Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Politica nazionale

Le elezioni del 25 settembre: tutto cambia affinché nulla cambi

Le elezioni del 25 settembre: tutto cambia affinché nulla cambi


Assal­to al Cielo

Pro­spet­ti­va Operaia

 

La rot­tu­ra dell’ordine capi­ta­li­sti­co mon­dia­le, inau­gu­ra­ta dal­la guer­ra in Ucrai­na, ha acce­le­ra­to il pro­ces­so di cri­si dei regi­mi bor­ghe­si euro­pei. Alla cri­si eco­no­mi­ca strut­tu­ra­le di lun­go cor­so si sono aggiun­ti, negli ulti­mi tre anni, gli effet­ti deva­stan­ti del­la cri­si pan­de­mi­ca, che ha pro­dot­to nel 2020 il crol­lo del Pil del­le prin­ci­pa­li eco­no­mie mon­dia­li e, in ulti­mo, la cri­si ener­ge­ti­ca con la con­se­guen­te spi­ra­le infla­zio­ni­sti­ca deter­mi­na­ta dall’impennata dei prez­zi del gas, occa­sio­na­ta dal­la rispo­sta di Mosca alle san­zio­ni eco­no­mi­che impo­ste dall’Ue alla Rus­sia, ma frut­to in gran misu­ra del­le spe­cu­la­zio­ni sui mer­ca­ti che quo­ta­no le mate­rie pri­me (il Ttf di Amsterdam).
In tut­ti gli Sta­ti euro­pei, que­sto ina­spri­men­to del­la cri­si ha accre­sciu­to a dismi­su­ra le fri­zio­ni all’interno del­la bor­ghe­sia, deter­mi­nan­do una pro­fon­da insta­bi­li­tà dei gover­ni di tut­ti i prin­ci­pa­li pae­si, impe­ria­li­sti e non. Dopo lo scos­so­ne alle ele­zio­ni legi­sla­ti­ve fran­ce­si in giu­gno, in cui il par­ti­to di Mari­ne Le Pen è bal­za­to dai pre­ce­den­ti 8 seg­gi agli attua­li 89, è sta­ta poi la vol­ta dell’Inghilterra, dove si è assi­sti­to alla rovi­no­sa cadu­ta di Boris John­son. In Repub­bli­ca Ceca, come in mol­ti altri Sta­ti euro­pei, mani­fe­sta­zio­ni di mas­sa si sono sus­se­gui­te nel­le ulti­me set­ti­ma­ne in rispo­sta agli aumen­ti dei prez­zi dell’energia. Per­si­no in Ita­lia, dove a soste­ne­re il gover­no vi era una coa­li­zio­ne rap­pre­sen­ta­ti­va di tut­ti i set­to­ri del­la bor­ghe­sia, e per giun­ta gui­da­ta da un lea­der, Mario Dra­ghi, che costi­tui­sce uno dei più auto­re­vo­li pila­stri del capi­ta­le finan­zia­rio euro­peo, le fri­zio­ni inter-bor­ghe­si han­no pre­val­so e con­dot­to alle ele­zio­ni di set­tem­bre. La vit­to­ria di Gior­gia Melo­ni e del­la coa­li­zio­ne di cen­tro-destra era sta­ta lar­ga­men­te anti­ci­pa­ta dai son­dag­gi, che ave­va­no evi­den­zia­to la pro­fon­da e, per cer­ti ver­si ine­stri­ca­bi­le, cri­si del Pd.

Asten­sio­ni­smo record
Un pri­mo dato che emer­ge in modo ine­qui­vo­ca­bi­le dall’analisi dei dati elet­to­ra­li, con­se­guen­za del­la su cita­ta cri­si e debo­lez­za dei regi­mi bor­ghe­si, è l’elevata per­cen­tua­le di asten­sio­ni­smo, la più alta nel­la sto­ria dell’Italia del dopo­guer­ra. Più di un elet­to­re su tre ha evi­ta­to di recar­si alle urne, a dimo­stra­zio­ne di quan­to sia pro­fon­do e radi­ca­to il males­se­re del­le clas­si subal­ter­ne non solo nei con­fron­ti dei par­ti­ti bor­ghe­si ma anche di quel­li che si auto­de­fi­ni­sco­no di sini­stra radi­ca­le. Que­sto dato non stu­pi­sce affat­to: è l’inevitabile con­se­guen­za del dram­ma­ti­co peg­gio­ra­men­to del­le con­di­zio­ni di vita degli stra­ti pro­le­ta­ri e del­la pic­co­la bor­ghe­sia, che non è un feno­me­no con­giun­tu­ra­le ma un ele­men­to strut­tu­ra­le di lun­ga data. È difat­ti da alme­no una ven­ti­na di anni che tut­ti i gover­ni che si alter­na­no alla gui­da del pae­se sono costret­ti ad aggre­di­re sala­ri e dirit­ti del­le clas­si subal­ter­ne per garan­ti­re la tenu­ta dei pro­fit­ti del gran­de capi­ta­le e pro­va­re ad ono­ra­re il paga­men­to degli inte­res­si sull’enorme debi­to pub­bli­co accu­mu­la­to nei con­fron­ti dei cen­tri del­la finan­za mon­dia­le (oltre il 150% del Pil).
Se alle ele­zio­ni del 2018 un impor­tan­te set­to­re di pic­co­la bor­ghe­sia e di pro­le­ta­ria­to si era illu­so che il M5S potes­se por­re un argi­ne alle poli­ti­che impo­ste da Bru­xel­les, la fine di quel­le illu­sio­ni ha aumen­ta­to il disin­can­to di impor­tan­ti set­to­ri di mas­sa ver­so una solu­zio­ne par­la­men­ta­re dei suoi pro­ble­mi. Que­sto disin­can­to, che ad oggi non tro­va anco­ra una sua rap­pre­sen­ta­zio­ne al di fuo­ri dell’arco par­la­men­ta­re, è ine­vi­ta­bil­men­te desti­na­to ad appro­fon­dir­si e a tra­mu­tar­si in lot­ta del­le clas­si socia­li subal­ter­ne, pro­prio per il carat­te­re strut­tu­ra­le del­la cri­si eco­no­mi­ca, bel­li­ca ed energetica.

Le con­vul­sio­ni del­la pic­co­la bor­ghe­sia impoverita
Oggi, in tut­ta Euro­pa, e in Ita­lia in par­ti­co­la­re, la clas­se socia­le che è in mag­gior fibril­la­zio­ne è di cer­to la pic­co­la bor­ghe­sia impo­ve­ri­ta. I rin­ca­ri del­le bol­let­te sono come una spa­da di Damo­cle sul­la testa di cen­ti­na­ia di miglia­ia di pic­co­le e medie impre­se che rischia­no di dover chiu­de­re, o han­no già chiu­so, la loro atti­vi­tà. Sono que­sti set­to­ri ad esser­si prin­ci­pal­men­te rivol­ti alla lea­der dell’estrema destra, Gior­gia Melo­ni, che con gran­de scal­trez­za, oppor­tu­ni­smo e fur­bi­zia poli­ti­ca ha sapu­to con­qui­sta­re la fidu­cia di que­sti stra­ti socia­li, sot­traen­do­li per­si­no a for­ze di destra pari­men­ti rea­zio­na­rie e popu­li­ste, come Ita­le­xit di Para­go­ne e la destra sovra­ni­sta di Riz­zo e Ingro­ia. Se si ana­liz­za­no i dati elet­to­ra­li, tut­ta­via, si vede che, com­ples­si­va­men­te, i voti che gua­da­gna FdI coin­ci­do­no appros­si­ma­ti­va­men­te con quel­li che per­de la Lega di Sal­vi­ni. Si è cioè veri­fi­ca­to un sostan­zia­le tra­va­so di voti dal­la Lega, per­ce­pi­ta dal­la pic­co­la bor­ghe­sia come trop­po subal­ter­na ai dik­tat del gran­de capi­ta­le rap­pre­sen­ta­to da Dra­ghi, ver­so FdI, che ha bene­fi­cia­to, nell’immaginario di que­sti stra­ti socia­li, dell’essersi col­lo­ca­ta all’opposizione del gran­de capi­ta­le (fin­ta oppo­si­zio­ne in real­tà, visto che il suo par­ti­to ha vota­to tut­ti i prin­ci­pa­li decre­ti del gover­no Draghi).
Sep­pur can­ti vit­to­ria, il gran­de scon­fit­to del­le ele­zio­ni è il M5S che pas­sa dai qua­si 11 milio­ni di voti alla Came­ra del 2018 ai cir­ca 4,5 milio­ni di voti attua­li. Un dato abba­stan­za scon­ta­to, visto che que­sta orga­niz­za­zio­ne, che era sta­ta erro­nea­men­te per­ce­pi­ta come “anti­si­ste­ma” da milio­ni di per­so­ne, ha mostra­to il suo vero vol­to oppor­tu­ni­sta, costi­tuen­do il nucleo fon­dan­te di tut­ti e tre i gover­ni che si sono suc­ce­du­ti dal 2018 appro­fon­den­do le dise­gua­glian­ze sociali.
Il Pd, che vie­ne anch’esso con­si­de­ra­to il gran­de scon­fit­to di que­ste ele­zio­ni, è, più cor­ret­ta­men­te, un par­ti­to sot­to­po­sto a un len­to ma ine­so­ra­bi­le logo­ra­men­to. Alla Came­ra, ad esem­pio, per­de cir­ca 800.000 mila voti rispet­to alle ele­zio­ni del 2018, ma man­tie­ne all’incirca le stes­se per­cen­tua­li del­le pre­ce­den­ti ele­zio­ni e in una situa­zio­ne com­ples­si­va in cui vi è un calo com­ples­si­vo di votan­ti di cir­ca 5 milio­ni (cir­ca il 10% rispet­to alle pre­ce­den­ti elezioni).
Il Pd con­ser­va, sostan­zial­men­te, la sua tra­di­zio­na­le base elet­to­ra­le, rap­pre­sen­ta­ta sia dai ceti medi impie­ga­ti­zi, sto­ri­ca­men­te più iner­ti dal pun­to di vista del­la lot­ta di clas­se per­ché mag­gior­men­te garan­ti­ti nei dirit­ti e nel­la con­ti­nui­tà sala­ria­le, sia da quei set­to­ri di clas­se ope­ra­ia ad oggi con­trol­la­ti anco­ra dal­le gran­di buro­cra­zie sin­da­ca­li con­fe­de­ra­li. Il len­to e pro­gres­si­vo decli­no del PD deri­va dal­la cor­ret­ta per­ce­zio­ne, da par­te di un pro­gres­si­va­men­te cre­scen­te set­to­re di lavo­ra­to­ri, di quel­la che è la sua vera natu­ra poli­ti­ca, ossia l’essere il prin­ci­pa­le rife­ri­men­to del capi­ta­le finan­zia­rio euro­peo e quin­di il respon­sa­bi­le prin­ci­pa­le dell’applicazione in Ita­lia di quel­le poli­ti­che ultra­li­be­ri­ste che domi­na­no l’intera sce­na mon­dia­le da cir­ca trent’anni.
Pri­ma dell’accelerazione del­la cri­si, pro­dot­ta dal­la guer­ra, la spar­ti­zio­ne dei fon­di del Pnrr, desti­na­ti prin­ci­pal­men­te alla ristrut­tu­ra­zio­ne del siste­ma di pro­du­zio­ne indu­stria­le in dire­zio­ne del­la green-eco­no­my, ave­va pro­dot­to un pat­to di fer­ro tra gover­no e Cgil. L’idea di fon­do del ban­chie­re Dra­ghi era quel­la di inter­ve­ni­re sui pro­ble­mi strut­tu­ra­li del­la pro­du­zio­ne indu­stria­le ita­lia­na cer­can­do di favo­ri­re una ripre­sa del­la pro­dut­ti­vi­tà, vero tal­lo­ne di Achil­le del siste­ma capi­ta­li­sti­co ita­lia­no[1].
Ma l’impazzimento dei prez­zi dell’energia ha fat­to sal­ta­re l’equilibrio tra i vari set­to­ri di bor­ghe­sia, ripor­tan­do alla ribal­ta il males­se­re di quei set­to­ri (di bor­ghe­sia pic­co­la e media) mag­gior­men­te espo­sti alle oscil­la­zio­ni dei costi di pro­du­zio­ne. Tut­ta la discus­sio­ne in cam­pa­gna elet­to­ra­le sul­la neces­si­tà di uno sco­sta­men­to dal­la leg­ge di bilan­cio e sul­le modi­fi­che del­le linee di inter­ven­to del Pnrr è sta­ta abil­men­te con­dot­ta da Melo­ni per accre­di­tar­si come refe­ren­te di que­sti set­to­ri di pic­co­la bor­ghe­sia in cri­si. E le dif­fi­col­tà per la Melo­ni e per il gover­no che si andrà ad instau­ra­re pas­sa­no prin­ci­pal­men­te ed esat­ta­men­te per que­sto nodo scor­so­io che si restrin­ge sem­pre più attor­no al col­lo dei rap­pre­sen­tan­ti poli­ti­ci del­la bor­ghe­sia. Comun­que, da quel che pos­sia­mo intui­re, dopo aver appre­so dei recen­ti amo­re­vo­li cin­guet­tii tra Dra­ghi, Cin­go­la­ni e Melo­ni, le illu­sio­ni del­la pic­co­la bor­ghe­sia impo­ve­ri­ta sem­bra­no già segna­te ancor pri­ma che la par­ti­ta abbia inizio.
È in effet­ti assai impro­ba­bi­le che, nel momen­to pro­ba­bil­men­te di mag­gior cri­si dell’Ue dal­la sua nasci­ta, i ban­chie­ri euro­pei pos­sa­no scom­met­te­re ulte­rior­men­te i loro capi­ta­li nel ten­ta­ti­vo di rida­re ossi­ge­no a cen­ti­na­ia di miglia­ia di impre­se che già pri­ma del­la guer­ra ave­va­no gros­se dif­fi­col­tà a reg­ge­re la com­pe­ti­zio­ne sul mer­ca­to glo­ba­le. Le minac­ce, sen­za alcun velo o ipo­cri­sia, di Von der Leyen (“Vedre­mo il risul­ta­to del­le ele­zio­ni in Ita­lia, ma se le cose andran­no in una situa­zio­ne dif­fi­ci­le, come nel caso di Polo­nia e Unghe­ria, abbia­mo gli stru­men­ti”) sono in tal sen­so abba­stan­za indi­ca­ti­ve di quel­lo che è l’indirizzo dell’Ue nei con­fron­ti dei pro­ble­mi dei ceti medi ita­lia­ni. Gli Sta­ti euro­pei, a comin­cia­re dal­la Gre­cia, cono­sco­no mol­to bene quel­li che sono gli “stru­men­ti” che l’imperialismo euro­peo uti­liz­za usual­men­te per seda­re le richie­ste di aiu­to degli Sta­ti in cri­si. È dun­que evi­den­te che nes­su­na solu­zio­ne par­la­men­ta­re potrà risol­ve­re i pro­ble­mi eco­no­mi­ci del­la pic­co­la bor­ghe­sia impo­ve­ri­ta. Fino a quan­do si trat­te­rà di accon­ten­ta­re qual­che fasci­stel­lo fana­ti­co attra­ver­so l’introduzione di misu­re con­tro gli afri­ca­ni, con­tro il red­di­to di cit­ta­di­nan­za o con­tro gli ope­rai che fan­no i pic­chet­ti, il nuo­vo gover­no pro­ve­rà a sod­di­sfa­re que­ste richie­ste. Anzi è mol­to pro­ba­bi­le che dal ver­san­te dell’aggressione ai dirit­ti e ai sala­ri dei lavo­ra­to­ri il gover­no Melo­ni mostre­rà tut­to il suo piglio auto­ri­ta­rio e rea­zio­na­rio. Ma que­sto non risol­ve­rà affat­to i pro­ble­mi eco­no­mi­ci dei ceti socia­li che si sono rivol­ti a Melo­ni, la qua­le sa benis­si­mo che la natu­ra rea­zio­na­ria del­la pic­co­la bor­ghe­sia è solo la sovra­strut­tu­ra di appe­ti­ti mate­ria­li dif­fi­ci­li da esau­di­re nel qua­dro dell’economia capi­ta­li­sti­ca glo­ba­le. Ad oggi l’impressione che si rica­va è che fos­se mol­to più nazio­na­li­sta il pro­get­to ini­zia­le del M5S, il qua­le stra­vin­se le pre­ce­den­ti ele­zio­ni del 2018. Ricor­dia­mo infat­ti che furo­no pro­prio le diret­ti­ve dell’Ue, attra­ver­so il suo espo­nen­te loca­le Mat­ta­rel­la, ad impe­di­re una solu­zio­ne di tipo nazio­na­li­sta, attra­ver­so la rot­tu­ra con l’Ue, alla cri­si del­la pic­co­la bor­ghe­sia: fu esat­ta­men­te Mat­ta­rel­la a impe­di­re che al mini­ste­ro dell’economia del nascen­te gover­no venis­se posto l’economista Savo­na, che, nel­le paro­le del pre­si­den­te ita­lia­no, rap­pre­sen­ta­va «un espo­nen­te che … potreb­be pro­vo­ca­re, pro­ba­bil­men­te, o, addi­rit­tu­ra, ine­vi­ta­bil­men­te, la fuo­ru­sci­ta del­l’I­ta­lia dal­l’eu­ro»[2].
Quel che acca­de oggi in Ita­lia e in Euro­pa è, in defi­ni­ti­va, qual­co­sa che ricor­da mol­to le pul­sio­ni che attra­ver­sa­ro­no i ceti medi euro­pei, e che pro­dus­se­ro l’ascesa dei movi­men­ti nazio­na­li­sti negli anni 30 del seco­lo scor­so. Quel­le pul­sio­ni, così come oggi, seb­be­ne a par­ti­re da un qua­dro ini­zia­le sto­ri­ca­men­te diver­so, furo­no deter­mi­na­te dal­la dram­ma­ti­ca cri­si del 1929, “risol­ta” poi dal con­flit­to impe­ria­li­sta attra­ver­so la Secon­da guer­ra mon­dia­le. E quin­di tor­na in tut­ta la sua attua­li­tà l’analisi che di que­sti movi­men­ti fece Tro­tsky in que­gli anni:

«Poi­ché la pic­co­la bor­ghe­sia è inca­pa­ce di poli­ti­ca indi­pen­den­te (per que­sto anche la “dit­ta­tu­ra demo­cra­ti­ca” pic­co­lo-bor­ghe­se è irrea­liz­za­bi­le), non le resta altra scel­ta che quel­la tra bor­ghe­sia e pro­le­ta­ria­to. Nel­l’e­po­ca del­l’a­sce­sa, del­la cre­sci­ta e del fio­ri­re del capi­ta­li­smo, la pic­co­la bor­ghe­sia, nono­stan­te acu­ti scop­pi di mal­con­ten­to, gene­ral­men­te mar­cia­va obbe­dien­te­men­te ai fer­ri capi­ta­li­sti­ci. Né avreb­be potu­to fare altro. Ma nel­le con­di­zio­ni del­la disgre­ga­zio­ne capi­ta­li­sta e del­l’im­pas­se del­la situa­zio­ne eco­no­mi­ca, la pic­co­la bor­ghe­sia si sfor­za, cer­ca, ten­ta di libe­rar­si dal­le cate­ne dei vec­chi padro­ni e gover­nan­ti del­la società».

Ed è in fon­do que­sta la ragio­ne per la qua­le l’investitura del­la Melo­ni rap­pre­sen­ta solo l’ennesima, inu­ti­le con­vul­sio­ne del­la pic­co­la bor­ghe­sia in crisi.

L’assenza di un par­ti­to operaio
Anche in que­ste ele­zio­ni man­ca­va un par­ti­to del­la clas­se ope­ra­ia nato dal seno del­la stes­sa clas­se. Era­no inve­ce pre­sen­ti alcu­ni resi­dua­ti del rifor­mi­smo di sini­stra, da Rifon­da­zio­ne Comu­ni­sta a Pote­re al popo­lo, che si sono coa­liz­za­ti all’interno del­la lista di Unio­ne Popo­la­re, con espli­ci­to rife­ri­men­to all’esperienza del­la sini­stra pic­co­lo-bor­ghe­se di Mélen­chon, oggi lea­der di una for­za di sini­stra popu­li­sta mol­to atten­ta a con­ci­lia­re le riven­di­ca­zio­ni di clas­se con gli inte­res­si degli indu­stria­li fran­ce­si e dei ban­chie­ri che gui­da­no l’Ue. I risul­ta­ti elet­to­ra­li per UP sono sta­ti più di un auten­ti­co fal­li­men­to, se si pen­sa che tale lista non è riu­sci­ta a rac­co­glie­re con­grui con­sen­si nem­me­no nel­la roc­ca­for­te napo­le­ta­na del suo lea­der De Magi­stris, ex sin­da­co del­la cit­tà. Per one­stà intel­let­tua­le biso­gna anche dire che l’esperimento di UP è sta­to pena­liz­za­to dal­la pre­sen­za di una for­za, il M5S, che avan­za­va lo stes­so pro­gram­ma elet­to­ra­le (dife­sa del red­di­to di cit­ta­di­nan­za, intro­du­zio­ne di un sala­rio “iper-mini­mo”), e que­sto la dice lun­ga su quan­to mise­ra­bi­le fos­se il pro­gram­ma di UP, su cui non vale la pena spen­de­re una paro­la in più di quel­le già pre­ce­den­te­men­te spe­se[3]. È inve­ce inte­res­san­te osser­va­re che Con­te è riu­sci­to a risa­li­re la chi­na, rispet­to ai son­dag­gi pre-elet­to­ra­li che dava­no il M5S in cadu­ta libe­ra, e a gua­da­gna­re il con­sen­so di ampi stra­ti di sot­to­pro­le­ta­ria­to e anche di pro­le­ta­ria­to for­te­men­te impo­ve­ri­to. Non è in tal sen­so un caso che il M5S sia sta­to il pri­mo par­ti­to al Sud e in mol­te cit­tà ope­ra­ie (ad es. Taran­to), dove le dise­gua­glian­ze socia­li e la mise­ria estre­ma rag­giun­go­no le pun­te più ele­va­te. Biso­gna anche rico­no­sce­re che se il M5S ha per­so ma non è crol­la­to è sta­to soprat­tut­to per le gran­di capa­ci­tà comu­ni­ca­ti­ve di Con­te, a cui il pro­le­ta­ria­to, pri­vo di una coscien­za di clas­se, ha per­do­na­to, ad esem­pio, di esse­re sta­to alla testa di un gover­no che con i decre­ti sicu­rez­za ha con­dan­na­to alla mor­te miglia­ia di migran­ti nel Medi­ter­ra­neo e ridot­to, qua­si sino ad azze­rar­lo, il dirit­to allo scio­pe­ro e il dis­sen­so del­la clas­se ope­ra­ia e dei movi­men­ti sociali.
Ed è dav­ve­ro para­dos­sa­le, per non dire ridi­co­lo, che con­ti­nui­no a richia­mar­si al tro­tski­smo e al leni­ni­smo (la tat­ti­ca del “voto cri­ti­co” vie­ne com­ple­ta­men­te stra­vol­ta ed adat­ta­ta ad uno sco­la­sti­co quan­to inu­ti­le oppor­tu­ni­smo di chi non rie­sce nem­me­no per una vol­ta a distac­car­si dal­la demo­cra­zia libe­ra­le e dai suoi ritua­li) alcu­ne orga­niz­za­zio­ni, come Sini­stra Anti­ca­pi­ta­li­sta e Sini­stra Clas­se Rivo­lu­zio­ne, che han­no dato indi­ca­zio­ne di voto per l’autodefinitosi “uomo del­le isti­tu­zio­ni” (bor­ghe­si) De Magi­stris, tut­to infer­vo­ra­to a difen­de­re la costi­tu­zio­ne ita­lia­na dagli attac­chi dei “fasci­sti”. Sareb­be inte­res­san­te chie­de­re ai com­pa­gni di Prc, PaP, SA e SCR se han­no per caso let­to l’articolo 42 del­la Costi­tu­zio­ne, che, attra­ver­so la tute­la del­la pro­prie­tà pri­va­ta dei mez­zi di pro­du­zio­ne, sve­la la natu­ra bor­ghe­se del­lo Sta­to nato dal­la lot­ta “anti­fa­sci­sta”.
Né pos­sia­mo cer­to con­ve­ni­re con l’entusiasmo del Pcl, che dal­la sua pagi­na web riven­di­ca come un suc­ces­so l’avere, nota­te bene, tri­pli­ca­to i voti del­la pre­ce­den­te tor­na­ta elet­to­ra­le in Ligu­ria (l’unica regio­ne in cui sono riu­sci­ti a rac­co­glie­re le fir­me per can­di­dar­si alle ele­zio­ni) rag­giun­gen­do la stra­to­sfe­ri­ca per­cen­tua­le del­lo 0,66%. Ci fareb­be pia­ce­re capi­re se la pagi­na web del Pcl sia sta­ta per caso, in que­sti mesi, tra­sfor­ma­ta in un sito di sati­ra politica.

Costrui­re il par­ti­to del­la clas­se operaia
La con­ti­nui­tà del­la linea di poli­ti­ca eco­no­mi­ca del gover­no Dra­ghi, nel­la nostra let­tu­ra, sarà garan­ti­ta dal suc­ces­so di Gior­gia Melo­ni alle ele­zio­ni del 2022. Ma ciò avver­rà in una fase di cri­si pro­fon­da dell’economia mon­dia­le, in cui il gover­no entran­te dovrà accre­sce­re l’aggressione ai sala­ri e ai dirit­ti dei lavo­ra­to­ri per ten­ta­re di argi­na­re la bas­sa pro­dut­ti­vi­tà del siste­ma di pro­du­zio­ne ita­lia­no. In una fase, peral­tro, in cui l’impennata infla­zio­ni­sti­ca pro­dur­rà l’ingresso nel­la pover­tà di fasce sem­pre più ampie di pro­le­ta­ria­to e pic­co­la borghesia.
Il pro­le­ta­ria­to man­ca di un suo par­ti­to, in gra­do di orga­niz­za­re e coor­di­na­re le tan­te ver­ten­ze che nasco­no ine­vi­ta­bil­men­te nel pae­se per effet­to del­la lot­ta di clas­se con­dot­ta dal­la gran­de bor­ghe­sia con­tro il pro­le­ta­ria­to, e ten­ta­re di inver­ti­re i rap­por­ti di for­za a par­ti­re dal­la lot­ta di clas­se con­tro il gran­de capi­ta­le, cer­can­do di attrar­re a sé gli stra­ti in fase di pro­le­ta­riz­za­zio­ne di pic­co­la bor­ghe­sia. Alcu­ni impor­tan­ti ten­ta­ti­vi di rico­stru­zio­ne di una orga­niz­za­zio­ne ope­ra­ia (dal­le lot­te e dal lavo­ro di coor­di­na­men­to degli ope­rai del Si Cobas sino al ten­ta­ti­vo di con­ver­gen­za e insor­gen­za degli ope­rai Gkn) costi­tui­sco­no un per­cor­so obbli­ga­to attra­ver­so il qua­le dovrà neces­sa­ria­men­te nasce­re il par­ti­to del­la clas­se ope­ra­ia. Le scor­cia­to­ie di pic­co­li grup­pi che impro­pria­men­te si defi­ni­sco­no par­ti­to, o addi­rit­tu­ra pro­cla­ma­no di aver rico­strui­to l’Internazionale, sono fran­ca­men­te ridi­co­le e far­se­sche; a mag­gior ragio­ne quan­do talu­ni di que­sti “par­ti­ti”, chie­den­do al gover­no ita­lia­no di soste­ne­re con l’invio di armi “l’eroica resi­sten­za ucrai­na”, diven­ta­no gli alfie­ri di sini­stra dell’imperialismo dominante.
Come la sto­ria inse­gna, è solo a par­ti­re dal­la neces­si­tà (dal nostro pun­to di vista impel­len­te) del coor­di­na­men­to di mili­tan­ti rivo­lu­zio­na­ri, comi­ta­ti ope­rai, orga­niz­za­zio­ni dei disoc­cu­pa­ti, assem­blee di lot­ta (don­ne, stu­den­ti), che pure stan­no len­ta­men­te nascen­do nel nostro pae­se, che il movi­men­to ope­ra­io potrà costrui­re, se saprà dotar­si di cor­ret­te impo­sta­zio­ni teo­ri­che, quel­lo stru­men­to neces­sa­rio a difen­de­re, attra­ver­so la lot­ta e non cer­to le ele­zio­ni, le riven­di­ca­zio­ni del­la clas­se lavo­ra­tri­ce e a pro­spet­ta­re la neces­si­tà di una socie­tà libe­ra­ta dal­la bor­ghe­sia e dai fascisti.


Note

[1] M. Roberts, “Ita­ly: lur­ching to the right”, 23 set­tem­bre 2022, The Next Reces­sion.
[2] “Per­ché Mat­ta­rel­la ha det­to ‘no’ a Pao­lo Savo­na”, 28 mag­gio 2018, Agi‑Agenzia Ita­lia.
[3] “Per i lavo­ra­to­ri e le lavo­ra­tri­ci non c’è nes­su­na fidu­cia da ripor­re nel­lo squal­li­do tea­tri­no elet­to­ra­le del 25 set­tem­bre”, 23 set­tem­bre 2022, Pro­spet­ti­va Ope­ra­ia.