Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Polemica

Le lezioni della Finlandia: replica a Eric Blanc

Guardie Rosse durante la guerra civile in Finlandia

Come i nostri let­to­ri san­no, que­sto sito sta pre­sen­tan­do nel­la tra­du­zio­ne ita­lia­na i sag­gi sul­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa del 1917 pub­bli­ca­ti dal­la rivi­sta Jaco­bin Maga­zi­ne, nell’ambito di un pro­get­to di col­la­bo­ra­zio­ne. Tut­ti i testi, poi, ven­go­no anche pub­bli­ca­ti in diver­si idio­mi in un’appo­si­ta sezio­ne del Mar­xi­st Inter­net Archive.
Il pia­no edi­to­ria­le ha pre­vi­sto anche la pub­bli­ca­zio­ne di un sag­gio scrit­to da Eric Blanc sul­la rivo­lu­zio­ne fin­lan­de­se (qui su que­sto blog), che ha però susci­ta­to un dibat­ti­to a pro­po­si­to del­le con­clu­sio­ni che Blanc trae dal­la vicen­da, non con­di­vi­se sia dal col­let­ti­vo che ani­ma que­sto sito, sia da altri stu­dio­si a livel­lo inter­na­zio­na­le. Tra que­sti, Dun­can Hart ha pub­bli­ca­to una rispo­sta allo stes­so Blanc, sul­la qua­le con­cor­dia­mo e che per­ciò rite­nia­mo di pre­sen­ta­re ai nostri let­to­ri nel­la tra­du­zio­ne dall’originale in ingle­se di Tuu­la Haapiainen.
Buo­na lettura.
La redazione

Le lezioni della Finlandia: replica a Eric Blanc


Dun­can Hart [*]

L’articolo di Eric Blanc “La rivo­lu­zio­ne fin­lan­de­se” ha sol­le­va­to una serie di argo­men­ti poli­ti­ci che sareb­be­ro estre­ma­men­te dan­no­si per una sini­stra che oggi si rifa­ces­se all’esperienza fin­lan­de­se: soprat­tut­to, quel­lo per cui la rivo­lu­zio­ne avreb­be con­fer­ma­to la stra­te­gia poli­ti­ca del­la social­de­mo­cra­zia kau­tskia­na. Pur­trop­po, la rivi­sta Jaco­bin, che per pri­ma ha pub­bli­ca­to l’articolo di Blanc, ha rifiu­ta­to di fare altret­tan­to con la mia rispo­sta, sic­ché la sto pub­bli­can­do qui, così che alme­no alcu­ni com­pa­gni pos­sa­no leggerla.

* * *

La rivo­lu­zio­ne fin­lan­de­se del 1917–1918 meri­ta più atten­zio­ne di quan­ta ne abbia rice­vu­to dal­la sini­stra. Essa for­ni­sce un esem­pio di una socie­tà poli­ti­ca­men­te ed eco­no­mi­ca­men­te abba­stan­za svi­lup­pa­ta, in cui una rivo­lu­zio­ne socia­le del­la clas­se ope­ra­ia è pro­gre­di­ta in misu­ra mag­gio­re rispet­to a qual­sia­si altra socie­tà al di fuo­ri del­la Russia.
Spe­ro che per que­ste ragio­ni il recen­te arti­co­lo di Blanc pos­sa esse­re l’inizio di un ten­ta­ti­vo più appro­fon­di­to di affron­ta­re le que­stio­ni poli­ti­che sol­le­va­te dall’esperienza di quel­la rivoluzione.
Con tale pre­mes­sa vor­rei far emer­ge­re il disac­cor­do sul­le con­clu­sio­ni che Blanc trae dal­la rivo­lu­zio­ne finlandese.
Il più gran­de erro­re di Blanc è di sug­ge­ri­re che la rivo­lu­zio­ne «con­fer­ma l’idea tra­di­zio­na­le del­la rivo­lu­zio­ne soste­nu­ta da Karl Kau­tsky: attra­ver­so una pazien­te ope­ra di orga­niz­za­zio­ne ed edu­ca­zio­ne di clas­se, i socia­li­sti ave­va­no con­qui­sta­to la mag­gio­ran­za in par­la­men­to, spin­gen­do la destra a scio­glier­lo, cosa che era sfo­cia­ta nel­la rivo­lu­zio­ne diret­ta dai socia­li­sti».
Blanc con­clu­de il suo arti­co­lo con un bre­ve para­gra­fo che evi­den­zia alcu­ni dei “limi­ti” del­la “social­de­mo­cra­zia rivo­lu­zio­na­ria”, rap­pre­sen­ta­to dal Par­ti­to social­de­mo­cra­ti­co fin­lan­de­se (Psd), ma nel com­ples­so sostie­ne che la rivo­lu­zio­ne fin­lan­de­se dimo­stra che «i bol­sce­vi­chi non era­no sta­ti l’unico par­ti­to dell’impero capa­ce di por­ta­re i lavo­ra­to­ri al pote­re».

Un grup­po di Guar­die Ros­se dopo la loro ese­cu­zio­ne a Län­ki­po­h­ja, duran­te la guer­ra civi­le (17 mar­zo 1918)

La rivo­lu­zio­ne è sta­ta tutt’altro che una con­fer­ma del­la stra­te­gia del Psd: l’orribile mas­sa­cro e la repres­sio­ne poli­ti­ca che ne seguì è un pesan­te atto d’accusa di ogni ver­sio­ne del­la social­de­mo­cra­zia, per­si­no la miglio­re. Sem­mai, la tra­ge­dia fin­lan­de­se rap­pre­sen­ta esat­ta­men­te un argo­men­to in favo­re del mar­xi­smo rivo­lu­zio­na­rio inter­ven­ti­sta bol­sce­vi­co, argo­men­tan­do a contrario.
In que­sto arti­co­lo mi rifac­cio in gran par­te al sag­gio di Otto Wil­le Kuu­si­nen, The Fin­nish revo­lu­tion: a Self‑Criticism, scrit­to nell’agosto del 1918. Kuu­si­nen era un impor­tan­te teo­ri­co del Psd, pre­si­den­te del par­ti­to dal 1911 al 1917 e com­mis­sa­rio del popo­lo all’Istruzione nel gover­no rivoluzionario.
Men­tre era in esi­lio nel­la Repub­bli­ca Sovie­ti­ca di Rus­sia, insie­me alla mag­gior par­te dei diri­gen­ti dei Social­de­mo­cra­ti­ci for­mò il Par­ti­to comu­ni­sta fin­lan­de­se (SKP).

La “sini­stra” e la “destra” den­tro il Psd
Duran­te tut­ta la sua nar­ra­zio­ne del pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio, Blanc dà l’impressione che i social­de­mo­cra­ti­ci fos­se­ro divi­si in un’ala rivo­lu­zio­na­ria e in un’altra mode­ra­ta. In real­tà, il par­ti­to era divi­so tra il “Cen­tro”, costi­tui­to dal­la mag­gio­ran­za del­la diri­gen­za, e una “Destra” aper­ta­men­te revi­sio­ni­sta, pre­do­mi­nan­te nel­la fra­zio­ne par­la­men­ta­re. Il “Cen­tro”, come descri­ve­va Kuu­si­nen, «non cre­de­va nel­la rivo­lu­zio­ne; non ci sia­mo fida­ti, non la invo­ca­va­mo». La carat­te­ri­sti­ca distin­ti­va di que­sta ten­den­za poli­ti­ca è stata:

  • una paci­fi­ca, con­ti­nua­ti­va, ma non rivo­lu­zio­na­ria lot­ta di clas­se; e, allo stes­so tempo,
  • una lot­ta di clas­se indi­pen­den­te, sen­za cer­ca­re allean­ze con la borghesia.

Non si trat­ta­va di un atteg­gia­men­to intran­si­gen­te del tipo «con mez­zi paci­fi­ci, se pos­si­bi­le; ma con la for­za, se neces­sa­rio», per para­fra­sa­re James Can­non, ben­sì d’un atteg­gia­men­to pas­si­vo e fata­li­sta di spin­ge­re alla lot­ta di clas­se. Per cita­re anco­ra Kuusinen:

«I rap­por­ti di una social­de­mo­cra­zia coe­ren­te con la rivo­lu­zio­ne sono altret­tan­to pas­si­vi di quel­li di uno sto­ri­co tol­le­ran­te rispet­to ai rivo­lu­zio­na­ri dei tem­pi di pas­sa­ti. “La rivo­lu­zio­ne è nata, non fat­ta”, è la fra­se pre­fe­ri­ta del­la social­de­mo­cra­zia».

Sia il Cen­tro che la Destra del par­ti­to social­de­mo­cra­ti­co era­no entram­bi pri­gio­nie­ri dell’illusione di un gra­dua­le cam­bia­men­to demo­cra­ti­co attra­ver­so l’azione parlamentare.
Ciò non vuol dire che la sini­stra rivo­lu­zio­na­ria non aves­se una strut­tu­ra duran­te la rivo­lu­zio­ne, ma era orga­niz­za­ti­va­men­te debo­le e con una dire­zio­ne poco coor­di­na­ta. Duran­te lo scio­pe­ro gene­ra­le di novem­bre e la rivo­lu­zio­ne fal­li­ta, era chia­ro che i sen­ti­men­ti rivo­lu­zio­na­ri pre­va­le­va­no in seno alle Guar­die Ros­se e nel Con­si­glio dei lavo­ra­to­ri di Hel­sin­ki. Era­no entram­be isti­tu­zio­ni fon­da­te da poco e sen­si­bi­li alla radi­ca­liz­za­zio­ne dei lavo­ra­to­ri. Quan­do la dire­zio­ne del Psd revo­cò lo scio­pe­ro, il Con­si­glio dei Lavo­ra­to­ri di Hel­sin­ki con­vo­cò Oska­ri Tokoi (Pri­mo mini­stro socia­li­sta duran­te il gover­no di coa­li­zio­ne) e gli chie­se di

«col­pi­re dura­men­te la bor­ghe­sia. Isti­tui­re la cen­su­ra. Nazio­na­liz­za­re l’industria, la ter­ra e le sue per­ti­nen­ze … ora, più che mai, l’ ener­gia e il pote­re spet­ta­no a noi … non pos­sia­mo arre­tra­re, dob­bia­mo con­ti­nua­re a lot­ta­re».

Allo stes­so modo, gli ope­rai del­le fer­ro­vie fece­ro irru­zio­ne negli uffi­ci di Kul­ler­vo Man­ner, pre­si­den­te del Psd (e di un altro diri­gen­te del Cen­tro) e lo rim­pro­ve­ra­ro­no per aver revo­ca­to lo scio­pe­ro. L’appoggio popo­la­re alla rivo­lu­zio­ne tra i set­to­ri più avan­za­ti del­la clas­se lavo­ra­tri­ce era tale che il Con­si­glio dei Lavo­ra­to­ri di Hel­sin­ki riu­scì a con­ti­nua­re lo scio­pe­ro gene­ra­le alme­no nel­la capi­ta­le per altri due gior­ni dopo la sua fine uffi­cia­le decre­ta­ta dal Psd. La tra­ge­dia di que­sti even­ti sta­va nel fat­to che la dire­zio­ne poli­ti­ca era ege­mo­niz­za­ta dal Psd. Sen­za una dire­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria auto­no­ma la dina­mi­ca non poté esse­re mantenuta.

Drap­pel­lo fem­mi­ni­le del­le Guar­die Ros­se (1918)

Il grup­po che riu­scì a svol­ge­re il ruo­lo più impor­tan­te come fazio­ne rivo­lu­zio­na­ria dall’esterno del Psd, era di fat­to com­po­sto da un pic­co­lo nume­ro di fin­lan­de­si che ave­va­no ade­ri­to alla cau­sa bol­sce­vi­ca, come Adolf Tai­mi e i fra­tel­li Rah­ja. Que­sti bol­sce­vi­chi furo­no elet­ti come diri­gen­ti del­le Guar­die Ros­se di Hel­sin­ki, che si tra­sfor­ma­ro­no in un grup­po di pres­sio­ne di sini­stra radi­ca­le sul Psd. Dopo la fine del­lo scio­pe­ro gene­ra­le di novem­bre e pri­ma dell’insurrezione di gen­na­io le Guar­die Ros­se fece­ro un for­te appel­lo alla rivo­lu­zio­ne, arri­van­do per­si­no a minac­cia­re di diri­ger­la se i lea­der del Psd aves­se­ro dato pro­va di trop­pa codardia.

Il rifiu­to del Psd di pren­de­re il pote­re con­dan­nò la rivoluzione
Alla vigi­lia dell’insurrezione dell’ottobre 1917 a Pie­tro­gra­do Lenin aller­tò i suoi com­pa­gni diri­gen­ti bol­sce­vi­chi[1] che, in cer­ti momen­ti, la que­stio­ne del­la dire­zio­ne poli­ti­ca e la volon­tà di pren­de­re ini­zia­ti­va diven­ta­no urgen­ti se la rivo­lu­zio­ne deve trionfare:

«Non pren­de­re il pote­re oggi, “atten­de­re”, chiac­chie­ra­re al Comi­ta­to ese­cu­ti­vo cen­tra­le, limi­tar­si a “lot­ta­re per l’organo” (dei soviet), a “lot­ta­re per il con­gres­so”, signi­fi­ca per­de­re la rivo­lu­zio­ne».

L’incapacità dei social­de­mo­cra­ti­ci di dare impul­so al poten­zia­le rivo­lu­zio­na­rio del­lo scio­pe­ro gene­ra­le del novem­bre 1917 fu ciò che segnò il desti­no del­la rivo­lu­zio­ne del 1918. Blanc osser­va cor­ret­ta­men­te che «gli sto­ri­ci sono divi­si» sul­la que­stio­ne rela­ti­va al pos­si­bi­le trion­fo del­la rivo­lu­zio­ne a novem­bre, data l’invasione dell’esercito tede­sco, mili­tar­men­te schiac­cian­te, a mar­zo 1918. Tut­ta­via, si può dire con cer­tez­za che a novem­bre la situa­zio­ne era mol­to più favo­re­vo­le alla clas­se ope­ra­ia. Kuu­si­nen, retro­spet­ti­va­men­te, vide che il rifiu­to di sta­bi­li­re il pote­re ope­ra­io a novem­bre ave­va solo riman­da­to la guer­ra civile:

«Avrem­mo noi potu­to evi­ta­re il con­flit­to arma­to? No! Esso era sol­tan­to sta­to riman­da­to al tem­po in cui i bor­ghe­si sareb­be­ro sta­ti meglio pre­pa­ra­ti allo sco­po …».

Come dice Blanc, a gen­na­io la mag­gior par­te dei sol­da­ti rus­si, che sim­pa­tiz­za­va­no con i lavo­ra­to­ri fin­lan­de­si ai qua­li i bol­sce­vi­chi ave­va­no pro­mes­so soste­gno all’insurrezione, ave­va­no lascia­to la Fin­lan­dia. Mol­ti sol­da­ti rus­si e uffi­cia­li rivo­lu­zio­na­ri, come Geor­gy Bula­tsel e Mikhail Svech­ni­kov[2], che han­no com­bat­tu­to dal­la par­te del­la rivo­lu­zio­ne, sareb­be­ro sta­ti un poten­te baluar­do con­tro i Bian­chi fin­lan­de­si. Non meno impor­tan­te, la bor­ghe­sia era inte­ra­men­te sul­la difen­si­va, men­tre nel gen­na­io 1918 ave­va sta­bi­li­to un cam­po di adde­stra­men­to del­le Guar­die Bian­che nel nord del­la Fin­lan­dia agli ordi­ni del baro­ne Man­ne­rheim, ed era­no più pre­pa­ra­ti dei Ros­si per la guer­ra civile.
L’imperialismo tede­sco nel mar­zo 1918 fu libe­ro di esten­de­re la sua influen­za in Fin­lan­dia in con­se­guen­za del pre­da­to­rio trat­ta­to di Brest‑Litovsk con la Rus­sia (fir­ma­to il 3 mar­zo). A novem­bre, la Ger­ma­nia era anco­ra impe­gna­ta nei nego­zia­ti per la pace con la Rus­sia e le sareb­be sta­to dif­fi­ci­le intervenire.
Pur rico­no­scen­do che l’intervento tede­sco nel mar­zo 1918 fu un col­po mor­ta­le per la rivo­lu­zio­ne, tut­to indi­ca­va la pos­si­bi­li­tà di un suc­ces­so rivo­lu­zio­na­rio nel novem­bre 1917. Que­sta pos­si­bi­li­tà si infran­se con­tro l’inattività dei lea­der del Psd.

L’atteggiamento dei bol­sce­vi­chi e dei social­de­mo­cra­ti­ci rispet­to all’insurrezione
Se il Psd era osti­le alla rivo­lu­zio­ne come ricor­da­va Kuu­si­nen (e ogni lea­der del Psd a quel tem­po lo dice­va aper­ta­men­te), resta però aper­ta la que­stio­ne sui moti­vi per cui dires­se l’insurrezione il 26 gennaio.
La dire­zio­ne del Psd pre­se le armi solo come ulti­ma risor­sa e sot­to la pres­sio­ne di un set­to­re di lavo­ra­to­ri poli­ti­ca­men­te mol­to disor­ga­niz­za­to e non del tut­to for­ma­to. Ciò che rese il Psd “rivo­lu­zio­na­rio” fu la sua man­can­za di inser­zio­ne nel­le isti­tu­zio­ni del­lo Sta­to e l’ardente desi­de­rio del­la bor­ghe­sia di “sta­bi­liz­za­re” il Pae­se dopo lo scio­pe­ro gene­ra­le. L’agenda del­la bor­ghe­sia avreb­be richie­sto il disar­mo del­le Guar­die Ros­se e l’annientamento bru­ta­le del­le aspi­ra­zio­ni dei lavo­ra­to­ri, così come la minac­cia anche per gli orga­ni­smi del Psd. Il 9 gen­na­io 1918, il gover­no bor­ghe­se deci­se di crea­re una nuo­va “for­za di sicu­rez­za” in sosti­tu­zio­ne del­le mili­zie domi­na­te dal Psd che si era­no rifiu­ta­te di repri­me­re le azio­ni dei lavo­ra­to­ri. In real­tà, que­sta mano­vra rap­pre­sen­ta­va la legit­ti­ma­zio­ne sta­ta­le del­le già esi­sten­ti “Guar­die civi­li” (o “Guar­die dei Macel­lai”, come le chia­ma­va­no gli ope­rai) che i pro­prie­ta­ri ter­rie­ri e la bor­ghe­sia ave­va­no crea­to dal­le pro­prie file per spez­za­re gli scio­pe­ri. Le Guar­die dei Macel­lai furo­no ele­va­te al ran­go di mili­zia uffi­cia­le di Sta­to il 26 gen­na­io in quel­la che equi­va­le­va a una dichia­ra­zio­ne di guer­ra con­tro le Guar­die Ros­se e gli ope­rai in gene­ra­le. In quell’istante, anche figu­re del­la destra del Psd, come Tokoi o Wiik, si dichia­ra­ro­no d’accordo con l’insurrezione, vista uni­ca­men­te come neces­sa­ria per “difen­de­re la demo­cra­zia”. Per cita­re Kuusinen:

«Così, lo stan­dard del­la rivo­lu­zio­ne era sta­to in real­tà ele­va­to, in modo che la rivo­lu­zio­ne potes­se esse­re evi­ta­ta».

Ciò risul­ta chia­ra­men­te dal­la pro­po­sta di Costi­tu­zio­ne del­la “Repub­bli­ca socia­li­sta dei lavo­ra­to­ri fin­lan­de­si”[3] avan­za­ta dal nuo­vo gover­no del Psd. Non par­la­va del­la neces­si­tà del­la dit­ta­tu­ra pro­le­ta­ria sul­la socie­tà, ma pre­ve­de­va inve­ce di raf­for­za­re la demo­cra­zia per crea­re le miglio­ri con­di­zio­ni pos­si­bi­li per far pro­gre­di­re la lot­ta di clas­se. Anche duran­te la guer­ra civi­le, il Psd par­la­va solo in ter­mi­ni di ritor­no a “con­di­zio­ni normali”.

Otto Wil­le Kuusinen

La neces­si­tà di una rivo­lu­zio­ne per l’autoconservazione con­tra­sta­va for­te­men­te con l’approccio dei bol­sce­vi­chi. L’urgenza con cui Lenin carat­te­riz­zò le sue argo­men­ta­zio­ni sull’insurrezione dal­la fine del set­tem­bre 1917 si basa­va sul rico­no­sci­men­to che la mag­gio­ran­za dei lavo­ra­to­ri era sta­ta gua­da­gna­ta alla pro­spet­ti­va del­la neces­si­tà di un gover­no sovie­ti­co. Fon­da­men­tal­men­te, com­pren­de­va l’importanza di for­ni­re un van­tag­gio ai lavo­ra­to­ri, piut­to­sto che esse­re schiac­cia­to da even­ti ester­ni, e l’importanza dell’azione in con­giun­tu­re cru­cia­li. Que­sta era una con­ce­zio­ne atti­vi­sta del modo di esse­re un dirigente.
Anche duran­te lo scio­pe­ro gene­ra­le, furo­no i bol­sce­vi­chi a fare pres­sio­ne sul Psd per­ché rom­pes­se con la pro­pria pas­si­vi­tà e coglies­se l’attimo. Lenin inviò un tele­gram­ma ai diri­gen­ti del Psd e li esor­tò a «insor­ge­re, insor­ge­re subi­to e pren­de­re il pote­re nel­le mani dei lavo­ra­to­ri orga­niz­za­ti». Dyben­ko, che era il pre­si­den­te dei mari­nai del­la Flot­ta del Bal­ti­co di stan­za a Hel­sin­ki, insi­sté allo stes­so modo, e i bol­sce­vi­chi fece­ro pub­bli­ca­re sul gior­na­le dei lavo­ra­to­ri fin­lan­de­si una let­te­ra invi­tan­do­li a segui­re il loro esempio.
Per­fi­no dopo la con­clu­sio­ne del­lo scio­pe­ro gene­ra­le, i bol­sce­vi­chi con­ti­nua­ro­no a fare pres­sio­ni sul Psd. Sta­lin, Com­mis­sa­rio alle nazio­na­li­tà, ten­ne un discor­so al con­gres­so nazio­na­le del Psd svol­to­si il 27 novem­bre, con­si­glian­do di met­te­re da par­te i dub­bi sul­la rivo­lu­zio­ne e invi­tan­do a segui­re «la tat­ti­ca di Dan­ton: auda­cia, auda­cia e anco­ra auda­cia!». È emble­ma­ti­co che per­si­no la data del­la stes­sa insur­re­zio­ne, sul­la qua­le i diri­gen­ti del Psd non pote­va­no esse­re d’accordo, fu fis­sa­ta dal­la tem­pi­sti­ca neces­sa­ria per gesti­re una spe­di­zio­ne di 15.000 fuci­li e due milio­ni di car­tuc­ce che i bol­sce­vi­chi accon­sen­ti­ro­no a invia­re in tre­no da Pietrogrado.

Le lezio­ni del­la tra­ge­dia del­la rivo­lu­zio­ne finlandese
Blanc ha ragio­ne a sot­to­li­nea­re che la Fin­lan­dia del 1917‑1918 rap­pre­sen­ta­va una socie­tà capi­ta­li­sta più avan­za­ta rispet­to alla Rus­sia. Poli­ti­ca­men­te, la Fin­lan­dia ave­va mol­to più in comu­ne con le socie­tà occi­den­ta­li dell’epoca che con l’impero rus­so di cui face­va par­te. Per que­sto moti­vo è bene stu­diar­la. Ma sareb­be del tut­to sba­glia­to soste­ne­re che la “social­de­mo­cra­zia rivo­lu­zio­na­ria” di Kau­tsky, del­la qua­le Blanc defi­ni­sce il Psd come un esem­pio, dovreb­be esse­re emulata.
Il Psd, a dif­fe­ren­za dei suoi cugi­ni social­de­mo­cra­ti­ci occi­den­ta­li, è sta­to posto in una situa­zio­ne uni­ca che lo spin­se ver­so un’azione rivo­lu­zio­na­ria. Il fat­to che il par­la­men­to fin­lan­de­se non aves­se pote­re sot­to lo zar for­nì al Psd un’opportunità di cre­sce­re fino a diven­ta­re mag­gio­ran­za in par­la­men­to sen­za ren­der­si respon­sa­bi­le per lo Sta­to capi­ta­li­sta. Nel con­te­sto del crol­lo del brac­cio repres­si­vo del­lo Sta­to zari­sta, del­la cre­scen­te mili­tan­za ope­ra­ia in Fin­lan­dia e del­la rivo­lu­zio­ne dei lavo­ra­to­ri in Rus­sia, la bor­ghe­sia vide nel Psd una minac­cia mor­ta­le per i pro­pri inte­res­si. Il Psd ha dimo­stra­to di non esse­re all’altezza del­la rivo­lu­zio­ne quan­do la bor­ghe­sia ha lan­cia­to il guan­to di sfida.
Per i socia­li­sti di oggi, che ope­ra­no anche nel­le demo­cra­zie occi­den­ta­li, sarà buo­na cosa pre­sta­re atten­zio­ne alle lezio­ni che Kuu­si­nen tras­se dal­la ter­ri­bi­le scon­fit­ta subi­ta dai lavo­ra­to­ri fin­lan­de­si qua­si cen­to anni fa. Si trat­ta del­la neces­si­tà di una dire­zio­ne e di un’organizzazione rivo­lu­zio­na­rie, sia per appro­fit­ta­re di una cri­si rivo­lu­zio­na­ria come quel­la che si pre­sen­tò nel novem­bre del 1917, e sia per for­ni­re una gui­da nel­la guer­ra civi­le e pren­de­re le ener­gi­che misu­re neces­sa­rie per la vit­to­ria. C’era chia­ra­men­te un desi­de­rio tra i lavo­ra­to­ri fin­lan­de­si di spin­ge­re lo scio­pe­ro gene­ra­le ver­so un’insurrezione. Ma sen­za una dire­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria che potes­se sfi­da­re il Psd, i loro eroi­ci sfor­zi furo­no fru­stra­ti. All’indomani del­la scon­fit­ta, Kuu­si­nen con­clu­se che una pro­spet­ti­va rivo­lu­zio­na­ria deve respin­ge­re le illu­sio­ni nel­la demo­cra­zia borghese:

«In una socie­tà di clas­se pos­so­no esi­ste­re solo due tipi di rela­zio­ni tra le clas­si. Uno sta­to di oppres­sio­ne, man­te­nu­to dal­la vio­len­za (armi, leg­gi, tri­bu­na­li, ecc.), in cui la lot­ta per la libe­ra­zio­ne del­le clas­si oppres­se è limi­ta­ta a mez­zi rela­ti­va­men­te paci­fi­ci (…); men­tre l’altra è lo sta­to di lot­ta aper­ta tra le clas­si, la rivo­lu­zio­ne, in cui un con­flit­to vio­len­to deci­de qua­le del­le due clas­si sarà in futu­ro l’oppressore e qua­le l’oppresso».

La chia­rez­za poli­ti­ca su que­sta que­stio­ne è sta­ta paga­ta a prez­zo del­la vita di deci­ne di miglia­ia di appar­te­nen­ti alla clas­se ope­ra­ia e del­la cri­mi­na­liz­za­zio­ne dei rivo­lu­zio­na­ri fin­lan­de­si per decen­ni. L’ironia di sug­ge­ri­re che i social­de­mo­cra­ti­ci fin­lan­de­si potes­se­ro inter­pre­ta­re una poli­ti­ca capa­ce di gui­da­re i lavo­ra­to­ri al pote­re come face­va­no i bol­sce­vi­chi in Rus­sia sta nel fat­to che Kuu­si­nen e i suoi com­pa­gni fini­ro­no per esse­re d’accordo con i bol­sce­vi­chi, con­tro la loro stes­sa pratica.

 

[*] Dun­can Hart è un atti­vi­sta socia­li­sta e mem­bro di Alter­na­ti­va Socia­li­sta in Australia.


Note

[1] V.I. Lenin, “La cri­si è matu­ra”, in Ope­re, vol. XXVI, p. 71 (N.d.R.).
[2] Il tenen­te colon­nel­lo Bula­tsel, come miglia­ia di rus­si in Fin­lan­dia, ven­ne fuci­la­to dopo esse­re sta­to cat­tu­ra­to dal­le Guar­die Bian­che fin­lan­de­si. I suoi due figli furo­no allo stes­so modo ucci­si a Vii­pu­ri nell’aprile del 1918. Ser­vì come con­si­glie­re mili­ta­re del Coman­dan­te in capo del fron­te Nord, Hugo Sal­me­la, che gui­dò la dife­sa di Tampere.
[3] Quest’intitolazione “Repub­bli­ca socia­li­sta dei lavo­ra­to­ri” non fu scel­ta dai socia­li­sti fin­lan­de­si. Lenin insi­sté che fos­se la descri­zio­ne del­lo Sta­to fin­lan­de­se quan­do la Repub­bli­ca sovie­ti­ca fir­mò un trat­ta­to di ami­ci­zia con i fin­lan­de­si il 1° mar­zo. I bol­sce­vi­chi auspi­ca­va­no che i lavo­ra­to­ri di ognu­no dei due Sta­ti potes­se­ro ave­re pie­ni dirit­ti poli­ti­ci e civi­li nell’altro, ma quan­do i socia­li­sti fin­lan­de­si respin­se­ro que­sta pro­po­sta, i rus­si pre­vi­de­ro che i lavo­ra­to­ri fin­lan­de­si aves­se­ro dirit­ti poli­ti­ci in Rus­sia, pur sen­za la reciprocità.

(Tra­du­zio­ne di Tuu­la Haapiainen)