Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Politica internazionale: America Latina

Venezuela: l’agonia di un’illusione

Maduro dona a Dilma Roussef un ritratto di Chávez

Venezuela: l’agonia di un’illusione


Vale­rio Torre [*]

 

In que­ste set­ti­ma­ne, dopo la cele­bra­zio­ne del refe­ren­dum in Vene­zue­la e la pre­sa di pos­ses­so dell’assemblea costi­tuen­te, in tan­ti si stan­no cimen­tan­do nel com­men­ta­re la situa­zio­ne in cui ver­sa il Pae­se lati­noa­me­ri­ca­no. La sini­stra, in par­ti­co­la­re, è sostan­zial­men­te divi­sa nell’analisi. Da una par­te, c’è un set­to­re enor­me­men­te mag­gio­ri­ta­rio – che appog­gia incon­di­zio­na­ta­men­te il gover­no di Nico­lás Madu­ro e sostie­ne che l’imperialismo sta­tu­ni­ten­se stia orche­stran­do un col­po di sta­to finan­zian­do e adde­stran­do l’opposizione vene­zue­la­na del­la Mud[1] – com­po­sto in lar­ga misu­ra dai casca­mi del­lo sta­li­ni­smo, da impe­ni­ten­ti cam­pi­sti e da una fol­ta schie­ra di appar­te­nen­ti a quel­la che vie­ne impro­pria­men­te defi­ni­ta “sini­stra radi­ca­le”[2]. Dall’altra, tro­via­mo pic­co­le orga­niz­za­zio­ni che patro­ci­na­no la cac­cia­ta di Madu­ro e, in gene­ra­le, il “¡Que se vayan todos!” (Via tut­ti!), di fat­to dislo­can­do­si nel cam­po poli­ti­co del­la bor­ghe­sia rea­zio­na­ria, in ogget­ti­va uni­tà d’azione con la Mud[3]. In una posi­zio­ne estre­ma­men­te mino­ri­ta­ria rispet­to a que­sta dise­qui­li­bra­ta pola­riz­za­zio­ne, ci sono set­to­ri del­la sini­stra che riven­di­ca­no il cha­vi­smo del­le ori­gi­ni con­tro quel­la che riten­go­no esse­re la “dege­ne­ra­zio­ne” di Maduro.
A leg­ge­re le varie posi­zio­ni che ven­go­no espres­se (soli­ta­men­te sui “social media”), sem­bra più che altro – per uti­liz­za­re una meta­fo­ra cal­ci­sti­ca – di assi­ste­re a uno scon­tro tra hoo­li­gan di con­trap­po­ste tifo­se­rie, che si disin­te­res­sa­no del­la par­ti­ta che si svol­ge tra le loro rispet­ti­ve squa­dre per suo­nar­se­le inve­ce di san­ta ragio­ne. E intan­to, la par­ti­ta con­ti­nua ad esse­re gio­ca­ta sul cam­po dai ven­ti­due calciatori.
Per quan­to com­pren­si­bi­le sia la pas­sio­ne per la pro­pria squa­dra del cuo­re, pen­sia­mo che per poter apprez­za­re il gio­co che que­sta espri­me – e, in gene­ra­le, il match stes­so – sia neces­sa­rio met­te­re un po’ da par­te il tifo sfe­ga­ta­to e ana­liz­za­re la stra­te­gia e la tat­ti­ca mes­se in cam­po dai due team, tenen­do pre­sen­ti le rispet­ti­ve pre­pa­ra­zio­ni atle­ti­che, i meto­di d’allenamento, ecc.
Rite­nia­mo che que­sto sia un meto­do appli­ca­bi­le anche per appro­fon­di­re quan­to sta acca­den­do in Venezuela.
Nell’accingerci a dire mol­to mode­sta­men­te la nostra, pre­ci­sia­mo che la nostra rifles­sio­ne è par­ti­ta da un arti­co­lo scrit­to da Gio­van­na Rus­so, una com­pa­gna di Sini­stra anti­ca­pi­ta­li­sta, dal tito­lo “Le tan­te bugie sul Vene­zue­la”, che ci è sta­to sot­to­po­sto. Abbia­mo deci­so di pren­de­re le mos­se da que­sto testo, non già per pole­miz­za­re con esso, ma per­ché è emble­ma­ti­co di un cer­to tipo d’analisi ricor­ren­te, che ten­de a por­si a metà stra­da fra le due “tifo­se­rie”.
L’autrice par­te dal rico­no­sci­men­to dei “limi­ti” del model­lo boli­va­ria­no instau­ra­to da Hugo Chá­vez, ma non ce la fa pro­prio a trat­te­ner­si dall’evidenziare quel­li che, a parer suo, sono sta­ti i «pas­si avan­ti con­cre­ti nel­la lot­ta alla fame e alla pover­tà», l’alfabetizzazione del­la «popo­la­zio­ne più emar­gi­na­ta», la crea­zio­ne di un «siste­ma sani­ta­rio dif­fu­so», l’attuazione di «pro­gram­mi di inter­ven­to socia­le a bene­fi­cio di lavo­ra­to­ri, con­ta­di­ni, don­ne, indios». E aggiun­ge poi che que­sti pia­ni socia­li, dap­pri­ma soste­nu­ti dal­le entra­te di un’economia tut­ta vota­ta allo sfrut­ta­men­to del­le risor­se petro­li­fe­re, han­no visto venir meno le risor­se su cui si basa­va­no quan­do le quo­ta­zio­ni inter­na­zio­na­li del greg­gio sono crollate.
Quest’ultima affer­ma­zio­ne, indub­bia­men­te vera – un siste­ma eco­no­mi­co non diver­si­fi­ca­to, infat­ti, non può reg­ger­si in eter­no – appa­re tut­ta­via super­fi­cia­le, e sem­bra poter­si inqua­dra­re tra quel­le let­tu­re che sosten­go­no la bon­tà del pro­ces­so e del­la “rivo­lu­zio­ne” boli­va­ria­na del pri­mo Chá­vez, men­tre l’attuale pre­si­den­te Madu­ro avreb­be “tra­di­to” quel pro­ces­so o, tutt’al più, sareb­be un inca­pa­ce per non aver­lo sapu­to gesti­re e svi­lup­pa­re sul­la stra­da indi­ca­ta dall’ex presidente.
Cre­dia­mo sia impor­tan­te, allo­ra, per inqua­dra­re cor­ret­ta­men­te la situa­zio­ne attua­le, pren­de­re le mos­se dal­le radi­ci poli­ti­che del chavismo.

Gene­si del chavismo
Fino al 1989, la poli­ti­ca in Vene­zue­la era domi­na­ta dal c.d. “Pac­to de Pun­to Fijo”, cioè un accor­do fra i tre prin­ci­pa­li par­ti­ti bor­ghe­si vene­zue­la­ni per la costi­tu­zio­ne di un regi­me democratico‑borghese sta­bi­le basa­to sostan­zial­men­te su gover­ni di uni­tà nazio­na­le tra gli stes­si. Gra­zie a quest’intesa, la bor­ghe­sia nazio­na­le riu­scì a gover­na­re il Pae­se traen­do pro­fit­to, soprat­tut­to negli anni 70, dal­le enor­mi entra­te deri­van­ti dagli alti prez­zi del petro­lio, prin­ci­pa­le risor­sa di quel­lo che veni­va chia­ma­to “Vene­zue­la Sau­di­ta”. Ma con il suc­ces­si­vo crol­lo dei prez­zi del greg­gio, si sca­te­nò una for­te cri­si eco­no­mi­ca che indus­se i vari gover­ni a impor­re misu­re di aggiu­sta­men­to sem­pre più aspre che por­ta­ro­no a un gra­ve dete­rio­ra­men­to del­le con­di­zio­ni di vita dei lavoratori.
Le pro­te­ste popo­la­ri si sus­se­gui­ro­no sem­pre più nutri­te e nume­ro­se fino a quan­do, nel 1989, dopo l’aumento dell’80% dei prez­zi del car­bu­ran­te e del 40% dei prez­zi dei ser­vi­zi pub­bli­ci, si sca­te­nò una rab­bio­sa rea­zio­ne di mas­sa cono­sciu­ta come il “Cara­ca­zo”: cen­ti­na­ia di miglia­ia di abi­tan­ti dei quar­tie­ri popo­la­ri di Cara­cas, dei din­tor­ni e del­le zone dell’interno sce­se­ro in stra­da sac­cheg­gian­do gli eser­ci­zi com­mer­cia­li e sfi­dan­do una vio­len­ta e duris­si­ma repres­sio­ne poli­zie­sca che fece un miglia­io di mor­ti, con l’utilizzo di tor­tu­re e il ricor­so a fos­se comu­ni. Le for­ze arma­te si divi­se­ro quan­do set­to­ri di mili­ta­ri del­la trup­pa si uni­ro­no all’insurrezione, che frat­tan­to ave­va assun­to un carat­te­re ope­ra­io e popo­la­re. Il regi­me del Pun­to Fijo entrò in cri­si men­tre l’autorganizzazione del­la clas­se ope­ra­ia deter­mi­na­va il sor­ge­re di orga­ni­smi di base chia­ma­ti “cir­co­li bolivariani”.

Venezuela Caracazo: Neoliberalism, Repression, Seeds of Change

La bru­ta­le repres­sio­ne duran­te il “Cara­ca­zo”

Nel mez­zo di que­sta cri­si poli­ti­ca nel qua­dro di un vero e pro­prio pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio, il colon­nel­lo Hugo Chá­vez con un grup­po di gio­va­ni uffi­cia­li ten­tò nel 1992 un gol­pe mili­ta­re, che però fal­lì. Arre­sta­to e con­dan­na­to a vent’anni di car­ce­re, gua­da­gnò tut­ta­via gran­de pre­sti­gio tra le mas­se popo­la­ri che ne riven­di­ca­ro­no con for­za la libe­ra­zio­ne, avve­nu­ta due anni dopo. Chá­vez fon­dò allo­ra il pro­prio movi­men­to poli­ti­co e si can­di­dò nel 1998 alle ele­zio­ni pre­si­den­zia­li, vin­cen­do­le. Con­vo­cò quin­di un refe­ren­dum per eleg­ge­re un’assemblea costi­tuen­te per la rifon­da­zio­ne del­lo Sta­to: nac­que così la Quin­ta repub­bli­ca, deno­mi­na­ta Repub­bli­ca Boli­va­ria­na del Vene­zue­la, effet­to distor­to e sot­to­pro­dot­to di un pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio dirot­ta­to nel­le urne (ma tutt’atro che sopi­to, come vedre­mo in seguito).
Nono­stan­te le fri­zio­ni con l’imperialismo, la poli­ti­ca di Chá­vez non fu mai di rot­tu­ra col siste­ma capi­ta­li­sti­co: il debi­to este­ro fu sem­pre reli­gio­sa­men­te paga­to; le for­ni­tu­re di petro­lio agli Usa non si inter­rup­pe­ro mai, anzi si incre­men­ta­ro­no costan­te­men­te; le mul­ti­na­zio­na­li del petro­lio non incon­tra­ro­no alcun osta­co­lo nel­lo sfrut­ta­men­to dei baci­ni; quel­le che furo­no defi­ni­te “nazio­na­liz­za­zio­ni” in real­tà si con­cre­ta­ro­no in acqui­sto – e rela­ti­vo paga­men­to – da par­te del­lo Sta­to del­le par­te­ci­pa­zio­ni azio­na­rie di impre­se stra­nie­re. Intan­to, nono­stan­te la favo­re­vo­le con­giun­tu­ra eco­no­mi­ca dovu­ta alle entra­te del­la ven­di­ta di petro­lio, la situa­zio­ne del­la clas­se ope­ra­ia non miglio­rò affat­to, men­tre la disoc­cu­pa­zio­ne resta­va stabile.

I ten­ta­ti­vi di golpe
Tut­ta­via, alla retri­va bor­ghe­sia vene­zue­la­na e al suo sup­por­ter impe­ria­li­sta sta­tu­ni­ten­se non basta­va che il regi­me cha­vi­sta non pones­se affat­to in discus­sio­ne i pila­stri del capi­ta­li­smo e non ne met­tes­se in peri­co­lo gli inte­res­si. Essi vede­va­no neces­sa­rio assu­me­re diret­ta­men­te il con­trol­lo del­lo sfrut­ta­men­to del­le risor­se ener­ge­ti­che del Pae­se. Fu così che nell’aprile del 2002 un’alleanza rea­zio­na­ria tra capi­ta­li­sti, set­to­ri mili­ta­ri lega­ti alla vec­chia oli­gar­chia, gerar­chie del­la chie­sa cat­to­li­ca, col soste­gno dell’imperialismo ame­ri­ca­no, pro­cla­mò uno scio­pe­ro gene­ra­le. Dopo una mani­fe­sta­zio­ne in cui ci furo­no diver­si mor­ti, un grup­po di mili­ta­ri gol­pi­sti entrò nel palaz­zo pre­si­den­zia­le, pre­le­van­do Chá­vez che fu arre­sta­to, rin­chiu­so nel quar­tier gene­ra­le degli insor­ti, desti­tui­to e sosti­tui­to con Pedro Car­mo­na, pre­si­den­te di Feder­ca­ma­ras (l’equivalente del­la nostra­na Con­fin­du­stria). Ma i lavo­ra­to­ri e le mas­se popo­la­ri sce­se­ro in piaz­za e insce­na­ro­no gigan­te­sche pro­te­ste. Mol­ti otten­ne­ro armi dall’esercito che vide spez­zar­si la cate­na di coman­do, con diver­si cor­pi mili­ta­ri che pre­se­ro le par­ti del depo­sto pre­si­den­te. Parec­chie fab­bri­che furo­no occu­pa­te e i diri­gen­ti seque­stra­ti, furo­no eret­te bar­ri­ca­te nel­le stra­de e ci furo­no scon­tri a fuo­co con la poli­zia. Nel giro di poche ore il gol­pe era fini­to, Chá­vez fu libe­ra­to e Car­mo­na arre­sta­to men­tre ten­ta­va di fuggire.

Pedro Car­mo­na: “pre­si­den­te per un giorno”

Ma al pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio, sopi­to con le ele­zio­ni e riat­ti­va­to­si con­tro il gol­pe, ven­ne mes­sa la sor­di­na dal­lo stes­so Chá­vez, che non vol­le schiac­cia­re la rea­zio­ne, ma anzi disar­mò i cir­co­li boli­va­ria­ni: chi ave­va capeg­gia­to il col­po di sta­to (diri­gen­ti del­la Pdv­sa, cioè l’industria sta­ta­le del petro­lio, e pro­prie­ta­ri dei cana­li tele­vi­si­vi) non ven­ne desti­tui­to e restò al suo posto, pre­pa­ran­do una nuo­va offen­si­va, che infat­ti si svi­lup­pò pochi mesi dopo, nel dicem­bre 2002, con il bloc­co del­la pro­du­zio­ne petro­li­fe­ra (lock‑out) e degli altri ser­vi­zi in mano ai pri­va­ti. Ciò por­tò a un nuo­vo scon­tro con la popo­la­zio­ne che durò per cir­ca due mesi, quan­do il regi­me cha­vi­sta ripre­se il con­trol­lo del­la situa­zio­ne e, pur effet­tuan­do una pro­fon­da ristrut­tu­ra­zio­ne del­la cate­na di dire­zio­ne dell’industria petro­li­fe­ra – che pas­sò total­men­te sot­to il suo con­trol­lo – non vol­le giun­ge­re a un’effettiva resa dei con­ti con la bor­ghe­sia reazionaria.
Que­sta, di fron­te all’impossibilità di uti­liz­za­re i meto­di gol­pi­sti per pren­de­re il con­trol­lo del­lo Sta­to, scel­se la “via lega­le”, rac­co­glien­do le fir­me per un refe­ren­dum revo­ca­to­rio per la desti­tu­zio­ne costi­tu­zio­na­le del pre­si­den­te. Intan­to, Chá­vez, pro­fit­tan­do del­la con­giun­tu­ra eco­no­mi­ca favo­re­vo­le e del rial­zo dei prez­zi del greg­gio, gra­zie a impor­tan­ti ecce­den­ze di bilan­cio, varò prov­ve­di­men­ti socia­li facen­do inve­sti­men­ti nei set­to­ri del­la sani­tà, dell’istruzione, dell’edilizia popo­la­re, dell’alimentazione a bas­so costo, lan­cian­do pia­ni di assi­sten­za in favo­re del­le fasce popo­la­ri più pove­re, le cc.dd. Misio­nes: ciò deter­mi­nò, per tut­to il perio­do che andò dal feb­bra­io 2003 all’agosto 2004 (data di svol­gi­men­to del refe­ren­dum) un indub­bio spo­sta­men­to del­la mas­sa del con­sen­so popo­la­re ver­so il cha­vi­smo[4]. E, infat­ti, il risul­ta­to del­la con­sul­ta­zio­ne fu una schiac­cian­te vit­to­ria per Chá­vez, che fu ricon­fer­ma­to nel­la cari­ca col 59,1% dei voti.

La poli­ti­ca di Chávez
Da quel momen­to in poi, Chá­vez si raf­for­zò poli­ti­ca­men­te e pun­tel­lò il suo regi­me gra­zie alla casta dei mili­ta­ri a cui, di fat­to, attri­buì il con­trol­lo dell’economia del­lo Sta­to, asse­gnan­do loro i posti di coman­do in tut­ti i set­to­ri pro­dut­ti­vi e finan­zia­ri[5]. Non solo: la for­ma­zio­ne di un par­ti­to uni­co – il Psuv – che uti­liz­za in esclu­si­va l’apparato sta­ta­le per coop­ta­re e fre­na­re il movi­men­to ope­ra­io, e l’esistenza di sin­da­ca­ti inte­ra­men­te con­trol­la­ti dal­la buro­cra­zia cha­vi­sta, ridot­ti a esse­re solo il brac­cio sin­da­ca­le del gover­no e del par­ti­to uni­co, cioè uno stru­men­to di soste­gno alla sua poli­ti­ca, e che fun­go­no da “cani da guar­dia” del­le lot­te dei lavo­ra­to­ri[6], sono sta­ti i pila­stri fon­da­men­ta­li del regi­me. Tut­to ciò ha pro­dot­to la nasci­ta di una nuo­va bor­ghe­sia – la “bor­ghe­sia boli­va­ria­na”, meglio det­ta “boli­bor­ghe­sia” – cioè una éli­te di pote­re for­ma­ta da magna­ti che deten­go­no le leve dell’economia del­lo Stato.

12_img_0303

Chá­vez si rivol­ge ai mili­tan­ti del Psuv (Fon­te: vtv.gob.ve e psuv.org.ve)

Intan­to, Chá­vez ha con­ti­nua­to a paga­re il debi­to pub­bli­co e a nego­zia­re con gli Usa[7], a cui non ha mai smes­so di ven­de­re il petro­lio vene­zue­la­no, nep­pu­re quan­do è sta­to chia­ro il loro ruo­lo atti­vo nel ten­ta­to gol­pe del 2002[8]; le “nazio­na­liz­za­zio­ni” del­le impre­se petro­li­fe­re altro non sono sta­te che l’acquisto – a prez­zo di mer­ca­to e dopo nego­zia­ti – dei pac­chet­ti azio­na­ri dete­nu­ti dal­le mul­ti­na­zio­na­li[9], le qua­li pos­so­no con­ti­nua­re in joint ven­tu­re con la Pdv­sa attra­ver­so la for­ma di “impre­se miste” col limi­te del 40% del­la pro­prie­tà del­le azio­ni (men­tre per le impre­se che sfrut­ta­no i gia­ci­men­ti di gas non ci sono limi­ti, per cui le com­pa­gnie stra­nie­re pos­so­no esse­re pro­prie­ta­rie al 100%); la con­di­zio­ne sala­ria­le dei lavo­ra­to­ri è anda­ta peg­gio­ran­do[10], e quan­do que­sti, stan­chi di pro­mes­se non man­te­nu­te, han­no pro­mos­so scio­pe­ri e azio­ni di pro­te­sta, sono sta­ti dura­men­te repres­si[11] (emble­ma­ti­ci i casi del­la Sani­ta­ri Mara­cay e del­la Sidor; ma van­no ricor­da­ti anche i 3.306 mani­fe­stan­ti dete­nu­ti, i 973 feri­ti e i 42 mor­ti nel­le pro­te­ste ini­zia­te nel feb­bra­io 2014, quan­do il gover­no lasciò mano libe­ra alla Guar­dia nazio­na­le boli­va­ria­na e alla Poli­zia nazio­na­le boli­va­ria­na, appog­gian­do­ne l’uso spro­por­zio­na­to del­la for­za, tan­to che per­si­no il Mini­ste­ro Pub­bli­co – un orga­ni­smo indi­pen­den­te facen­te capo al Poder Ciu­da­da­no e sot­to la dire­zio­ne del­la Pro­cu­ra Gene­ra­le – rico­nob­be che vi era­no sta­ti 185 casi di trat­ta­men­ti cru­de­li e 2 di tor­tu­ra, oltre ai casi denun­cia­ti di abu­si ses­sua­li, deten­zio­ni arbi­tra­rie e per­se­cu­zio­ni a diri­gen­ti stu­den­te­schi e sindacali).

Da Chá­vez a Maduro
Dopo la mor­te di Chá­vez, gli è suc­ce­du­to nel­la cari­ca di pre­si­den­te il vice, Nico­lás Madu­ro, che, pri­vo del cari­sma e del mas­sic­cio appog­gio popo­la­re di cui gode­va il suo pre­de­ces­so­re[12], si è tro­va­to a gesti­re il Vene­zue­la in una con­giun­tu­ra eco­no­mi­ca sfa­vo­re­vo­le – con il crol­lo dei prez­zi del petro­lio, che sap­pia­mo esse­re pres­so­ché l’unica fon­te di introi­ti per un’economia non diver­si­fi­ca­ta – che ha pre­ci­pi­ta­to il Pae­se in una cri­si eco­no­mi­ca sen­za solu­zio­ne e con un par­la­men­to che per la pri­ma vol­ta dall’avvento del cha­vi­smo ha una mag­gio­ran­za dei par­ti­ti che fan­no capo alla Mud.

Nico­lás Maduro

Così come già ave­va fat­to Chá­vez, Madu­ro ha pen­sa­to di blan­di­re l’opposizione facen­do­le con­ces­sio­ni di tipo eco­no­mi­co. Così, dopo le già cita­te mani­fe­sta­zio­ni del 2014, ha con­vo­ca­to dei “nego­zia­ti di pace”, nei qua­li si è incon­tra­to con mana­ger d’affari e i poten­ti capi­ta­li­sti del­la Feder­ca­ma­ras, cui ha assi­cu­ra­to pre­sti­ti da ban­che pub­bli­che, un’ulteriore libe­ra­liz­za­zio­ne dei con­trol­li sul cam­bio este­ro per con­sen­ti­re alle impre­se un acces­so più age­vo­le al finan­zia­men­to in dol­la­ri, e lo sfrut­ta­men­to di 111.846,86 chi­lo­me­tri qua­dra­ti di ter­ra nell’Orinoco, il 12% cir­ca del ter­ri­to­rio nazio­na­le vene­zue­la­no, un’area ric­ca di gia­ci­men­ti di oro, dia­man­ti, rame, fer­ro e bau­xi­te, che diven­te­rà una minie­ra a cie­lo aper­to in un ter­ri­to­rio fino­ra pro­tet­to e occu­pa­to da diver­se comu­ni­tà indi­ge­ne, con disa­stro­se riper­cus­sio­ni eco­lo­gi­che. Lo sfrut­ta­men­to del c.d. Arco Mine­ro del Ori­no­co sarà a tut­to van­tag­gio dei pro­fit­ti di gran­di mul­ti­na­zio­na­li, com­pre­sa quel­la Gold Reser­ve che era sta­ta cac­cia­ta dal Pae­se nel 2008.
Tut­ta­via, men­tre Madu­ro face­va tali con­ces­sio­ni ai capi­ta­li­sti, le con­di­zio­ni del­la clas­se lavo­ra­tri­ce diven­ta­va­no sem­pre più inso­ste­ni­bi­li, al pun­to da dete­rio­ra­re il soste­gno popo­la­re al gover­no, come si è visto in occa­sio­ne del­le ele­zio­ni par­la­men­ta­ri del dicem­bre 2015 in cui il Psuv ha dovu­to regi­stra­re una pesan­te scon­fit­ta, con la con­se­gna del­la mag­gio­ran­za par­la­men­ta­re ai par­ti­ti del­la Mud.
Col pas­sa­re del tem­po, di fron­te a una gigan­te­sca per­di­ta di soste­gno popo­la­re, di cui han­no appro­fit­ta­to i par­ti­ti dell’opposizione al cha­vi­smo per orga­niz­za­re mani­fe­sta­zio­ni di pro­te­sta anche carat­te­riz­za­te da atti di vio­len­za, Madu­ro ha impres­so una svol­ta sem­pre più mar­ca­ta­men­te auto­ri­ta­ria al regi­me, lascian­do mano libe­ra ai mili­ta­ri, fino a tirar fuo­ri dal cilin­dro il clas­si­co “coni­glio”: la con­vo­ca­zio­ne – motu pro­prio, e dun­que facen­do una for­za­tu­ra rispet­to alla Costi­tu­zio­ne volu­ta da Chá­vez, che pre­ve­de inve­ce un pre­ven­ti­vo refe­ren­dum[13] – di un’assemblea costi­tuen­te, i cui cri­te­ri elet­ti­vi sono sta­ti for­gia­ti in modo da assi­cu­ra­re al regi­me il pie­no con­trol­lo dell’organismo.

La svol­ta auto­ri­ta­ria del gover­no Maduro
I pri­mi effet­ti di que­sta svol­ta si sono visti da subi­to: l’assemblea costi­tuen­te, che sareb­be dovu­ta resta­re in vigo­re per i sei mesi neces­sa­ri a redi­ge­re la nuo­va Costi­tu­zio­ne, si è “auto­pro­ro­ga­ta” per due anni e ha auto­no­ma­men­te assun­to i pie­ni pote­ri, di fat­to esau­to­ran­do il par­la­men­to; la sua pri­ma misu­ra è sta­ta la desti­tu­zio­ne del pro­cu­ra­to­re gene­ra­le, Lui­sa Orte­ga Díaz, cha­vi­sta del­la pri­ma ora ma con­tra­ria a Madu­ro, sosti­tui­ta da un fede­lis­si­mo di quest’ultimo e par­ti­co­lar­men­te sgra­di­ta al regi­me in ragio­ne del­le sue inda­gi­ni su epi­so­di di cor­ru­zio­ne che vedreb­be­ro impli­ca­ti per­so­nag­gi di pri­mis­si­mo pia­no vici­ni al gover­no e allo stes­so Madu­ro; in più di un’occasione la Guar­dia Nazio­na­le Boli­va­ria­na ha cir­con­da­to l’emiciclo dell’assemblea nazio­na­le impe­den­do l’accesso ai par­la­men­ta­ri; è sta­ta redat­ta una sor­ta di lista di pro­scri­zio­ne dei magi­stra­ti del Tsj (Tri­bu­na­le Supre­mo di Giu­sti­zia) nomi­na­ti dal­la mag­gio­ran­za par­la­men­ta­re, ai qua­li sono sta­ti con­ge­la­ti i beni e i con­ti ban­ca­ri: alcu­ni di essi sono riu­sci­ti a fug­gi­re clan­de­sti­na­men­te all’estero, qual­cu­no è nasco­sto nel Pae­se, men­tre in tre sono sta­ti arre­sta­ti (https://tinyurl.com/y9qc529y), tra cui il giu­di­ce Ángel Zer­pa, dete­nu­to sen­za un’imputazione pre­ci­sa e sen­za che abbia potu­to incon­tra­re un difen­so­re (https://tinyurl.com/y7fojqy4); squa­dre del Sebin (Sér­vi­cio Boli­va­ria­no de Inte­li­gen­cia) per­cor­ro­no le stra­de del­le cit­tà arre­stan­do – con moda­li­tà che fan­no appa­ri­re que­ste azio­ni più come dei seque­stri – per­so­nag­gi pub­bli­ci invi­si al regi­me, come ad esem­pio con­si­glie­ri comu­na­li e depu­ta­ti sta­ta­li (emble­ma­ti­co il caso del depu­ta­to Wil­mer Azua­je, dete­nu­to dal 2 mag­gio scor­so in con­di­zio­ni inu­ma­ne a dispet­to del­la sua immu­ni­tà par­la­men­ta­re e nono­stan­te una deci­sio­ne del Tsj che gli con­ce­de­va gli arre­sti domi­ci­lia­ri); attual­men­te, i dete­nu­ti per moti­vi poli­ti­ci sono cir­ca 700 (https://tinyurl.com/y979v5x3), men­tre mol­ti civi­li ven­go­no pro­ces­sa­ti dai tri­bu­na­li mili­ta­ri (si con­ta­no alme­no 400 casi: https://tinyurl.com/ya9wdbsp); l’Alto Com­mis­sa­ria­to per i Dirit­ti Uma­ni dell’Onu ha denun­cia­to il siste­ma­ti­co ricor­so alla vio­len­za da par­te del­le for­ze arma­te e dei grup­pi arma­ti filo­go­ver­na­ti­vi (colec­ti­vos) e le arbi­tra­rie deten­zio­ni che, dal 1° apri­le al 31 luglio, si con­ta­no in oltre 5.000, con parec­chi casi di tor­tu­ra (https://tinyurl.com/y7lussb3).
È evi­den­te, insom­ma, che la stret­ta auto­ri­ta­ria impres­sa da Madu­ro con la “coper­tu­ra giu­ri­di­ca” dell’assemblea costi­tuen­te ser­ve solo a una resa dei con­ti nei con­fron­ti dell’opposizione al cha­vi­smo per evi­ta­re una pro­ba­bi­le scon­fit­ta elet­to­ra­le alle pros­si­me ele­zio­ni regio­na­li, non a caso rin­via­te più e più vol­te pro­prio per allon­ta­na­re l’infausto even­to, che sareb­be poi sta­to pro­dro­mi­co a una scon­fit­ta alle futu­re pre­si­den­zia­li del 2018. In que­sto sen­so, non cre­dia­mo sia azzar­da­to par­la­re di “auto­gol­pe”[14], anche con­si­de­ran­do che il man­da­to autoas­se­gna­to­si dell’assemblea costi­tuen­te sca­drà nel 2019 e il 10 ago­sto scor­so Madu­ro si è pre­sen­ta­to dinan­zi ad essa per “subor­di­nar­si” (https://tinyurl.com/yccyhvad), otte­nen­do­ne in cam­bio una riso­lu­zio­ne di “rati­fi­ca” adot­ta­ta all’unanimità (https://tinyurl.com/y9h2bn2x) [15].
Come ripro­va dell’obiettivo che il regi­me inten­de otte­ne­re dall’assemblea costi­tuen­te, va segna­la­to che quest’organismo, a tota­le com­po­si­zio­ne cha­vi­sta, non si pro­po­ne affat­to di discu­te­re e adot­ta­re misu­re che pos­sa­no in qual­che modo ser­vi­re a modi­fi­ca­re e miglio­ra­re l’economia disa­stra­ta del Pae­se, for­nen­do un respi­ro di sol­lie­vo alla popo­la­zio­ne, ma solo di per­pe­tua­re il pote­re degli attua­li gover­nan­ti attra­ver­so un’alchimia costi­tu­zio­na­le che can­cel­li di fat­to qual­sia­si for­ma di oppo­si­zio­ne. Il fat­to è che, al di là del­le mire dei set­to­ri più rea­zio­na­ri dell’opposizione, è incon­te­sta­bi­le che il cha­vi­smo ha per­so il soste­gno di gran par­te del­le mas­se popo­la­ri, alcu­ni set­to­ri del­le qua­li han­no par­te­ci­pa­to alle mani­fe­sta­zio­ni di que­sti ulti­mi mesi per pro­te­sta­re con­tro le con­di­zio­ni di vita in Vene­zue­la. Con­di­zio­ni il cui peg­gio­ra­men­to costan­te negli anni è da diso­ne­sti attri­bui­re a pre­sun­ti sabo­tag­gi o impro­ba­bi­li embar­ghi del capi­ta­li­smo inter­na­zio­na­le[16]: basti pen­sa­re che il sala­rio mini­mo è pas­sa­to dai 206 dol­la­ri del 2000 ai 7,68 del 2016; che l’indice di pover­tà estre­ma è pas­sa­to dal 9,60% del 2007 al 51,51% del 2016; che la disoc­cu­pa­zio­ne è pas­sa­ta dall’8,49% del 2007 al 25,35% del solo pri­mo seme­stre del 2017; che l’importazione in Vene­zue­la di beni e ser­vi­zi è crol­la­ta dagli 85,3 miliar­di di dol­la­ri del 2012 ai 28,6 miliar­di del 2016. Frut­to di un gol­pe orche­stra­to dal­la Cia, oppu­re di un’economia total­men­te impo­sta­ta sull’estrazione e la ven­di­ta del greg­gio[17] e di fat­to dein­du­stria­liz­za­ta[18] e deru­ra­liz­za­ta[19]?

Vene­zue­la: uno Sta­to socia­li­sta? un regi­me progressivo?
Fin qui abbia­mo dato un rias­sun­ti­vo sguar­do sul­la gene­si del cha­vi­smo e il suo svi­lup­po negli anni. Ora, però, dob­bia­mo pas­sa­re ad affron­ta­re un’analisi di clas­se del regi­me vene­zue­la­no per pote­re poi, il più cor­ret­ta­men­te pos­si­bi­le, assu­me­re una posi­zio­ne rispet­to a quan­to sta acca­den­do in Venezuela.
Come abbia­mo accen­na­to all’inizio, la mag­gio­ran­za del­la sini­stra inter­na­zio­na­le appog­gia il regi­me cha­vi­sta: o per­ché lo ritie­ne l’incarnazione del c.d. “socia­li­smo del XXI seco­lo”, oppu­re per­ché lo ritie­ne un siste­ma comun­que pro­gres­si­vo rispet­to alla rea­zio­na­ria pro­po­sta del­la Mud, e quin­di da difen­de­re rispet­to a que­sta e alla minac­cia di golpe.
Ini­zia­mo dal­la pri­ma alter­na­ti­va. Quel­lo vene­zue­la­no è un regi­me socia­li­sta? È abba­stan­za sem­pli­ce rispon­de­re che non sia­mo in pre­sen­za di un socia­li­smo, né del XXI, né del XX, né del XIX, né di nes­sun altro seco­lo, a meno di voler rin­ne­ga­re gli inse­gna­men­ti di Karl Marx. Come abbia­mo argo­men­ta­to, sia Chá­vez che Madu­ro non han­no affat­to rot­to col capi­ta­li­smo e l’imperialismo, con i qua­li han­no fat­to sem­pre pro­fit­te­vo­li affa­ri e a cui han­no lascia­to il con­trol­lo di gran par­te dell’economia vene­zue­la­na; inte­ri rami dell’economia sono sta­ti lascia­ti nel con­trol­lo par­zia­le, e in alcu­ni casi tota­le, del­le mul­ti­na­zio­na­li; non c’è in Vene­zue­la mono­po­lio del com­mer­cio este­ro, né pro­gram­ma­zio­ne e pia­ni­fi­ca­zio­ne eco­no­mi­ca cen­tra­liz­za­ta, né la tota­li­tà – o, quan­to­me­no, la mag­gior par­te – dei mez­zi di pro­du­zio­ne appar­tie­ne allo Sta­to; non c’è ombra di soviet o di orga­ni­smi di auto­go­ver­no dei lavo­ra­to­ri; le impre­se che sono sta­te “nazio­na­liz­za­te” non sono sta­te espro­pria­te e poste sot­to il con­trol­lo dei lavo­ra­to­ri, ma acqui­sta­te e paga­te al prez­zo di mer­ca­to secon­do le rego­le del capi­ta­li­smo; la stes­sa Costi­tu­zio­ne boli­va­ria­na garan­ti­sce (art. 115) il dirit­to di pro­prie­tà e la pos­si­bi­li­tà di espro­pria­zio­ne solo pagan­do un “giu­sto inden­niz­zo”, men­tre l’art. 113 garan­ti­sce l’iniziativa pri­va­ta nel­lo sfrut­ta­men­to del­le risor­se natu­ra­li e nei ser­vi­zi pub­bli­ci; non solo la bor­ghe­sia esi­sten­te pri­ma del­la sali­ta al pote­re di Chá­vez non è sta­ta espro­pria­ta, ma – come abbia­mo visto – col cha­vi­smo (e in seno ad esso) ne è sor­ta una nuo­va, la boli­bor­ghe­sia, che con quell’altra si sta dispu­tan­do il con­trol­lo dell’economia del­lo Sta­to; il regi­me di par­ti­to uni­co – il Psuv – ha crea­to una buro­cra­zia che si è infil­tra­ta e ha il gover­no del­le isti­tu­zio­ni sta­ta­li e dei sin­da­ca­ti, di cui uti­liz­za le leve per attac­ca­re e sot­to­met­te­re la clas­se ope­ra­ia; il dirit­to di scio­pe­ro è di fat­to nega­to, dal momen­to che la “Ley orgá­ni­ca de segu­ri­dad de la nación” puni­sce (art. 56) le atti­vi­tà diret­te a col­pi­re i ser­vi­zi pub­bli­ci con la pena da 5 a 10 anni di car­ce­re, così come il “Decre­to ley para la defen­sa de las per­so­nas en el acce­so a los bie­nes y ser­vi­cios” puni­sce chi impe­di­sce la distri­bu­zio­ne di beni essen­zia­li per la popo­la­zio­ne: ed entram­be le nor­ma­ti­ve sono sta­te uti­liz­za­te per per­se­gui­re sin­da­ca­li­sti e atti­vi­sti quan­do han­no orga­niz­za­to e par­te­ci­pa­to a pro­te­ste per miglio­ri con­di­zio­ni sala­ria­li e lavo­ra­ti­ve; il gigan­te­sco debi­to pub­bli­co attra­ver­so il qua­le l’economia nazio­na­le vie­ne di fat­to ete­ro­di­ret­ta dal capi­ta­li­smo inter­na­zio­na­le non è sta­to mai ripu­dia­to, e anzi con­ti­nua ad esse­re reli­gio­sa­men­te paga­to sot­traen­do enor­mi risor­se desti­na­te inve­ce alle neces­si­tà del­la popo­la­zio­ne; le for­ze arma­te – che per la teo­ria mar­xi­sta rap­pre­sen­ta­no la colon­na por­tan­te del­lo Sta­to capi­ta­li­sta – non sono sta­te distrut­te, ma, ere­di­ta­te dal vec­chio regi­me pre‑chavista, sono sta­te blan­di­te con l’assegnazione di rile­van­ti pri­vi­le­gi, coop­ta­te nel nuo­vo regi­me e poste, come abbia­mo già visto, nel­le posi­zio­ni api­ca­li di gestio­ne del­lo Sta­to che su di esse si reg­ge, e non già, come avver­reb­be in uno Sta­to socia­li­sta, sul­la clas­se ope­ra­ia autor­ga­niz­za­ta. È pale­se, dun­que, che il Vene­zue­la non è affat­to uno Sta­to socialista.

Inse­dia­men­to del­l’as­sem­blea costi­tuen­te (Fon­te: mppef.gob.ve)

Quan­to all’altra ragio­ne che spin­ge par­te del­la sini­stra mon­dia­le a soste­ne­re il regi­me di Madu­ro – e cioè che sareb­be pro­gres­si­vo rispet­to alla Mud, per cui biso­gne­reb­be difen­der­lo dall’imminente peri­co­lo di un gol­pe – cre­dia­mo di ave­re espo­sto abbon­dan­ti argo­men­ti per con­fu­ta­re la tesi del “pro­gres­si­smo” del regi­me cha­vi­sta. In real­tà, se è vero che la Mud vuo­le strap­pa­re il pote­re a Madu­ro per impor­re la pro­pria agen­da politico‑economica filoim­pe­ria­li­sta (aper­tu­ra alle mul­ti­na­zio­na­li, subor­di­na­zio­ne tota­le del movi­men­to ope­ra­io e del­la clas­se lavo­ra­tri­ce), non è men vero che il regi­me oggi instau­ra­to in Vene­zue­la, per quel che abbia­mo visto, già appli­ca in par­te quell’agenda, pur sen­za esse­re filoim­pe­ria­li­sta. Si trat­ta, in real­tà, di due set­to­ri bor­ghe­si che si stan­no dispu­tan­do il con­trol­lo dell’economia vene­zue­la­na in rap­pre­sen­tan­za di diver­si e con­tra­stan­ti inte­res­si, ma non cer­to nell’interesse dei lavo­ra­to­ri e del­le mas­se popo­la­ri: tan­to è vero che, se oggi c’è que­sto scon­tro in atto, è per­ché il cha­vi­smo (sia di Chá­vez che di Madu­ro) non ha mai volu­to appro­fon­di­re il pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio, il che avreb­be signi­fi­ca­to, in pri­mo luo­go, schiac­cia­re con la for­za del popo­lo in armi la bor­ghe­sia oggi riu­ni­ta intor­no alla Mud e con­se­gna­re il pote­re ai lavoratori.

Dov’è il golpe?
Ma, si dirà, e il peri­co­lo di un immi­nen­te gol­pe? Inve­ro, quest’argomentazione non vie­ne solo agi­ta­ta dal­la sini­stra sta­li­ni­sta o rifor­mi­sta. Anche una par­te del­la sini­stra tro­tski­sta si sta facen­do tra­sci­na­re nell’inganno del “giù le mani dal Vene­zue­la!”, facen­do ricor­so – per soste­ne­re l’assunto – all’erronea ana­lo­gia col gol­pe di Kor­ni­lov (addi­rit­tu­ra, alcu­ni han­no fat­to rife­ri­men­to al Cile rivo­lu­zio­na­rio del 1973, avan­zan­do l’improbabile equi­pa­ra­zio­ne Maduro/Allende!).
Doman­dia­mo allo­ra: chi è che dovreb­be fare que­sto col­po di sta­to? Qual­che deci­na di miglia­ia fra vec­chie signo­re che inal­be­ra­no car­tel­li con­tro la fame e stu­den­ti arma­ti di pie­tre e, tutt’al più, di qual­che bot­ti­glia molo­tov? E que­sti “eroi” dovreb­be­ro affron­ta­re con stri­scio­ni e sas­si le for­ze arma­te, la Guar­dia nazio­na­le boli­va­ria­na, la poli­zia e i fero­ci colec­ti­vos, men­tre gli uomi­ni del­lo spie­ta­to Sebin pat­tu­glia­no le stra­de seque­stran­do a loro pia­ci­men­to? Né va dimen­ti­ca­to che tut­to l’apparato sta­ta­le, oltre ad appog­giar­si total­men­te su for­ze arma­te com­ple­ta­men­te inte­gra­te nel pote­re, è inner­va­to di uomi­ni del par­ti­to uni­co, il Psuv: sic­ché, può ben par­lar­si di un bloc­co mono­li­ti­co che gesti­sce lo Stato.
Ma i com­plot­ti­sti del­la sini­stra che vedo­no ope­ra­zio­ni del­la Cia da tut­ti i lati stan­no oggi gon­go­lan­do nell’amplificare le dichia­ra­zio­ni di Donald Trump, che ha annun­cia­to di non pote­re scar­ta­re un’operazione mili­ta­re in Vene­zue­la. Si trat­ta di una minac­cia rea­le? Ci sia con­sen­ti­to dubi­tar­ne. Al momen­to, quel­le dichia­ra­zio­ni non van­no oltre le con­sue­te smar­gias­sa­te del pre­si­den­te sta­tu­ni­ten­se. Per­si­no il tutt’altro che bol­sce­vi­co The New York Times evi­den­zia che «ben pochi ana­li­sti pen­sa­no che gli Usa abbia­no rea­li inten­zio­ni di usa­re il loro pote­re mili­ta­re con­tro il Vene­zue­la»[20], aller­tan­do che la minac­cia potreb­be ave­re l’effetto oppo­sto di raf­for­za­re la posi­zio­ne di Madu­ro, non solo nel Pae­se, ma anche nel­la regio­ne, spo­stan­do gli equi­li­bri di altre nazio­ni che fino­ra han­no pre­so le distan­ze dal regi­me cha­vi­sta … E poi, Trump dovreb­be esse­re ben ingra­to a inva­de­re il Vene­zue­la dopo aver rice­vu­to da Madu­ro ben 500.000 dol­la­ri di finan­zia­men­ti – più di Ford (250.000), Coca Cola (300.638), Com­ca­st (250.000), Goo­gle (285.000), Mon­san­to (25.000), Pep­si (257.295), Sam­sung (100.000) e Veri­zon (100.000) – per la sua cam­pa­gna elet­to­ra­le attra­ver­so la Cit­go Petro­leum Cor­po­ra­tion, con­trol­la­ta inte­ra­men­te dal­la Pdv­sa[21]! Il fat­to è che per pre­pa­ra­re un gol­pe è neces­sa­rio pre­di­spor­re ingen­ti pro­gram­mi di finan­zia­men­to, gua­da­gna­re agen­ti sul ter­ri­to­rio, infil­tra­re i cor­pi di intel­li­gen­ce e di sicu­rez­za, met­te­re in pie­di un pro­gram­ma di infor­ma­zio­ne e comu­ni­ca­zio­ne media­ti­ca che pre­pa­ri il ter­re­no. Ma di tut­to ciò non risul­ta­no evi­den­ze ad oggi in Vene­zue­la: se ve ne fos­se­ro sta­ti gli ele­men­ti, cer­ta­men­te gli occhiu­ti ser­vi­zi segre­ti vene­zue­la­ni li avreb­be­ro uti­liz­za­ti come con­tro­pro­pa­gan­da. Anzi, va segna­la­to, da una par­te, che il vice­pre­si­den­te sta­tu­ni­ten­se, Mike Pen­ce, in visi­ta nel­la regio­ne lati­noa­me­ri­ca­na, ha miti­ga­to le spa­val­de­rie di Trump, dichia­ran­do che «il pre­si­den­te con­fi­da che, lavo­ran­do insie­me ai nostri allea­ti in Ame­ri­ca Lati­na, potre­mo tro­va­re una solu­zio­ne paci­fi­ca alla cri­si in cui si tro­va il popo­lo vene­zue­la­no»[22]; e, dall’altra, che il pre­si­den­te del­la Colom­bia Juan Manuel San­tos, il più stret­to allea­to degli Usa nell’area, nel fac­cia a fac­cia avu­to con Pen­ce ha espres­sa­men­te chie­sto che gli Usa si asten­ga­no da qual­sia­si inter­ven­to mili­ta­re in Vene­zue­la, come pure in ogni altra par­te del con­ti­nen­te[23]. E lo stes­so han­no espres­so i pre­si­den­ti dell’Argentina, Macri, e quel­lo del Cile, Bache­let, in con­fe­ren­za stam­pa con­giun­ta con Pen­ce e lo stes­so Santos.

Donald Trump

Dun­que, non c’è, al momen­to, alcu­na avvi­sa­glia di ten­ta­ti­vo di col­po di sta­to mili­ta­re da par­te dell’imperialismo in Vene­zue­la. Chia­ra­men­te, lad­do­ve que­sta che per ora è una pura ipo­te­si com­plot­ti­sti­ca doves­se real­men­te con­cre­tiz­zar­si, sareb­be dove­re mora­le dei rivo­lu­zio­na­ri col­lo­car­si nel cam­po mili­ta­re vene­zue­la­no, al fian­co del­le mas­se popo­la­ri e non cer­to dan­do alcun soste­gno poli­ti­co al gover­no Madu­ro, per favo­ri­re, oltre alla scon­fit­ta del ten­ta­ti­vo impe­ria­li­sta, lo svi­lup­po di un pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio che abbia come obiet­ti­vo la pre­sa del pote­re da par­te dei lavoratori.
Tut­to quan­to abbia­mo sino­ra det­to esclu­de anche ogni impro­prio acco­sta­men­to con il gol­pe di Kor­ni­lov o quel­lo di Pino­chet. Basti solo segna­la­re che nel­la Rus­sia del 1917 e nel Cile del 1973 v’era una situa­zio­ne pro­fon­da­men­te rivo­lu­zio­na­ria, con orga­ni­smi di dop­pio pote­re e la mobi­li­ta­zio­ne per­ma­nen­te dei lavo­ra­to­ri e del popo­lo: cioè, tut­to ciò che man­ca nel Vene­zue­la di Madu­ro, che peral­tro non è para­go­na­bi­le né a Keren­sky, né ad Allen­de, dai qua­li si dif­fe­ren­zia non solo per spes­so­re poli­ti­co e per­so­na­le, ma anche per il tipo di gover­no ch’egli diri­ge. Tali infon­da­te equi­pa­ra­zio­ni, insom­ma, non fan­no altro che por­ta­re, più o meno con­sa­pe­vol­men­te, appog­gio poli­ti­co al gover­no Madu­ro, dislo­can­do chi le uti­liz­za nel cam­po poli­ti­co del regi­me chavista.

Un regi­me bona­par­ti­sta sui gene­ris
E allo­ra, esclu­so che quel­lo vene­zue­la­no sia un regi­me socia­li­sta, o comun­que pro­gres­si­vo, di fron­te a cosa siamo?
Quel­lo cha­vi­sta non rap­pre­sen­ta un feno­me­no nuo­vo nel nove­ro dei siste­mi poli­ti­ci. Con le dovu­te e con­giun­tu­ra­li dif­fe­ren­ze, altri se ne sono regi­stra­ti nel tem­po. Il Mes­si­co del­la fine degli anni 30/inizio 40 fu un esem­pio da cui pren­de­re le mos­se per qua­li­fi­ca­re l’attuale regi­me poli­ti­co vene­zue­la­no. Ed è un esem­pio tan­to più impor­tan­te, per­ché ebbe un testi­mo­ne d’eccezione che ne ana­liz­zò i fondamenti.
León Tro­tsky fu esu­le nel Mes­si­co di que­gli anni, che ave­va come pre­si­den­te Láza­ro Cár­de­nas. Mol­to vici­no alle mas­se popo­la­ri e con­ta­di­ne, Cár­de­nas varò impor­tan­ti rifor­me eco­no­mi­che, tra cui la distri­bu­zio­ne del­le ter­re ai con­ta­di­ni e, in par­ti­co­la­re, la nazio­na­liz­za­zio­ne del­le fer­ro­vie e del­le socie­tà petro­li­fe­re, misu­ra che lo mise in una posi­zio­ne di scon­tro fron­ta­le con gli Usa e l’Inghilterra.

crop_w0_h0_18-marzo-1

Láza­ro Cár­de­nas annun­cia alla radio di aver espro­pria­to il petrolio

Tro­tsky ana­liz­zò a fon­do e in manie­ra bril­lan­te il regi­me car­de­ni­sta, defi­nen­do­lo “bona­par­ti­sta sui gene­ris”:

«Nei Pae­si indu­strial­men­te arre­tra­ti il capi­ta­le stra­nie­ro disim­pe­gna un ruo­lo deci­si­vo. Di qui la rela­ti­va debo­lez­za del­la bor­ghe­sia nazio­na­le rispet­to al pro­le­ta­ria­to nazio­na­le. Ciò crea con­di­zio­ni spe­cia­li di pote­re sta­ta­le. Il gover­no oscil­la tra il capi­ta­le stra­nie­ro e quel­lo nazio­na­le, tra la rela­ti­va­men­te debo­le bor­ghe­sia nazio­na­le e il rela­ti­va­men­te poten­te pro­le­ta­ria­to. Ciò dà al gover­no un carat­te­re bona­par­ti­sta sui gene­ris, di indo­le par­ti­co­la­re. Si ele­va, per così dire, al di sopra del­le clas­si. In real­tà, può gover­na­re o con­ver­ten­do­si in stru­men­to del capi­ta­le stra­nie­ro e sot­to­met­ten­do il pro­le­ta­ria­to con le cate­ne di una dit­ta­tu­ra poli­zie­sca, oppu­re mano­vran­do col pro­le­ta­ria­to, arri­van­do per­si­no al pun­to di far­gli con­ces­sio­ni, gua­da­gnan­do in tal modo la pos­si­bi­li­tà di dispor­re di una cer­ta liber­tà in rela­zio­ne ai capi­ta­li­sti stra­nie­ri. L’attuale poli­ti­ca [del gover­no mes­si­ca­no] si col­lo­ca nel­la secon­da alter­na­ti­va; le sue mag­gio­ri con­qui­ste sono l’espropriazione del­le fer­ro­vie e del­le com­pa­gnie petro­li­fe­re»[24].

Det­to in altri ter­mi­ni: vi può esse­re un bona­par­ti­smo sui gene­ris “di destra”, se si appog­gia di più sul capi­ta­le stra­nie­ro adot­tan­do il carat­te­re di una dit­ta­tu­ra; oppu­re “di sini­stra”, se si appog­gia sul proletariato.Naturalmente, così come il bona­par­ti­smo sui gene­ris allac­cia que­sta rela­zio­ne par­ti­co­la­re con le mas­se e l’imperialismo, allo stes­so modo la sta­bi­li­sce con i sin­da­ca­ti, che ven­go­no sot­to­po­sti alla sua tute­la, svi­lup­pan­do un pro­ces­so di sta­ta­liz­za­zio­ne del­le orga­niz­za­zio­ni operaie:

«I gover­ni dei Pae­si arre­tra­ti, cioè colo­nia­li o semi­co­lo­nia­li, assu­mo­no in gene­ra­le un carat­te­re bona­par­ti­sta o semi­bo­na­par­ti­sta. Dif­fe­ri­sco­no tra loro per il fat­to che alcu­ni cer­ca­no di orien­tar­si ver­so la demo­cra­zia, cer­can­do l’appoggio di ope­rai e con­ta­di­ni, men­tre altri instau­ra­no una stret­ta dit­ta­tu­ra poliziesco‑militare. Ciò deter­mi­na anche la sor­te dei sin­da­ca­ti: o sono sot­to il patro­ci­nio spe­cia­le del­lo Sta­to o sono sog­get­ti a una cru­de­le per­se­cu­zio­ne. Que­sta tute­la del­lo Sta­to è deter­mi­na­ta da due gran­di com­pi­ti che esso deve affron­ta­re: in pri­mo luo­go, attrar­re la clas­se ope­ra­ia, per gua­da­gna­re così un pun­to d’appoggio per la resi­sten­za alle ecces­si­ve pre­te­se dell’imperialismo e al con­tem­po disci­pli­na­re gli ope­rai stes­si ponen­do­li sot­to il con­trol­lo di una buro­cra­zia»[25].

Dun­que, per sintetizzare:

  1. i gover­ni[26] bona­par­ti­sti sui gene­ris sor­go­no come ten­ta­ti­vo di set­to­ri bor­ghe­si nazio­na­li di resi­ste­re alle pres­sio­ni dell’imperialismo e cer­ca­no di uti­liz­za­re in loro favo­re gli attri­ti e le dif­fe­ren­ze fra Pae­si impe­ria­li­sti. Al riguar­do, Tro­tsky segna­la­va che essi «uti­liz­za­no, per difen­der­si, gli anta­go­ni­smi tra i diver­si Pae­si e grup­pi di pae­si impe­ria­li­sti»;
  2. adot­ta­no alcu­ne misu­re antim­pe­ria­li­ste, ma mai supe­ran­do i limi­ti del siste­ma capi­ta­li­sta, né del­lo Sta­to bor­ghe­se: il gover­no Cár­de­nas espro­priò e nazio­na­liz­zò il petro­lio nel 1938; il pero­ni­smo, da par­te sua, nazio­na­liz­zò set­to­ri mol­to impor­tan­ti del­la pro­du­zio­ne: petro­lio, ener­gia elet­tri­ca, fer­ro­vie, tele­co­mu­ni­ca­zio­ni; Nas­ser, in Egit­to, nazio­na­liz­zò il cana­le di Suez;
  3. per con­tra­sta­re la pres­sio­ne impe­ria­li­sta, si appog­gia­no sul movi­men­to di mas­sa, a cui fan­no alcu­ne impor­tan­ti con­ces­sio­ni. La debo­lez­za strut­tu­ra­le del­le bor­ghe­sie nazio­na­li dei pae­si arre­tra­ti rispet­to all’imperialismo le obbli­ga a cer­ca­re l’appoggio dei lavo­ra­to­ri e del­le masse;
  4. eser­ci­ta­no un con­trol­lo buro­cra­ti­co e tota­li­ta­rio dei lavo­ra­to­ri e del­le mas­se, per impe­dir­ne la mobi­li­ta­zio­ne e l’organizzazione indi­pen­den­ti. Tro­tsky segna­lò che le par­ti­co­la­ri con­di­zio­ni del­lo svi­lup­po capi­ta­li­sta dei Pae­si arre­tra­ti (con un gran peso del capi­ta­le impe­ria­li­sta) deter­mi­na­va­no una «rela­ti­va debo­lez­za del­la bor­ghe­sia nazio­na­le in rela­zio­ne al pro­le­ta­ria­to». Que­sto fer­reo con­trol­lo vie­ne sta­bi­li­to sia sul ver­san­te poli­ti­co che nel­le orga­niz­za­zio­ni sin­da­ca­li. Sul ter­re­no sin­da­ca­le, que­sti gover­ni inte­gra­no e subor­di­na­no i lavo­ra­to­ri nel movi­men­to, con chia­ra dire­zio­ne bor­ghe­se: in Mes­si­co come in Argen­ti­na, i sin­da­ca­ti furo­no pra­ti­ca­men­te nazio­na­liz­za­ti (legal­men­te e finan­zia­ria­men­te) e sot­to­po­sti alla dire­zio­ne di buro­cra­ti sin­da­ca­li incon­di­zio­na­ta­men­te fede­li al gover­no (auten­ti­ci fun­zio­na­ri sta­ta­li, più che diri­gen­ti ope­rai), che sta­bi­li­ro­no fun­zio­na­men­ti mol­to tota­li­ta­ri, qua­si sen­za demo­cra­zia operaia.

Cár­de­nas, infat­ti, ave­va espro­pria­to le fer­ro­vie e le impre­se del petro­lio, inne­scan­do un con­tra­sto mol­to for­te con gli Usa e l’Inghilterra, che non sfo­ciò in una rispo­sta arma­ta solo per­ché frat­tan­to era scop­pia­ta la Secon­da guer­ra mon­dia­le. Ave­va asse­gna­to inol­tre alle orga­niz­za­zio­ni ope­ra­ie una rile­van­te par­te di respon­sa­bi­li­tà nell’amministrazione, nel­la pro­du­zio­ne e nel fun­zio­na­men­to dei rami nazio­na­liz­za­ti dell’industria.
Tut­ta­via, quan­to a que­ste misu­re, Tro­tsky evidenziava:

«La nazio­na­liz­za­zio­ne del­le fer­ro­vie e degli impian­ti petro­li­fe­ri in Mes­si­co non ha, natu­ral­men­te, nul­la a che vede­re col socia­li­smo. È una misu­ra di capi­ta­li­smo di Sta­to in un Pae­se arre­tra­to che cer­ca in tal modo di difen­der­si da un lato dall’imperialismo stra­nie­ro e, dall’altro, dal suo stes­so pro­le­ta­ria­to. L’amministrazione del­le fer­ro­vie, degli impian­ti petro­li­fe­ri, ecc., attra­ver­so orga­niz­za­zio­ni ope­ra­ie non ha nul­la a che vede­re con il con­trol­lo ope­ra­io dell’industria, per­ché in ulti­ma ana­li­si l’amministrazione si svi­lup­pa tra­mi­te la buro­cra­zia sin­da­ca­le, che è indi­pen­den­te dagli ope­rai, ma dipen­de total­men­te dal­lo Sta­to bor­ghe­se. Que­sta misu­ra ha l’obiettivo, da par­te del­la clas­se domi­nan­te di disci­pli­na­re la clas­se ope­ra­ia, facen­do­la lavo­ra­re più al ser­vi­zio degli inte­res­si comu­ni del­lo Sta­to, che super­fi­cial­men­te sem­bra­no coin­ci­de­re con quel­li del­la stes­sa clas­se ope­ra­ia. In real­tà, il com­pi­to del­la bor­ghe­sia con­si­ste nel liqui­da­re i sin­da­ca­ti come orga­ni­smi di lot­ta di clas­se e sosti­tuir­li con la buro­cra­zia come orga­ni­smi di domi­na­zio­ne degli ope­rai ad ope­ra del­lo Sta­to bor­ghe­se»[27].

Come si può nota­re, i trat­ti carat­te­ri­sti­ci del bona­par­ti­smo sui gene­ris enu­clea­ti da Tro­tsky pos­so­no, con i neces­sa­ri adat­ta­men­ti dovu­ti alla muta­ta real­tà politico‑sociale, esse­re riscon­tra­ti nel cha­vi­smo: vi ritro­via­mo, infat­ti, le fri­zio­ni con l’imperialismo, l’adozione di misu­re “antim­pe­ria­li­ste”, le con­ces­sio­ni alle clas­si subal­ter­ne, la sta­ta­liz­za­zio­ne e la coop­ta­zio­ne nell’apparato sta­ta­le del­le orga­niz­za­zio­ni dei lavo­ra­to­ri. E se guar­dia­mo a que­sto regi­me nel­la pro­spet­ti­va dell’intero suo cor­so, ben pos­sia­mo soste­ne­re che quel­lo di Chá­vez era più simi­le alla “varian­te di sini­stra”, mag­gior­men­te “orien­ta­ta ver­so la demo­cra­zia”; men­tre quel­lo di Madu­ro può meglio esse­re inqua­dra­to nel­la “varian­te di destra”, con una mag­gio­re pro­pen­sio­ne all’instaurazione di quel­la che Tro­tsky defi­ni­va “dit­ta­tu­ra poliziesco‑militare”.
È chia­ro che il nazio­na­li­smo bor­ghe­se del bona­par­ti­smo sui gene­ris cha­vi­sta si è svi­lup­pa­to in un’epoca dif­fe­ren­te da quel­la dei vari Cár­de­nas, Perón, Nas­ser, i qua­li ave­va­no mar­gi­ni di mano­vra eco­no­mi­ci e poli­ti­ci mol­to più ampi di quel­li che l’epoca attua­le ha asse­gna­to a Chá­vez o Madu­ro, sic­ché la poli­ti­ca di que­sti ulti­mi si è svi­lup­pa­ta in un ambi­to mol­to più ristret­to, con un’azione mol­to più limi­ta­ta (soprat­tut­to per il secon­do) e in un pano­ra­ma inter­na­zio­na­le dif­fe­ren­te, in cui – solo per fare un esem­pio – man­ca­va il “con­trap­pe­so” dell’Urss[28]. Tut­ta­via, è inne­ga­bi­le che il cha­vi­smo pos­sa e deb­ba esse­re carat­te­riz­za­to facen­do uti­le ricor­so alla richia­ma­ta cate­go­riz­za­zio­ne offer­ta da Trotsky.

Come deb­bo­no agi­re i rivo­lu­zio­na­ri rispet­to al bona­par­ti­smo sui gene­ris
In ulti­ma ana­li­si, quel­lo vene­zue­la­no è un “capi­ta­li­smo di Sta­to”. Come tale, sareb­be asso­lu­ta­men­te leta­le per i rivo­lu­zio­na­ri dare al regi­me cha­vi­sta, come sta acca­den­do nel cam­po del­la stra­gran­de mag­gio­ran­za del­la sini­stra inter­na­zio­na­le, un soste­gno poli­ti­co: o di tipo “acri­ti­co”, postu­lan­do il Vene­zue­la come uno Sta­to socia­li­sta (di qual­sia­si seco­lo si voglia!) o in cam­mi­no ver­so il socia­li­smo; oppu­re, rite­nen­do il Pae­se vit­ti­ma di un gol­pe mili­ta­re già in atto o immi­nen­te, orche­stra­to dall’imperialismo sta­tu­ni­ten­se. Un appog­gio poli­ti­co a Madu­ro e al suo gover­no non fareb­be altro che raf­for­zar­ne le poli­ti­che di col­la­bo­ra­zio­ne col capi­ta­li­smo e di ulte­rio­re subor­di­na­zio­ne del movi­men­to operaio.
Ma non sareb­be meno dan­no­so, per chi si rifà ai prin­ci­pi del mar­xi­smo, liqui­da­re il feno­me­no cha­vi­sta in manie­ra set­ta­ria, sen­za appro­fon­di­re un’analisi seria del­le con­cre­te misu­re vara­te nel tem­po allo sco­po di ela­bo­ra­re una poli­ti­ca uti­le per l’attuale situa­zio­ne vene­zue­la­na, fino a giun­ge­re – come ad esem­pio fa la Lit – a dislo­car­si ogget­ti­va­men­te nel cam­po del­la destra rea­zio­na­ria, agi­tan­do insie­me a que­sta la ban­die­ra del “¡Fue­ra Madu­ro!”[29].
Come abbia­mo visto, Tro­tsky inqua­drò nel­la giu­sta luce la misu­ra car­de­ni­sta del­la nazio­na­liz­za­zio­ne del petro­lio. E lo ripe­te qui:

«L’espropriazione del petro­lio non è né socia­li­sta né comunista».

Tut­ta­via, aggiunge:

«È una misu­ra di dife­sa nazio­na­le alta­men­te progressiva».

E spe­ci­fi­ca:

«I rivo­lu­zio­na­ri non han­no alcu­na neces­si­tà di cam­bia­re colo­re […]. Sen­za rinun­cia­re alla loro iden­ti­tà, tut­te le orga­niz­za­zio­ni one­ste del­la clas­se ope­ra­ia del mon­do inte­ro […] han­no il dove­re di assu­me­re una posi­zio­ne incon­ci­lia­bi­le con­tro i ladro­ni impe­ria­li­sti, la loro diplo­ma­zia, la loro stam­pa e i loro cor­ti­gia­ni fasci­sti. La cau­sa del Mes­si­co […] è la cau­sa del­la clas­se ope­ra­ia inter­na­zio­na­le. La lot­ta per il petro­lio mes­si­ca­no è solo una del­le sca­ra­muc­ce d’avanguardia del­le futu­re bat­ta­glie tra gli oppres­so­ri e gli oppres­si»[30].

Come si vede, Tro­tsky difen­de­va, e non cer­to cri­ti­ca­va, le misu­re car­de­ni­ste; face­va appel­lo alla clas­se ope­ra­ia ad appog­giar­le e difen­der­le, pur non essen­do “né socia­li­ste, né comu­ni­ste”. In altri ter­mi­ni, dis­so­cia­va quel­la che vede­va come “una misu­ra di dife­sa nazio­na­le alta­men­te pro­gres­si­va” dal­le pen­nel­la­te di “socia­li­smo” con cui le colo­ra­va il gover­no che l’adottava.

petroleo

Mani­fe­sta­zio­ne in Mes­si­co a favo­re dell’espropriazione del petrolio

Allo stes­so modo argo­men­ta­va per quel che riguar­da l’amministrazione del­le impre­se nazionalizzate:

«Que­ste misu­re si inqua­dra­no per inte­ro nei limi­ti del capi­ta­li­smo di Sta­to. Tut­ta­via, in un Pae­se semi­co­lo­nia­le, il capi­ta­li­smo di Sta­to si tro­va sot­to la for­te pres­sio­ne del capi­ta­le pri­va­to stra­nie­ro e dei suoi gover­ni, e non può man­te­ner­si sen­za l’appoggio atti­vo dei lavo­ra­to­ri. Ciò spie­ga per­ché, sen­za che il pote­re rea­le gli sfug­ga dal­le mani, [il gover­no mes­si­ca­no] cer­ca di dare alle orga­niz­za­zio­ni ope­ra­ie una rile­van­te par­te di respon­sa­bi­li­tà nel fun­zio­na­men­to del­la pro­du­zio­ne dei rami nazio­na­liz­za­ti dell’industria.
Qua­le dovreb­be esse­re la poli­ti­ca del par­ti­to ope­ra­io in que­ste cir­co­stan­ze? […] Il gover­no bor­ghe­se ha por­ta­to a ter­mi­ne auto­no­ma­men­te le nazio­na­liz­za­zio­ni e si è visto obbli­ga­to a chie­de­re la par­te­ci­pa­zio­ne dei lavo­ra­to­ri all’amministrazione dell’industria nazio­na­liz­za­ta. Natu­ral­men­te, si può elu­de­re la que­stio­ne addu­cen­do che, a meno che il pro­le­ta­ria­to non pren­da il pote­re, la par­te­ci­pa­zio­ne dei sin­da­ca­ti nel­la gestio­ne del­le impre­se del capi­ta­li­smo di Sta­to non può dare risul­ta­ti socia­li­sti. Tut­ta­via, una poli­ti­ca così nega­ti­va da par­te dell’ala rivo­lu­zio­na­ria non sareb­be com­pre­sa dal­le mas­se e raf­for­ze­reb­be le posi­zio­ni oppor­tu­ni­ste. Per i mar­xi­sti non si trat­ta di costrui­re il socia­li­smo con le mani del­la bor­ghe­sia, ma di uti­liz­za­re le situa­zio­ni che si pre­sen­ta­no nel capi­ta­li­smo di Sta­to e far avan­za­re il movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio dei lavo­ra­to­ri»[31].

Anche sot­to quest’altro pro­fi­lo, dun­que, Tro­tsky spin­ge­va i rivo­lu­zio­na­ri per­ché inter­ve­nis­se­ro sen­za alcu­na for­ma di set­ta­ri­smo nell’amministrazione del­le impre­se nazio­na­liz­za­te, e il pro­sie­guo del testo appe­na cita­to lo con­fer­ma, lad­do­ve spie­ga che la par­te­ci­pa­zio­ne nel­la gestio­ne di un cer­to ramo dell’industria offre un’ampia oppor­tu­ni­tà di oppo­si­zio­ne poli­ti­ca, a con­di­zio­ne di lot­ta­re instan­ca­bil­men­te, per­si­no da una posi­zio­ne estre­ma­men­te mar­gi­na­le (per quan­to «di ecce­zio­na­le impor­tan­za»), per l’indipendenza del movi­men­to ope­ra­io, per la demo­cra­zia ope­ra­ia[32]. Il sen­so degli inse­gna­men­ti di Tro­tsky sta­va dun­que nel­lo svi­lup­pa­re una poli­ti­ca che dia­lo­gas­se con la base ope­ra­ia e popo­la­re del car­de­ni­smo par­ten­do da una posi­zio­ne di chia­ra indi­pen­den­za di clas­se rispet­to ad esso.
Ecco per­ché Tro­tsky “bac­chet­ta­va” que­gli stes­si appar­te­nen­ti alla Quar­ta Inter­na­zio­na­le che chia­ma­va­no all’azione diret­ta con­tro Cár­de­nas, nel con­tem­po accu­san­do lo stes­so Tro­tsky di abban­do­na­re la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te in favo­re di una visio­ne tappista:

«… c’è un’incomprensione del­la que­stio­ne del sal­to del­le tap­pe. La let­te­ra­tu­ra del movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio è scrit­ta prin­ci­pal­men­te dal pun­to di vista dei Pae­si indu­stria­li avan­za­ti, ed è com­pre­sa solo alla luce di que­sti Pae­si. È così, ad esem­pio, che i nostri com­pa­gni mes­si­ca­ni com­pren­do­no la que­stio­ne del sal­to del­le tap­pe. Per­ché in Mes­si­co non sal­ta­re le pros­si­me tap­pe e giun­ge­re diret­ta­men­te a quel­la del­la rivo­lu­zio­ne pro­le­ta­ria? Non si è fat­to alcu­no sfor­zo per con­si­de­ra­re il movi­men­to dal pun­to di vista del­la rea­liz­za­zio­ne dei com­pi­ti democratici. […]
Che la sto­ria pos­sa sal­ta­re le tap­pe è evi­den­te. […] Il pro­le­ta­ria­to può sal­ta­re la tap­pa del­la demo­cra­zia, ma noi non pos­sia­mo sal­ta­re le tap­pe del­lo svi­lup­po del pro­le­ta­ria­to. Cre­do che i nostri com­pa­gni, in Mes­si­co e fuo­ri di esso, cer­chi­no in manie­ra astrat­ta di sal­ta­re, quan­to al pro­le­ta­ria­to e per­si­no alla sto­ria in gene­ra­le, non con le mas­se sopra cer­te tap­pe, ben­sì sopra la sto­ria in gene­ra­le e, soprat­tut­to, sopra lo svi­lup­po del pro­le­ta­ria­to»[33].

Dun­que, i mar­xi­sti rivo­lu­zio­na­ri deb­bo­no costrui­re la loro poli­ti­ca par­ten­do dal­lo svi­lup­po con­cre­to del movi­men­to ope­ra­io. Solo così potran­no indi­riz­zar­lo sul­la via del­la rivoluzione:

«… nel cor­so del­la lot­ta per i com­pi­ti demo­cra­ti­ci, oppo­nia­mo il pro­le­ta­ria­to alla bor­ghe­sia. L’indipendenza del pro­le­ta­ria­to, per­si­no all’inizio di que­sto movi­men­to, è asso­lu­ta­men­te neces­sa­ria»[34].

Insom­ma, per Tro­tsky, il nazio­na­li­smo bor­ghe­se può anche ave­re – come in Mes­si­co con Cár­de­nas ave­va – la dire­zio­ne del movi­men­to ope­ra­io, ma non deve sul­lo stes­so eser­ci­ta­re l’egemonia: di qui la neces­si­tà dell’indipendenza del­la clas­se ope­ra­ia rispet­to ad esso e rispet­to all’organizzazione che lo rap­pre­sen­ta, che Tro­tsky defi­ni­sce “fron­te popo­la­re sot­to for­ma di partito”.
Il com­pi­to per i rivo­lu­zio­na­ri, allo­ra, è man­te­ne­re l’indipendenza del­la pro­pria orga­niz­za­zio­ne e lot­ta­re per l’indipendenza del­le orga­niz­za­zio­ni ope­ra­ie rispet­to al governo:

«… in Mes­si­co più che in qual­sia­si altro posto, la lot­ta con­tro la bor­ghe­sia e il suo gover­no con­si­ste innan­zi­tut­to nel libe­ra­re i sin­da­ca­ti dal­la loro dipen­den­za rispet­to al gover­no. For­mal­men­te, nei sin­da­ca­ti mes­si­ca­ni c’è tut­to il pro­le­ta­ria­to. L’essenza del mar­xi­smo con­si­ste nell’offrire una dire­zio­ne alla lot­ta di clas­se del pro­le­ta­ria­to. Ma que­sta esi­ge la sua indi­pen­den­za dal­la bor­ghe­sia. Con­se­guen­te­men­te, la lot­ta di clas­se in Mes­si­co dev’essere orien­ta­ta a gua­da­gna­re l’indipendenza dei sin­da­ca­ti dal­lo Sta­to bor­ghe­se»[35].

Dun­que, in un regi­me bona­par­ti­sta sui gene­ris la poli­ti­ca dei rivo­lu­zio­na­ri deve esse­re inte­ra­men­te ver­sa­ta nel lavo­ro all’interno dei sin­da­ca­ti coop­ta­ti nel­le isti­tu­zio­ni del­lo Sta­to. Con­tro la poli­ti­ca degli avven­tu­ri­sti, di colo­ro che leg­go­no sche­ma­ti­ca­men­te e astrat­ta­men­te le dina­mi­che del­la lot­ta di clas­se, reci­tan­do come un man­tra in tut­ti i luo­ghi e in tut­te le con­di­zio­ni le paro­le d’ordine del­la rivo­lu­zio­ne pro­le­ta­ria, Tro­tsky ammo­ni­va che non si pos­so­no sal­ta­re le tap­pe e, soprat­tut­to, quel­la del­lo svi­lup­po con­cre­to del movi­men­to operaio:

«Non pos­sia­mo dire agli ope­rai: “Date­ci la dire­zio­ne e noi vi mostre­re­mo ciò che biso­gna fare!”»[36].

Ecco per­ché Tro­tsky rite­ne­va che il pro­le­ta­ria­to doves­se “fare la sua espe­rien­za” con il nazio­na­li­smo bor­ghe­se, anche da una posi­zio­ne mino­ri­ta­ria, pur­ché si per­se­guis­se il com­pi­to prio­ri­ta­rio dell’indipendenza di clas­se, pur di fron­te a una dire­zio­ne del movi­men­to da par­te di quello:

«[…] que­sto non è il nostro Sta­to e dob­bia­mo esse­re indi­pen­den­ti di fron­te ad esso. In que­sto sen­so, non ci oppo­nia­mo al capi­ta­li­smo di Sta­to in Mes­si­co; ma la pri­ma cosa che riven­di­chia­mo è la nostra pro­pria rap­pre­sen­ta­zio­ne come lavo­ra­to­ri di fron­te allo Sta­to»[37].

E ciò vale­va sia con­tro gli ste­ri­li decla­ma­to­ri dell’azione diret­ta con­tro lo Sta­to nazio­na­li­sta bor­ghe­se, sia con­tro colo­ro che pen­sa­va­no di impos­ses­sar­si di esso dall’interno, attra­ver­so la par­te­ci­pa­zio­ne degli ope­rai all’amministrazione del­le impre­se nazio­na­liz­za­te: «Non si può pren­de­re il pote­re per que­sta via paci­fi­ca – aller­ta­va Tro­tsky – È un sogno da pic­co­lo­bor­ghe­si».

Con­clu­sio­ni (neces­sa­ria­men­te provvisorie)
Cre­dia­mo che lo stu­dio fat­to da Tro­tsky sul nazio­na­li­smo bor­ghe­se di Cár­de­nas e il suo regi­me bona­par­ti­sta sui gene­ris deb­ba, con gli oppor­tu­ni adat­ta­men­ti, esse­re uti­liz­za­to per inqua­dra­re il regi­me cha­vi­sta e com­pren­de­re qua­le atteg­gia­men­to deb­ba­no assu­me­re di fron­te ad esso i rivo­lu­zio­na­ri. Cer­ta­men­te, le con­di­zio­ni nazio­na­li e inter­na­zio­na­li che vive­va il Mes­si­co di allo­ra, e che vive il Vene­zue­la di oggi, sono mol­to muta­te. Il nazio­na­li­smo bor­ghe­se di Chá­vez (nean­che a par­la­re di quel­lo di Madu­ro!), così come fu quel­lo di Cár­de­nas, è tutt’altro che la rea­liz­za­zio­ne del socia­li­smo, e non è nem­me­no la sua anti­ca­me­ra. Peral­tro, come abbia­mo visto, le misu­re adot­ta­te da Chá­vez non somi­glia­no nean­che lon­ta­na­men­te alle espro­pria­zio­ni rea­liz­za­te da Cár­de­nas. Ma, a dispet­to del­le dif­fe­ren­ze, entram­bi han­no agi­to entro i limi­ti del siste­ma capi­ta­li­sta, con­ser­van­do­ne inte­gral­men­te la strut­tu­ra: entram­bi han­no rea­liz­za­to un capi­ta­li­smo di Stato.
E allo­ra, al ter­mi­ne di que­sto neces­sa­ria­men­te lun­go excur­sus, cre­dia­mo di poter giun­ge­re a talu­ne, sia pure neces­sa­ria­men­te prov­vi­so­rie, con­clu­sio­ni: prov­vi­so­rie per­ché un’analisi scien­ti­fi­ca di una situa­zio­ne come quel­la vene­zue­la­na, uti­liz­zan­do il meto­do mar­xi­sta, pre­sup­po­ne uno stu­dio cau­to sul­le con­di­zio­ni date, osser­van­do le ten­den­ze sul­la base dei rap­por­ti di for­za esi­sten­ti e a par­ti­re da essi, altri­men­ti si cade nell’impressionismo e nell’avventurismo. È il caso, ad esem­pio, del minac­cia­to inter­ven­to mili­ta­re sta­tu­ni­ten­se. In que­sto momen­to, come abbia­mo già spe­ci­fi­ca­to, non sem­bra­no sus­si­ste­re le con­cre­te con­di­zio­ni per­ché que­sta sia un’ipotesi attua­le. Poi, come dovreb­be esse­re chia­ro a tut­ti, ove doves­se­ro muta­re quel­le con­di­zio­ni, potrem­mo tro­var­ci di fron­te a uno sce­na­rio diver­so. E non dubi­tia­mo che que­gli stes­si impres­sio­ni­sti e avven­tu­ri­sti direb­be­ro: “Visto? Ave­va­mo ragio­ne noi” … Come peral­tro fan­no quel­li che, tut­ti entu­sia­sti, dichia­ra­no al mon­do inte­ro che per due vol­te al gior­no l’orologio rot­to ha segna­to l’ora esat­ta che loro ave­va­no previsto.
Ma con­clu­sio­ni prov­vi­so­rie non vuol dire con­clu­sio­ni estem­po­ra­nee. A nostro avvi­so, in que­sto momen­to, la ten­den­za in Vene­zue­la pare diri­ger­si ver­so la sta­bi­liz­za­zio­ne. Lo sce­na­rio inter­na­zio­na­le non depo­ne affat­to per una con­cre­tiz­za­zio­ne del­le smar­gias­sa­te di Trump. A livel­lo nazio­na­le, il mar­chin­ge­gno costi­tu­zio­na­le idea­to da Madu­ro indi­riz­za il Pae­se ver­so una mag­gio­re bona­par­tiz­za­zio­ne del regi­me, con mino­ri spa­zi di demo­cra­zia (bor­ghe­se) per l’opposizione del­la Mud[38]. Se non doves­se­ro nel frat­tem­po esser­ci impor­tan­ti rivol­gi­men­ti – per i qua­li, allo sta­to, non è pos­si­bi­le fare pre­vi­sio­ni – una nuo­va valu­ta­zio­ne andrà fat­ta in autun­no, quan­do si ter­ran­no le ele­zio­ni regio­na­li che il gover­no Madu­ro ha sem­pre rin­via­to per evi­ta­re un con­so­li­da­men­to e un appro­fon­di­men­to del­la pro­pria scon­fit­ta elet­to­ra­le già matu­ra­ta nel dicem­bre 2015: e, natu­ral­men­te, qual­sia­si risul­ta­to doves­se usci­re dal­le urne, dovrà esse­re let­to alla luce del­la nuo­va archi­tet­tu­ra costi­tu­zio­na­le par­to­ri­ta da un’assemblea costi­tuen­te posta­si al di sopra dei pote­ri che pro­ma­na­no dal­la Costi­tu­zio­ne cha­vi­sta con­trad­dit­to­ria­men­te pur sem­pre in vigore.
Il dram­ma del Vene­zue­la – un Pae­se che si dibat­te nell’agonia di un’illusione, l’illusione cioè che si pos­sa instau­ra­re un nuo­vo regi­me socia­le sen­za rove­scia­re il capi­ta­li­smo – sta anche nel fat­to che il cha­vi­smo ha fat­to in tut­ti que­sti anni ter­ra bru­cia­ta rispet­to ad ogni pos­si­bi­le oppo­si­zio­ne alla sua sini­stra, com­pli­ce la capi­to­la­zio­ne a Chá­vez, e al suo “socia­li­smo del XXI seco­lo”, del­la sini­stra inter­na­zio­na­le (e per­si­no di mol­te cor­ren­ti che si richia­ma­no al tro­tski­smo): la pola­riz­za­zio­ne tra un regi­me sem­pre più dispo­ti­co e una destra inner­va­ta da set­to­ri fasci­sti è il frut­to ama­ro di que­sta poli­ti­ca di capi­to­la­zio­ne in cui una par­te impor­tan­te dei diri­gen­ti del movi­men­to ope­ra­io vene­zue­la­no ha sacri­fi­ca­to la pro­spet­ti­va rivo­lu­zio­na­ria per inte­grar­si nel Psuv e nei sin­da­ca­ti di regi­me, pen­san­do che fos­se pos­si­bi­le, come denun­cia­va Tro­tsky, impos­ses­sar­si del­lo Sta­to dall’interno, e rinun­cian­do di fat­to al suo ruo­lo di dire­zio­ne: con­se­gnan­do così mani e pie­di se stes­sa e la clas­se lavo­ra­tri­ce alla buro­cra­zia chavista.
La situa­zio­ne da cui oggi deb­bo­no ripar­ti­re i rivo­lu­zio­na­ri è estre­ma­men­te dif­fi­ci­le, ma non si svi­lup­pa in un pano­ra­ma deser­ti­fi­ca­to. Alcu­ni set­to­ri del c.d. “cha­vi­smo cri­ti­co”, dei cha­vi­sti che han­no rot­to col gover­no, del movi­men­to ope­ra­io vene­zue­la­no, del­la sini­stra demo­cra­ti­ca e auto­no­ma, stan­no emer­gen­do in oppo­si­zio­ne al regi­me, e tra essi va allac­cia­ta un’interlocuzione. È neces­sa­rio che le dif­fe­ren­ze non sia­no di osta­co­lo alla crea­zio­ne di un fron­te uni­co che miri a dia­lo­ga­re con la base ope­ra­ia e popo­la­re del cha­vi­smo e a sot­trar­re fet­te sem­pre più gran­di del­la clas­se lavo­ra­tri­ce all’influenza di quel­lo stes­so cha­vi­smo che le sta con­dan­nan­do alla pas­si­vi­tà di fron­te allo scon­tro tra due bor­ghe­sie che, in rap­pre­sen­tan­za di inte­res­si con­trap­po­sti, pun­ta­no ad ave­re il gover­no del­lo Sta­to per gesti­re le enor­mi risor­se di cui il Vene­zue­la dispo­ne. Solo svi­lup­pan­do que­sta poli­ti­ca, sarà pos­si­bi­le cana­liz­za­re lo scon­ten­to del popo­lo cha­vi­sta e di set­to­ri con incli­na­zio­ni di sini­stra strap­pan­do­li alla pos­si­bi­le influen­za del­la Mud. Una gran­de respon­sa­bi­li­tà incom­be anche sul­la sini­stra rivo­lu­zio­na­ria inter­na­zio­na­le, che deve soste­ne­re lo sfor­zo di uni­fi­ca­zio­ne di quei set­to­ri per­ché, ripren­den­do gli inse­gna­men­ti di Tro­tsky, lot­ti­no per affer­ma­re, anche da posi­zio­ni estre­ma­men­te mino­ri­ta­rie, l’indipendenza di clas­se del movi­men­to ope­ra­io e la demo­cra­zia operaia.

Risultati immagini

Tro­tsky in Mes­si­co con sua moglie Nata­lia e, al cen­tro, la pit­tri­ce Fri­da Kahlo

Negli scrit­ti che abbia­mo più vol­te cita­to, il vec­chio Tro­tsky, nell’enunciare le pos­si­bi­li­tà rivo­lu­zio­na­rie che pos­so­no aprir­si dal lavo­ro all’interno degli orga­ni­smi di ammi­ni­stra­zio­ne del­le impre­se nazio­na­liz­za­te, si chie­de­va se in ulti­ma ana­li­si sareb­be sta­to il capi­ta­li­smo di Sta­to attra­ver­so i suoi sin­da­ca­ti con­trol­la­ti a con­te­ne­re gli ope­rai, sfrut­tar­li cru­del­men­te e para­liz­zar­ne la resi­sten­za; oppu­re gli ope­rai stes­si dal­le loro posi­zio­ni nei rami indu­stria­li nazio­na­liz­za­ti a por­ta­re l’attacco con­tro le for­ze del capi­ta­le e del­lo Sta­to bor­ghe­se. E rispon­de­va, nell’impossibilità di pre­dir­lo, che tut­to sareb­be dipe­so dal­la lot­ta del­le dif­fe­ren­ti ten­den­ze del­la clas­se ope­ra­ia, dall’esperienza dei lavo­ra­to­ri e dal­la situa­zio­ne mon­dia­le. Ma – aggiun­ge­va – in ogni caso, per uti­liz­za­re que­sta for­ma di atti­vi­tà nell’interesse dei lavo­ra­to­ri e non del­la buro­cra­zia, è neces­sa­rio un par­ti­to mar­xi­sta rivo­lu­zio­na­rio che, stu­dian­do atten­ta­men­te tut­te le for­me di atti­vi­tà del­la clas­se ope­ra­ia, ne cri­ti­chi ogni devia­zio­ne, edu­chi e orga­niz­zi i lavo­ra­to­ri, gua­da­gnan­do influen­za nei sin­da­ca­ti e assi­cu­ran­do una rap­pre­sen­ta­zio­ne ope­ra­ia rivo­lu­zio­na­ria nell’industria nazionalizzata.
Lo stes­so può dir­si del Vene­zue­la di oggi, dove man­ca del tut­to quel par­ti­to e dove per­ciò è ste­ri­le acca­de­mi­ci­smo avven­tu­ri­sta e impres­sio­ni­sta – oltre a rap­pre­sen­ta­re un’oggettiva com­pli­ci­tà con la destra rea­zio­na­ria del­la Mud – agi­ta­re la paro­la d’ordine del­la cac­cia­ta di Madu­ro; né quel par­ti­to esi­ste­rà mai se si darà inve­ce soste­gno poli­ti­co al gover­no cha­vi­sta raf­for­zan­do­ne le ten­den­ze bona­par­ti­ste e sem­pre più autoritarie.
L’unica poli­ti­ca con­cre­ta che oggi pos­so­no ela­bo­ra­re e svi­lup­pa­re i rivo­lu­zio­na­ri è, nel­le dif­fi­col­tà del­la situa­zio­ne nazio­na­le e inter­na­zio­na­le descrit­ta, get­ta­re le basi per la costru­zio­ne – a par­ti­re da quei set­to­ri del­la sini­stra vene­zue­la­na cui abbia­mo accen­na­to – del par­ti­to rivoluzionario.

 

[*] L’articolo, in real­tà, è il frut­to di un’approfondita discus­sio­ne all’interno del Col­let­ti­vo “Assal­to al cie­lo”, non solo sul­la tesi por­ta­ta avan­ti da chi lo ha fir­ma­to, ma anche sul mate­ria­le di ricer­ca e teo­ri­co che lo fondamenta.


Note

[1] La Mesa de la Uni­dad Demo­crá­ti­ca – che poi tan­to “oppo­si­zio­ne” non è, visto che dispo­ne del­la mag­gio­ran­za par­la­men­ta­re – è una coa­li­zio­ne mol­to ampia di diver­si par­ti­ti che van­no dal­la demo­cra­zia cri­stia­na, al libe­ra­li­smo, al socia­li­smo demo­cra­ti­co, al cri­stia­ne­si­mo socia­le, al pro­gres­si­smo, al sin­da­ca­li­smo socia­li­sta, all’ambientalismo. Solo alcu­ni di essi espri­mo­no il radi­ca­li­smo rea­zio­na­rio del­la più bece­ra bor­ghe­sia vene­zue­la­na diret­ta­men­te lega­ta agli inte­res­si di quel­la statunitense.
[2] Ma che più accu­ra­ta­men­te Marx defi­ni­va “socia­li­sti bor­ghe­si”. Par­lia­mo qui di colo­ro che negli anni han­no sem­pre indi­vi­dua­to a livel­lo inter­na­zio­na­le un rife­ri­men­to da sban­die­ra­re, for­se per con­tra­sta­re la pro­pria cre­scen­te irri­le­van­za poli­ti­ca: pen­sia­mo, ad esem­pio, a Rifon­da­zio­ne comu­ni­sta, che di vol­ta in vol­ta ha assun­to come pro­pri “ves­sil­li” Jospin, Lula, Lafon­tai­ne, Chá­vez, fino a Tsipras.
[3] Un esem­pio di que­ste è la Lit, che pone al cen­tro del pro­prio pro­gram­ma poli­ti­co per il Vene­zue­la la paro­la d’ordine del­la cac­cia­ta di Maduro.
[4] «La dimi­nu­zio­ne del­la pover­tà è uno dei pila­stri del­la gestio­ne di Hugo Chá­vez», dichia­ra­va sen­za mez­zi ter­mi­ni un arti­co­lo del­la BBC (“Entre los núme­ros y la rea­li­dad”, alla pagi­na https://tinyurl.com/y87uk8j).
[5] Nell’attuale gover­no Madu­ro, 11 mini­stri su 32 sono mem­bri del­le for­ze arma­te. Gli Sta­ti di Cara­bo­bo, Apu­re, Bolí­var, Guá­ri­co, Zulia, Yara­cuy, Tru­jil­lo, Nue­va Espar­ta, Por­tu­gue­sa, Var­gas e Táchi­ra han­no mili­ta­ri come gover­na­to­ri. La pre­sen­za mili­ta­re in Pdv­sa è aumen­ta­ta dall’inizio di quest’anno. La Fanb (For­za arma­ta nazio­na­le boli­va­ria­na) diri­ge e con­trol­la tut­ta una serie di impre­se: la ban­ca Ban­Fanb, l’impresa agri­co­la Agro­Fanb, quel­la dei tra­spor­ti Emil­tra, del­le comu­ni­ca­zio­ni Emco­Fanb, il cana­le tele­vi­si­vo TvFanb, l’impresa mista di pro­get­ti di tec­no­lo­gia Tec­no­mar, il fon­do d’investimento Fimnp, l’impresa di costru­zio­ni Con­stru­Fanb, l’impresa mista Can­cor­Fanb, del­le acque mine­ra­li Água Tiu­na, non­ché la Camin­peg, una com­pa­gnia ano­ni­ma di indu­strie mine­ra­li, petro­li­fe­re e del gas, crea­ta nel feb­bra­io 2016 e che pas­sa per esse­re una Pdv­sa paral­le­la. Poco tem­po fa, Madu­ro ha pro­mos­so in un solo gior­no 195 uffi­cia­li al ran­go di gene­ra­li: i più di 2.000 gene­ra­li esi­sten­ti godo­no di enor­mi pri­vi­le­gi, come favo­re­vo­li tas­si di cam­bio dei dol­la­ri, oltre a con­trol­la­re il siste­ma di distri­bu­zio­ne dei gene­ri ali­men­ta­ri. Il gene­ra­le Vla­di­mir Padri­no López, attua­le mini­stro del­la Dife­sa, fra i suoi pote­ri ha quel­lo di con­trol­la­re i por­ti del Pae­se e set­to­ri del­le indu­strie mine­ra­rie e petrolifere.
[6] È fin trop­po famo­so un discor­so pro­nun­cia­to il 24 mar­zo 2007 al Tea­tro Tere­sa Car­reño, in cui Chá­vez si pro­nun­ciò con­tro l’autonomia sin­da­ca­le con le paro­le: «I sin­da­ca­ti non devo­no esse­re auto­no­mi, biso­gna finir­la con que­sta sto­ria!».
[7] E i nego­zia­ti sono pro­se­gui­ti anche duran­te la pre­si­den­za Madu­ro: nel giu­gno 2015, Dio­sda­do Cabel­lo, il più “illu­stre” rap­pre­sen­tan­te del­la boli­bor­ghe­sia vene­zue­la­na, già mem­bro del­le for­ze arma­te e nume­ro due del par­ti­to uni­co e del regi­me, si incon­trò con Tho­mas Shan­non, con­si­glie­re del Dipar­ti­men­to di Sta­to Usa, «con l’intenzione di nor­ma­liz­za­re le rela­zio­ni diplo­ma­ti­che nel rispet­to del­la legi­sla­zio­ne inter­na­zio­na­le, la sovra­ni­tà e l’autodeterminazione dei popo­li» (https://tinyurl.com/ybtctakh). Pro­prio in que­sti gior­ni, Madu­ro ha dato dispo­si­zio­ni al suo mini­stro degli Este­ri, Jor­ge Arrea­za, di orga­niz­za­re un incon­tro con il pre­si­den­te Usa, Donald Trump, allo sco­po di instau­ra­re buo­ne rela­zio­ni col Pae­se nor­da­me­ri­ca­no e discu­te­re del­la situa­zio­ne del Vene­zue­la (https://tinyurl.com/ybw78bn4).
[8] Tan­to che, oggi, il Vene­zue­la è il ter­zo for­ni­to­re di greg­gio degli Sta­ti Uniti.
[9] L’art. 115 del­la Costi­tu­zio­ne vene­zue­la­na garan­ti­sce il dirit­to di pro­prie­tà e la pos­si­bi­li­tà di espro­pria­zio­ne solo pagan­do un “giu­sto inden­niz­zo”. L’art. 113 garan­ti­sce l’iniziativa pri­va­ta nel­lo sfrut­ta­men­to del­le risor­se natu­ra­li e nei ser­vi­zi pub­bli­ci: è ciò che ren­de pos­si­bi­le alle mul­ti­na­zio­na­li impe­ria­li­ste Che­vron o Exxon‑Mobil di con­trol­la­re il 40% del­la pro­du­zio­ne ed espor­ta­zio­ne di petro­lio. Nel set­to­re auto­mo­bi­li­sti­co tale quo­ta sale fino a oltre il 90%.
[10] “Avan­za il con­trol­lo sta­ta­le sui sin­da­ca­ti in Vene­zue­la”, alla pagi­na https://tinyurl.com/y9k6t98f.
[11] “Infor­me sobre el dere­cho a la liber­tad sin­di­cal en Vene­zue­la pre­sen­ta­do a la Comi­sión Inte­ra­me­ri­ca­na de Dere­chos Huma­nos”, all’indirizzo https://tinyurl.com/y792sasc.
[12] Ben­ché non sia­no cer­to il cari­sma per­so­na­le o l’autorevolezza le qua­li­tà poli­ti­che da tene­re pre­sen­ti in un’analisi di classe.
[13] Si è così veri­fi­ca­to il para­dos­so di un regi­me che ritie­ne “supe­ra­ta” la Costi­tu­zio­ne da esso stes­so vara­ta e di un’opposizione che, dopo aver­la “subi­ta” è sce­sa in piaz­za per difenderla!
[14] Solo di pas­sa­ta, ci pia­ce evi­den­zia­re come un’organizzazione del­la sini­stra che si richia­ma al tro­tski­smo come la Lit, che ha costrui­to tut­ta la sua poli­ti­ca per il Bra­si­le negan­do l’esistenza di un gol­pe par­la­men­ta­re che la destra ha mes­so in atto per sosti­tui­re Dil­ma Rous­seff con Michel Temer, oggi gri­di al gol­pe isti­tu­zio­na­le posto in esse­re da Madu­ro … Potrem­mo defi­nir­la la via schi­zo­fre­ni­ca al socialismo!
[15] Non sap­pia­mo se l’anomalo pro­ce­di­men­to pos­sa pre­lu­de­re all’allungamento di un anno del man­da­to pre­si­den­zia­le di Maduro.
[16] D’altronde, a scon­fes­sa­re la tesi dell’embargo – ad esem­pio, da par­te dell’imperialismo sta­tu­ni­ten­se – basta sof­fer­mar­si sul­le tabel­le dell’import‑export Usa/Venezuela, da cui emer­ge che, sia duran­te la pre­si­den­za Chá­vez, sia sot­to quel­la Madu­ro, i rap­por­ti com­mer­cia­li in mate­ria di com­mo­di­ties tra i due Pae­si sono sem­pre sta­ti costan­ti, al di là dell’oscillazione dei prez­zi del petro­lio. Non a caso, il The New York Times ha aller­ta­to sul­le nega­ti­ve con­se­guen­ze per l’economia e la poli­ti­ca este­ra stes­sa degli Usa, nel caso si deci­des­se di sospen­de­re le for­ni­tu­re di greg­gio vene­zue­la­no (“Esta­dos Uni­dos podría resen­tir las san­cio­nes con­tra Vene­zue­la”, 27/7/2017, all’indirizzo https://tinyurl.com/yc3swxrq).
[17] Lo sbi­lan­cia­men­to sul­le poli­ti­che estrat­ti­ve impli­ca risen­ti­re poi le con­se­guen­ze dell’andamento dei prez­zi del petro­lio. La Pdv­sa stes­sa ha infor­ma­to che nel 2016 le sue entra­te – che rap­pre­sen­ta­no il 96% di quel­le dell’intero Pae­se! – sono dimi­nui­te del 33,5% rispet­to all’anno pre­ce­den­te: 48 miliar­di di dol­la­ri rispet­to ai 72,17 del 2015 e ai 121,89 del 2014; men­tre i pro­fit­ti net­ti sono sta­ti nell’ordine degli 828 milio­ni di dol­la­ri nel 2016, a fron­te dei 7,34 miliar­di del 2015 e dei 9,07 miliar­di del 2014 (https://tinyurl.com/y8skzqcg).
[18] Il carat­te­re red­di­tie­ro (total­men­te dipen­den­te dall’esportazione del petro­lio) dell’economia vene­zue­la­na ha favo­ri­to il for­te pro­ces­so di dein­du­stria­liz­za­zio­ne, tan­to che nel 2013, il Pil mani­fat­tu­rie­ro rap­pre­sen­ta­va solo meno del 10% del Pil tota­le (nel 1986 rag­giun­ge­va qua­si il 20%): http://ref.scielo.org/rmm838.
[19] I dati del­la pro­du­zio­ne agri­co­la sono cata­stro­fi­ci: nel dicem­bre 2016, si è cal­co­la­to che essa è in costan­te disce­sa dagli otto anni pre­ce­den­ti e che attual­men­te sod­di­sfa solo tra il 10 e il 45% del­le neces­si­tà del­la popo­la­zio­ne. In pre­ce­den­za, la cadu­ta del­la pro­du­zio­ne non era così evi­den­te, per­ché il gover­no sop­pe­ri­va alla man­can­za di pro­dot­to con le impor­ta­zio­ni. Ma da quan­do l’entità di que­ste è a sua vol­ta crol­la­ta, è risul­ta­to evi­den­te il col­las­so del set­to­re agri­co­lo e la sua inca­pa­ci­tà di sod­di­sfa­re le esi­gen­ze di con­su­mo a cau­sa del­le poli­ti­che gover­na­ti­ve sbagliate.
[20] “La ‘opción mili­tar’ de Trump podría bene­fi­ciar a Madu­ro”, all’indirizzo https://tinyurl.com/y8uffenn.
[21] “EEUU: Gobier­no vene­zo­la­no donó $500.000 para la toma de pose­sión de Donald Trump a tra­vés de Cit­go”, alla pagi­na https://www.aporrea.org/tiburon/n307237.html.
[22] Https://tinyurl.com/yczqvmf4.
[23] Https://tinyurl.com/y8uoy3ka.
[24] L. Tro­tsky, “La indu­stria nacio­na­li­za­da y la admi­ni­stra­ción obre­ra”, in Escri­tos lati­noa­me­ri­ca­nos, Ceip “León Tro­tsky”, 2007, p. 170.
[25] L. Tro­tsky, “Los sin­di­ca­tos en la era de la deca­den­cia impe­ria­li­sta”, ivi, pp. 179 e s.
[26] In real­tà, Tro­tsky ha uti­liz­za­to il ter­mi­ne “bona­par­ti­smo sui gene­ris” asso­cian­do­lo indi­stin­ta­men­te ai con­cet­ti di “gover­no” e “regi­me”, ma pare più cor­ret­to rife­ri­re la defi­ni­zio­ne al con­cet­to di “regi­me”.
[27] L. Tro­tsky, op. ult. cit., pp. 182‑183.
[28] Basti pen­sa­re che la sem­pli­ce minac­cia da par­te dell’Urss di entra­re mili­tar­men­te a fian­co dell’Egitto nel con­flit­to arma­to che era scop­pia­to a segui­to del­la cri­si di Suez indus­se Regno Uni­to e Fran­cia a por­vi fine, abban­do­nan­do le pro­prie mire sul Sinai.
[29] Vesten­do­si da fin­ti inge­nui, talu­ni diri­gen­ti di que­sta ten­den­za cer­ca­no di respin­ge­re sde­gno­sa­men­te tale accu­sa. Ma inva­no! Per­ché, in assen­za del­le con­di­zio­ni per una rivo­lu­zio­ne socia­li­sta in Vene­zue­la – come poi vedre­mo – la paro­la d’ordine del­la cac­cia­ta di Madu­ro è capi­ta­liz­za­ta dal­la destra che ege­mo­niz­za le piaz­ze: sic­ché, agi­tan­do­la, ci si col­lo­ca ogget­ti­va­men­te nel cam­po di quest’ultima, con­di­vi­den­do­ne con essa lo slogan.
[30] L. Tro­tsky, “Méxi­co y el impe­ria­li­smo bri­tá­ni­co”, ivi, pp. 94‑95.
[31] L. Tro­tsky, “La indu­stria nacio­na­li­za­da …” cit., ivi, p. 171.
[32] «In Mes­si­co è il com­pi­to più impor­tan­te: libe­ra­re i sin­da­ca­ti dal­la pro­pria buro­cra­zia, libe­ra­re gli ope­rai dal­la dit­ta­tu­ra dei buro­cra­ti sin­da­ca­li. Que­sta è la demo­cra­zia ope­ra­ia. È neces­sa­rio sot­to­li­nea­re il fat­to che oggi i sin­da­ca­ti non pos­so­no esse­re sin­da­ca­ti demo­cra­ti­ci nel vec­chio sen­so del ter­mi­ne. Gli impe­ria­li­sti non pos­so­no tol­le­rar­lo. […] in Mes­si­co sono, o stru­men­ti del­la bor­ghe­sia impe­ria­li­sta, oppu­re orga­niz­za­zio­ni rivo­lu­zio­na­rie con­tro la bor­ghe­sia impe­ria­li­sta. Per­ciò noi comin­cia­mo … con paro­le d’ordine come: indi­pen­den­za rispet­to allo Sta­to, demo­cra­zia ope­ra­ia, libe­ra discus­sio­ne, ecc. Ma sono solo paro­le d’ordine tran­si­to­rie, che con­du­co­no a paro­le d’ordine più impor­tan­ti del­lo Sta­to ope­ra­io. Si trat­ta solo di una tap­pa che può dar­ci la pos­si­bi­li­tà di rim­piaz­za­re le attua­li dire­zio­ni dei sin­da­ca­ti con una dire­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria» (L. Tro­tsky, “Discu­sión sobre Amé­ri­ca Lati­na”, in op. cit., p. 143).
[33] Ivi, pp. 133‑135.
[34] Ibi­dem.
[35] L. Tro­tsky, “Pro­ble­mas de la sec­ción mexi­ca­na”, in op. cit., p. 150.
[36] L. Tro­tsky, “Discu­sión …” cit., in op. cit., p. 144.
[37] L. Tro­tsky, ibi­dem.
[38] Basti pen­sa­re al fat­to che l’assemblea costi­tuen­te, con pro­prio decre­to, ha di fat­to usur­pa­to il pote­re legi­sla­ti­vo spet­tan­te al par­la­men­to, autoassegnandoselo.