Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Politica internazionale: Europa

La democrazia artificiale: le elezioni pilotate in Romania

Credit: Pagina Instagram di Nicușor Dan

È evi­den­te ormai che la paro­la “demo­cra­zia” è diven­ta­ta sol­tan­to una sca­to­la vuo­ta, un bel­let­to uti­liz­za­to dagli ordi­na­men­ti bor­ghe­si per con­trol­la­re le mas­se popo­la­ri, addor­men­tan­do­le e pri­van­do­le del­la capa­ci­tà stes­sa di pensare.
Uno stu­dio­so bra­si­lia­no di cui abbia­mo pub­bli­ca­to alcu­ni testi su que­sto sito, Feli­pe Demier, la defi­ni­sce “Demo­cra­zia blin­da­ta”: «I regi­mi demo­cra­ti­ci con­tem­po­ra­nei non mostra­no alcun pudo­re nel­l’in­ten­si­fi­ca­re la loro blin­da­tu­ra anti­po­po­la­re, ricor­ren­do in modo cini­co a espe­dien­ti bona­par­ti­sti quan­do si trat­ta di far vale­re gli inte­res­si cospi­cui e spie­ta­ti del gran­de capi­ta­le […], non esi­ta­no a ricor­re­re alle loro pre­ro­ga­ti­ve costi­tu­zio­na­li più anti­de­mo­cra­ti­che, facen­do sì che misu­re ecce­zio­na­li pos­sa­no esse­re facil­men­te invo­ca­te come se fos­se­ro ordi­na­rie qua­lo­ra ciò si rive­las­se neces­sa­rio per il man­te­ni­men­to del­l’or­di­ne ultra­neo­li­be­ri­sta; le rego­le del gio­co tan­to care ai poli­to­lo­gi libe­ra­li sono, in nome di que­ste stes­se rego­le, tran­quil­la­men­te e cini­ca­men­te subor­di­na­te alle loro ecce­zio­ni, in modo che la pri­ma rego­la del gio­co, la sod­di­sfa­zio­ne del capi­ta­le, sia rispettata».
Un esem­pio evi­den­te di “demo­cra­zia blin­da­ta” ce lo for­ni­sce la recen­te vicen­da del­le ele­zio­ni in Roma­nia, in cui un can­di­da­to sgra­di­to alle Can­cel­le­rie euro­pee per­ché non alli­nea­to con i pia­ni loro e del­la Nato, è sta­to estro­mes­so dal­la com­pe­ti­zio­ne, e addi­rit­tu­ra arre­sta­to, men­tre il pri­mo tur­no elet­to­ra­le, che egli ave­va vin­to, veni­va annul­la­to. Le ele­zio­ni sono sta­te dun­que ripe­tu­te fino a che non le ha vin­te chi era gra­di­to a Bruxelles.
Ce ne par­la Tho­mas Fazi nel­l’ar­ti­co­lo che pub­bli­chia­mo qui di seguito.
Buo­na lettura.
La redazione

La democrazia artificiale: le elezioni pilotate in Romania


Anche sup­po­nen­do che il pro­ces­so di voto in sé sia sta­to impec­ca­bi­le, le ele­zio­ni sono sta­te “truc­ca­te” dal momen­to in cui i risul­ta­ti di novem­bre sono sta­ti annul­la­ti e al can­di­da­to prin­ci­pa­le Geor­ge­scu è sta­to impe­di­to di candidarsi.


Tho­mas Fazi [*]

 

La far­sa del­le ele­zio­ni pre­si­den­zia­li in Roma­nia si è chiu­sa ieri, con il sin­da­co cen­tri­sta filo‑europeista di Buca­re­st, Nicușor Dan, che ha otte­nu­to una deci­si­va vit­to­ria di otto pun­ti sul suo riva­le di destra, Geor­ge Simion. Le voci del­l’e­sta­blish­ment in tut­ta Euro­pa – e non solo – si sono affret­ta­te a salu­ta­re il risul­ta­to come una “vit­to­ria per la demo­cra­zia”. Un risul­ta­to a dir poco orwel­lia­no, con­si­de­ran­do quan­to sia­no sta­ti pale­se­men­te vio­la­ti i prin­ci­pi demo­cra­ti­ci duran­te l’in­te­ro pro­ces­so elet­to­ra­le in Romania.
La vit­to­ria di Dan arri­va sul­la scia di una serie di even­ti che han­no gra­ve­men­te mina­to la cre­di­bi­li­tà demo­cra­ti­ca del­la Roma­nia. Lo scor­so novem­bre, il can­di­da­to indi­pen­den­te euro­scet­ti­co e cri­ti­co nei con­fron­ti del­la NATO, Călin Geor­ge­scu, ha vin­to il pri­mo tur­no del­le ele­zio­ni pre­si­den­zia­li con un risul­ta­to a sor­pre­sa. Tut­ta­via, pri­ma che si svol­ges­se il bal­lot­tag­gio, la Cor­te costi­tu­zio­na­le rume­na ha annul­la­to il risul­ta­to, addu­cen­do una pre­sun­ta ma non dimo­stra­ta inter­fe­ren­za russa.
Il dos­sier di intel­li­gen­ce pre­sen­ta­to con­tro Geor­ge­scu – “declas­si­fi­ca­to” e pub­bli­ca­to dal­l’al­lo­ra pre­si­den­te rume­no Klaus Iohan­nis due gior­ni pri­ma del­la sen­ten­za – non for­ni­va alcu­na pro­va evi­den­te di inter­fe­ren­za stra­nie­ra o addi­rit­tu­ra di mani­po­la­zio­ne elet­to­ra­le. Indi­ca­va sem­pli­ce­men­te l’e­si­sten­za di una cam­pa­gna media­ti­ca a soste­gno di Geor­ge­scu che coin­vol­ge­va cir­ca 25.000 account Tik­Tok coor­di­na­ti tra­mi­te un cana­le Tele­gram, influen­cer paga­ti e mes­sag­gi coor­di­na­ti. In altre paro­le, la Cor­te Supre­ma rume­na ha annul­la­to un’in­te­ra ele­zio­ne sul­la base di affer­ma­zio­ni del tut­to infon­da­te di inter­fe­ren­za straniera.
Ancor più incre­di­bi­le è che un’a­gen­zia di stam­pa rume­na ha suc­ces­si­va­men­te rive­la­to che la cam­pa­gna Tik­Tok uti­liz­za­ta per giu­sti­fi­ca­re l’an­nul­la­men­to del­le ele­zio­ni era sta­ta in real­tà finan­zia­ta dal Par­ti­to Nazio­na­le Libe­ra­le al gover­no, lo stes­so par­ti­to che ave­va soste­nu­to l’an­nul­la­men­to del­le ele­zio­ni e da cui pro­ve­ni­va l’ex pre­si­den­te del Pae­se, che ha avu­to un ruo­lo chia­ve nel­l’in­te­ra vicen­da fino alle sue dimis­sio­ni il mese scorso.
Una nuo­va data per le ele­zio­ni ven­ne fis­sa­ta per mag­gio, ma mol­ti si sono chie­sti come l’e­sta­blish­ment potes­se impe­di­re una ripe­ti­zio­ne dei risul­ta­ti di novem­bre, soprat­tut­to per­ché l’in­te­ra far­sa non ha fat­to altro che raf­for­za­re il soste­gno a Geor­ge­scu. La rispo­sta è arri­va­ta a mar­zo, quan­do la com­mis­sio­ne elet­to­ra­le ha defi­ni­ti­va­men­te esclu­so Geor­ge­scu dal­la com­pe­ti­zio­ne elet­to­ra­le. Par­ti­co­lar­men­te sor­pren­den­te è il fat­to che la deci­sio­ne del­la com­mis­sio­ne elet­to­ra­le si sia basa­ta sul­le accu­se di “inter­fe­ren­za stra­nie­ra” uti­liz­za­te dal­la Cor­te costi­tu­zio­na­le per annul­la­re il pri­mo tur­no del­le ele­zio­ni pre­si­den­zia­li, seb­be­ne que­ste fos­se­ro sta­te smen­ti­te. Una Cor­te d’ap­pel­lo di gra­do infe­rio­re annul­lò poi tem­po­ra­nea­men­te la deci­sio­ne, men­tre l’Al­ta Cor­te di Cas­sa­zio­ne e Giu­sti­zia la con­fer­mò definitivamente.
Nel frat­tem­po, i pro­cu­ra­to­ri rume­ni han­no avvia­to un pro­ce­di­men­to pena­le con­tro Geor­ge­scu con accu­se che van­no da “inci­ta­men­to ad azio­ni con­tro l’or­di­ne costi­tu­zio­na­le”, alla crea­zio­ne di un’or­ga­niz­za­zio­ne con “carat­te­ri­sti­che fasci­ste, raz­zi­ste o xeno­fo­be”, fino all’an­ti­se­mi­ti­smo, nono­stan­te la cam­pa­gna di Geor­ge­scu si sia con­cen­tra­ta prin­ci­pal­men­te sul­la poli­ti­ca eco­no­mi­ca e sul­l’o­rien­ta­men­to geo­po­li­ti­co del­la Romania.
In bre­ve, quan­do le cam­pa­gne dif­fa­ma­to­rie dei media main­stream e dei par­ti­ti poli­ti­ci tra­di­zio­na­li non sono riu­sci­te a con­te­ne­re la cre­scen­te popo­la­ri­tà di Geor­ge­scu, lo Sta­to rume­no ha mobi­li­ta­to con­tro di lui qua­si tut­te le isti­tu­zio­ni: tri­bu­na­li, poli­zia e per­si­no i ser­vi­zi segre­ti. L’o­biet­ti­vo era eli­mi­na­re Geor­ge­scu dal­la com­pe­ti­zio­ne con ogni mez­zo neces­sa­rio. Ed è sta­to raggiunto.
Ci sono fon­da­ti moti­vi per rite­ne­re che le misu­re adot­ta­te dal­la Roma­nia non sia­no sta­te det­ta­te da ragio­ni esclu­si­va­men­te di natu­ra inter­na. Dato il ruo­lo stra­te­gi­co del Pae­se nel­la NATO e nel­la guer­ra con­tro la Rus­sia, è estre­ma­men­te plau­si­bi­le che tali misu­re sia­no sta­te adot­ta­te sot­to la pres­sio­ne di Washing­ton e Bru­xel­les o in coor­di­na­men­to con esse. Le basi aeree rume­ne svol­go­no un ruo­lo chia­ve nel­la logi­sti­ca e nel­l’ad­de­stra­men­to del­la NATO, non­ché nel­la guer­ra per pro­cu­ra del­l’Al­lean­za atlan­ti­ca in Ucrai­na; le for­ti posi­zio­ni anti‑NATO e con­tro la guer­ra di Geor­ge­scu lo ren­de­va­no quin­di insop­por­ta­bi­le per l’e­sta­blish­ment euro‑atlantico.
L’e­sclu­sio­ne di Geor­ge­scu ha aper­to la stra­da all’a­sce­sa di Geor­ge Simion, lea­der del par­ti­to nazio­na­li­sta Allean­za per l’U­ni­tà dei Rume­ni (AUR), che in pre­ce­den­za ave­va soste­nu­to Geor­ge­scu e si era impe­gna­to a non can­di­dar­si con­tro di lui. Simion ha lan­cia­to la sua cam­pa­gna dopo che Geor­ge­scu è sta­to esclu­so, pre­sen­tan­do­si come un difen­so­re del­la demo­cra­zia e del­la sovra­ni­tà nazio­na­le e arri­van­do per­si­no a sug­ge­ri­re che avreb­be nomi­na­to Geor­ge­scu pri­mo mini­stro se ne aves­se avu­to l’opportunità.
Al pri­mo tur­no del­le nuo­ve ele­zio­ni, il 5 mag­gio, Simion ha vin­to con un ampio mar­gi­ne, otte­nen­do il dop­pio dei voti di Nicușor Dan. Ma per­ché a Simion, a dif­fe­ren­za di Geor­ge­scu, è sta­to per­mes­so di can­di­dar­si? Ho ipo­tiz­za­to che la rispo­sta risie­da nel tipo di popu­li­smo che rap­pre­sen­ta. Da un lato, Simion ha posi­zio­ni mol­to più radi­ca­li di Geor­ge­scu su que­stio­ni cul­tu­ra­li e iden­ti­ta­rie; dal­l’al­tro, però, è signi­fi­ca­ti­va­men­te più alli­nea­to agli inte­res­si del­l’e­sta­blish­ment su que­stio­ni cru­cia­li come la NATO, l’in­te­gra­zio­ne euro­pea e la guer­ra in Ucraina.
Ho sug­ge­ri­to che Simion rap­pre­sen­ti un nuo­vo e sem­pre più dif­fu­so tipo di atto­re poli­ti­co: il fin­to popu­li­sta che com­bi­na un nazio­na­li­smo cul­tu­ra­le stri­den­te con la leal­tà allo sta­tus quo eco­no­mi­co e geo­po­li­ti­co. Que­sta dop­pia iden­ti­tà ren­de que­sti per­so­nag­gi idea­li per esse­re coop­ta­ti dal­l’e­sta­blish­ment nel ten­ta­ti­vo di que­st’ul­ti­mo di rispon­de­re alla rea­zio­ne popu­li­sta pro­muo­ven­do – o alme­no tol­le­ran­do (pur rim­pro­ve­ran­do­li pub­bli­ca­men­te) – lea­der che vei­co­la­no sen­ti­men­ti nazio­na­li­sti, ma lascia­no intat­te le strut­tu­re di pote­re fondamentali.
Alla fine, però, que­sto “pia­no B” si è rive­la­to super­fluo, poi­ché il can­di­da­to pre­fe­ri­to dal­l’e­sta­blish­ment, Dan, ha otte­nu­to la vittoria.
Simion ha affer­ma­to che il gover­no del­la Mol­da­via sta­va mobi­li­tan­do con­tro di lui la comu­ni­tà rume­na lì emi­gra­ta e ha anche affer­ma­to che i seg­gi elet­to­ra­li di altre comu­ni­tà di espa­tria­ti a lui più favo­re­vo­li non dispo­ne­va­no di sche­de elet­to­ra­li suf­fi­cien­ti. Ha anche soste­nu­to di aver tro­va­to i nomi di milio­ni di cit­ta­di­ni dece­du­ti nel­le liste elet­to­ra­li. Il tem­po dirà – for­se – se que­ste accu­se han­no qual­che fon­da­men­to. Ma in defi­ni­ti­va, anche se il pro­ces­so di voto in sé fos­se sta­to impec­ca­bi­le, la veri­tà è che le ele­zio­ni sono sta­te “truc­ca­te” dal momen­to in cui i risul­ta­ti di novem­bre sono sta­ti annul­la­ti e Geor­ge­scu è sta­to esclu­so dal­la cor­sa. E que­sto sen­za nem­me­no con­si­de­ra­re la mas­sic­cia cam­pa­gna media­ti­ca e onli­ne con­dot­ta con­tro Geor­ge­scu, e poi con­tro Simion. Infat­ti, il fon­da­to­re di Tele­gram, Pavel Durov, ha rive­la­to di esse­re sta­to inca­ri­ca­to dal capo del­l’in­tel­li­gen­ce fran­ce­se di bloc­ca­re gli account rume­ni conservatori.
La Fran­cia ha avu­to un ruo­lo chia­ve in tut­ta que­sta vicen­da. Lo scor­so dicem­bre, poche ore pri­ma che la Cor­te costi­tu­zio­na­le annul­las­se le ele­zio­ni, la can­di­da­ta pro‑UE che si scon­tra­va con Geor­ge­scu, Ele­na Lasco­ni, ha pub­bli­ca­to una con­ver­sa­zio­ne con Macron sul­la sua pagi­na Face­book in cui il pre­si­den­te fran­ce­se ha lan­cia­to diver­se minac­ce vela­te sul­le gra­vi con­se­guen­ze che una vit­to­ria di Geor­ge­scu avreb­be avu­to per la Roma­nia. Inol­tre, pochi gior­ni pri­ma del­la sen­ten­za del­la com­mis­sio­ne elet­to­ra­le con­tro Geor­ge­scu, l’am­ba­scia­to­re fran­ce­se ha fat­to visi­ta al pre­si­den­te del­la Cor­te costi­tu­zio­na­le rume­na, e duran­te il col­lo­quio i due han­no riba­di­to l’im­por­tan­za di resi­ste­re “alla pene­tra­zio­ne del popu­li­smo nel­le deci­sio­ni o nel­le sen­ten­ze di una Cor­te costi­tu­zio­na­le”: un evi­den­te rife­ri­men­to alle cri­ti­che alla deci­sio­ne del­la Cor­te di annul­la­re i risul­ta­ti elettorali.
In bre­ve, se c’è sta­to un attac­co ibri­do stra­nie­ro con­tro la Roma­nia, que­sto non è sta­to mes­so in atto dal­la Rus­sia, ma dal­l’e­sta­blish­ment tran­sa­tlan­ti­co, attra­ver­so pres­sio­ni stra­nie­re, rap­por­ti di intel­li­gen­ce fab­bri­ca­ti, “orga­niz­za­zio­ni del­la socie­tà civi­le” finan­zia­te dal­l’e­ste­ro e sov­ver­sio­ne giu­di­zia­ria. Gli even­ti in Roma­nia rap­pre­sen­ta­no un pas­so nuo­vo e cru­cia­le per le socie­tà occi­den­ta­li che si defi­ni­sco­no libe­ra­li e demo­cra­ti­che. Le éli­te non si limi­ta­no più a influen­za­re i risul­ta­ti elet­to­ra­li attra­ver­so la mani­po­la­zio­ne dei media, la cen­su­ra, la guer­ra lega­le, la pres­sio­ne eco­no­mi­ca e le ope­ra­zio­ni di intel­li­gen­ce. Quan­do que­sti stru­men­ti non rie­sco­no a otte­ne­re il risul­ta­to desi­de­ra­to, sono sem­pre più dispo­ste a rinun­cia­re com­ple­ta­men­te alle strut­tu­re for­ma­li del­la demo­cra­zia, com­pre­se le elezioni.
La stra­te­gia è sem­pli­ce: con­ti­nua­re a ripe­te­re le ele­zio­ni o intro­met­ter­si nel­le stes­se fin­ché non si ottie­ne il risul­ta­to “cor­ret­to”, pre­fe­ri­bil­men­te assi­cu­ran­do­si che sul­la sche­da elet­to­ra­le com­pa­ia­no solo can­di­da­ti accet­ta­bi­li per l’e­sta­blish­ment. Ormai dovreb­be esse­re evi­den­te a tut­ti che il pro­ces­so elet­to­ra­le occi­den­ta­le è sta­to ridot­to a poco più di un mec­ca­ni­smo di legit­ti­ma­zio­ne del domi­nio oligarchico.
Per­tan­to, quan­to acca­du­to in Roma­nia dovreb­be esse­re inter­pre­ta­to come un segna­le d’al­lar­me per ciò che potreb­be pre­sto veri­fi­car­si altro­ve. È impor­tan­te ren­der­si con­to, tut­ta­via, che que­sta deri­va anti­de­mo­cra­ti­ca è in atto da tem­po. Si può infat­ti soste­ne­re che gli Sta­ti libe­ral­de­mo­cra­ti­ci occi­den­ta­li ope­ra­no ormai da tem­po in uno sta­to di ecce­zio­ne per­ma­nen­te. La faci­li­tà con cui le liber­tà fon­da­men­ta­li e le garan­zie costi­tu­zio­na­li sono sta­te mes­se da par­te duran­te la pan­de­mia ne è sta­ta una pro­va evi­den­te. Le éli­te al pote­re sono in gra­do di far­lo per­ché non esi­ste una resi­sten­za di mas­sa orga­niz­za­ta in gra­do di sfidarle.
Per un bre­ve perio­do di tren­t’an­ni dopo la Secon­da Guer­ra mon­dia­le, le mas­se sono riu­sci­te a uti­liz­za­re le isti­tu­zio­ni demo­cra­ti­che per strap­pa­re un po’ di pote­re eco­no­mi­co e poli­ti­co alle éli­te oli­gar­chi­che con­so­li­da­te, ma le con­di­zio­ni mate­ria­li che lo han­no reso pos­si­bi­le – pri­ma fra tut­te il pote­re orga­niz­za­to dei lavo­ra­to­ri – non esi­sto­no più. Col sen­no di poi, il bre­ve perio­do di (rela­ti­va) sovra­ni­tà popo­la­re è sta­to un’ec­ce­zio­ne, geo­gra­fi­ca­men­te limi­ta­ta, alla nor­ma sto­ri­ca, soste­nu­ta da con­di­zio­ni mate­ria­li e poli­ti­che uni­che. In real­tà, pae­si come la Roma­nia non han­no mai vis­su­to que­sta espe­rien­za, essen­do pas­sa­ti diret­ta­men­te dal regi­me comu­ni­sta alla post-demo­cra­zia neo­li­be­ri­sta. I due pila­stri del­l’al­lean­za tran­sa­tlan­ti­ca – l’U­nio­ne Euro­pea e la NATO – han­no favo­ri­to le ten­den­ze anti­de­mo­cra­ti­che in Euro­pa, gui­dan­do la cor­sa alla distru­zio­ne dei pro­ces­si demo­cra­ti­ci e alla sop­pres­sio­ne del­l’au­to­de­ter­mi­na­zio­ne popolare.
Quel­lo a cui stia­mo assi­sten­do non è la “dege­ne­ra­zio­ne” del­la demo­cra­zia libe­ra­le occi­den­ta­le, una sfor­tu­na­ta devia­zio­ne dal­la nor­ma sto­ri­ca, ma piut­to­sto la sua logi­ca con­clu­sio­ne. Gli Sta­ti che un tem­po era­no sta­ti per un bre­ve perio­do sen­si­bi­li alle richie­ste popo­la­ri sono ora tor­na­ti alla fun­zio­ne che le isti­tu­zio­ni sta­ta­li han­no avu­to per gran par­te del­la sto­ria del capi­ta­li­smo: pre­ser­va­re il pote­re del­le éli­te a tut­ti i costi.


[*] Tho­mas Fazi è gior­na­li­sta, scrit­to­re e tra­dut­to­re di orien­ta­men­to socia­li­sta. Pub­bli­ca rego­lar­men­te su UnHerd e Com­pact. Vive a Roma.