Il 15 maggio 1974 un commando armato del Fronte Democratico Popolare per la Liberazione della Palestina (FDPLP)[1] fece irruzione nella cittadina israeliana di Ma’alot, al confine con il Libano, indossando le divise dell’IDF (Forze di Difesa di Israele). I militanti del Fronte incontrarono dapprima un furgone che trasportava delle lavoratrici. Ne uccisero due ferendo il conducente e altre otto operaie. Quindi, bussarono alla porta di casa di una famiglia, uccisero i due giovani coniugi – la donna era anche incinta – i loro due figli di 4 e 5 anni e in seguito un passante. Entrarono poi in una scuola elementare freddando il custode e alcuni bambini, mentre un altro centinaio di studenti venne preso in ostaggio. In cambio del loro rilascio fu chiesta la liberazione di 23 prigionieri politici palestinesi.
Quando intervennero le teste di cuoio di Israele l’azione culminò in una strage: prima di venire a loro volta uccisi, i militanti armati del FDPLP diedero la morte a più di venti bambini e alcuni insegnanti; altre decine di persone rimasero ferite.
L’Organizzazione Socialista in Israele – un gruppo marxista e antisionista meglio conosciuto come Matzpen, di cui abbiamo recentemente pubblicato un interessante testo di analisi della classe operaia israeliana – già prima di questi tragici fatti aveva allacciato delle relazioni politiche con il FDPLP. Dopo gli eventi svoltisi a Ma’alot, Matzpen prese posizione sull’operazione militare compiuta dal Fronte attraverso la “Lettera aperta” che presentiamo qui di seguito tradotta in italiano.
Riteniamo che da questo testo possano essere tratti utili spunti di riflessione per analizzare quanto sta accadendo oggi a Gaza e in Palestina a partire dall’attacco che l’ala militare di Hamas ha condotto il 7 ottobre scorso: e questo, nonostante le enormi differenze fra i due periodi storici, nonché fra la natura reazionaria di quest’organizzazione e la connotazione marxista del FDPLP.
Buona lettura.
La redazione
Lettera aperta ai membri del Fronte Democratico Popolare per la Liberazione della Palestina (1° giugno 1974)
Organizzazione Socialista in Israele (Matzpen)
Riteniamo nostro dovere politico rivolgerci a voi pubblicamente e dire la nostra sull’operazione dei vostri uomini a Ma’alot; un’operazione che, più di ogni altra precedente in Israele, nei Territori occupati e nel mondo, ha suscitato molti commenti politici, sia per quanto riguarda il suo carattere che i suoi autori.
Perché?
Perché da circa cinque anni, a partire dalla scissione del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, la vostra organizzazione è stata vista da molti come il fulcro della sinistra del movimento palestinese, come il polo nel quale si concentrano le forze rivoluzionarie delle organizzazioni della resistenza.
Ecco perché la vostra operazione ha suscitato reazioni così vivaci in Israele, sia tra i vari settori del campo sionista che tra le organizzazioni rivoluzionarie e l’opinione pubblica di sinistra. Non è un caso che Golda Meir, a capo proprio del governo che per anni ha espropriato, oppresso e massacrato i palestinesi, abbia reagito in modo diverso dal solito e non si sia accontentata dei suoi soliti epiteti, “assassini”, ecc., ma abbia aggiunto: «Questo è lo stesso Hawatmeh che cerca di convincerci a una convivenza tra ebrei e arabi». Lo ha fatto, a nostro avviso, per il timore, seppur nascosto, che le forze rivoluzionarie palestinesi possiedano un’arma molto pericolosa per il sionismo: l’alternativa internazionalista che i rivoluzionari palestinesi possono presentare alle masse di ebrei israeliani; il programma socialista rivoluzionario che può riunire le masse di entrambi i popoli: arabi palestinesi ed ebrei israeliani.
Il primo ministro israeliano ha fatto queste dichiarazioni poche ore dopo la carneficina di Ma’alot, in una trasmissione televisiva rivolta a un pubblico di massa. Il suo volto era severo, come se quella carneficina fosse stata decretata da una forza maggiore inesorabile, come se lei non avesse nulla a che fare con questo evento, come se non fosse tra coloro che hanno condannato a morte le decine di vittime di Ma’alot. Ma sotto la sua maschera c’era la soddisfazione per il fatto che gli eventi di quel giorno rafforzavano la sua tesi fondamentale: “Gli arabi sono tutti uguali … tutti loro ci vogliono sterminare …”, e così via.
Vogliamo essere sinceri: la vostra operazione a Ma’alot ha intensificato e approfondito l’inimicizia tra le masse dei due popoli e – come ben sappiamo sulla base della nostra esperienza quotidiana – ha reso un buon servigio al sionismo. L’operazione a Ma’alot ha suscitato una forte opposizione e aspre critiche non solo da parte di membri della nostra organizzazione, ma anche di membri di altre organizzazioni rivoluzionarie. Possiamo inoltre affermare che la vostra operazione ha inferto un duro colpo a molti nel campo della sinistra sionista, sinceri membri della base. Gli eventi recenti – la guerra d’ottobre e lo shock che l’ha seguita – li hanno portati a una migliore comprensione e a una maggiore disponibilità a cercare alleati tra il popolo arabo palestinese. Erano pronti a prestare ascolto a diverse voci nel mondo arabo in generale e tra il popolo arabo palestinese in particolare, e alcuni di loro si erano orientati verso posizioni rivoluzionarie, essendo disposti ad abbandonare le posizioni sioniste. L’esistenza della vostra organizzazione ha avuto un ruolo in questo sviluppo. È stato dunque un duro colpo per loro sapere che la vostra organizzazione è responsabile dell’operazione a Ma’alot.
Ma non è tutto.
La storia della nostra epoca è ricca di esempi di insurrezioni spontanee di masse oppresse, che si sollevano e uccidono i loro oppressori. L’operazione a Ma’alot non è di questo tipo. Non è stata spontanea. È stata pianificata e calcolata. Perciò non possiamo dire, come spesso fanno in molti, che questa è la logica della lotta e che le emozioni umane devono essere messe da parte. Nella vostra operazione a Ma’alot avete disatteso principi morali elementari. Quest’inosservanza non può nascondersi dietro l’affermazione – peraltro comune – che si tratta di principi borghesi. Non possiamo accettare questa affermazione, perché gli standard che si applicano a un’insurrezione spontanea di una massa oppressa, o ai combattenti per la liberazione nazionale, non sono appropriati per i combattenti che imbracciano le armi in nome della rivoluzione socialista.
Ecco cosa avete detto nella vostra dichiarazione all’ambasciatore francese (Ha’olam Haze, numero 1917): «Non siamo assassini. Siamo soldati di un movimento di liberazione … Crediamo nel marxismo‑leninismo e nel diritto all’autodeterminazione dei popoli nel loro Paese, ed è per questo che stiamo combattendo …».
Dovete risolvere questa contraddizione, di fronte alle masse palestinesi e alle masse israeliane.
L’operazione a Ma’alot presenta un ulteriore aspetto. Gli abitanti di questa città sono per la maggior parte lavoratori poveri, tra i più sfruttati e oppressi della società israeliana, carne da macello della politica israeliana, di cui non sono responsabili e dalla quale non traggono alcun beneficio. Per i residenti di Ma’alot la vostra operazione significa che il sionismo è il loro ultimo rifugio. Se il movimento palestinese non offre loro un’alternativa di vita senza il sionismo, essi preferiranno sempre il sionismo, con tutti i suoi pericoli e nonostante il pesante prezzo da pagare per esso. Preferiranno l’“unità nazionale” interclassista con i loro sfruttatori interni, se saranno lasciati senza un’alternativa di lotta comune e di convivenza tra ebrei e arabi.
Con l’operazione di Ma’alot avete tradito il compito che vi siete assunti: sviluppare un’alternativa di questo tipo e presentarla alle masse in Israele. L’intervista di Nayef Hawatmeh, pubblicata su Yedioth Ahronoth, e l’operazione a Ma’alot sono in evidente contraddizione. E come è noto, quando c’è una contraddizione tra parola e azione, la seconda annulla la prima. Ne prendiamo atto con rammarico, a prescindere dalle divergenze tra noi e l’intervistato, sorte prima dell’operazione di Ma’alot ma che non è il caso di approfondire in questa sede.
Sappiamo che, naturalmente, l’operazione a Ma’alot non è rimasta senza conseguenze, senza cioè che nessuno l’abbia contestata nella sinistra rivoluzionaria palestinese. Per questo motivo rendiamo pubblici alcuni dei nostri sentimenti, per incoraggiare e contribuire a promuovere un dibattito fra tutti i rivoluzionari della nostra regione, un dibattito che crediamo debba trascendere questa questione specifica e comprendere tutte le questioni teoriche, politiche, strategiche e tattiche che le forze rivoluzionarie del mondo arabo e di Israele devono affrontare.
Siamo naturalmente consapevoli dei tanti argomenti che verranno sollevati contro di noi, come lo stato attuale del movimento palestinese sullo sfondo degli “accordi” attualmente in fase di elaborazione da parte delle grandi potenze e dei governi della regione; e il fatto che il campo rivoluzionario in Israele è piccolo e debole, incapace di incoraggiare lo sviluppo e l’avanzata delle forze rivoluzionarie internazionaliste nel mondo arabo.
Non abbiamo toccato tali questioni in questa sede; le affronteremo in un altro documento, che sarà pubblicato anche sulla nostra rivista Matzpen. Le presenti righe sono state scritte con un solo scopo: chiarire pubblicamente e inequivocabilmente la nostra opinione sul fatto che l’operazione a Ma’alot danneggia la lotta rivoluzionaria e trasforma ogni buon terreno in un deserto arido, dove abbondano le spine del nazionalismo e appassiscono i fiori del socialismo.
[Pubblicata in ebraico e in arabo sul numero 72 di Matzpen, dicembre 1974]
Note
[1] Il FDPLP, di orientamento maoista, nacque nel 1968 come scissione del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP). Il suo fondatore era Nayef Hawatmeh, del quale si parla nel testo della lettera pubblicata di seguito. Hawatmeh è tuttora a capo dell’organizzazione.