Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Donne

Perché fermare anche il lavoro domestico in uno sciopero delle donne?

“Il capitalismo dipende anche dal lavoro domestico”

La gior­na­ta dell’8 mar­zo, con lo scio­pe­ro glo­ba­le del­le don­ne e le gigan­te­sche mani­fe­sta­zio­ni che si sono rea­liz­za­te in tut­to il mon­do, ha final­men­te tra­va­li­ca­to la dimen­sio­ne ritua­le sino­ra impo­sta dal siste­ma, cioè quel­la di “festa” del­la don­na, con tan­to di mimo­se e “augu­ri”, e ne ha assun­to una di scon­tro con l’ordine bor­ghe­se che obbli­ga la don­na nel ruo­lo di uti­le ingra­nag­gio per la per­pe­tua­zio­ne del­la domi­na­zio­ne capi­ta­li­sti­ca. Si trat­ta, dun­que, di un impor­tan­te pri­mo passo.
Ma, pro­prio per que­sto, non biso­gna far cala­re l’attenzione dal­le riven­di­ca­zio­ni – poten­zial­men­te dirom­pen­ti – che si sono mani­fe­sta­te nel­le mobi­li­ta­zio­ni dell’8 marzo.
Ogni gior­no del­la vita di don­ne e uomi­ni deve esse­re, a par­ti­re da oggi, un nuo­vo e più for­te 8 marzo.
Per­ciò abbia­mo pen­sa­to di con­ti­nua­re a trat­ta­re il tema dell’oppressione con la pub­bli­ca­zio­ne di quest’articolo – usci­to il 6 mar­zo scor­so – che deco­strui­sce, sman­tel­lan­do­lo, uno dei prin­ci­pa­li argo­men­ti che, in Ita­lia, è sta­to uti­liz­za­to dai sin­da­ca­ti con­cer­ta­ti­vi (fede­li al pro­prio ruo­lo di agen­zie di regi­me all’interno del movi­men­to ope­ra­io) per respin­ge­re la richie­sta venu­ta dal movi­men­to del­le don­ne di pro­cla­ma­re uno scio­pe­ro gene­ra­le: cioè, quel­lo per cui lo scio­pe­ro nel­le cure dome­sti­che avreb­be crea­to dif­fi­col­tà pro­prio ai sog­get­ti che di quel­le cure han­no bisogno.

Perché fermare anche il lavoro domestico in uno sciopero delle donne?

Stia­mo viven­do un momen­to mol­to spe­cia­le per le lot­te del­le don­ne. In tut­to il mon­do, le don­ne si stan­no orga­niz­zan­do con­tro gli attac­chi che stan­no subendo

Maí­ra Mee

(Pub­bli­ca­to sul­la pagi­na web Esquer­da Diá­rio)

Don­ne di diver­si Pae­si, vici­ni e lon­ta­ni, stan­no par­lan­do fra di loro, scam­bian­do­si infor­ma­zio­ni e espe­rien­ze di lot­ta e veden­do che, ben­ché abbia­no cul­tu­re più o meno dif­fe­ren­ti, stan­no attra­ver­san­do dif­fi­col­tà mol­to simili.

In tut­ti i luo­ghi in cui le don­ne si stan­no orga­niz­zan­do, le riven­di­ca­zio­ni si asso­mi­glia­no mol­to: fine del­la vio­len­za con­tro le don­ne, dirit­to d’aborto, dirit­ti lavo­ra­ti­vi, rico­no­sci­men­to del lavo­ro dome­sti­co non remu­ne­ra­to,  con­tro il capi­ta­li­smo e il neo­li­be­ri­smo, con­tro l’imperialismo, il colo­nia­li­smo, ma anche per la fine del raz­zi­smo, degli attac­chi alle per­so­ne LGBT, ai migranti …

Una del­le cose più inte­res­san­ti è che, per esse­re ascol­ta­te, in tut­ti i luo­ghi le don­ne stan­no uti­liz­zan­do gli stru­men­ti del­la lot­ta di clas­se: facen­do scio­pe­ri o bloc­chi sul lavo­ro che fan­no fuo­ri di casa, rea­liz­zan­do mani­fe­sta­zio­ni, occu­pan­do luo­ghi di lavo­ro, bloc­can­do stra­de; ma, ciò che è più impor­tan­te, fer­man­do il lavo­ro den­tro casa, il cosid­det­to lavo­ro di “ripro­du­zio­ne socia­le”: il lavo­ro dome­sti­co e di assistenza.

Per­ché fer­ma­re il lavo­ro den­tro casa è così importante?

I com­pi­ti dome­sti­ci – cuci­na­re, puli­re e assi­ste­re i fami­lia­ri, e anche noi stes­se – sono essen­zia­li per tut­to il fun­zio­na­men­to del­la socie­tà. È un lavo­ro che fac­cia­mo gratuitamente.

Sen­za di esso, i padro­ni non avreb­be­ro tut­ti i gior­ni i pro­pri dipen­den­ti ali­men­ta­ti, vesti­ti con abi­ti puli­ti e cura­ti suf­fi­cien­te­men­te da poter affron­ta­re una nuo­va gior­na­ta di lavo­ro. E, sen­za di que­sto, i padro­ni non avreb­be­ro pro­fit­to. Ora, se i dipen­den­ti lavo­ra­no per il pro­fit­to dei padro­ni, il mini­mo che que­sti potreb­be­ro fare è com­pen­sa­re le spe­se e i con­su­mi dei loro dipen­den­ti. Ma, al con­tra­rio, ciò che i lavo­ra­to­ri rice­vo­no in cam­bio sono bri­cio­le, un sala­rio da fame. E le don­ne anco­ra di meno. Se le impre­se doves­se­ro rispon­de­re dell’alimentazione, la salu­te, l’abbigliamento dei pro­pri dipen­den­ti, non avreb­be­ro pro­fit­ti. E lo Sta­to, che dovreb­be garan­ti­re que­sti e altri dirit­ti socia­li a tut­ta la popo­la­zio­ne, non ne rispon­de del tut­to. Insie­me – impre­se e Sta­to – fan­no paga­re que­sto con­to ai lavo­ra­to­ri e alle lavoratrici.

Per­ciò, quan­do la don­na puli­sce casa, cuci­na e si pren­de cura del mari­to, dei figli, dei geni­to­ri, fra­tel­li, cogna­ti, vici­ni e figli dei vici­ni, essa non sta lavo­ran­do solo per que­ste per­so­ne, ma, soprat­tut­to, per i padro­ni di tut­te que­ste per­so­ne, lad­do­ve impie­ga­te; e per lo Sta­to, sia­no o meno esse impiegate.

Ma noi non lavo­ria­mo gra­tis per­ché sia­mo stu­pi­de. La veri­tà è che, lun­go tut­ta la nostra vita e sin da pic­co­le, venia­mo con­vin­te e indot­te a fare que­sti lavori.

Venia­mo con­vin­te attra­ver­so l’ideologia quan­do ci si dice che le don­ne fan­no que­sto per amo­re, che è sem­pre sta­to così, quan­do da bam­bi­ne ci ven­go­no rega­la­te bam­bo­le da accu­di­re e cuci­ne gio­cat­to­lo, quan­do ci si ripe­te che sia­mo adat­te ai com­pi­ti dome­sti­ci e non inve­ce ad atti­vi­tà intellettuali …

Ma sia­mo indot­te a fare que­sti lavo­ri anche a cau­sa degli attac­chi por­ta­ti dai set­to­ri pub­bli­co e pri­va­to. Ogni vol­ta che si taglia sul­la salu­te o sull’istruzione, sono le don­ne a dover­si far cari­co del­le per­so­ne che resta­no indifese.

E così, finia­mo per ave­re gior­na­te dop­pie o triple.

Dob­bia­mo ave­re ben chia­ro che non è affat­to natu­ra­le che que­sto lavo­ro sia di respon­sa­bi­li­tà del­le don­ne e deb­ba esse­re rea­liz­za­to den­tro casa.

Quest’anno, tale que­stio­ne è spe­cial­men­te impor­tan­te a cau­sa dei rischi che cor­ria­mo con la rifor­ma del­le pen­sio­ni. Equi­pa­ra­re gli anni di lavo­ro e i con­tri­bu­ti pre­vi­den­zia­li degli uomi­ni e del­le don­ne per poter anda­re in pen­sio­ne signi­fi­ca igno­ra­re com­ple­ta­men­te tut­to il gigan­te­sco lavo­ro che fac­cia­mo per 24 ore al gior­no duran­te tut­ta la nostra vita.

Per­ciò, dob­bia­mo unir­ci su tut­to il ter­ri­to­rio nazio­na­le e in tut­ti i Pae­si e aggiun­ge­re le nostre voci a quel­le del­le miglia­ia di don­ne di tut­to il mon­do per con­tra­sta­re la sop­pres­sio­ne di dirit­ti a cui ci stan­no sot­to­po­nen­do dap­per­tut­to, per strap­pa­re i dirit­ti che ci spet­ta­no, ma, soprat­tut­to, per una tra­sfor­ma­zio­ne pro­fon­da del­la socie­tà. Per una socie­tà in cui vive­re nel benes­se­re non dipen­da dall’oppressione e dal­lo sfruttamento.

In que­sta gior­na­ta dell’8 mar­zo, fer­mia­mo­ci assie­me, cam­mi­nia­mo assie­me! Non una di meno! Nes­sun dirit­to di meno!