­za di pro­ve com’è ades­so (e sono due anni che i pro­cu­ra­to­ri cer­ca­no sen­za suc­ces­so altre pro­ve), il Pstu sarà a favo­re o con­tro la deten­zio­ne e la con­dan­na di Lula, giac­ché le con­si­de­ra una “con­dot­ta arbi­tra­ria” del pote­re giudiziario.
Né è chia­ro per­ché l’articolo di Mariu­cha Fon­ta­na sal­ti dal ter­re­no pena­le a quel­lo poli­ti­co, affer­man­do che i lavo­ra­to­ri non han­no moti­vo di difen­de­re Lula per­ché que­sti ha gira­to loro le spal­le facen­do allean­ze con ban­chie­ri, impren­di­to­ri e padro­ni, ha gover­na­to per le ban­che e le gran­di impre­se, non già per i lavo­ra­to­ri. Per­ciò, Lula, il Pt e le loro cam­pa­gne sono sta­ti finan­zia­ti con dena­ro del­le gran­di impre­se, abban­do­nan­do «l’indipendenza che ogni orga­niz­za­zio­ne dei lavo­ra­to­ri deve ave­re rispet­to ai padro­ni».
E con­clu­de affer­man­do che «i lavo­ra­to­ri deb­bo­no con­ti­nua­re a esi­ge­re l’arresto e la con­fi­sca dei beni di tut­ti i cor­rot­ti e cor­rut­to­ri, sia­no essi del Pt, del Pmdb o del Psdb». L’ultima fra­se è: «I lavo­ra­to­ri non han­no moti­vo per difen­de­re Lula».
Il pro­ble­ma di que­sta posi­zio­ne è che non distin­gue il “pro­ces­so” poli­ti­co di Lula, che deve esse­re con­dot­to (e lo è) dal­la clas­se lavo­ra­tri­ce e ver­rà misu­ra­to dal livel­lo di appog­gio che egli con­ser­va, e il pro­ces­so pena­le pro­pria­men­te det­to. Il pro­ces­so poli­ti­co è in cor­so ed è avan­za­to mol­to con l’esperienza dei gover­ni Dil­ma, in par­ti­co­la­re del secon­do, elet­to sul­la base di una fro­de elet­to­ra­le, dal momen­to che il pro­gram­ma del­la cam­pa­gna elet­to­ra­le è sta­to poi sosti­tui­to con quel­lo del suo avver­sa­rio poli­ti­co. Al con­tem­po, il pro­ces­so pena­le ha subi­to un’accelerazione, poi­ché la pro­cu­ra fede­ra­le ha for­mal­men­te incri­mi­na­to Lula sen­za ave­re aggiun­to altre pro­ve che non fos­se­ro quel­le por­ta­te a luglio scor­so, quan­do, come bene ha scrit­to Mariu­cha Fon­ta­na, «non c’era base giu­ri­di­ca per l’arresto cau­te­la­re di Lula o l’aggressione ai suoi dirit­ti indi­vi­dua­li».
Ora, se i pro­cu­ra­to­ri dell’inchiesta Auto­la­vag­gio, come sem­bra incon­te­sta­bi­le, han­no un’agenda poli­ti­ca al ser­vi­zio del­la clas­se domi­nan­te, aven­do costrui­to un edi­fi­cio gigan­te che giu­ri­di­ca­men­te ha i pie­di d’argilla, non si com­pren­de come il Pstu non difen­de­rà Lula nel caso Ser­gio Moro ne ordi­nas­se l’arresto.
Ciò non impli­ca in alcun modo una dife­sa poli­ti­ca di Lula. Signi­fi­ca l’intransigente dife­sa dei dirit­ti e del­le garan­zie demo­cra­ti­che che, se non sal­va­guar­da­ti oggi, potrem­mo per­de­re doma­ni (e a ragio­ne), se fos­se la sini­stra socia­li­sta ad esse­re sedu­ta sul ban­co degli impu­ta­ti con accu­se infondate.
Quan­to all’analisi secon­do cui la bor­ghe­sia rie­sce ad attac­ca­re Lula solo per­ché la clas­se lavo­ra­tri­ce ha rot­to con lui, mi sem­bra che stia acca­den­do pro­prio il con­tra­rio. La destra sta pro­ces­san­do Lula nel ten­ta­ti­vo di far­lo fuo­ri dal­la cam­pa­gna elet­to­ra­le del 2018, dato che i son­dag­gi lo dan­no come favo­ri­to col 22% del­le inten­zio­ni di voto, cer­ta­men­te la mag­gio­ran­za dei lavo­ra­to­ri. Se Lula aves­se solo il 5% nei son­dag­gi, non ci sareb­be tan­ta pre­oc­cu­pa­zio­ne nel bloc­car­ne il cammino.

Esi­ge­re l’arresto di Lula è una stra­te­gia socialista?
Ma l’articolo di Mariu­cha Fon­ta­na è sta­to pub­bli­ca­to solo il 21 set­tem­bre, due gior­ni dopo che un altro arti­co­lo è sta­to can­cel­la­to, sia dal sito por­to­ghe­se che spa­gno­lo del­la Lit, sia dal­la pagi­na Face­book del suo auto­re. Si trat­ta di un testo fir­ma­to da un altro impor­tan­te diri­gen­te del­la Lit, Eduar­do Almei­da, che anda­va mol­to oltre la posi­zio­ne attua­le (quel­la di Fon­ta­na: Ndt) ed esi­ge­va l’arresto di Lula per cor­ru­zio­ne: «Noi soste­nia­mo che tut­ti i cor­rot­ti deb­bo­no esse­re arre­sta­ti e i loro beni con­fi­sca­ti. E que­sto signi­fi­ca esi­ge­re l’arresto di Lula, non­ché di Aécio e Renan, per il coin­vol­gi­men­to nell’inchiesta Auto­la­vag­gio, di Alck­min per il fur­to nel­le for­ni­tu­re del­le men­se sco­la­sti­che, e così via», affer­ma­va in una vio­len­ta pole­mi­ca con­tro quel­li che defi­ni­va «i nuo­vi soste­ni­to­ri del peti­smo».
L’articolo era sta­to pub­bli­ca­to lo stes­so gior­no del­la disa­stro­sa con­fe­ren­za stam­pa – con tan­to di sli­de di Power­Point – del pro­cu­ra­to­re Del­tan Del­la­gnol , e con­fer­ma­va la sua accu­sa: «Diri­gen­do gran­di sche­mi di cor­ru­zio­ne», affer­ma­va, «i diri­gen­ti peti­sti han­no anche ini­zia­to a trat­te­ne­re per sé una par­te dei fon­di. Il famo­so “tri­plex”[5] e la vil­la di Lula ne fan­no par­te e, dicia­mo, una par­te mini­ma. C’è mol­to di più die­tro».
Così, la Lit ha lan­cia­to l’accusa, ha emes­so la sen­ten­za e ha riven­di­ca­to l’esecuzione del­la pena sen­za pre­oc­cu­par­si dell’esistenza o meno del­le pro­ve. La paro­la “pro­ve” non figu­ra­va in tut­to l’articolo. Anche per­ché cre­de­re che Lula non fos­se a cono­scen­za del­lo sche­ma cor­rut­ti­vo – scri­ve­va l’autore – «è più o meno come cre­de­re a Bab­bo Nata­le e al coni­gliet­to di Pasqua».
Que­sto giu­sti­zia­li­smo può anche esse­re mol­to popo­la­re, ma rin­for­za sol­tan­to un sen­so comu­ne nega­ti­vo: “sono tut­ti ugua­li”, “tut­ti san­no” che “sono tut­ti cor­rot­ti”. Al di là del­la giu­ri­sdi­zio­na­liz­za­zio­ne del­la poli­ti­ca – una poli­ti­ca di riven­di­ca­zio­ni alla giu­sti­zia fede­ra­le, in par­ti­co­la­re a Sér­gio Moro e alla poli­zia fede­ra­le («esi­gia­mo l’arresto di Lula», ecc.) – mi sem­bra un ricor­so ine­di­to in ter­mi­ni di tat­ti­ca rivoluzionaria.
Con­dan­na­re l’imputato a scon­ta­re la pena sen­za pro­ve costi­tui­sce un atten­ta­to alla demo­cra­zia in qual­sia­si regi­me, sia di demo­cra­zia bor­ghe­se che di demo­cra­zia socia­li­sta. È pra­ti­ca­to quo­ti­dia­na­men­te dal­le dit­ta­tu­re, e lo è sta­to ogni gior­no nei regi­mi sta­li­ni­sti, che han­no per­fe­zio­na­to la tec­ni­ca di estor­ce­re “con­fes­sio­ni” in pro­ces­si far­sa; è pra­ti­ca­to mol­te vol­te in regi­mi di demo­cra­zia borghese.
Si potreb­be argo­men­ta­re che la con­dan­na e le ese­cu­zio­ni som­ma­rie sono appli­ca­te tut­ti i gior­ni in Bra­si­le a dan­no del­la popo­la­zio­ne di colo­re. È vero. Ma non è a cau­sa di que­sta pra­ti­ca che i dirit­ti e le garan­zie demo­cra­ti­che non deb­bo­no esse­re più dife­se. Al contrario.
Per Eduar­do Almei­da, esi­ge­re l’arresto di Lula sareb­be la tat­ti­ca miglio­re per sti­mo­la­re la rot­tu­ra del­la clas­se lavo­ra­tri­ce con l’ex pre­si­den­te. A me sem­bra pro­prio il con­tra­rio. Da un lato, rico­no­sce che la giu­sti­zia sta agen­do in manie­ra distor­ta per l’urgenza di con­dan­na­re Lula, men­tre pro­ce­de a pas­so di luma­ca rispet­to alle accu­se ad Aécio o lo stes­so Temer; ma, cio­no­no­stan­te, esi­ge che Lula ven­ga arre­sta­to, con­dan­na­to e spo­glia­to dei beni. Fare que­sto ren­de­reb­be Lula un mar­ti­re (cosa di cui lo stes­so Lula ha pie­na coscien­za) e fareb­be sì, al con­tra­rio, che mol­ti che già ave­va­no rot­to con lui tor­ni­no sui loro pas­si dinan­zi a un caso di fla­gran­te ingiu­sti­zia. È una tat­ti­ca che iso­la sol­tan­to il Pstu e ral­len­ta o addi­rit­tu­ra inver­te il cor­so dell’esperienza del­la clas­se lavo­ra­tri­ce, per­met­ten­do che Lula assur­ga al ruo­lo di vit­ti­ma. Al con­tem­po, chi ha riven­di­ca­to l’arresto di Lula con­ti­nue­rà inva­no, se l’ottenesse, a esi­ge­re l’arresto di Aécio, di Alck­min e di Temer. O nutre qual­che illu­sio­ne nell’inchiesta Autolavaggio?
Ciò det­to, resta una doman­da: in che modo una esi­gen­za alla giu­sti­zia bor­ghe­se si arti­co­la con la stra­te­gia di crea­re quel­le “isti­tu­zio­ni com­ple­ta­men­te dif­fe­ren­ti”, par­te inte­gran­te di “un nuo­vo tipo di Sta­to”, al “ser­vi­zio dei lavo­ra­to­ri e del­le mas­se”, che dovran­no sosti­tui­re Temer? Ecco una cosa che non rie­sco ad imma­gi­na­re. Come si dice in Por­to­gal­lo, “não bate a bota com a per­di­go­ta”[6]. Cer­ta­men­te sarà per­ché mi man­ca la per­spi­ca­cia e ho poca fami­lia­ri­tà con la dialettica.

Il mio “posto”
Ho lascia­to per ulti­ma una que­stio­ne più per­so­na­le che si tro­va all’inizio dell’articolo del­la Lit. Itur­be comin­cia chia­ren­do il “posto” dal qua­le fac­cio le mie cri­ti­che, segna­lan­do che «Luis Lei­ria si pre­sen­ta come un ex mili­tan­te del­la Lit (il che è vero), ma non dice che ha rot­to con essa da anni, diven­tan­do­ne avver­sa­rio poli­ti­co, e che per mol­to tem­po ha occu­pa­to posti di gran­de respon­sa­bi­li­tà nel Blo­co de Esquer­da del Por­to­gal­lo». In veri­tà, ave­vo chia­ri­to subi­to nel­la pri­ma riga del secon­do para­gra­fo del mio arti­co­lo che sono sepa­ra­to dal­la Lit (in segui­to, sì, ho det­to che ave­vo rot­to), aven­do mili­ta­to in quell’organizzazione per più di 25 anni.
Dal momen­to che Itur­be mi indu­ce a par­lar­ne, potrei aggiun­ge­re che il pri­mo mili­tan­te del­la cor­ren­te inter­na­zio­na­le da cui poi è nata la Lit attua­le, invia­to per sta­bi­li­re un con­tat­to con un grup­po di gio­va­ni tro­tski­sti por­to­ghe­si pochi mesi dopo l’inizio del­la Rivo­lu­zio­ne dei Garo­fa­ni, ven­ne a suo­na­re alla mia por­ta, a Lisbo­na, quan­do ave­vo 17 anni (entram­bi non mili­tia­mo più nel­la Lit).
D’altro lato, aven­do affer­ma­to che sono diven­ta­to un avver­sa­rio poli­ti­co di que­sta cor­ren­te dato che mili­to nel Blo­co de Esquer­da, Itur­be dovreb­be chia­ri­re che l’organizzazione por­to­ghe­se del­la Lit, che all’epoca si chia­ma­va Ruptura‑Fer, ha anch’essa mili­ta­to all’interno del Blo­co de Esquer­da per 12 anni, dal­la fon­da­zio­ne, nel 1999, fino al dicem­bre del 2011, quan­do rup­pe per crea­re il Mas.
Infi­ne, soste­ne­re che sarei diven­ta­to avver­sa­rio del­la Lit può dare l’idea sba­glia­ta che io abbia pas­sa­to i miei gior­ni, dac­ché ne sono usci­to, a com­bat­ter­la. Nien­te di più fal­so. Dal­la rot­tu­ra, ver­so la fine del 2003, non ho mai fat­to una cri­ti­ca pub­bli­ca alla Lit, non ho mai ini­zia­to una qual­sia­si pole­mi­ca con quest’organizzazione ben­ché aves­si nume­ro­se diver­gen­ze. Ho così osser­va­to un perio­do di silen­zio di 13 anni fin­ché ho deci­so di comin­cia­re que­sto dibattito.
Non mi con­si­de­ro avver­sa­rio del­la Lit. Pen­so che si trat­ti di una cor­ren­te di mili­tan­ti rivo­lu­zio­na­ri sin­ce­ri, con i qua­li ho sem­pre più diver­gen­ze rite­nen­do abbia­no imboc­ca­to un cor­so set­ta­rio, auto­pro­cla­ma­to­rio e distrut­ti­vo. Ciò fa di me un avver­sa­rio del­la Lit solo per­ché essa ritie­ne che tut­ta la sini­stra mon­dia­le sia sta­ta col­pi­ta da un’alluvione oppor­tu­ni­sta, ad ecce­zio­ne sol­tan­to del­la stes­sa Lit. Non è la mia opinione.
Infi­ne, un ulti­mo chia­ri­men­to: oggi sono un mili­tan­te di base del Blo­co de Esquer­da e le opi­nio­ni che ho espres­so sul Bra­si­le non rap­pre­sen­ta­no neces­sa­ria­men­te quel­le del par­ti­to, che assu­me le sue deci­sio­ni negli appo­si­ti orga­ni di dire­zio­ne, ai qua­li non appartengo.


Note

[1] Diret­ti­vo cen­tra­le degli stu­den­ti dell’Università di San Pao­lo (Ndt).
[2] L’equivalente del­la nostra Con­fin­du­stria (Ndt).
[3] Let­te­ral­men­te “Auto­la­vag­gio”: è il nome dell’indagine giu­di­zia­ria che vede coin­vol­ti nume­ro­si uomi­ni poli­ti­ci bra­si­lia­ni in rea­ti di cor­ru­zio­ne per un impor­to com­ples­si­vo di cir­ca 10 miliar­di di real. È sta­ta quest’inchiesta che ha por­ta­to all’impeachment di Dil­ma Rous­seff e ora al coin­vol­gi­men­to di Lula (Ndt).
[4] Il rife­ri­men­to qui è ai mem­bri del Psdb, il cui sim­bo­lo è, appun­to, il tuca­no (Ndt).
[5] Qui si inten­de un gran­de appar­ta­men­to (Ndt).
[6] Espres­sio­ne intra­du­ci­bi­le let­te­ral­men­te in ita­lia­no, ma è l’equivalente del nostro modo di dire “non si pos­so­no mischia­re mele con pere”, cioè una cosa non si con­fà all’altra, l’una e l’altra non pos­so­no esse­re com­pa­ra­te tra loro (Ndt).