Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Guerra in Ucraina, Imperialismo e guerre imperialiste, Polemica, Storia del movimento operaio

Scribi e amanuensi del marxismo rivoluzionario del XXI secolo

Guerra sino-giapponese. Sul sedile anteriore, da sinistra: Zhu De, comandante dell'Armata Rossa; Zhang Zhizhong, ufficiale del Kuomintang; Ivan Yeaton, colonnello degli Stati Uniti. Sul sedile posteriore Mao Tse-tung con a fianco (appena visibile) Patrick Hurley, ambasciatore Usa

Scribi e amanuensi del marxismo rivoluzionario del XXI secolo


La guerra in Ucraina vista attraverso le lenti deformate dell’impressionismo e dell’eclettismo

 

Sal­va­to­re de Loren­zo – Vale­rio Torre

 

Il con­flit­to arma­to attual­men­te in cor­so in Ucrai­na ha fat­to emer­ge­re tut­ta l’impreparazione teo­ri­ca, l’approssimazione ana­li­ti­ca, l’impressionismo e l’eclettismo del­le pic­co­le set­te buro­cra­ti­che che si richia­ma­no al mar­xi­smo rivoluzionario.
Si sono in par­ti­co­la­re distin­te su que­sto ver­san­te, le due orga­niz­za­zio­ni deno­mi­na­te “Par­ti­to di alter­na­ti­va comu­ni­sta” e “Par­ti­to comu­ni­sta dei lavo­ra­to­ri”, le qua­li han­no edi­fi­ca­to le pro­prie rispet­ti­ve (ma coin­ci­den­ti) posi­zio­ni sul­la guer­ra pescan­do a man bas­sa nei testi di Lenin e Tro­tsky argo­men­ti e con­cet­ti poi estra­po­la­ti e iso­la­ti dal con­te­sto dei cor­ri­spon­den­ti scrit­ti, in modo da poter­ne rica­va­re con­clu­sio­ni del tut­to dif­for­mi da quel­le che i loro auto­ri ave­va­no inve­ce cor­ret­ta­men­te tratto.
Così come gli scri­bi fari­sai­ci si approc­cia­va­no alle scrit­tu­re bibli­che in manie­ra for­ma­li­sti­ca e zelan­te, e come gli ama­nuen­si medie­va­li si limi­ta­va­no a un pedis­se­quo lavo­ro di copia, i “teo­ri­ci” di que­ste due orga­niz­za­zio­ni, facen­do com­pia­ciu­to sfog­gio di eru­di­ta “cono­scen­za” dei lavo­ri dei due gran­di rivo­lu­zio­na­ri rus­si, ne han­no sac­cheg­gia­to fra­si iso­la­te sì da costrui­re una let­tu­ra arte­fat­ta del­la real­tà col solo sco­po di giu­sti­fi­ca­re le loro aber­ran­ti posi­zio­ni sul con­flit­to in cor­so: sic­ché, l’improprio e abu­si­vo ricor­so ai con­cet­ti di “guer­ra di libe­ra­zio­ne nazio­na­le”, “soste­gno alla resi­sten­za ucrai­na” e “dife­sa del dirit­to di auto­de­ter­mi­na­zio­ne”, li ha por­ta­ti drit­ti drit­ti a sup­por­ta­re le poli­ti­che degli impe­ria­li­smi occi­den­ta­li, dive­nen­do­ne gli alfie­ri “di sinistra”.
Abbia­mo avu­to modo di con­te­sta­re sif­fat­te opi­nio­ni in diver­si arti­co­li su que­sto stes­so sito[1]; ma voglia­mo oggi ripren­de­re il tema per­ché entram­be le orga­niz­za­zio­ni han­no basa­to le pro­prie argo­men­ta­zio­ni tiran­do per la giac­chet­ta il pove­ro León Tro­tsky e la sua posi­zio­ne sul­la guer­ra sino‑giapponese: una – il Pdac – in manie­ra, per così dire, “orga­ni­ca” pub­bli­can­do sul pro­prio sito l’articolo “Sul­la guer­ra sino‑giapponese. Let­te­ra a Die­go Rive­ra”[2] e poi costruen­do intor­no a que­sto scrit­to un nume­ro del­la pro­pria rivi­sta; l’altra – il Pcl – uti­liz­zan­do­lo per­lo­più in pole­mi­che sui social media col ricor­so in talu­ni casi ad offe­se per­so­na­li con­tro colo­ro che ne cri­ti­ca­no le posi­zio­ni, spre­gia­ti­va­men­te defi­ni­ti – in puro sti­le sal­vi­nia­no – “paci­fin­ti e pacitonti”.

I prin­ci­pi del mar­xi­smo di fron­te alle guerre
Cosa dice il testo di Tro­tsky? In real­tà, nien­te di nuo­vo rispet­to ai prin­ci­pi che da Marx in poi indi­ca­no ai comu­ni­sti l’atteggiamento da tene­re rispet­to alle guer­re. Tro­tsky pole­miz­za con alcu­ne ten­den­ze che ave­va­no rot­to con la sua orga­niz­za­zio­ne, secon­do le qua­li nel­la guer­ra sino‑giapponese i rivo­lu­zio­na­ri avreb­be­ro dovu­to appli­ca­re il prin­ci­pio del disfat­ti­smo rivo­lu­zio­na­rio, e quin­di posi­zio­nar­si con­tro entram­bi i Pae­si in con­flit­to. Tro­tsky, inve­ce, già a par­ti­re da una pro­pria dichia­ra­zio­ne alla stam­pa resa pochi gior­ni dopo l’inizio degli scon­tri, ave­va soste­nu­to che «l’esperienza pas­sa­ta non ci per­met­te di nutri­re sover­chie illu­sio­ni sul pro­gram­ma socia­le del mare­scial­lo Chiang Kai‑shek. Ma se esi­ste al mon­do una guer­ra giu­sta, è pro­prio la guer­ra del popo­lo cine­se con­tro i suoi oppres­so­ri. Tut­te le orga­niz­za­zio­ni ope­ra­ie, tut­te le for­ze pro­gres­si­ste in Cina, sen­za abban­do­na­re il loro pro­gram­ma né la loro indi­pen­den­za poli­ti­ca, devo­no fino alla fine com­pie­re il loro dove­re nel­la guer­ra di libe­ra­zio­ne, indi­pen­den­te­men­te dal loro atteg­gia­men­to rispet­to al gover­no di Chiang Kai‑shek»[3]. Pro­prio per que­sto, Tro­tsky sosten­ne: «Par­la­re di “disfat­ti­smo rivo­lu­zio­na­rio” in gene­ra­le, sen­za distin­gue­re tra Pae­se oppres­so­re e popo­li oppres­si, signi­fi­ca fare del bol­sce­vi­smo una mise­ra­bi­le cari­ca­tu­ra e por­re que­sta cari­ca­tu­ra al ser­vi­zio dell’imperialismo»[4].

Trup­pe del­l’e­ser­ci­to giapponese

Eppu­re, nono­stan­te l’assenza di ogni ori­gi­na­li­tà in quest’asserzione – che, lo ripe­tia­mo, non face­va altro che ripro­por­re i prin­ci­pi gene­ra­li che il mar­xi­smo ave­va enu­clea­to e cri­stal­liz­za­to riguar­do alla postu­ra dei comu­ni­sti rispet­to alle guer­re (prin­ci­pi che esa­mi­ne­re­mo più dif­fu­sa­men­te nel pro­sie­guo) – i “teo­ri­ci” del Pdac e del Pcl han­no sgra­na­to gli occhi e, come i bam­bi­ni che tro­va­no una map­pa del teso­ro nasco­sta a bel­la posta per gio­co dai non­ni[5], qua­si non cre­den­do alla pro­pria vista e tut­ti gon­go­lan­ti han­no escla­ma­to: “Ecco! Tro­tsky dixit! Se il ‘Vec­chio’ fos­se anco­ra vivo, sicu­ra­men­te ripro­por­reb­be, come nel caso del­la guer­ra sino‑giapponese, le stes­se con­si­de­ra­zio­ni a pro­po­si­to dell’invasione rus­sa all’Ucraina e invi­te­reb­be a met­te­re in cam­po e soste­ne­re la «resi­sten­za ucrai­na» con­tro l’imperialismo di Putin per la dife­sa del­la «indi­pen­den­za» e per la «libe­ra­zio­ne nazio­na­le» del Pae­se aggre­di­to, in nome del suo «dirit­to di auto­de­ter­mi­na­zio­ne»”. E, sban­die­ran­do la let­te­ra di Tro­tsky a Rive­ra, han­no pre­so a fusti­ga­re pub­bli­ca­men­te noial­tri pove­ri inter­na­zio­na­li­sti che inve­ce soste­nia­mo[6] che il fat­to­re nazio­na­le dell’attuale con­flit­to rap­pre­sen­ta sol­tan­to una tes­se­ra di un ben più com­ples­so mosai­co di guer­ra fra poten­ze impe­ria­li­ste (Usa, Nato e Ue da un lato, Rus­sia dall’altro; ma anche Usa con­tro Ue: ne abbia­mo par­la­to qui): «Vede­te? – ci han­no det­to – Tro­tsky vi dà tor­to. Non c’è posto per il disfat­ti­smo rivo­lu­zio­na­rio: sie­te solo degli ultra‑sinistri!».

Cina come semi­co­lo­nia. Ma l’Ucraina?
In real­tà, quest’atteggiamento è esat­ta­men­te quel­lo degli scri­bi e degli ama­nuen­si da noi richia­ma­ti nell’inci­pit del pre­sen­te testo: cioè, pro­prio di colo­ro che si limi­ta­no a una let­tu­ra sco­la­sti­ca e for­ma­li­sti­ca dei testi che casual­men­te capi­ta­no sot­to i loro occhi, fer­man­do­si – come si suol dire – “alla pri­ma taver­na”. In altri ter­mi­ni, non andan­do oltre la veste este­rio­re di quan­to leg­go­no, sen­za esa­mi­na­re i dettagli.
E già: per­ché Tro­tsky non si sareb­be mai sogna­to di equi­pa­ra­re l’invasione del­la Cina da par­te del Giap­po­ne a quel­la dell’Ucraina da par­te del­la Rus­sia. E per un det­ta­glio, un pic­co­lo (ma tutt’altro che insi­gni­fi­can­te) det­ta­glio che è sfug­gi­to agli occhi fode­ra­ti di pes­si­mo pro­sciut­to ava­ria­to di que­sti improv­vi­sa­ti scri­bi e ama­nuen­si: Tro­tsky, infat­ti, è mol­to net­to, in tut­ti i suoi scrit­ti sul­la guer­ra sino‑giapponese, nel carat­te­riz­za­re la Cina dell’epoca come un Pae­se semi­co­lo­nia­le[7]. E, come in ogni caso di aggres­sio­ne di un Pae­se colo­nia­le o semi­co­lo­nia­le da par­te di uno impe­ria­li­sta, i rivo­lu­zio­na­ri deb­bo­no sta­re dal­la par­te di quel­lo aggre­di­to con­tro l’aggressore: nel solo cam­po mili­ta­re, però, man­te­nen­do inve­ce asso­lu­ta auto­no­mia e indi­pen­den­za poli­ti­ca dal­la dire­zio­ne bor­ghe­se – e finan­co rea­zio­na­ria – del movi­men­to di resi­sten­za[8].
Si trat­ta, come abbia­mo accen­na­to, di un prin­ci­pio paci­fi­co risa­len­te ai tem­pi di Marx e svi­lup­pa­to e appli­ca­to dal bol­sce­vi­smo di Lenin e Tro­tsky. Gli scri­bi e ama­nuen­si del XXI seco­lo, inve­ce, ten­ta­no di spac­ciar­lo come una gran­de novi­tà che ser­ve a giu­sti­fi­ca­re la loro clau­di­can­te posi­zio­ne e la loro ver­go­gno­sa capi­to­la­zio­ne all’imperialismo del­le poten­ze occi­den­ta­li. In che modo? Ma è l’uovo di Colom­bo! Carat­te­riz­zan­do appun­to l’Ucraina del 2022 come un Pae­se semi­co­lo­nia­le[9].
Il fat­to è che una sif­fat­ta carat­te­riz­za­zio­ne è total­men­te infon­da­ta alla luce dei cri­te­ri gra­zie ai qua­li Lenin distin­gue­va fra Pae­si colo­nia­li, semi­co­lo­nia­li e dipen­den­ti: cri­te­ri che i nostri scri­bi e ama­nuen­si dan­no mostra di non cono­sce­re affatto.

Colo­nie, semi­co­lo­nie e Pae­si dipendenti
È noto ai più, infat­ti, che Lenin defi­ni­va “colo­nia­li” quei Pae­si che era­no sog­gio­ga­ti dai Pae­si domi­nan­ti per via politico‑militare da una coer­ci­zio­ne di tipo non eco­no­mi­co che deter­mi­na­va l’estrazione e il tra­sfe­ri­men­to dell’eccedente dal­la peri­fe­ria al cen­tro attra­ver­so uno sfrut­ta­men­to rea­liz­za­to con l’imposizione median­te la for­za e la vio­len­za (manu mili­ta­ri). E inve­ce defi­ni­va come “semi­co­lo­nia­li” quel­li che, pur for­mal­men­te indi­pen­den­ti da un pun­to di vista isti­tu­zio­na­le – cioè dota­ti di un gover­no pro­prio, auto­no­mo dal Pae­se domi­nan­te – era­no tut­ta­via comun­que sog­get­ti a una rela­zio­ne di inge­ren­za diret­ta eser­ci­ta­ta da una poten­za stra­nie­ra (Lenin dice­va «avvi­lup­pa­ti da una rete di dipen­den­za finan­zia­ria e diplo­ma­ti­ca»[10], men­tre Tro­tsky soste­ne­va che «la loro dipen­den­za poli­ti­ca […] è nasco­sta die­tro la fin­zio­ne dell’indipendenza sta­ta­le»[11]).
Lenin cita­va come esem­pio evi­den­te di Pae­se semi­co­lo­nia­le pro­prio la Cina che, a par­ti­re dal­la scon­fit­ta nel­la “Guer­ra dell’oppio” (1842), ven­ne indot­ta a fir­ma­re, dap­pri­ma con l’Inghilterra e poi anche con altre poten­ze, i cosid­det­ti “trat­ta­ti ine­gua­li”, in vir­tù dei qua­li, gra­zie alla clau­so­la del­la “nazio­ne più favo­ri­ta”, fu costret­ta a fare loro dolo­ro­se con­ces­sio­ni finan­zia­rie e ter­ri­to­ria­li. Eppu­re, da un pun­to di vista isti­tu­zio­na­le, con­ti­nua­va ad ave­re un gover­no for­mal­men­te indi­pen­den­te e sovrano.
E infi­ne, secon­do la clas­si­fi­ca­zio­ne leni­nia­na, oltre a quel­li avan­za­ti, c’è un altro tipo di Pae­si capi­ta­li­sti: quel­li che abban­do­na­no il loro sta­tus di semi­co­lo­nia gua­da­gnan­do la pie­na indi­pen­den­za, ben­ché resti­no sog­get­ti all’influenza del capi­ta­le finan­zia­rio del­le poten­ze impe­ria­li­ste. Si trat­ta dei Pae­si “dipen­den­ti”: dipen­den­ti, cioè, eco­no­mi­ca­men­te dai Pae­si più ricchi.
Quan­do una colo­nia – o una semi­co­lo­nia – con­qui­sta la sua indi­pen­den­za poli­ti­ca e si costi­tui­sce come Sta­to auto­no­mo assu­me la veste di «for­ma­zio­ne socia­le pro­pria [in cui sor­ge] una nuo­va for­ma dell’accumulazione e ripro­du­zio­ne amplia­ta di capi­ta­le che è … bidi­re­zio­na­le. Da un lato si con­ti­nua ad accu­mu­la­re capi­ta­le per l’economia domi­nan­te (o le eco­no­mie domi­nan­ti), cioè, si tra­sfe­ri­sce alle metro­po­li il pro­fit­to […]. Dall’altro, deve ini­zia­re un pro­ces­so di accu­mu­la­zio­ne inter­na e di ripro­du­zio­ne amplia­ta di capi­ta­le che abbia come obiet­ti­vo il sosten­ta­men­to e l’espansione inter­na del­la for­ma­zio­ne socia­le crea­ta […]. Insie­me all’accumulazione ori­gi­na­ria e pri­mi­ti­va diret­ta esclu­si­va­men­te all’esterno deve appa­ri­re un’accumulazione e ripro­du­zio­ne amplia­ta inter­na che con­so­li­di per sem­pre il capi­ta­le come rela­zio­ne socia­le mon­dia­le, ma, al con­tem­po, assi­cu­ri la strut­tu­ra inter­na del­la for­ma­zio­ne socia­le appe­na sor­ta»[12].

I com­pi­ti nazio­na­li in una semicolonia
Ciò det­to, è asso­lu­ta­men­te evi­den­te che la carat­te­riz­za­zio­ne dell’Ucraina come Pae­se semi­co­lo­nia­le ad ope­ra dei nostri scri­bi e ama­nuen­si coz­za con la real­tà dei fat­ti e costi­tui­sce una colos­sa­le scioc­chez­za, indi­ce dell’approssimazione ana­li­ti­ca e dell’impreparazione teo­ri­ca da cui sono irri­me­dia­bil­men­te affet­ti[13]. Dovreb­be­ro infat­ti, que­sti improv­vi­sa­ti “teo­ri­ci”, dimo­stra­re qua­le Pae­se stra­nie­ro la tie­ne assog­get­ta­ta in una rela­zio­ne di inge­ren­za diret­ta e “avvi­lup­pa­ta da una rete di dipen­den­za finan­zia­ria e diplo­ma­ti­ca”. Cer­ta­men­te non la Rus­sia! Sem­mai, for­se (se cioè fos­se vero che l’Ucraina è una semi­co­lo­nia), gli Usa e l’Ue che, alme­no dal 2014 (ma in real­tà da mol­to pri­ma) ne han­no fat­to il pro­prio gri­mal­del­lo eco­no­mi­co[14] e il pro­prio tram­po­li­no mili­ta­re per la pene­tra­zio­ne ad est. Ma ciò coz­ze­reb­be fron­tal­men­te con la tesi soste­nu­ta da que­gli stes­si “teo­ri­ci”.

Chiang Khai-shek ispe­zio­na le trup­pe nazionaliste

E già! Per­ché secon­do Lenin nei Pae­si semi­co­lo­nia­li «esi­sto­no anco­ra “ogget­ti­va­men­te” i com­pi­ti nazio­na­li, ossia i com­pi­ti “demo­cra­ti­ci”, la neces­si­tà di “abbat­te­re l’oppressione stra­nie­ra”»[15], e dun­que que­sti com­pi­ti dovran­no esse­re svol­ti in allean­za con i movi­men­ti democratico‑borghesi di libe­ra­zio­ne nazio­na­le. Per cui, se l’Ucraina fos­se dav­ve­ro una semi­co­lo­nia, allo­ra alla sua popo­la­zio­ne incom­be­reb­be come pri­mo com­pi­to quel­lo del­la “libe­ra­zio­ne nazio­na­le” (non si capi­sce bene da chi; ma cer­ta­men­te non dal­la Rus­sia, che non la tie­ne affat­to assog­get­ta­ta in una rela­zio­ne di inge­ren­za diret­ta e “avvi­lup­pa­ta da una rete di dipen­den­za finan­zia­ria e diplo­ma­ti­ca”: caso­mai, dal­le poten­ze occi­den­ta­li) in allean­za con i movi­men­ti democratico‑borghesi. E quin­di, se pren­des­si­mo per buo­na l’astrusa carat­te­riz­za­zio­ne che qui con­te­stia­mo, una vol­ta otte­nu­ta la libe­ra­zio­ne nazio­na­le in allean­za con il movi­men­to nazio­na­li­sta bor­ghe­se di Zelens’kyj, l’Ucraina così “libe­ra­ta” dal gio­go – non già del­la Rus­sia ma, per quan­to appe­na det­to, degli Sta­ti Uni­ti e dei Pae­si euro­pei – pas­se­reb­be, sem­pre appli­can­do ad essa la teo­ria di Lenin, allo sta­tus di Pae­se dipen­den­te, costi­tuen­do­si come Sta­to nazionale!!!
Ma sic­co­me la riven­di­ca­zio­ne di libe­ra­zio­ne nazio­na­le si pone quan­do esi­ste una lot­ta por costi­tuir­si come nazio­ne – dato che sto­ri­ca­men­te essa è asso­cia­ta alla costi­tu­zio­ne del­la bor­ghe­sia come clas­se domi­nan­te – è chia­ro che ciò non può rife­rir­si all’Ucraina che esi­ste da un pez­zo come Sta­to e con una pro­pria bor­ghe­sia nati­va ben insediata.

Un po’ di teo­ria mar­xi­sta riguar­do al “pro­ble­ma nazionale”
Duran­te la fase impe­ria­le (o proto‑imperialista) otto­cen­te­sca, quan­do cioè l’unica poten­za che comin­cia­va ad ave­re i carat­te­ri impe­ria­li­sti­ci discus­si da Lenin era l’Inghilterra, i mar­xi­sti rite­ne­va­no che le guer­re di uni­fi­ca­zio­ne e di indi­pen­den­za nazio­na­le aves­se­ro un carat­te­re pro­gres­si­vo. Era­no difat­ti guer­re che con­sen­ti­va­no alla bor­ghe­sia del­la nazio­ne in via di for­ma­zio­ne di fare più o meno defi­ni­ti­va­men­te i con­ti con la strut­tu­ra paras­si­ta­ria deri­van­te dall’obsoleto modo feu­da­le di pro­du­zio­ne. Non biso­gna esse­re dei dot­ti mar­xi­sti per com­pren­de­re que­sto aspet­to del­la teo­ria mar­xi­sta. Sareb­be sem­pli­ce­men­te suf­fi­cien­te effet­tua­re una let­tu­ra, per­si­no sco­la­sti­ca, del Mani­fe­sto del Par­ti­to comu­ni­sta. Nell’impostazione di Marx ed Engels, que­ste guer­re, rimuo­ven­do i lac­ciuo­li che con­sen­ti­va­no l’esistenza di una miria­de di sta­te­rel­li, avreb­be­ro con­sen­ti­to lo svi­lup­po del­le moder­ne for­ze pro­dut­ti­ve e quin­di avreb­be­ro con­dot­to il pro­le­ta­ria­to ad uni­fi­car­si su sca­la nazio­na­le. Que­sto ovvia­men­te non signi­fi­ca affat­to che i mar­xi­sti, nell’Ottocento, par­teg­gias­se­ro per l’uno o l’altro degli atto­ri bor­ghe­si alla testa di que­sti Sta­ti. Al con­tra­rio. Come scri­ve Lenin, «[…] Marx ed Engels ave­va­no appro­va­to il rifiu­to di Bebel e di Lie­b­k­ne­cht di vota­re per i cre­di­ti di guer­ra, e ave­va­no con­si­glia­to i social­de­mo­cra­ti­ci a non fon­der­si con la bor­ghe­sia e a difen­de­re gli inte­res­si di clas­se indi­pen­den­ti del pro­le­ta­ria­to»[16]. Ciò nono­stan­te, lo stes­so Lenin spie­ga che Marx ed Engels rite­ne­va­no pro­gres­si­vo il carat­te­re di quel­la guer­ra. La ragio­ne di fon­do che moti­va­va que­sta loro con­vin­zio­ne era una e una sola: l’unificazione del­la Ger­ma­nia avreb­be con­dot­to all’unificazione del pro­le­ta­ria­to su sca­la nazio­na­le. Que­sto emer­ge in modo chia­ris­si­mo da una let­te­ra scrit­ta da Marx ad Engels a pro­po­si­to del­la guer­ra franco‑prussiana: «Se vin­co­no i prus­sia­ni l’accentramento del­lo sta­te power sarà uti­le per l’accentramento del­la clas­se ope­ra­ia tede­sca»[17]. Che que­sti argo­men­ti fos­se­ro abba­stan­za scon­ta­ti per i mar­xi­sti dell’epoca lo si evin­ce anche da un ulte­rio­re testo di Lenin in cui egli affer­ma, sem­pre a pro­po­si­to del­la guer­ra fran­co-prus­sia­na: «Marx non si illu­de­va affat­to che la pros­si­ma rivo­lu­zio­ne (che ebbe luo­go dall’alto e non dal bas­so, come egli si atten­de­va) avreb­be eli­mi­na­to la bor­ghe­sia e il capi­ta­li­smo. Vi è la più lim­pi­da e pre­ci­sa con­sta­ta­zio­ne che essa avreb­be eli­mi­na­to sol­tan­to la monar­chia prus­sia­na e quel­la austria­ca. Eppu­re, quan­ta fede in que­sta rivo­lu­zio­ne bor­ghe­se! Quan­ta pas­sio­ne rivo­lu­zio­na­ria di com­bat­ten­te pro­le­ta­rio, che com­pren­de l’enorme impor­tan­za del­la rivo­lu­zio­ne bor­ghe­se per il pro­gres­so del movi­men­to socia­li­sta!»[18]. Ben­ché con que­sta affer­ma­zio­ne Lenin enfa­tiz­zi ecces­si­va­men­te il soste­gno di Marx alle rivo­lu­zio­ni bor­ghe­si dell’Ottocento – pro­ba­bil­men­te in pole­mi­ca con colo­ro che nega­va­no, già allo­ra, il carat­te­re pro­gres­si­vo del­le guer­re di indi­pen­den­za nazio­na­le, come ad esem­pio Rosa Luxem­burg, la qua­le respin­ge­va il carat­te­re pro­gres­si­vo del­la lot­ta del­la bor­ghe­sia polac­ca con­tro l’oppressione zari­sta – la sostan­za rima­ne però la stes­sa: indi­pen­den­te­men­te dal fat­to che Marx ed Engels spe­ras­se­ro, natu­ral­men­te, che nel cor­so di tali guer­re il pro­le­ta­ria­to sareb­be sta­to in gra­do di impa­dro­nir­si del pote­re, essi le con­si­de­ra­va­no come dei pro­ces­si di carat­te­re pro­gres­si­vo in rela­zio­ne al futu­ro svi­lup­po socia­li­sta del­la socie­tà mon­dia­le. Poco impor­ta, dal pun­to di vista del­lo svi­lup­po del­la teo­ria mar­xi­sta, che tali inse­gna­men­ti sia­no sta­ti fal­si­fi­ca­ti innan­zi­tut­to dal­la destra del Par­ti­to social­de­mo­cra­ti­co tede­sco, che oppor­tu­ni­sti­ca­men­te tra­vi­sò que­ste con­si­de­ra­zio­ni per aval­la­re la capi­to­la­zio­ne del par­ti­to alla guer­ra impe­ria­li­sta. Così come è ancor meno impor­tan­te che alcu­ne orga­niz­za­zio­ni “tro­tski­ste” attua­li sia­no total­men­te inca­pa­ci di com­pren­de­re, come vedre­mo, que­sto aspet­to del­la teo­ria marxista.

Tro­tsky e il “pro­ble­ma nazionale”
Alla fine dell’Ottocento gli Sta­ti nazio­na­li euro­pei ave­va­no rag­giun­to un asset­to più o meno defi­ni­to. Ma, a livel­lo mon­dia­le, la costru­zio­ne degli Sta­ti nazio­na­li rimar­rà un pro­ble­ma aper­to anco­ra per i decen­ni suc­ces­si­vi. Se non si com­pren­de que­sto pun­to, si rischia di con­fon­de­re la situa­zio­ne dell’Ucraina di oggi con quel­la del­la Cina degli anni 30 del seco­lo scor­so, finen­do poi con l’alimentare la pro­pa­gan­da scio­vi­ni­sta dei gover­ni impe­ria­li­sti. In par­ti­co­la­re, esi­ste­va­no alla fine dell’Ottocento anco­ra enor­mi spa­zi di svi­lup­po del­le for­ze pro­dut­ti­ve. Più spe­ci­fi­ca­men­te, tut­ta l’Asia era domi­na­ta da regi­mi di tipo feu­da­le. Per que­sta ragio­ne le rivo­lu­zio­ni e le guer­re nazio­na­li che si svi­lup­pe­ran­no in Cina, pri­ma negli anni 20 del Nove­cen­to e poi nel­la guer­ra sino‑giapponese, rap­pre­sen­ta­va­no del­le guer­re pro­gres­si­ve, stan­do alme­no all’impostazione di Marx ed Engels. Ed è que­sta la ragio­ne per cui Tro­tsky, nel­la let­te­ra a Rive­ra, dan­do­lo pro­ba­bil­men­te qua­si per scon­ta­to (igna­ro cioè del­le dif­fi­col­tà di com­pren­sio­ne dei suoi più recen­ti epi­go­ni) defi­ni­sce “pro­gres­si­va” la lot­ta per l’indipendenza del­la Cina. Quan­do Tro­tsky si schie­ra nel cam­po del­la Cina duran­te la guer­ra sino‑giapponese, lo fa cioè sen­za allon­ta­nar­si di un mil­li­me­tro dal­la tra­di­zio­ne mar­xi­sta, per­ché la Cina, in quel perio­do, era una nazio­ne nel­la qua­le esi­ste­va­no enor­mi poten­zia­li­tà di svi­lup­po del­le for­ze pro­dut­ti­ve e quin­di enor­mi poten­zia­li­tà di “accen­tra­men­to del­la clas­se ope­ra­ia” cine­se, per dir­la con Marx.
E que­sto appa­re chia­ris­si­mo dal­la let­tu­ra di un altro suo testo, nasco­sto come pol­ve­re sot­to il tap­pe­to dai suoi epi­go­ni, nel qua­le Tro­tsky affer­ma: «Se l’attuale Sta­to nazio­na­le costi­tuis­se un fat­to­re pro­gres­si­vo, esso dovreb­be esse­re dife­so indi­pen­den­te­men­te dal­la sua for­ma poli­ti­ca e, benin­te­so, sen­za bada­re a chi ha “inco­min­cia­to” la guer­ra per pri­mo. È assur­do con­fon­de­re la que­stio­ne del­la fun­zio­ne sto­ri­ca del­lo Sta­to nazio­na­le con quel­la del­la “col­pe­vo­lez­za” di un dato gover­no. Ci si può for­se rifiu­ta­re di sal­va­re una casa abi­ta­bi­le sol­tan­to per­ché il fuo­co vi ha attec­chi­to per l’incuria o per la mala inten­zio­ne del suo pro­prie­ta­rio? Ma nel nostro caso si trat­ta pre­ci­sa­men­te di una casa costrui­ta non per viver­ci, ben­sì sem­pli­ce­men­te per morir­vi. Affin­ché i popo­li pos­sa­no vive­re è neces­sa­rio rade­re al suo­lo la strut­tu­ra del­lo sta­to nazio­na­le»[19].
Dato il livel­lo di pro­fon­da igno­ran­za e incom­pren­sio­ne che abbia­mo con­sta­ta­to nel movi­men­to tro­tski­sta (non solo ita­lia­no, pur­trop­po) sia­mo costret­ti a spie­ga­re in modo sem­pli­ce, come si fa con degli stu­den­ti par­ti­co­lar­men­te soma­ri, quel che affer­ma Tro­tsky in que­sto bre­ve para­gra­fo. Egli sostie­ne che, in asso­lu­to, non si può esclu­de­re che, in asse­gna­te fasi sto­ri­che la for­ma­zio­ne di uno Sta­to nazio­na­le pos­sa costi­tui­re un fat­to­re pro­gres­si­vo. Tan­to è vero che, come spie­ga nel­la let­te­ra a Rive­ra, Tro­tsky con­si­de­ra la for­ma­zio­ne del­lo Sta­to nazio­na­le cine­se un fat­to­re “pro­gres­si­vo”. E sostie­ne, di con­se­guen­za, che, in tali spe­ci­fi­ci casi (e solo in que­sti spe­ci­fi­ci casi), occor­re difen­de­re quel­lo Sta­to nazio­na­le (esat­ta­men­te come face­va Marx nel caso del­la guer­ra franco‑prussiana, pur con­ti­nuan­do a cri­ti­ca­re in manie­ra rigo­ro­sa il gover­no del “rea­zio­na­rio” Bismarck ed esat­ta­men­te come farà poi lo stes­so Tro­tsky, pur denun­cian­do la natu­ra anti­o­pe­ra­ia del Kuo­min­tang di Chiang Kai‑shek).

Mao Tse-tung pas­sa in ras­se­gna le trup­pe del­l’Ar­ma­ta rossa

Quan­do inve­ce, come nell’Ucraina di oggi, lo Sta­to nazio­na­le non costi­tui­sce alcun fat­to­re pro­gres­si­vo (poi­ché non vi è ulte­rio­re pos­si­bi­le svi­lup­po del­le for­ze pro­dut­ti­ve) allo­ra, dice Tro­tsky, lo Sta­to nazio­na­le va “raso al suo­lo”. Abbia­mo qui pro­va­to a fare lo “spel­ling” del pen­sie­ro di Tro­tsky nel­la spe­ran­za che qual­che com­pa­gno one­sto che appar­tie­ne alle orga­niz­za­zio­ni “tro­tski­ste” dege­ne­ra­te nel­lo scio­vi­ni­smo, atti­vi final­men­te i suoi neuroni.
Va peral­tro sgom­bra­to il cam­po, anco­ra una vol­ta, dall’assolutizzazione del prin­ci­pio di indi­pen­den­za nazio­na­le assun­to dagli epi­go­ni di Tro­tsky sul­le que­stio­ni nazio­na­li. Per Tro­tsky que­ste ulti­me, già all’epoca del­la Secon­da guer­ra mon­dia­le, non pos­so­no esse­re risol­te nell’ambito di una spar­ti­zio­ne impe­ria­li­sta. La con­qui­sta dell’indipendenza nazio­na­le costi­tui­sce, per Tro­tsky, solo un pas­sag­gio, una fase, del­lo svi­lup­po del­la rivo­lu­zio­ne mon­dia­le ed è indis­so­lu­bil­men­te lega­to ad essa. Su que­sto Tro­tsky è lapi­da­rio in mol­ti dei suoi scrit­ti. Ad esem­pio, nel testo già cita­to – “La guer­re et la IVe Inter­na­tio­na­le” – scri­ve: «Il pro­ble­ma nazio­na­le si fon­de ovun­que con quel­lo socia­le. Sol­tan­to la con­qui­sta del pote­re da par­te del pro­le­ta­ria­to mon­dia­le può assi­cu­ra­re una liber­tà di svi­lup­po rea­le e dura­tu­ra a tut­te le nazio­ni del nostro pia­ne­ta»[20]. E se que­sta con­si­de­ra­zio­ne di Tro­tsky risul­ta­va vali­da agli albo­ri del­la Secon­da guer­ra mon­dia­le, quan­do cioè esi­ste­va anco­ra un enor­me spa­zio di svi­lup­po dell’imperialismo mon­dia­le, come la sto­ria dei suc­ces­si­vi ottant’anni ha mostra­to, non è for­se anco­ra più vali­da oggi, in una fase in cui la pos­si­bi­li­tà di svi­lup­po del­le for­ze pro­dut­ti­ve mon­dia­li si è pra­ti­ca­men­te ridot­to al lumicino?

L’Ucraina come Pae­se capi­ta­li­sta dipendente
E dun­que, come abbia­mo dimo­stra­to, l’impressionismo e l’eclettismo dei nostri scri­bi e ama­nuen­si li fa fini­re in un vero e pro­prio para­dos­sa­le cul‑de‑sac. Carat­te­riz­za­re l’Ucraina come un Pae­se semi­co­lo­nia­le dimo­stra dun­que tut­ta la loro appros­si­ma­zio­ne ana­li­ti­ca e l’assoluta impre­pa­ra­zio­ne teorica.
Con­tra­ria­men­te a quan­to essi sosten­go­no, inve­ce, l’Ucraina è un tipi­co esem­pio di Pae­se dipen­den­te, la cui eco­no­mia capi­ta­li­sta non è sog­get­ta a sfrut­ta­men­to ad ope­ra di altri Pae­si, né manu mili­ta­ri (in quan­to non è una colo­nia), né attra­ver­so “una rete di dipen­den­za finan­zia­ria e diplo­ma­ti­ca” (giac­ché non è una semi­co­lo­nia). È un Pae­se in cui una bor­ghe­sia capi­ta­li­sta nati­va par­te­ci­pa allo sfrut­ta­men­to del­la “pro­pria” clas­se ope­ra­ia in con­cor­ren­za o in asso­cia­zio­ne con i capi­ta­li­sti stra­nie­ri; e allo sfrut­ta­men­to di quel­la di altri Pae­si, finan­co “avan­za­ti”, quan­do inve­ste in svi­lup­po pro­dut­ti­vo o quan­do col­lo­ca le pro­prie plu­sva­len­ze nei cir­cui­ti finan­zia­ri internazionali.
E allo­ra, dovreb­be­ro spie­gar­ci que­sti signo­ri cosa ha a che vede­re l’Ucraina capi­ta­li­sta (sia pure dipen­den­te) del XXI seco­lo con la Cina semi­co­lo­nia­le del seco­lo precedente.
È chia­ro allo­ra che il rife­ri­men­to agli scrit­ti di Tro­tsky a pro­po­si­to del­la guer­ra sino‑giapponese è asso­lu­ta­men­te fuo­ri luo­go. Crol­la così il pen­co­lan­te castel­lo mala­men­te costrui­to, pro­prio sul­la base di tali scrit­ti, per soste­ne­re l’esistenza di una “lot­ta per la libe­ra­zio­ne e l’indipendenza nazio­na­le” dell’Ucraina.
Infat­ti, a dif­fe­ren­za dell’Ucraina dei gior­ni nostri – che, come abbia­mo visto, è un Pae­se capi­ta­li­sta dipen­den­te, con una bor­ghe­sia nati­va sal­da­men­te inse­dia­ta al pote­re e un soli­do regi­me bor­ghe­se – la Cina degli anni 30 del seco­lo scor­so era una semi­co­lo­nia in cui i pro­ble­mi dell’edificazione di uno Sta­to moder­no uni­fi­ca­to e agra­rio non era­no sta­ti risol­ti dal­la bor­ghe­sia nazio­na­li­sta. L’imperialismo mili­ta­ri­sta del Giap­po­ne, «l’anello più debo­le del­la cate­na impe­ria­li­sta mon­dia­le, cer­ca[va] di supe­ra­re il suo sta­to di deca­den­za attra­ver­so una guer­ra colo­nia­le»[21]: per­ciò inva­se la Cina.

La guer­ra di indi­pen­den­za cine­se era progressiva …
In real­tà, il con­flit­to sino‑giapponese era ini­zia­to nel 1931 con l’invasione del­la Man­ciu­ria da par­te del Giap­po­ne, ma si tra­sfor­mò in vera e pro­pria guer­ra nel 1937 quan­do quest’ultimo inva­se il nord e l’est del­la Cina. Dopo i pri­mi due anni di con­flit­to, in cui Tokyo otten­ne impor­tan­ti con­qui­ste mili­ta­ri, la guer­ra entrò in una fase di stal­lo: a fron­teg­gia­re l’esercito giap­po­ne­se vi era­no le trup­pe nazio­na­li­ste di Chiang Kai‑shek e quel­le comuniste.
Il gover­no nazio­na­li­sta bor­ghe­se di Chiang Kai‑shek era soste­nu­to finan­zia­ria­men­te dal­la Gran Bre­ta­gna, che ave­va rile­van­ti inte­res­si in Cina. Ma a for­nir­le aiu­ti mili­ta­ri furo­no anche – e per ragio­ni dia­me­tral­men­te oppo­ste – la Ger­ma­nia nazi­sta e l’Urss: la pri­ma, per soste­ne­re la poli­ti­ca anti­co­mu­ni­sta di Chiang; la secon­da, per tene­re impe­gna­to l’Impero del Sol Levan­te nell’invasione scon­giu­ran­do così un con­flit­to in Sibe­ria, ma anche per­ché sobil­lan­do la guer­ra del­la Cina con­tro il Giap­po­ne spe­ra­va di aiu­ta­re indi­ret­ta­men­te il Par­ti­to comu­ni­sta cine­se. Dap­pri­ma, gli Sta­ti Uni­ti for­ni­ro­no aiu­ti mili­ta­ri non uffi­cial­men­te, sol­tan­to sot­to for­ma di mer­ce­na­ri; solo nel 1942 il soste­gno mili­ta­re diven­ne uffi­cia­le, con l’installazione in Cina di diver­se basi.
Nel caso dell’attuale guer­ra in Ucrai­na, la posi­zio­ne assun­ta sul­la que­stio­ne dell’armamento dal Pdac e dal Pcl, mala­men­te uti­liz­zan­do gli scrit­ti di Tro­tsky sul con­flit­to sino‑giapponese, è ciò che mag­gior­men­te ripu­gna per­ché espri­me la loro entu­sia­sti­ca capi­to­la­zio­ne agli impe­ria­li­smi sta­tu­ni­ten­se ed euro­pei: il pri­mo, espres­sa­men­te riven­di­can­do – insie­me alla sua orga­niz­za­zio­ne inter­na­zio­na­le – che le poten­ze occi­den­ta­li invii­no armi all’Ucraina; il secon­do facen­do­lo implicitamente.
Ma, come abbia­mo visto, quel­la in Cina era una “guer­ra giu­sta”, cioè una lot­ta di libe­ra­zio­ne nazio­na­le di un Pae­se semi­co­lo­nia­le inva­so da uno impe­ria­li­sta che inten­de­va colo­niz­zar­lo del tutto.
Ave­va ragio­ne Tro­tsky nel con­si­de­ra­re “pro­gres­si­va” la guer­ra di indi­pen­den­za cine­se? È lo straor­di­na­rio svi­lup­po del­la Cina dagli anni 30 del seco­lo scor­so ad oggi a dire che Tro­tsky ave­va per­fet­ta­men­te ragio­ne: dai cir­ca 3 milio­ni di ope­rai indu­stria­li del 1930 si è avu­to dap­pri­ma un len­to svi­lup­po (anche per il carat­te­re prin­ci­pal­men­te agri­co­lo del­la Cina del dopo­guer­ra) che ha comun­que innal­za­to sino a 14 milio­ni il nume­ro di ope­rai indu­stria­li nel 1970. Infi­ne, nel perio­do che va dal 1970 al 2010 la Cina è sta­ta la nazio­ne che ha cono­sciu­to lo svi­lup­po del­le for­ze pro­dut­ti­ve più ele­va­to tra tut­te le poten­ze mon­dia­li, rag­giun­gen­do il nume­ro di ben 69 milio­ni di ope­rai indu­stria­li (+384% rispet­to al 1970)[22].
Nega­va for­se Tro­tsky che vi fos­se una con­te­sa impe­ria­li­sti­ca mon­dia­le negli anni 30 del Nove­cen­to? Asso­lu­ta­men­te no. Tro­tsky era per­fet­ta­men­te con­scio dell’inasprimento del­la con­te­sa impe­ria­li­sta e del­la ine­lut­ta­bi­le ten­den­za, da par­te del­le poten­ze impe­ria­li­sti­che che si era­no scon­tra­te duran­te la Pri­ma guer­ra mon­dia­le, a una nuo­va con­te­sa bel­li­ca. Il fat­to che la guer­ra sino‑giapponese sia avve­nu­ta qual­che anno pri­ma del­la Secon­da guer­ra mon­dia­le è un det­ta­glio asso­lu­ta­men­te irri­le­van­te. Pur rien­tran­do nel­la con­te­sa impe­ria­li­sti­ca mon­dia­le, come tut­to quel­lo che si veri­fi­ca sul nostro pia­ne­ta a par­ti­re dagli ini­zi del Nove­cen­to quan­do il capi­ta­li­smo entra nel­la sua “fase supre­ma” di impe­ria­li­smo, la guer­ra sino‑giapponese coin­vol­ge­va uno Sta­to nazio­na­le in via di for­ma­zio­ne con straor­di­na­rie pos­si­bi­li­tà di svi­lup­po del­le for­ze pro­dut­ti­ve. Esat­ta­men­te come era acca­du­to negli anni 60 dell’Ottocento duran­te le guer­re prus­sia­ne. Nono­stan­te Chiang Kai‑shek fos­se un diri­gen­te bor­ghe­se san­gui­na­rio (e fu pro­prio Tro­tsky a denun­cia­re la capi­to­la­zio­ne del­lo sta­li­ni­smo alla bor­ghe­sia capeg­gia­ta dal Kuo­min­tang), la lot­ta di uni­fi­ca­zio­ne e indi­pen­den­za nazio­na­le del­la Cina ave­va cioè un carat­te­re pro­gres­si­vo. E per­ché, Bismarck era for­se un mar­xi­sta rivo­lu­zio­na­rio? Il con­flit­to sino‑giapponese, par­te del­la più ampia con­te­sa impe­ria­li­sti­ca mon­dia­le, se vin­to dal­la Cina, avreb­be difat­ti con­sen­ti­to l’unificazione del pro­le­ta­ria­to cine­se su sca­la nazio­na­le e la distru­zio­ne di tut­ti i resi­dui rap­por­ti feu­da­li di pro­prie­tà esi­sten­ti allo­ra in Cina. Nel­la let­te­ra a Rive­ra scri­ve difat­ti Tro­tsky: «La vit­to­ria del Giap­po­ne signi­fi­che­reb­be la schia­vi­tù del­la Cina, la fine del suo svi­lup­po eco­no­mi­co e socia­le, e un enor­me raf­for­za­men­to dell’imperialismo giap­po­ne­se». La scon­fit­ta dell’Ucraina signi­fi­che­reb­be for­se oggi la fine del suo svi­lup­po eco­no­mi­co? Nien­te affat­to. Lo svi­lup­po eco­no­mi­co dell’Ucraina è già sostan­zial­men­te fini­to (e non da oggi), poi­ché l’Ucraina, così come la Gre­cia (solo per fare un esem­pio attua­le par­ti­co­lar­men­te noto) e tut­ti gli altri Pae­si dipen­den­ti dall’imperialismo, sono rigi­da­men­te assog­get­ta­ti alla divi­sio­ne inter­na­zio­na­le del lavo­ro impo­sta dall’attuale spar­ti­zio­ne impe­ria­li­sta del pia­ne­ta. E il fat­to che non esi­sta­no ulte­rio­ri signi­fi­ca­ti­vi svi­lup­pi del­le for­ze pro­dut­ti­ve nel­la gran par­te degli Sta­ti nazio­na­li mon­dia­li, Ucrai­na inclu­sa, lo si desu­me dall’analisi dell’economia mon­dia­le, che con­du­ce tut­ti i prin­ci­pa­li eco­no­mi­sti mar­xi­sti ad affer­ma­re che l’economia capi­ta­li­sti­ca si sia avvi­ta­ta in una cri­si strut­tu­ra­le da alme­no quin­di­ci anni[23].
Non si veri­fi­che­rà dun­que alcu­no svi­lup­po del­le for­ze pro­dut­ti­ve in Ucrai­na se vin­ce­rà Zelens’kyj, sem­pli­ce­men­te per­ché, attra­ver­so il finan­zia­men­to del debi­to, l’Ucraina è tenu­ta al guin­za­glio dal Fmi e dal­la Bce, esat­ta­men­te come la Gre­cia e tut­ti gli Sta­ti assog­get­ta­ti all’imperialismo. Dun­que l’Ucraina potrà cono­sce­re un ulte­rio­re (e armo­ni­co) svi­lup­po del­le sue for­ze pro­dut­ti­ve solo nel qua­dro di una rivo­lu­zio­ne socia­li­sta mon­dia­le. Ecco per­ché l’Ucraina, non aven­do alcu­na fun­zio­ne pro­gres­si­va come Sta­to nazio­na­le, rien­tra in que­gli Sta­ti nazio­na­li che Tro­tsky pro­po­ne­va di rade­re al suolo.

… quel­la in Ucrai­na, inve­ce, è una pro­xy war
E inve­ce il con­flit­to che si svol­ge oggi in Ucrai­na solo appa­ren­te­men­te vede con­fron­tar­si quest’ultima e la Rus­sia. Come infat­ti abbia­mo ampia­men­te dimo­stra­to negli arti­co­li richia­ma­ti alla nota 1, il Pae­se aggre­di­to è sol­tan­to il ter­re­no di scon­tro fra la Rus­sia e il bloc­co Usa‑Nato‑Ue. La guer­ra che si sta com­bat­ten­do – han­no voglia di negar­lo i nostri scri­bi e ama­nuen­si! – è una guer­ra inte­rim­pe­ria­li­sta per pro­cu­ra, una pro­xy war[24], e non c’è nes­su­na lot­ta per l’indipendenza, nes­su­na guer­ra di libe­ra­zio­ne nazio­na­le da soste­ne­re riven­di­can­do l’invio di armi.
Inol­tre, uno degli aspet­ti che pro­du­ce le mag­gio­ri per­ples­si­tà nel­la let­tu­ra dei docu­men­ti degli epi­go­ni di Tro­tsky è la loro costan­te sot­to­va­lu­ta­zio­ne del ruo­lo cri­mi­na­le degli Sta­ti Uni­ti nell’accelerazione del con­flit­to attua­le. Nel­le ana­li­si degli epi­go­ni l’enfasi è esclu­si­va­men­te rivol­ta alla pre­sun­ta mega­lo­ma­nia di Putin (inte­ri arti­co­li sono dedi­ca­ti allo scio­vi­ni­smo grande‑russo, che cer­to è solo una del­le com­po­nen­ti di un qua­dro mol­to più com­ples­so), tra­la­scian­do pun­tual­men­te le tren­ten­na­li pro­vo­ca­zio­ni con­dot­te dal­le diver­se ammi­ni­stra­zio­ni ame­ri­ca­ne nell’est euro­peo e l’annessione, nel­la sfe­ra di influen­za dell’imperialismo atlan­ti­co, di Sta­ti che era­no poli­ti­ca­men­te ed eco­no­mi­ca­men­te lega­ti all’Urss sino al 1991. A dif­fe­ren­za dei suoi epi­go­ni, al con­tra­rio, Tro­tsky, qua­si in manie­ra pro­fe­ti­ca, già nel 1924 indi­vi­dua­va, con una pre­ci­sio­ne chi­rur­gi­ca quel­le che sareb­be­ro sta­te le prin­ci­pa­li diret­tri­ci di svi­lup­po dell’imperialismo mon­dia­le. Arri­van­do a pro­no­sti­ca­re, già da allo­ra, il futu­ro ruo­lo di domi­na­to­re dell’ordine mon­dia­le degli Sta­ti Uni­ti d’America.
Scri­ve Trotsky:

«Che cosa vuo­le il capi­ta­le ame­ri­ca­no? A cosa ten­de? Esso cer­ca, si dice, la sta­bi­li­tà. Vuo­le rista­bi­li­re il mer­ca­to euro­peo nel suo inte­res­se, vuo­le resti­tui­re all’Europa la sua capa­ci­tà di acqui­sto. In che modo? Con qua­li limi­ta­zio­ni? In real­tà, il capi­ta­le ame­ri­ca­no non può voler­si crea­re un con­cor­ren­te nell’Europa. Esso non può ammet­te­re che l’Inghilterra e, a mag­gior ragio­ne, la Ger­ma­nia e la Fran­cia, recu­pe­ri­no i loro mer­ca­ti mon­dia­li, per­ché esso stes­so vi sta stret­to, poi­ché espor­ta pro­dot­to ed espor­ta se stes­so. Esso mira al domi­nio del mon­do, vuo­le instau­ra­re la supre­ma­zia dell’America sul nostro pia­ne­ta. Che cosa deve fare ver­so l’Europa? Deve paci­fi­car­la, dice. Come? Sot­to la sua ege­mo­nia. Che cosa signi­fi­ca? Che esso deve per­met­te­re all’Europa di risol­le­var­si, ma entro limi­ti ben deter­mi­na­ti, accor­dar­le set­to­ri deter­mi­na­ti, ristret­ti del mer­ca­to mon­dia­le. Il capi­ta­le ame­ri­ca­no ora coman­da ai diplo­ma­ti­ci. Si pre­pa­ra a coman­da­re anche alle ban­che e ai tru­st euro­pei, a tut­ta la bor­ghe­sia euro­pea. A que­sto ten­de»[25].

Già nel 1924, dun­que, Tro­tsky com­pren­de che di lì a bre­ve saran­no gli Sta­ti Uni­ti ad assur­ge­re al ruo­lo di domi­na­to­ri del pia­ne­ta e ad impor­re le loro rego­le per il man­te­ni­men­to dell’ordine mon­dia­le. Ma non solo. Nel­lo stes­so arti­co­lo egli scor­ge la futu­ra e prin­ci­pa­le meta degli inte­res­si stra­te­gi­ci degli Usa: la Cina. Scri­ve difat­ti: «Gli Sta­ti Uni­ti sono atti­ra­ti prin­ci­pal­men­te dal­la Cina, che ha una popo­la­zio­ne di 400 milio­ni di abi­tan­ti e incal­co­la­bi­li ric­chez­ze. Attra­ver­so il cana­le di Pana­ma, la loro indu­stria si apre una via ver­so l’Occidente che con­sen­te di rispar­mia­re parec­chie miglia­ia di chi­lo­me­tri»[26]. In pra­ti­ca, già nel 1924, il gran­de rivo­lu­zio­na­rio ave­va indi­vi­dua­to il prin­ci­pa­le obiet­ti­vo – cioè la Cina – dei futu­ri inte­res­si stra­te­gi­ci degli Sta­ti Uniti.

Sul tema dell’armamento
A pro­po­si­to del­la riven­di­ca­zio­ne dell’armamento per l’Ucraina, a par­te la più vol­te richia­ma­ta dif­fe­ren­za con la situa­zio­ne del con­flit­to sino‑giapponese, occor­re osser­va­re che non fu casua­le l’adozione, da par­te del Comi­ta­to Ese­cu­ti­vo del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le di una riso­lu­zio­ne sull’intervento degli Sta­ti Uni­ti in Cina[27], la qua­le ripro­po­ne­va i prin­ci­pi gene­ra­li che deb­bo­no gui­da­re i mar­xi­sti di fron­te a una guer­ra impe­ria­li­sta con­tro un Pae­se colo­nia­le o semi­co­lo­nia­le. Det­ta riso­lu­zio­ne pre­sen­ta alcu­ne impor­tan­ti pre­ci­sa­zio­ni che dovreb­be­ro far ver­go­gna­re i nostri scri­bi e ama­nuen­si di ave­re solo pen­sa­to di giu­stap­por­re il con­flit­to sino‑giapponese all’attuale guer­ra in Ucrai­na. Ci pia­ce, per­ciò, ripor­tar­ne alcu­ni signi­fi­ca­ti­vi passaggi:

«La bor­ghe­sia nazio­na­le […] non può con­dur­re una lot­ta vit­to­rio­sa con­tro una sola poten­za impe­ria­li­sta, il Giap­po­ne, per cui nep­pu­re può lot­ta­re coe­ren­te­men­te per libe­ra­re la Cina dal­la domi­na­zio­ne stra­nie­ra. La sua lot­ta con­tro una poten­za impe­ria­li­sta non fa altro che dislo­car­la nell’orbita di un’altra poten­za. […] Il fat­to che oggi Chiang Kai‑shek si veda obbli­ga­to a svol­ta­re sem­pre più ver­so l’imperialismo nor­da­me­ri­ca­no (e bri­tan­ni­co), pre­pa­ran­do così una nuo­va oppres­sio­ne per la Cina, è la con­se­guen­za diret­ta del timo­re da par­te del­la bor­ghe­sia nazio­na­le rispet­to al pro­prio popo­lo e del­la sua inca­pa­ci­tà di mobi­li­ta­re le for­ze rivo­lu­zio­na­rie del­la nazio­ne con­tro l’invasore giap­po­ne­se. […] Washing­ton pro­get­ta di vin­ce­re in guer­ra con­tro il Giap­po­ne, espel­le­re gli impe­ria­li­sti giap­po­ne­si dal­la Cina ed eser­ci­ta­re la sua sovra­ni­tà sul popo­lo cine­se. I pre­pa­ra­ti­vi in que­sta dire­zio­ne van­no riscon­tra­ti […] nel cre­scen­te “aiu­to” con­ces­so a Chiang Kai‑shek sot­to for­ma di pre­sti­ti e for­ni­tu­re mili­ta­ri. Anche se si rico­no­sces­se la neces­si­tà del­la Cina di accet­ta­re l’aiuto mate­ria­le nor­da­me­ri­ca­no nel­la guer­ra con­tro il Giap­po­ne, i rivo­lu­zio­na­ri non pos­so­no igno­ra­re il peri­co­lo che ciò nascon­de. Deb­bo­no com­bat­te­re l’idea che l’imperialismo nor­da­me­ri­ca­no agi­sce per magna­ni­mi­tà ver­so la Cina e spie­ga­re alle ampie mas­se il vero moti­vo di quest’aiuto, cioè la pre­pa­ra­zio­ne di una nuo­va schia­vi­tù per doma­ni. Se gli impe­ria­li­sti “ami­ci” pre­ten­do­no che il loro aiu­to ven­ga paga­to con dirit­ti eco­no­mi­ci pre­fe­ren­zia­li, con­ces­sio­ni, basi mili­ta­ri, ecc., i rivo­lu­zio­na­ri deb­bo­no oppor­si a que­ste tran­sa­zio­ni che, in ulti­ma istan­za, signi­fi­che­ran­no per la Cina la sosti­tu­zio­ne di un impe­ria­li­smo con un altro pagan­do que­sto cam­bio col san­gue del­le mas­se cine­si. Se la bor­ghe­sia por­ta a ter­mi­ne que­ste tran­sa­zio­ni, i rivo­lu­zio­na­ri devo­no denun­ciar­le come un tra­di­men­to alla lot­ta del­la Cina per la sua eman­ci­pa­zio­ne».

Rite­nia­mo che que­sto approc­cio, e soprat­tut­to quest’ultima affer­ma­zio­ne, sia­no pro­fon­da­men­te diver­si dal­la richie­sta al gover­no ita­lia­no di for­ni­re arma­men­ti effi­ca­ci alla bor­ghe­sia ucrai­na capeg­gia­ta da Zelens’kyj, for­mu­la­ta dal prin­ci­pa­le diri­gen­te del Pdac in un video su You­tu­be. Per­si­no in una guer­ra pro­gres­si­va, come era quel­la del­la Cina, i rivo­lu­zio­na­ri rifiu­ta­va­no ogni soste­gno dell’imperialismo che potes­se rap­pre­sen­ta­re un pegno per il futu­ro. In Ucrai­na, dove non vi è alcu­na guer­ra pro­gres­si­va, la pro­spet­ti­va di un ingres­so nel­la Ue e nel­la Nato, espli­ci­ta­ta più vol­te dai gover­ni impe­ria­li­sti e da Zelens’kyj in dichia­ra­zio­ni pub­bli­che e con l’appoggio dei tro­tski­sti ita­lia­ni, indi­ca al con­tra­rio il desti­no già segna­to dell’Ucraina alla fine di una even­tua­le guer­ra vit­to­rio­sa: l’annessione defi­ni­ti­va all’imperialismo atlantico.

Cor­po di avia­to­ri sta­tu­ni­ten­si deno­mi­na­to “Fly­ing Tigers” che ope­rò fra il 1941 e il 1942 nel­la guer­ra sino-giapponese

E, pur pro­nun­cian­do­si – coe­ren­te­men­te con i prin­ci­pi del mar­xi­smo rivo­lu­zio­na­rio – per la dife­sa mili­ta­re del­la Cina «nono­stan­te e con­tro la bor­ghe­sia cine­se», la riso­lu­zio­ne prosegue:

«I rivo­lu­zio­na­ri deb­bo­no spie­ga­re alle mas­se cine­si che l’alleanza del­la loro bor­ghe­sia nazio­na­le con l’imperialismo nor­da­me­ri­ca­no è l’inevitabile con­se­guen­za del­la dire­zio­ne rea­zio­na­ria data da Chiang Kai‑shek alla guer­ra con­tro il Giap­po­ne; deb­bo­no spie­ga­re che la scon­fit­ta di ogni movi­men­to indi­pen­den­te a favo­re di rifor­me socia­li e, quin­di, l’alleanza con Washing­ton sono due aspet­ti del­la stes­sa poli­ti­ca. […] Alla poli­ti­ca rea­zio­na­ria di Chiang Kai‑shek oppor­ran­no il pro­gram­ma di una guer­ra rivo­lu­zio­na­ria basa­ta su dra­sti­ci cam­bia­men­ti socia­li (ter­ra ai con­ta­di­ni, con­trol­lo ope­ra­io del­la pro­du­zio­ne, ecc.)».

Sfi­dia­mo chiun­que a cer­ca­re nel­le dichia­ra­zio­ni del Pdac e del Pcl – ripe­tia­mo, sem­pre con­si­de­ran­do l’enorme dif­fe­ren­za tra la Cina di allo­ra e l’Ucraina di oggi – un qual­sia­si rife­ri­men­to a una poli­ti­ca mili­ta­re rivo­lu­zio­na­ria come quel­la descrit­ta in que­sta riso­lu­zio­ne. Ovvia­men­te, la ricer­ca sareb­be sen­za esi­to, per­ché die­tro qual­che fra­se di cir­co­stan­za le due orga­niz­za­zio­ni sono schiac­cia­te sul­le posi­zio­ni degli impe­ria­li­smi occi­den­ta­li di cui sono ormai diven­ta­te gli alfie­ri “di sinistra”.
E, pro­se­gue la risoluzione:

«Se l’esercito cine­se si mostra inca­pa­ce, per­fi­no con un aiu­to nor­da­me­ri­ca­no di gran lun­ga aumen­ta­to, di espel­le­re rapi­da­men­te l’invasore giap­po­ne­se, gli impe­ria­li­sti nor­da­me­ri­ca­ni cer­che­ran­no di sbar­ca­re con le loro trup­pe in Cina impos­ses­san­do­si del­la sua lot­ta con­tro il Giap­po­ne, crean­do un coman­do uni­co sot­to il pro­prio con­trol­lo. Il dove­re dei rivo­lu­zio­na­ri cine­si sarà di oppor­si alla subor­di­na­zio­ne del­le ope­ra­zio­ni mili­ta­ri cine­si alla stra­te­gia e agli obiet­ti­vi mili­ta­ri dell’imperialismo nor­da­me­ri­ca­no. Inol­tre, la Cina non ha biso­gno di brac­cia sup­ple­men­ta­ri per cac­cia­re l’invasore giap­po­ne­se. Con­se­guen­te­men­te, i rivo­lu­zio­na­ri cine­si deb­bo­no con­dan­na­re lo sbar­co di for­ze arma­te nor­da­me­ri­ca­ne in Cina in quan­to impre­sa pura­men­te impe­ria­li­sta e deb­bo­no mobi­li­ta­re le mas­se cine­si per oppor­vi­si. In que­sta lot­ta devo­no rice­ve­re l’appoggio dei rivo­lu­zio­na­ri negli Usa, i qua­li dovran­no oppor­si con for­za all’invio di for­ze arma­te nor­da­me­ri­ca­ne in Cina esi­gen­do il riti­ro di quel­le che già vi si tro­vi­no. Se saran­no invia­te for­ze arma­te nor­da­me­ri­ca­ne, i rivo­lu­zio­na­ri dovran­no sfor­zar­si di uni­re i sol­da­ti cine­si e nor­da­me­ri­ca­ni con­tro gli impe­ria­li­sti rea­zio­na­ri e i loro allea­ti bor­ghe­si cine­si».

Quan­ta e qua­le dif­fe­ren­za con gli attua­li sbia­di­ti epi­go­ni, ormai pas­sa­ti sul car­ro dell’imperialismo!

Le con­di­zio­ni per una vera poli­ti­ca mili­ta­re rivoluzionaria
C’è un ulte­rio­re aspet­to che dimen­ti­ca­no o tac­cio­no gli epi­go­ni di Tro­tsky. Nei casi in cui non esi­sta un par­ti­to ope­ra­io con influen­za di mas­sa (come inve­ce esi­ste­va in Cina all’epoca del­la guer­ra sino‑giapponese) i mar­xi­sti, come spie­ga­va Engels in una let­te­ra a Tura­ti del 26 gen­na­io 1894, han­no come impe­ra­ti­vo mora­le cate­go­ri­co quel­lo di evi­ta­re rigo­ro­sa­men­te di man­da­re i pro­le­ta­ri a mori­re nel­le guer­re tra bri­gan­ti bor­ghe­si. Indi­ca­re al pro­le­ta­ria­to ucrai­no, che ad oggi non ha una sua orga­niz­za­zio­ne indi­pen­den­te in gra­do di diri­ge­re le lot­te ope­ra­ie, la stra­da del soste­gno alla bor­ghe­sia impe­ria­li­sta, tra­sfor­ma gli epi­go­ni di Tro­tsky in spre­ge­vo­li avven­tu­ri­sti, mol­to simi­li a que­gli anar­chi­ci che, gui­da­ti da quell’“asino” di Baku­nin (secon­do una defi­ni­zio­ne di Marx) anda­va­no pro­vo­can­do insur­re­zio­ni arti­fi­cia­li in giro per la Fran­cia, subi­to dopo la scon­fit­ta di Napo­leo­ne nel­la guer­ra franco‑prussiana.
Va infat­ti rimar­ca­to che la poli­ti­ca mili­ta­re rivo­lu­zio­na­ria ela­bo­ra­ta per la Cina di allo­ra si basa­va sul­la pre­sen­za al fron­te di un Par­ti­to comu­ni­sta di mas­sa, ben inse­dia­to nel pro­le­ta­ria­to e con trup­pe arma­te a con­tra­sta­re sia l’esercito giap­po­ne­se che quel­lo nazio­na­li­sta bor­ghe­se di Chiang Kai‑shek. Dove sareb­be­ro a que­sto riguar­do le coin­ci­den­ze con l’Ucraina del XXI secolo?
Né va dimen­ti­ca­to che, come segna­la­va la riso­lu­zio­ne adot­ta­ta al Con­gres­so di fon­da­zio­ne del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le[28], «un soste­gno rivo­lu­zio­na­rio alla lot­ta del­la Cina non signi­fi­ca … che i rivo­lu­zio­na­ri deb­ba­no for­ni­re una coper­tu­ra al fal­li­to regi­me del Kuo­min­tang e alla bor­ghe­sia cine­se. E nep­pu­re signi­fi­ca fare appel­lo ai gover­ni “demo­cra­ti­ci” impe­ria­li­sti affin­ché inter­ven­ga­no con­tro il Giap­po­ne e sal­vi­no la Cina, né tam­po­co pre­sta­re aiu­to a que­sti gover­ni se essi inter­ven­go­no con­tro il Giap­po­ne e nel cor­so di quest’intervento. Que­sta è la linea di con­dot­ta dei tra­di­to­ri sta­li­ni­sti».
Mai avreb­be­ro imma­gi­na­to i fon­da­to­ri del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le che, poco più di ottant’anni dopo, colo­ro che vor­reb­be­ro rifon­dar­la avreb­be­ro fat­to pro­prio il con­tra­rio di quan­to pre­scrit­to in que­sta risoluzione.


Note

[1] Ad esem­pio, in quel­li rac­col­ti in que­sta sezio­ne; e, in par­ti­co­la­re, in que­sto.
[2] In real­tà, que­sto testo (del 23 set­tem­bre 1937) è sta­to pub­bli­ca­to nel­le ope­re di Tro­tsky in fran­ce­se con il tito­lo “Les ultra‑gauchistes et la guer­re en Chi­ne” (Œuvres, vol. 15, Insti­tut Léon Tro­tsky, 1983, pp. 67 e ss.) e con­si­ste in una let­te­ra che Tro­tsky scris­se in fran­ce­se al pit­to­re mes­si­ca­no Die­go Rivera.
[3] “Japon et Chi­ne”, 30 luglio 1937, in Œuvres, cit., vol. 14, pp. 216‑217.
[4] “Les ultra‑gauchistes et la guer­re en Chi­ne”, cit., p. 68.
[5] Ma di un teso­ro che in real­tà non esi­ste, appun­to per­ché la map­pa fa par­te solo di un gioco.
[6] Ne abbia­mo par­la­to in quest’articolo.
[7] Si pen­si, ad esem­pio, agli scrit­ti “Discus­sion sur la que­stion chi­noi­se”, 11 ago­sto 1937; “La lut­te con­tre la guer­re, 25 set­tem­bre 1937; “Répon­se a des que­stions”, 1° otto­bre 1937 (tut­ti in Œuvres, cit., 1979, vol. 14, pp. 260 e ss.; vol. 15, pp. 75 e ss.; pp. 115 e ss.). Ma già in pre­ce­den­za egli si era pro­nun­cia­to negli stes­si ter­mi­ni (“La rivo­lu­zio­ne cine­se e le tesi del com­pa­gno Sta­lin”, 7 mag­gio 1927, in I pro­ble­mi del­la rivo­lu­zio­ne cine­se e altri scrit­ti su que­stio­ni inter­na­zio­na­li (1924‑1940), Einau­di edi­to­re, 1970, pp. 121 e ss.; “Pro­get­to di pro­gram­ma dell’Internazionale comu­ni­sta”, cap. III, “Bilan­cio e pro­spet­ti­ve del­la rivo­lu­zio­ne cine­se”, giu­gno 1928, in La Ter­za Inter­na­zio­na­le dopo Lenin, Sch­warz edi­to­re, 1957, pp. 183 e ss.).
[8] Un ragio­na­men­to che Tro­tsky svi­lup­pò, ad esem­pio, nel caso dell’aggressione mili­ta­re del fasci­smo ita­lia­no all’Etiopia gover­na­ta da Hai­lé Selas­sié, evi­den­zian­do il carat­te­re antim­pe­ria­li­sta del­la lot­ta arma­ta del Pae­se aggre­di­to e dichia­ran­do­si a favo­re del­la vit­to­ria mili­ta­re dell’Etiopia sull’Italia, quest’ultima non in quan­to fasci­sta ma per­ché impe­ria­li­sta (“Le con­flit italo‑éthiopien”, 17 luglio 1935, in Œuvres, cit., 1979, vol. 6, p. 51); e che ripro­po­se, sia pure in via ipo­te­ti­ca, nel caso in cui l’Inghilterra “demo­cra­ti­ca” aves­se inva­so il Bra­si­le semi­fa­sci­sta di Var­gas (“Guer­re nazio­na­li e guer­re impe­ria­li­ste”, 23 set­tem­bre 1938, in I pro­ble­mi del­la Rivo­lu­zio­ne cine­se, cit., p. 590).
[9] «Par­tia­mo da una pre­mes­sa: neu­tra­li­tà è un con­cet­to mol­to diver­so da quel­lo del disfat­ti­smo bila­te­ra­le, che comun­que non rite­nia­mo cor­ret­to nel caso, come que­sto, di un’aggressione di una Gran­de Poten­za con­tro un Pae­se dipen­den­te, nei fat­ti semi‑coloniale» (“Una guer­ra di libe­ra­zio­ne nazio­na­le con­tro tut­ti”, 29 giu­gno 2022). Ana­lo­ga carat­te­riz­za­zio­ne si rica­va da “Lenin e l’U­crai­na. La que­stio­ne nazio­na­le e la guer­ra”, 20 mar­zo 2022.
[10] V.I. Lenin, L’imperialismo, fase supre­ma del capi­ta­li­smo, Edi­zio­ni La Cit­tà del Sole, 2001, p. 101.
[11] L. Tro­tsky, “Rivo­lu­zio­ne e guer­ra in Cina”, 5 feb­bra­io 1938, Qua­der­ni del Cen­tro Stu­di Pie­tro Tres­so, n. 18, apri­le 1990, p. 17.
[12] H.R. Sonn­tag, “Hacia una teo­ría polí­ti­ca del capi­ta­li­smo peri­fé­ri­co”, in Pro­ble­mas del Desar­rol­lo, vol. 5, n. 19, agosto‑ottobre 1974, p. 33.
[13] Peral­tro, nell’articolo “Una guer­ra di libe­ra­zio­ne nazio­na­le con­tro tut­ti”, cita­to nel­la pre­ce­den­te nota 9, si aggiun­ge ulte­rio­re con­fu­sio­ne col soste­ne­re che l’Ucraina sareb­be, al con­tem­po, sia un Pae­se dipen­den­te che semi­co­lo­nia­le. Per quan­to soste­ne­va Lenin, come abbia­mo appe­na dimo­stra­to, ciò è impos­si­bi­le per­ché l’una carat­te­ri­sti­ca esclu­de l’altra. Ora, noi non sia­mo soli­ti invo­ca­re il “prin­ci­pio di auto­ri­tà”, secon­do il qua­le “lo ha det­to Lenin”, ma ci limi­tia­mo a dichia­rar­ci di d’accordo con lui. Se inve­ce l’autore dell’articolo ora richia­ma­to è con­vin­to che un Pae­se pos­sa esse­re allo stes­so tem­po sia dipen­den­te che semi­co­lo­nia­le, non gli resta che dimo­strar­lo con soli­di argomenti!
[14] È uti­le, al riguar­do, la rifles­sio­ne del noto eco­no­mi­sta mar­xi­sta Michael Roberts nel testo “Ukrai­ne: the inva­sion of capi­tal”, 13 ago­sto 2022, The Next Reces­sion, a cui rinviamo.
[15] V.I. Lenin, “Intor­no a una cari­ca­tu­ra del mar­xi­smo e all’«economismo impe­ria­li­sti­co»”, Ope­re, vol. 23, Edi­zio­ni Lot­ta comu­ni­sta, 2002, p. 57.
[16] V.I. Lenin, “Il socia­li­smo e la guer­ra”, Ope­re, vol. 21, Edi­zio­ni Lot­ta comu­ni­sta, 2002, p. 57.
[17] B. Niko­lae­v­skij, O. Maenchen‑Helfen, Karl Marx. La vita e l’opera, Giu­lio Einau­di Edi­to­re, 1969, p. 340.
[18] V.I. Lenin, “Pre­fa­zio­ne alla tra­du­zio­ne rus­sa del­le let­te­re di Marx a Kugel­mann”, 1907, in K. Marx, La guer­ra civi­le in Fran­cia, 1871, Edi­zio­ni Lot­ta comu­ni­sta, 2007, p. 124.
[19] L. Tro­tsky, “La guer­re et la IVe Inter­na­tio­na­le”, 10 giu­gno 1934, Œuvres, vol. 4, Insti­tut Léon Tro­tsky, p 55.
[20] Ivi, p. 57.
[21] “Réso­lu­tion sur la lut­te des clas­ses et la Guer­re en Extrê­me Orient”, set­tem­bre 1938 (Con­gres­so di fon­da­zio­ne del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le), R. Pra­ger (a cura di), Les con­grès de la Qua­triè­me Inter­na­tio­na­le, vol. 1, Édi­tions La Bré­che, 1978, p. 254.
[22] “Indu­strial Deve­lo­p­ment Report 2013”, UNIDO, 2013.
[23] M. Roberts, “Will glo­bal infla­tion sub­si­de?”, The Next Reces­sion, 21 ago­sto 2022.
[24] Si veda anche “Nuo­vi arma­men­ti e adde­stra­men­to Usa‑Nato per un’Ucraina poten­za mili­ta­re”, Remo­Con­tro, 29 ago­sto 2022. Ancor più signi­fi­ca­ti­va­men­te, il Wall Street Jour­nal (24 ago­sto 1922) rife­ri­sce che Washing­ton, a ripro­va del fat­to che que­sta è la sua guer­ra, ha deci­so di “dare un nome” alla mis­sio­ne mili­ta­re in Ucrai­na come fu per quel­le ben note in Iraq e Afgha­ni­stan (Endu­ring Free­dom e Freedom’s Sentinel).
[25] L. Tro­tsky, “Le pro­spet­ti­ve dell’evoluzione mon­dia­le”, 28 luglio 1924, Euro­pa e Ame­ri­ca, Celuc Libri, 1980, p. 43.
[26] Ivi, p. 40.
[27] “Réso­lu­tion: L’intervention amé­ri­cai­ne en Chi­ne”, 31 mar­zo 1941, R. Pra­ger (a cura di), Les con­grès de la Qua­triè­me Inter­na­tio­na­le, cit., vol. 2, pp. 44 e ss.
[28] “Réso­lu­tion sur la lut­te des clas­ses et la Guer­re en Extrê­me Orient”, cit., p. 276.