Decine di migliaia di persone sono scese in piazza a Mosca e in altre città russe il 26 marzo per partecipare a una manifestazione di protesta convocata contro la corruzione e la repressione. È stata la più grande espressione di dissenso in cinque anni ed è apparsa mentre la società russa continua a sopportare una devastante crisi economica iniziata, due anni fa, con il crollo dei prezzi del petrolio e dell’energia.
La dimensione e la diffusione delle manifestazioni hanno colto tutti di sorpresa. Sono state la risposta all’appello a scendere in piazza da parte del leader politico dell’opposizione Alexei Navalny, dopo aver realizzato un video – presto divenuto virale su Internet – che documenta i crimini del primo ministro Dmitry Medvedev, che secondo Navalny ha accumulato palazzi, yacht e diverse proprietà durante la sua permanenza in carica. Medvedev potrebbe essere stato scelto perché è un bersaglio più facile, ma è un burattino al servizio del leader, il presidente Vladimir Putin.
La polizia antisommossa è stata massicciamente dispiegata a Mosca e in altre città. Almeno mille persone sono state arrestate solo nella capitale, tra cui Navalny e gli uomini a lui più vicini, che sono stati sanzionati con multe e persino diverse settimane di carcere per aver partecipato a una manifestazione non autorizzata.
Yurii Colombo riferisce da Mosca su come apparivano le manifestazioni e sul loro significato per il prossimo futuro.
Esplode in Russia la rabbia contro la corruzione
Yurii Colombo
Sasha è un diciassettenne della periferia di Mosca. Ha scoperto solo il 26 marzo che quella mattina c’era una manifestazione, appena arrivato alla stazione della metropolitana dove si incontra ogni giorno con i suoi amici, con due dei quali ha deciso di partecipare alla protesta per vedere di che si trattava. Sasha odia la polizia, ma non sapeva molto sulla piattaforma della manifestazione. «Ma quando sono arrivato, mi sono reso conto che ero d’accordo», ha detto. «Vogliono più democrazia e meno corruzione in questo paese».
Giovani come Sasha sono stati la grande novità delle dimostrazioni a Mosca e in altre città organizzate per il 26 marzo dall’opposizione liberale diretta da Alexei Navalny. La via Tverskaya – la strada principale di Mosca – si è riempita di adolescenti per la manifestazione di domenica.
Anche la Nezavisimaya Gazeta, un quotidiano vicino a Vladimir Putin, ha stimato dopo che almeno il 70% dei manifestanti era composto da studenti delle superiori, anche se ha sostenuto che la loro partecipazione è stata più un “passatempo”, che il frutto di un reale impegno politico.
I giovani della classe media istruita, che erano stati il cuore delle manifestazioni contro Putin nel 2011/12, non c’erano domenica, o sono rimasti in disparte. E così pure mancavano l’opposizione “rosso‑bruna” del Partito comunista della Federazione russa e i seguaci del partito “nazional‑bolscevico” di Eduard Limonov.
Invece, vi hanno partecipato in grande maggioranza i giovani delle periferie di Mosca, prima d’ora mai interessatisi alla politica.
Manifestazioni, grandi e piccole, si sono svolte anche in diverse decine di altre città russe. Le più partecipate, oltre a Mosca, sono state quelle di Vladivostok e San Pietroburgo. A Samara e in altre città i manifestanti sono stati fermati dalla polizia mentre ancora stavano concentrandosi. In tutto, si stima che ben 100.000 persone possono aver partecipato – o tentato di farlo – alle manifestazioni non autorizzate del 26 marzo.
Secondo i media, la polizia ha arrestato circa mille persone durante le proteste a Mosca.
Già diverse decine di giovani sono stati condannati a 15 giorni di carcere e a una multa di circa 350 dollari, che è più della metà del salario mensile medio a Mosca, pari a circa 500/600 dollari.
La polizia ha voluto denunciare i giovani che non avevano mai partecipato a una manifestazione, con il chiaro intento di intimidirli.
Le manifestazioni avevano un taglio paragonabile alle proteste antigovernative del 2011/12, quelle che – scoppiate dopo i brogli attuati nelle elezioni parlamentari per consentire a Vladimir Putin di continuare a governare col pugno di ferro – diedero luogo a marce e raduni che hanno rappresentato le più grandi manifestazioni dal crollo dell’Urss di vent’anni prima.
Ma queste ultime si svilupparono in un periodo di forte crescita economica di cui aveva in gran misura beneficiato la classe media. E anche le condizioni dei lavoratori e dei pensionati erano a quel tempo migliorate. Alla base di quelle mobilitazioni contro brogli e corruzione c’era il desiderio di garantire pari opportunità a tutti.
Oggi, invece, la protesta si svolge nel quadro di una profonda recessione che dura da due anni, a partire dal crollo in tutto il mondo dei prezzi dei prodotti energetici. Sicché, il contesto sociale in cui si inquadrano gli slogan di Navalny sulla “lotta alla corruzione” è di gran lunga diverso.
Nelle grandi città, le persone hanno la necessità di svolgere due e talvolta anche tre lavori per sopravvivere. I salari sono scesi di ben il 20% per cento negli ultimi tre anni. Quello che una volta era descritto come il “sogno russo” oggi è diventato un incubo.
Questo è il contesto da analizzare per comprendere la rabbia acuta verso la corruzione, che è penetrata in profondità a tutti i livelli di governo e nella maggior parte delle altre espressioni della vita in Russia. Gli indici di percezione della corruzione di Transparency International collocano la Russia quasi in fondo alla classifica tra tutti i Paesi.
La corruzione è un fenomeno enorme nella vita economica. Secondo i dati ufficiali dell’istituto di statistica dello Stato federale russo, tangenti, frodi e altre forme di corruzione ammontano al 7% del prodotto interno lordo, ma questa cifra appare sottostimata, dato che invece stime indipendenti la portano al 25%.
Per la classe lavoratrice, i cui redditi sono drasticamente diminuiti a causa della crisi economica, la corruzione rende la lotta quotidiana per miglioramenti salariali molto più difficile.
Anche se ha una reputazione di fiero avversario del governo, disposto a sfidare l’arresto, Navalny è un liberale moderato e un imprenditore che ha costruito la sua popolarità negli ultimi dieci anni rendendosi interprete di un sentimento a favore di una democrazia più all’occidentale.
Nel 2013, Navalny ha corso come sindaco di Mosca ottenendo il 27,2% dei voti. Ora vuole partecipare alle elezioni presidenziali russe del 2018 presentandosi contro Putin. Quasi certamente perderà, ma sembra che Putin non voglia correre il rischio di avere un avversario in grado di generare un genuino entusiasmo.
Secondo un sondaggio realizzato nel mese di gennaio, il 25% dei giovani di Mosca è pronto a votare per lui, e il dato è di sicuro più alto ora. Certamente non gli sarà possibile ottenere un sostegno di questa misura nelle aree fuori Mosca e nelle grandi città, né tra gli elettori più anziani, sui quali Putin ha ancora una forte presa.
Tuttavia, la situazione potrebbe ancora cambiare se settori dell’élite russa decidessero di sostenere Navalny o se la situazione economica del Paese dovesse peggiorare.
Navalny non sarà la vera alternativa che i giovani vogliono davvero, dato che è fautore di un programma filocapitalista, anche se liberale. Ma i giovani e i lavoratori russi potrebbero sfruttare la popolarità della sua opposizione per organizzare la difesa dei diritti sociali e civili in Russia, condizione indispensabile per la costruzione di una nuova sinistra.
Putin aveva già avuto un segnale di avvertimento della latente insoddisfazione con l’aumento inatteso dell’opposizione espresso nelle elezioni per la Duma lo scorso ottobre. Ora, dopo le manifestazioni del 26 marzo, le proteste da passive sono diventate attive.
Sasha, il diciassettenne della periferia, è sicuro che così andranno le cose in futuro. «Le cose devono cambiare», ha detto. «Gli stipendi devono essere più alti e la polizia non deve reprimere i giovani. Credo che se tutte le persone si uniranno, vinceremo».
(Alan Maass ha contribuito a quest’articolo, pubblicato sul sito Socialist Worker e tradotto in italiano dalla redazione del Blog “Assalto al Cielo”)