Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Economia

Le condizioni di una recessione e di una crisi finanziaria nel 2020

Quan­te vol­te ci sia­mo sen­ti­ti dire che la cri­si eco­no­mi­ca è ormai pas­sa­ta, che da tem­po si vede la luce in fon­do al tun­nel; anzi, che ormai stia­mo pro­prio uscen­do da quel tunnel?
Que­sta nar­ra­zio­ne “ras­si­cu­ran­te” sor­vo­la sul fat­to che le poli­ti­che di auste­ri­tà mes­se in cam­po da tut­ti i gover­ni per sal­va­re il siste­ma capi­ta­li­sta han­no in real­tà col­pi­to dura­men­te le clas­si lavo­ra­tri­ci d’ogni dove, aggra­van­do­ne la situa­zio­ne, can­cel­lan­do dirit­ti, pro­du­cen­do ulte­rio­re mise­ria e nuo­va disperazione.
Indub­bia­men­te, il siste­ma è riu­sci­to, gra­zie a que­ste poli­ti­che, a ristrut­tu­rar­si. Ma si è dav­ve­ro “sal­va­to”? Ne dubi­ta­no fer­ma­men­te due eco­no­mi­sti bor­ghe­si – di cui pre­sen­tia­mo, tra­dot­ta in ita­lia­no, un’interessante ana­li­si – che inve­ce vedo­no alle por­te una nuo­va e ancor più vio­len­ta cri­si: una cri­si, secon­do i due stu­dio­si, che i gover­ni non potran­no fron­teg­gia­re con gli stru­men­ti uti­liz­za­ti fino ad oggi e che per­ciò si pre­an­nun­cia dirom­pen­te; e rispet­to alla qua­le i rivo­lu­zio­na­ri dovran­no far­si tro­va­re pron­ti per appro­fit­ta­re del­le oppor­tu­ni­tà che andran­no ad aprirsi.
Segna­lia­mo che uno dei due auto­ri, Nou­riel Rou­bi­ni, è sta­to colui che già nel 2006 era riu­sci­to a pre­ve­de­re con esat­tez­za, scon­tran­do­si con l’opinione mag­gio­ri­ta­ria degli eco­no­mi­sti, l’im­mi­nen­te scop­pio del­la cri­si eco­no­mi­ca mon­dia­le del 2008.
Buo­na lettura.
La redazione

Le condizioni di una recessione e di una crisi finanziaria nel 2020


Nou­riel Rou­bi­ni
 e Bru­nel­lo Rosa[*]

 

Seb­be­ne l’economia glo­ba­le abbia attra­ver­sa­to un pro­lun­ga­to perio­do di cre­sci­ta sin­cro­niz­za­ta, per­de­rà ine­vi­ta­bil­men­te vigo­re quan­do le inso­ste­ni­bi­li poli­ti­che fisca­li negli Sta­ti Uni­ti ini­zie­ran­no a venir meno. Nel 2020, lo sce­na­rio sarà matu­ro per un’altra reces­sio­ne e, a dif­fe­ren­za del 2008, ai gover­ni man­che­ran­no gli stru­men­ti poli­ti­ci per gestirla.

A die­ci anni dal fal­li­men­to di Leh­man Bro­thers, il dibat­ti­to è anco­ra aper­to sul­le cau­se e le con­se­guen­ze del­la cri­si finan­zia­ria, non­ché sul fat­to se sia sta­ta impa­ra­ta la lezio­ne per pre­pa­rar­ci a quel­la che ver­rà. Ma la doman­da più per­ti­nen­te per il futu­ro è che cosa sca­te­ne­rà la pros­si­ma reces­sio­ne e la cri­si glo­ba­le, e quando.
L’attuale espan­sio­ne glo­ba­le dovreb­be con­ti­nua­re il pros­si­mo anno, dato che gli Sta­ti Uni­ti man­ten­go­no un ampio defi­cit fisca­le, la Cina appli­ca poli­ti­che fisca­li e cre­di­ti­zie las­si­ste e l’Europa è anco­ra in via di ripre­sa. Ma nel 2020 saran­no matu­re le con­di­zio­ni per una cri­si finan­zia­ria, segui­ta da una reces­sio­ne globale.
Ci sono die­ci ragio­ni che depon­go­no in que­sto senso.

L’in­se­gna del­la socie­tà Leh­man Bro­thers all’a­sta da Chri­stie’s dopo il fallimento

In pri­mo luo­go, le poli­ti­che di sti­mo­lo fisca­le che attual­men­te aumen­ta­no la cre­sci­ta annua­le degli Sta­ti Uni­ti al di sopra del poten­zia­le livel­lo del 2% sono inso­ste­ni­bi­li. Nel 2020 lo sti­mo­lo sarà esau­ri­to e un leg­ge­ro fre­no fisca­le ridur­rà la cre­sci­ta dal 3% a poco meno del 2%.
In secon­do luo­go, poi­ché lo sti­mo­lo è sta­to appli­ca­to al momen­to sba­glia­to, l’economia sta­tu­ni­ten­se si sta ora sur­ri­scal­dan­do, con un aumen­to dell’inflazione al di sopra dell’obiettivo. Per­tan­to, la Fede­ral Reser­ve sta­tu­ni­ten­se con­ti­nue­rà ad aumen­ta­re il tas­so di rife­ri­men­to dall’attuale 2% ad alme­no il 3,5% nel 2020, e ciò potreb­be cau­sa­re un aumen­to dei tas­si di inte­res­se a bre­ve e lun­go ter­mi­ne, e anche del dollaro.
Nel frat­tem­po, anche in altre impor­tan­ti eco­no­mie c’è un aumen­to dell’inflazione, a cui si aggiun­go­no spin­te infla­zio­ni­sti­che deri­van­ti dall’aumento dei prez­zi del petro­lio. Ciò impli­ca che le altre prin­ci­pa­li ban­che cen­tra­li segui­ran­no la Fede­ral Reser­ve nel­la nor­ma­liz­za­zio­ne del­la poli­ti­ca mone­ta­ria: il che ridur­rà la liqui­di­tà glo­ba­le e gene­re­rà pres­sio­ni al rial­zo sui tas­si di interesse.
In ter­zo luo­go, è qua­si cer­to che le con­tro­ver­sie com­mer­cia­li del gover­no Trump con Cina, Euro­pa, Mes­si­co, Cana­da e altri Pae­si si faran­no più acu­te, por­tan­do a una mino­re cre­sci­ta e a più inflazione.
Quar­to, ci sono altre poli­ti­che sta­tu­ni­ten­si che con­ti­nue­ran­no ad aggiun­ge­re pres­sio­ne stag­flat­ti­va e costrin­ge­ran­no la Fed ad alza­re ulte­rior­men­te i tas­si di inte­res­se: la restri­zio­ne dei flus­si di tec­no­lo­gia e di inve­sti­men­ti da e ver­so gli Sta­ti Uni­ti, che influen­ze­ran­no le cate­ne di approv­vi­gio­na­men­to; i limi­ti all’immigrazione neces­sa­ri per man­te­ne­re la cre­sci­ta man mano che la popo­la­zio­ne ame­ri­ca­na invec­chia; lo sco­rag­gia­men­to degli inve­sti­men­ti nell’economia ver­de; e la man­can­za di una poli­ti­ca infra­strut­tu­ra­le per risol­ve­re restri­zio­ni dal lato dell’offerta.
In quin­to luo­go, è pro­ba­bi­le che la cre­sci­ta nel resto del mon­do ral­len­ti, soprat­tut­to se altri Pae­si rite­nes­se­ro oppor­tu­no adot­ta­re ritor­sio­ni con­tro il pro­te­zio­ni­smo sta­tu­ni­ten­se. La Cina deve ral­len­ta­re la sua cre­sci­ta per far fron­te a sovra­ca­pa­ci­tà e inde­bi­ta­men­to ecces­si­vo, oppu­re si veri­fi­che­rà un atter­rag­gio for­za­to. E i mer­ca­ti emer­gen­ti, che già ver­sa­no in una fra­gi­le situa­zio­ne, con­ti­nue­ran­no a sof­fri­re il pro­te­zio­ni­smo e la stret­ta mone­ta­ria negli Sta­ti Uniti.
In sesto luo­go, anche la cre­sci­ta in Euro­pa sarà più len­ta, a cau­sa dell’adeguamento del­la poli­ti­ca mone­ta­ria e del­le fri­zio­ni com­mer­cia­li. Inol­tre, poli­ti­che popu­li­ste in Pae­si come l’Italia pos­so­no por­ta­re a una dina­mi­ca del debi­to inso­ste­ni­bi­le nell’eurozona. L’ancora irri­sol­to cir­co­lo vizio­so (“doom loop”) tra gover­ni e ban­che che deten­go­no tito­li di debi­to pub­bli­co ampli­fi­che­rà i pro­ble­mi esi­sten­zia­li di un’unione mone­ta­ria incom­ple­ta con una ina­de­gua­ta con­di­vi­sio­ne del rischio. In que­ste con­di­zio­ni, un altro ral­len­ta­men­to glo­ba­le potreb­be spin­ge­re l’Italia e altri Pae­si a lascia­re l’eurozona.
Set­ti­mo, nel­le bor­se degli Sta­ti Uni­ti e del mon­do con­ti­nua l’effervescenza. I rap­por­ti prezzo/utili negli Sta­ti Uni­ti sono supe­rio­ri del 50% rispet­to alla media sto­ri­ca, il capi­ta­le pri­va­to è ecces­si­va­men­te sopra­va­lu­ta­to e anche i tito­li pub­bli­ci sono trop­po costo­si in con­si­de­ra­zio­ne dei loro bas­si ren­di­men­ti e dei pre­mi a ter­mi­ne nega­ti­vi. Inol­tre, il cre­di­to ad alto ren­di­men­to sta diven­tan­do sem­pre più costo­so ora che il tas­so di inde­bi­ta­men­to del­le socie­tà negli Sta­ti Uni­ti ha rag­giun­to i mas­si­mi storici.
Inol­tre, in mol­ti mer­ca­ti emer­gen­ti e in alcu­ne eco­no­mie avan­za­te esi­ste un chia­ro ecces­so di inde­bi­ta­men­to. Gli immo­bi­li com­mer­cia­li e resi­den­zia­li sono trop­po costo­si in mol­te par­ti del mon­do. A mano a mano che si faran­no più evi­den­ti i segni di una tem­pe­sta glo­ba­le, nei mer­ca­ti emer­gen­ti con­ti­nue­rà la cor­re­zio­ne di por­ta­fo­gli azio­na­ri, mate­rie pri­me e tito­li a tas­so fis­so. E poi­ché gli inve­sti­to­ri lun­gi­mi­ran­ti ini­zie­ran­no ad anti­ci­pa­re un ral­len­ta­men­to del­la cre­sci­ta nel 2020, i mer­ca­ti ria­de­gue­ran­no i prez­zi del­le atti­vi­tà di rischio entro il 2019.
Otta­vo, una vol­ta pro­dot­ta una cor­re­zio­ne, ci sarà più rischio di illi­qui­di­tà e ven­di­te a prez­zi strac­cia­ti o sot­to­sti­ma­ti (under­shoo­ting). Non c’è mol­ta atti­vi­tà di sup­por­to agli scam­bi (market‑making) e ware­hou­sing (pre­pa­ra­zio­ne di atti­vi per la car­to­la­riz­za­zio­ne) da par­te di inter­me­dia­ri indi­pen­den­ti. L’eccesso di nego­zia­zio­ni algo­rit­mi­che ad alta fre­quen­za aumen­ta il rischio di un col­las­so improv­vi­so. E gli stru­men­ti a red­di­to fis­so sono sta­ti con­cen­tra­ti in fon­di di cre­di­to dedi­ca­ti aper­ti negoziabili.
Nel caso di fuga del rischio, i set­to­ri finan­zia­ri dei mer­ca­ti emer­gen­ti e del­le eco­no­mie avan­za­te con enor­mi pas­si­vi­tà in dol­la­ri non potran­no più acce­de­re alla Fede­ral Reser­ve come pre­sta­to­re di ulti­ma istan­za. Con l’inflazione in asce­sa e una nor­ma­liz­za­zio­ne del­le poli­ti­che in atto, non è più pos­si­bi­le con­ta­re sul soste­gno che le ban­che cen­tra­li han­no for­ni­to negli anni suc­ces­si­vi alla crisi.
Nona ragio­ne, Trump ha recen­te­men­te sfer­ra­to un attac­co alla Fede­ral Reser­ve con un tas­so di cre­sci­ta del 4%. Cosa non farà nell’anno elet­to­ra­le del 2020, quan­do è pro­ba­bi­le che la cre­sci­ta sarà sce­sa al di sot­to dell’1% e ci saran­no per­di­te di posti di lavo­ro? La ten­ta­zio­ne di Trump di sca­te­na­re una cri­si di poli­ti­ca este­ra per crea­re una cor­ti­na di fumo sarà gran­de, spe­cial­men­te se quest’anno i Demo­cra­ti­ci recu­pe­ra­no la Came­ra dei Rappresentanti.

Donald Trump con Jero­me H. Powell, pre­si­den­te del­la Fed

Dato che ha già avvia­to una guer­ra com­mer­cia­le con la Cina e non ose­reb­be attac­ca­re la nuclea­riz­za­ta Corea del Nord, il pros­si­mo obiet­ti­vo miglio­re per Trump è l’Iran. Uno scon­tro mili­ta­re con que­sto Pae­se potreb­be inne­sca­re uno shock geo­po­li­ti­co stag­flat­ti­vo simi­le alle cri­si petro­li­fe­re del 1973, 1979 e 1990. Inu­ti­le dire che ciò aggra­ve­reb­be ulte­rior­men­te la reces­sio­ne glo­ba­le che incombe.
Infi­ne, non appe­na ver­rà pro­dot­ta la tem­pe­sta per­fet­ta che abbia­mo appe­na deli­nea­to, ci sarà un’enorme caren­za di stru­men­ti per affron­tar­la. Lo spa­zio per sti­mo­li fisca­li è già limi­ta­to dall’immenso debi­to pub­bli­co. I bilan­ci gon­fia­ti e la man­can­za di mar­gi­ni di mano­vra per ridur­re i tas­si uffi­cia­li dimi­nui­ran­no la pos­si­bi­li­tà di con­ti­nua­re ad appli­ca­re poli­ti­che mone­ta­rie non con­ven­zio­na­li. E sal­va­tag­gi del set­to­re finan­zia­rio non saran­no con­sen­ti­ti in Pae­si con movi­men­ti popu­li­sti in ripre­sa e gover­ni qua­si insolventi.
Negli Sta­ti Uni­ti, in par­ti­co­la­re, i legi­sla­to­ri han­no limi­ta­to la capa­ci­tà del­la Fed di for­ni­re liqui­di­tà agli isti­tu­ti finan­zia­ri non ban­ca­ri e stra­nie­ri con pas­si­vi­tà in dol­la­ri. E in Euro­pa, l’ascesa dei par­ti­ti popu­li­sti ren­de dif­fi­ci­le attua­re rifor­me a livel­lo UE e crea­re le isti­tu­zio­ni neces­sa­rie per com­bat­te­re la pros­si­ma cri­si finan­zia­ria e la recessione.
A dif­fe­ren­za del 2008, quan­do i gover­ni ave­va­no gli stru­men­ti neces­sa­ri per pre­ve­ni­re un crol­lo incon­trol­la­to, nel momen­to di affron­ta­re la pros­si­ma cri­si le auto­ri­tà avran­no le mani lega­te, con un debi­to glo­ba­le supe­rio­re a quel­lo del­la cri­si pre­ce­den­te. Quan­do si veri­fi­che­rà, la pros­si­ma cri­si e la reces­sio­ne potreb­be­ro esse­re anco­ra più gra­vi e pro­lun­ga­ta rispet­to alla precedente.

(13 set­tem­bre 2018)


(Tra­du­zio­ne di T.F.)

 

[*] Nou­riel Rou­bi­ni, pro­fes­so­re alla Stern School of Busi­ness del­la NYU e CEO del­la Rou­bi­ni Macro Asso­cia­tes, è sta­to Senior Eco­no­mi­st per gli affa­ri inter­na­zio­na­li pres­so il Con­si­glio dei con­su­len­ti eco­no­mi­ci del­la Casa Bian­ca duran­te l’amministrazione Clin­ton. Ha lavo­ra­to per il Fon­do Mone­ta­rio Inter­na­zio­na­le, la Fede­ral Reser­ve degli Sta­ti Uni­ti e la Ban­ca Mondiale.
Bru­nel­lo Rosa è cofon­da­to­re e CEO di Rosa & Rou­bi­ni Asso­cia­tes e asso­cia­to di ricer­ca pres­so il Syste­mic Risk Cen­ter pres­so la Lon­don School of Economics.