Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Questione palestinese

La lotta della nuova resistenza palestinese contro il sistema di apartheid, a Jenin, a Nablus e nella Cisgiordania intera!

Free Palestine Rally - Melbourne (Aut.: Matt Hrkac)

Pre­sen­tia­mo qui di segui­to l’articolo che ana­liz­za gli ulti­mi attac­chi repres­si­vi del­lo Sta­to sio­ni­sta d’Israele con­tro la popo­la­zio­ne pale­sti­ne­se a Jenin, pub­bli­ca­to sul sito del Col­let­ti­vo “Occhio di classe”.
Buo­na lettura.
La redazione

La lotta della nuova resistenza palestinese contro il sistema di apartheid, a Jenin, a Nablus e nella Cisgiordania intera!


Reda­zio­ne Occhio di classe

 

Jenin sot­to assedio
Lune­dì 3 luglio, all’alba, cir­ca 2000 sol­da­ti israe­lia­ni han­no fat­to irru­zio­ne con mez­zi aerei e ter­re­stri nel­la cit­tà e nel cam­po pro­fu­ghi pale­sti­ne­se di Jenin, nel nord del­la Cisgior­da­nia. L’operazione mili­ta­re è dura­ta due gior­ni, pro­vo­can­do alme­no 12 mor­ti e 120 feri­ti, e soprat­tut­to costrin­gen­do più di 3000 pale­sti­ne­si a fug­gi­re dal cam­po. I sol­da­ti israe­lia­ni han­no lan­cia­to lacri­mo­ge­ni con­tro i civi­li in fuga e han­no impe­di­to ai medi­ci e alle ambu­lan­ze di rag­giun­ge­re mol­ti feri­ti. L’esercito ha aper­to il fuo­co anche con­tro i gior­na­li­sti e ha fat­to irru­zio­ne nell’ospedale gover­na­ti­vo di Jenin e nell’ospedale del cam­po pro­fu­ghi, feren­do diver­se per­so­ne e lan­cian­do gas lacri­mo­ge­ni. I mez­zi israe­lia­ni han­no distrut­to stra­de e infra­strut­tu­re pro­vo­can­do l’interruzione di acqua ed elettricità.
Secon­do il coman­do mili­ta­re del­lo Sta­to ebrai­co, l’azione era diret­ta con­tro un cen­tro di coor­di­na­men­to del­la resi­sten­za, le “Bri­ga­te Jenin”, uni­tà che riu­ni­sce com­bat­ten­ti del­le diver­se fazio­ni ara­be. Jenin è infat­ti, insie­me a Nablus, il cuo­re del­la nuo­va resi­sten­za arma­ta pale­sti­ne­se in Cisgior­da­nia. Da mol­ti è sta­ta vista come la più vio­len­ta ope­ra­zio­ne mili­ta­re in Cisgior­da­nia degli ulti­mi ven­ti anni. Si è trat­ta­to, inol­tre, del­la secon­da inva­sio­ne a Jenin nel giro di due set­ti­ma­ne, dopo quel­la del 19 giu­gno in cui i mili­ta­ri israe­lia­ni ave­va­no ucci­so in un raid sei pale­sti­ne­si, tra cui un ragaz­zi­no, e ne ave­va­no feri­ti cir­ca 100. In quell’occasione, la novi­tà non era sta­ta tan­to l’invasione del cam­po di Jenin, visto che, dall’inizio dell’anno, il cam­po pro­fu­ghi adia­cen­te alla cit­tà ha subi­to un tota­le di 20 raid sio­ni­sti ma il fat­to che ‘eser­ci­to israe­lia­no ave­va uti­liz­za­to eli­cot­te­ri da guer­ra sul­la cit­tà, cosa che non suc­ce­de­va dal mas­sa­cro di Jenin del 2002. Duran­te la Secon­da Inti­fa­da, il cam­po pro­fu­ghi di Jenin fu ogget­to di una bru­ta­le inva­sio­ne. Per ben otto gior­ni, dal 3 all’11 apri­le, l’esercito israe­lia­no con­dus­se l’ ope­ra­zio­ne “Scu­do difen­si­vo”, che pro­vo­cò alme­no 52 mor­ti tra i pale­sti­ne­si, secon­do le sti­me più prudenti.
A giu­gno, il mini­stro del­la sicu­rez­za nazio­na­le Ben Gvir ave­va pre­an­nun­cia­to un’operazione mili­ta­re su vasta sca­la in Cisgior­da­nia. «[…] Ora dob­bia­mo con­dur­re un’ampia ope­ra­zio­ne mili­ta­re per eli­mi­na­re i nidi del ter­ro­ri­smo nel cuo­re del­lo Sta­to di Israe­le, eli­mi­na­re i ter­ro­ri­sti, piaz­za­re posti di bloc­co e ripor­ta­re gli omi­ci­di mira­ti, al fine di ripri­sti­na­re la sicu­rez­za in Giu­dea e Sama­ria», ave­va affer­ma­to, uti­liz­zan­do il nome bibli­co del­la Cisgior­da­nia. In quell’occasione ave­va anche spin­to per la crea­zio­ne di un nuo­vo inse­dia­men­to in Cisgior­da­nia, defi­nen­do tale mos­sa come un “biso­gno vita­le per il futu­ro del sio­ni­smo”[1]. Anche Beza­lel Smo­trich, mini­stro di estre­ma destra a cui è sta­ta asse­gna­ta la gestio­ne dei ter­ri­to­ri pale­sti­ne­si, ave­va scrit­to: «Biso­gna far­la fini­ta con le azio­ni sin­go­le e lan­cia­re una vasta ope­ra­zio­ne anti­ter­ro­ri­smo nel nord del­la Sama­ria»[2]. Seb­be­ne il gover­no israe­lia­no del pri­mo mini­stro Ben­ja­min Neta­nya­hu abbia affer­ma­to di aver com­ple­ta­to gli obiet­ti­vi dell’invasione del 3 luglio, la Resi­sten­za pale­sti­ne­se ha riba­di­to di aver respin­to con suc­ces­so l’avanzata israeliana.

“Più Israe­le ucci­de, più sono colo­ro che voglio­no unir­si alla resistenza”
Come ha osser­va­to Ram­zy Baroud, diret­to­re di Pale­sti­ne Chro­ni­cle, i con­ti­nui raid di Israe­le non pos­so­no rag­giun­ge­re l’obiettivo di schiac­cia­re la resi­sten­za pale­sti­ne­se[3]. Pro­prio il cam­po pro­fu­ghi di Jenin, non ha mai smes­so di resi­ste­re all’occupazione sio­ni­sta, soprat­tut­to dopo il mas­sa­cro israe­lia­no dell’aprile 2002. La resi­sten­za è con­ti­nua­ta in tut­te le sue for­me, ben­ché mol­ti dei com­bat­ten­ti che han­no dife­so il cam­po dall’invasione israe­lia­na del­la Secon­da Inti­fa­da, sia­no sta­ti ucci­si o impri­gio­na­ti. Anzi, più sono fre­quen­ti le incur­sio­ni, più è dura la resi­sten­za, che si è este­sa oltre i con­fi­ni del­la stes­sa Jenin ai vici­ni inse­dia­men­ti ebrai­ci ille­ga­li e ai posti di bloc­co mili­ta­ri. Un uffi­cia­le di Fatah a Nablus così ha com­men­ta­to per Al Jazee­ra: «La fidu­cia dei com­bat­ten­ti non è scos­sa. Più gio­va­ni Israe­le ucci­de, più sono colo­ro che voglio­no unir­si alla resi­sten­za»[4]. Una con­fer­ma di ciò si può tro­va­re nel­la for­ma­zio­ne di nuo­vi grup­pi del­la resi­sten­za pale­sti­ne­se, spes­so com­po­sti da gio­va­nis­si­mi (una vera e pro­pria gene­ra­zio­ne, nata a caval­lo del pas­sag­gio di seco­lo, che non ha mai cono­sciu­to perio­di di pace), come le Bri­ga­te Jenin nel 2021, e nel 2022 le Bri­ga­te Nablus, le Bala­ta Bri­ga­des e la Fos­sa (o Tana) dei Leo­ni (Areen Al-Usud). Quest’ultima orga­niz­za­zio­ne, svi­lup­pa­ta­si a Nablus, si è già rami­fi­ca­ta a Jenin, Al-Kha­lil (Hebron), Bala­ta e altro­ve, e i suoi mem­bri sem­bra­no esse­re aumen­ta­ti di nume­ro. Per Israe­le, e anche per l’ANP, la Tana dei Leo­ni è un pro­ble­ma sen­za pre­ce­den­ti. Il grup­po è pas­sa­to da una posi­zio­ne difen­si­va a una offen­si­va, pren­den­do l’iniziativa di attac­ca­re i posti di bloc­co dell’Occupazione e gli inse­dia­men­ti ille­ga­li che cir­con­da­no la cit­tà in un modo che non si vede­va dal­la Secon­da Inti­fa­da. Nel respin­ge­re gli attac­chi dei sol­da­ti israe­lia­ni, oltre le armi da fuo­co, sono sem­pre più uti­liz­za­ti ordi­gni esplo­si­vi improv­vi­sa­ti (in ingle­se IED), così effi­ca­ci da aver crea­to serie pre­oc­cu­pa­zio­ni tra l’esercito israe­lia­no e il ser­vi­zio di sicu­rez­za del­lo Shin Bet. Come emer­so da un recen­te son­dag­gio del Cen­tro Pale­sti­ne­se per la Poli­ti­ca e la Ricer­ca, il grup­po gode di ampio soste­gno, e le loro inse­gne appa­io­no in ogni quar­tie­re pale­sti­ne­se nei Ter­ri­to­ri Occu­pa­ti[5]. A nul­la sono val­si i ten­ta­ti­vi dell’ANP di coop­ta­re le nuo­ve for­ze di resi­sten­za, soprat­tut­to i com­bat­ten­ti del­la Fos­sa dei Leo­ni, pro­po­nen­do loro di esse­re inqua­dra­ti nel­le pro­prie for­ze di sicu­rez­za (che poi sono spes­so quel­le a cui si ordi­na di com­pie­re azio­ni con­tro gli stes­si pale­sti­ne­si in col­la­bo­ra­zio­ne con le for­ze sio­ni­ste). Con­sa­pe­vo­li che l’offerta pro­ve­nien­te dal­la diri­gen­za cor­rot­ta e col­la­bo­ra­zio­ni­sta dell’Autorità Pale­sti­ne­se miras­se a spe­gne­re il fuo­co del­la loro lot­ta (e, come sem­pre, quel­lo di tut­ti i pale­sti­ne­si), i mem­bri del­la Fos­sa dei Leo­ni, in mag­gio­ran­za pro­ve­nien­ti pro­prio dal­la stes­sa Fatah che gui­da l’ANP, han­no rifiu­ta­to sdegnosamente.
Il feno­me­no del rag­grup­pa­men­to in seno alla resi­sten­za al di là del­le fazio­ni di appar­te­nen­za rap­pre­sen­ta la vera for­za del­la nuo­va resi­sten­za pale­sti­ne­se. Den­tro i nuo­vi grup­pi ci sono, come det­to, mem­bri di Fatah, ma anche del­la Jihad Isla­mi­ca, del Fron­te Popo­la­re di Libe­ra­zio­ne del­la Pale­sti­na, come pure di Hamas. Lot­ta­no tut­ti fian­co a fian­co, con­trav­ve­nen­do anche agli ordi­ni di scu­de­ria del­le pro­prie diri­gen­ze nel caso. Com­bat­to­no un nemi­co comu­ne, l’invasore colonialista.

Que­stio­ne nazio­na­le e sce­na­ri internazionali
La que­stio­ne nazio­na­le pale­sti­ne­se, fin dal­la nasci­ta del­lo Sta­to d’Israele, è sta­ta sem­pre affi­da­ta a solu­zio­ni “di pace” inter­na­zio­na­li det­ta­te dall’agenda dell’imperialismo a sca­pi­to del­la popo­la­zio­ne pale­sti­ne­se. In un con­te­sto inter­na­zio­na­le di cri­si e guer­ra, que­ste ven­go­no spaz­za­te via insie­me a tut­ti gli “accor­di di pace” sti­la­ti nel mon­do nel­la secon­da metà del Novecento.
I fat­ti recen­ti degli ulti­mi mesi sono espli­ca­ti­vi a riguar­do. Gli attac­chi a Jenin e in Cisgior­da­nia e il pac­chet­to di rifor­me rea­zio­na­rie del gover­no Neta­nya­hu vol­te a rimuo­ve­re gli osta­co­li legi­sla­ti­vi per gli inse­dia­men­ti in ter­ri­to­rio pale­sti­ne­se (quin­di anche in Cisgior­da­nia)[6] evi­den­zia­no ulte­rior­men­te l’abbandono degli accor­di di Oslo e l’assurdità del­la “teo­ria due Sta­ti”. Que­sti han­no con­dot­to da un lato a un via libe­ra per la puli­zia etni­ca e per la tota­le colo­niz­za­zio­ne del ter­ri­to­rio da par­te del­lo sta­to sio­ni­sta e dall’altro allo svi­lup­po di un’Autorità Nazio­na­le Pale­sti­ne­se debo­le e cor­rot­ta, che favo­ri­sce il gio­co d’Israele e toglie cam­po a ogni pos­si­bi­le pro­spet­ti­va rivoluzionaria.
Un’ANP, tra l’altro, che vede oggi ridot­ta la sua auto­ri­tà in Cisgior­da­nia e rap­pre­sen­ta allo stes­so tem­po un limi­te per la libe­ra­zio­ne del popo­lo pale­sti­ne­se e anche un “limi­te lega­le” per il sio­ni­smo stes­so e per i suoi pia­ni di con­qui­sta tota­le del ter­ri­to­rio. Infat­ti essa è oggi sot­to attac­co sia del­le mobi­li­ta­zio­ni inter­ne alla resi­sten­za pale­sti­ne­se in Cisgior­da­nia, sia del­la poli­ti­ca cri­mi­na­le di Neta­nya­hu che mira alla sua distru­zio­ne con l’intervento arma­to, “lega­liz­za­to” attra­ver­so il pac­chet­to di riforme.
Le gran­di pro­te­ste del­le fazio­ni lai­che israe­lia­ne con­tro Neta­nya­hu han­no tro­va­to l’appoggio di diver­si set­to­ri dell’imperialismo mon­dia­le, pre­oc­cu­pa­to dal­la poli­ti­ca espan­si­va in Cisgior­da­nia che mine­reb­be gli “accor­di di Abra­mo” con l’Arabia Sau­di­ta, uti­liz­za­bi­li tra l’altro da Biden, in vista del­la futu­ra cam­pa­gna elet­to­ra­le, per sal­va­re in par­te la pro­pria poli­ti­ca este­ra, ricor­da­ta soprat­tut­to per i pro­ba­bi­li fal­li­men­ti sul ver­san­te ucrai­no[7]. La fal­sa dico­to­mia democrazia/dittatura su cui si basa­no le pro­te­ste è la stes­sa “ste­ri­le” del dibat­ti­to con cui l’imperialismo si pone nei con­fron­ti del con­flit­to in Ucrai­na e non risol­ve le con­trad­di­zio­ni inter­ne allo Sta­to sio­ni­sta e all’imperialismo. In que­sto caso par­ti­co­la­re le pro­te­ste rimuo­vo­no volu­ta­men­te la que­stio­ne pale­sti­ne­se, che non può risol­ver­si inter­na­men­te allo sta­to sio­ni­sta, e rifiu­ta­no infat­ti qual­sia­si appel­lo alle popo­la­zio­ni arabe.
Il capi­ta­li­smo nel­la sua fase impe­ria­li­sta e lo Sta­to sio­ni­sta, che altro non è che un frut­to di que­sta fase, sono irri­for­ma­bi­li e non pos­so­no vive­re in pace. Con l’inasprirsi del­la cri­si inter­na­zio­na­le, le stra­de del­la rivo­lu­zio­ne e quel­le del­la rea­zio­ne che ten­do­no ver­so la guer­ra, la cri­si dei siste­mi demo­cra­ti­ci e il bona­par­ti­smo, per­do­no entram­be ogni sfu­ma­tu­ra e si fan­no più mar­ca­te. La dico­to­mia reazione/rivoluzione è l’unica che si svi­lup­pa ine­so­ra­bi­le, ogni que­stio­ne nazio­na­le è una que­stio­ne inter­na­zio­na­le e il desti­no e la lot­ta del popo­lo oppres­so pale­sti­ne­se con­tro lo sta­to sio­ni­sta saran­no sem­pre più lega­ti indis­so­lu­bil­men­te al desti­no e alla lot­ta del pro­le­ta­ria­to inter­na­zio­na­le con­tro l’imperialismo mondiale.

Supe­ra­re lo Sta­to etni­co-reli­gio­so crea­to dal sio­ni­smo e dall’imperialismo
L’unica solu­zio­ne per la rea­le libe­ra­zio­ne degli ara­bi (e degli ebrei) in Pale­sti­na è l’estirpazione defi­ni­ti­va del can­cro raz­zi­sta, colo­nia­li­sta e geno­ci­da nel­la regio­ne, cioè la distru­zio­ne del­lo Sta­to sio­ni­sta di Israe­le, cane da guar­dia dell’imperialismo sta­tu­ni­ten­se nell’area, e la costru­zio­ne di una Pale­sti­na uni­ta, lai­ca e non raz­zi­sta su tut­to il suo ter­ri­to­rio sto­ri­co. Una Pale­sti­na sen­za muri né cam­pi di con­cen­tra­men­to, in cui pos­sa­no fare ritor­no i milio­ni di rifu­gia­ti espul­si dal­la loro ter­ra dal 1948 ad oggi, e pos­sa­no recu­pe­ra­re i pro­pri pie­ni dirit­ti nazio­na­li (e anche “uma­ni”) i milio­ni che sono rima­sti nel­la loro ter­ra e vivo­no ogni for­ma di sopru­so. Una Pale­sti­na uni­ca e lai­ca in cui, a loro vol­ta, pos­sa­no per­ma­ne­re tut­ti gli ebrei che sia­no dispo­sti a con­vi­ve­re in pace e ugua­glian­za, con pie­ni dirit­ti di mino­ran­za, nel­la pro­spet­ti­va dell’edificazione del­la Fede­ra­zio­ne del­le repub­bli­che ara­be socia­li­ste. I mar­xi­sti rivo­lu­zio­na­ri devo­no com­bat­te­re una lot­ta sen­za quar­tie­re con­tro il sio­ni­smo già dal pun­to di vista teo­ri­co: l’obiettivo fina­le del popo­lo pale­sti­ne­se, col sup­por­to del pro­le­ta­ria­to inter­na­zio­na­le e nel qua­dro di una lot­ta di clas­se che deve svi­lup­par­si, appun­to, a livel­lo inter­na­zio­na­le, è quel­lo di libe­ra­re la Pale­sti­na dall’oppressore sio­ni­sta e ricon­dur­re gli ara­bi e gli ebrei di que­sta mar­to­ria­ta ter­ra a rap­por­ti di fra­ter­ni­tà distrug­gen­do il mostruo­so siste­ma di oppres­sio­ne a par­ti­re dall’architettura sta­tua­le su cui si fonda.


Note

[1] “Ben Gvir left out of ter­ror attack secu­ri­ty assess­ment, repor­ted­ly over lack of tru­st”, The Times of Israel, 21/6/2023.
[2] P. Haski, “Sce­ne di guer­ra in Cisgior­da­nia, Inter­na­zio­na­le, 20/6/2023.
[3] “The Armed Revolt: Why Israel Can­not Crush the Resi­stan­ce in Pale­sti­ne”, The Pale­sti­ne Chro­ni­cle, 1/7/2023.
[4] “«La Fos­sa dei Leo­ni»: la nuo­va resi­sten­za arma­ta pale­sti­ne­se”, Con­tro­pia­no, 15/11/2022.
[5] “The Lions’ Den is not a flee­ting phe­no­me­non — an armed upri­sing looms”, Midd­le East Moni­tor, 20/12/2022.
[6] “Israe­le costrui­rà oltre 5mila nuo­ve case abu­si­ve in ter­ri­to­rio pale­sti­ne­se”, Life­ga­te, 28/6/2023.
[7] “Far anda­re d’accordo Ara­bia Sau­di­ta e Israe­le: ecco la mos­sa del caval­lo di Biden”, Huf­fing­ton Post, 31/7/2023.