Ritorniamo sulla situazione che si è prodotta in Brasile con le elezioni presidenziali e la vittoria di Jair Bolsonaro, presentando un breve articolo di Felipe Demier.
Dall’analisi dello scenario che ne è emerso, l’autore ci sottopone alcune ipotesi di evoluzione del quadro politico-istituzionale a partire dall’insediamento del nuovo governo, e dei possibili sviluppi del regime politico.
Continueremo a seguire le vicende brasiliane pubblicando nei prossimi giorni altri testi per contribuire ad allargare il dibattito sui temi assolutamente rilevanti che esse ci consegnano.
Buona lettura.
La redazione
Verso un semibonapartismo reazionario? Poche righe per qualche ipotesi
Felipe Demier [*]
«Attualmente, un’aula parlamentare
ha la stessa importanza di un museo,
[e] non c’è oggi un popolo
che non invochi un Cesare»
(Francisco Campos,
autore della Costituzione del 1937)
Cosa attendersi dalla combinazione di un governo fascista e di un regime democratico‑blindato? L’importante questione è stata posta dalla compagna e dirigente marxista Glória Trogo. La risposta a quest’interrogativo richiede un’attenta riflessione, corroborata dalla ricerca teorica, empirica e da discussioni collettive. Al momento, si può al massimo provare a dare un senso ad alcune tendenze in atto.
La “crisi organica”, espressa dalla perdita di legittimità e forza dei partiti tradizionali della borghesia (in particolare del Psdb[1]), sembra avere fra i suoi risultati la formazione di un futuro governo basato sulla relazione diretta tra i componenti di questo e la “massa della borghesia”, rinunciando all’intermediazione dei partiti, come sarebbe usuale per la politica borghese (e il Psl[2] non è un partito organico della borghesia brasiliana, essendo più idoneo a fungere da truppa d’assalto del Führer tropicale). Come la stessa Gloria Trogo ha considerato, c’è ancora la possibilità che il governo fascista, invece di lavorare per la ricomposizione del partito della borghesia, agisca proprio in senso opposto, cercando di soffocare una volta per sempre, forse attraverso il lawfare[3] e “la lotta alla corruzione”, le tradizionali aggregazioni borghesi, contribuendo a una riorganizzazione dei partiti dal sapore fascistizzante, da sottomettere totalmente a un esecutivo arbitrario e ipertrofico.
C’è pertanto la possibilità che nei prossimi mesi si produca una relativa autonomizzazione dell’apparato governativo rispetto alle stesse classi dominanti, che cercheranno di influenzare il governo a partire da relazioni dirette – non di partito – con alcuni esponenti del governo fascista, come Paulo Guedes. L’occupazione da parte dei militari dei posti chiave del futuro governo (a cominciare dalla vicepresidenza) e la creazione di un Superministero della giustizia, con la nomina di Sergio Moro[4] al vertice, indica la tendenza sia all’avanzamento del cesarismo togato, con la stesura di una legislazione antiliberale volta a indebolire certe garanzie democratiche, sia all’intensificazione della coercizione da parte dell’apparato statale militarizzato.
Può darsi, naturalmente, che queste nuove strutturazioni governative e i suoi nuovi uomini non svolgano i ruoli per i quali sembrano servire davvero e per i quali sembrano essere stati organizzati e convocati. I nuovi ministeri, in divisa e in toga, continuerebbero così a operare entro l’organizzazione istituzionale fino ad ora in essere, cioè nel quadro della democrazia liberale blindata. Tuttavia, l’emergere negli ultimi anni di alcune figure politiche nella politica brasiliana, e i ruoli che esse hanno assunto nello sviluppo della trama, dimostra che nel Brasile attuale tutto sembra avvenire all’interno di una logica estremamente funzionale, come nei testi di Cechov, in cui nulla appare superfluo: «Se in una storia appare un fucile, deve sparare».
In questo senso, forse non è sbagliato lavorare alla possibilità del sorgere, nel prossimo periodo, di un regime semibonapartista reazionario dotato di una linea economica ultraliberale e ubicato tra la decadente democrazia liberale blindata e l’emergere di un regime politico propriamente neofascista, che, inizialmente, non sembra essere necessario alla classe dominante nell’attuale correlazione di forze della società.
Un eventuale avanzamento qualitativo della mobilitazione e dell’organizzazione delle basi fasciste piccoloborghesi, e quindi della violenza parastatale da esse esercitata (sempre tollerata dall’apparato statale, la cui violenza ufficiale tende anch’essa ad esacerbarsi) rappresenterebbe un elemento che spingerebbe il semibonapartismo reazionario e ultra‑neoliberale verso un regime neofascista propriamente detto. La dinamica dell’intero processo qui ipotizzato, ed elaborato in maniera puramente congetturale in queste poche righe, dipende, ovviamente, dalla resistenza offerta dalla classe operaia e da tutti i settori sfruttati e oppressi, in particolare il movimento delle donne: oggi il più avanzato nella prospettiva anti-Bolsonaro.
Nonostante le ipotesi sopra delineate, quel che è certo è che, per quanto già si manifesta nella scena politica nazionale, è urgentemente necessario costruire una resistenza democratica, che deve essere promossa da un fronte unico antifascista radicato sui luoghi di lavoro, nelle scuole, università, sindacati e comunità periferiche. Non c’è tempo da perdere. Il futuro è già iniziato. Non passeranno. Passeremo noi.
[*] Felipe Demier, storico, insegna all’Università Federale Fluminense (Uff) e all’Università Statale di Rio de Janeiro (Uerj). Ha scritto diversi libri, tra cui: O Longo Bonapartismo Brasileiro: um ensaio de interpretação histórica (1930–1964), Mauad, 2013; e Depois do Golpe: a dialética da democracia blindada no Brasil, Mauad, 2017.
Note
[1] Partido da Social Democracia Brasileira: storicamente, il partito di riferimento della borghesia brasiliana (Ndt).
[2] Partido Social Liberal: è il partito conservatore e reazionario che ha espresso la candidatura di Jair Bolsonaro a presidente della repubblica (Ndt).
[3] “Guerra legalista”, cioè combattuta con l’utilizzo della legge (Ndt).
[4] Il pubblico ministero che ha perseguito, fatto condannare e incarcerare Lula allo scopo di estrometterlo dalla competizione elettorale. Moro è un fan dell’operazione che in Italia portò alla decapitazione del sistema politico della c.d. Prima repubblica: “Como a Lava Jato foi pensada como uma operação de guerra”, CartaCapital, 19/10/2015 (https://tinyurl.com/ycv4p7um). V. anche: “Il magistrato brasiliano anti‑casta a lezione da un maestro di Mani pulite”, Il Foglio, 30/3/2016 (https://tinyurl.com/y7ecz5bw). Il fatto che Bolsonaro gli abbia offerto subito il posto di “superministro” della giustizia appare con ogni evidenza essere il “premio” per il servigio reso alla borghesia brasiliana (Ndt).
(Traduzione di Valerio Torre)