Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Guerra in Ucraina, Imperialismo e guerre imperialiste

La Francia tutta vestita a festa e senza un posto dove andare

In que­ste set­ti­ma­ne, la noti­zia che tie­ne più ban­co riguar­do alla guer­ra in Ucrai­na è quel­la secon­do cui il pre­si­den­te fran­ce­se, Emma­nuel Macron, si è dichia­ra­to dispo­ni­bi­le ad invia­re trup­pe nel­la zona di guer­ra. Fra una sten­to­rea dichia­ra­zio­ne, un’am­mis­sio­ne a mez­za voce e una smen­ti­ta, è indub­bio che – se così fos­se – il con­flit­to vivreb­be un’e­sca­la­tion ver­so sce­na­ri del tut­to imprevedibili.
Nel­l’at­te­sa che gli even­ti si faran­no più chia­ri, esa­mi­nia­mo le dina­mi­che che han­no spin­to Macron in que­sta dire­zio­ne. E lo fac­cia­mo attra­ver­so il note­vo­le arti­co­lo di M.K. Bha­dra­ku­mar, che pre­sen­tia­mo ai nostri let­to­ri tra­dot­to in italiano.
Buo­na lettura.
La redazione

La Francia tutta vestita a festa e senza un posto dove andare

 

M.K. Bha­dra­ku­mar [*]

 

Sin dal­la sua igno­mi­nio­sa scon­fit­ta nel­le guer­re napo­leo­ni­che, la Fran­cia è rima­sta intrap­po­la­ta nel­le con­di­zio­ni di un Pae­se stret­to tra gran­di poten­ze. Dopo la Secon­da guer­ra mon­dia­le, la Fran­cia ha affron­ta­to que­sta situa­zio­ne for­man­do un asse con la Ger­ma­nia in Europa.
Incap­pa­ta in una situa­zio­ne simi­le, la Gran Bre­ta­gna si è adat­ta­ta a un ruo­lo subal­ter­no, sfrut­tan­do il pote­re ame­ri­ca­no a livel­lo glo­ba­le, ma la Fran­cia non ha mai rinun­cia­to a cer­ca­re di ricon­qui­sta­re la glo­ria di poten­za glo­ba­le. E con­ti­nua a esse­re un pro­get­to in corso.
L’angoscia dei fran­ce­si è com­pren­si­bi­le, poi­ché cin­que seco­li di domi­nio occi­den­ta­le sull’ordine mon­dia­le stan­no per fini­re. Que­sta situa­zio­ne con­dan­na la Fran­cia a una diplo­ma­zia in costan­te sta­to di ani­ma­zio­ne sospe­sa, inter­val­la­ta da improv­vi­si slan­ci di attivismo.
Tut­ta­via, affin­ché l’attivismo sia orien­ta­to ai risul­ta­ti, sono neces­sa­ri alcu­ni pre­re­qui­si­ti, come la pre­pa­ra­zio­ne di grup­pi di atti­vi­sti che la pen­sa­no allo stes­so modo, la lea­der­ship e gli asso­cia­ti, i soste­ni­to­ri e i sim­pa­tiz­zan­ti; e, soprat­tut­to, il soste­gno e la logi­sti­ca. Altri­men­ti, l’attivismo diven­ta simi­le a un attac­co epi­let­ti­co, un’afflizione incu­ra­bi­le del siste­ma nervoso.
I tem­pi feli­ci del­la diplo­ma­zia inter­na­zio­na­le del pre­si­den­te fran­ce­se Emma­nuel Macron sono fini­ti con la recen­te dis­so­lu­zio­ne dell’asse franco‑tedesco in Euro­pa, che risa­li­va ai Trat­ta­ti di Roma del 1957. Men­tre Ber­li­no è pas­sa­ta al tran­sa­tlan­ti­smo come dog­ma di poli­ti­ca este­ra, il peso del­la Fran­cia è dimi­nui­to negli affa­ri europei.
La posta in gio­co è alta nell’incon­tro di ricon­ci­lia­zio­ne di vener­dì, quan­do Macron si reche­rà a Ber­li­no per incon­tra­re il Can­cel­lie­re Olaf Scholz[1], che non solo lo ha snob­ba­to esclu­den­do l’uso di trup­pe di ter­ra dei Pae­si euro­pei nel­la guer­ra in Ucrai­na, ma si è anche impun­ta­to sul­la que­stio­ne dei mis­si­li Tau­rus soste­nen­do che ciò com­por­te­reb­be l’assegnazione di per­so­na­le tede­sco a soste­gno dell’Ucraina, cosa che, ha annun­cia­to mer­co­le­dì al Bun­de­stag, è sem­pli­ce­men­te «fuo­ri que­stio­ne» fin­ché rimar­rà Cancelliere.
Natu­ral­men­te, con que­sto non si vuo­le nega­re il note­vo­le intui­to di Macron, come quan­do alla fine del 2019 dichia­rò in una schiet­ta inter­vi­sta alla rivi­sta Eco­no­mi­st che l’Europa si tro­va­va «sull’orlo di un pre­ci­pi­zio» e dove­va ini­zia­re a pen­sa­re a se stes­sa in modo stra­te­gi­co come poten­za geo­po­li­ti­ca, per evi­ta­re di «non ave­re più il con­trol­lo del nostro desti­no». L’osservazione pre­veg­gen­te di Macron ha pre­ce­du­to di tre anni la guer­ra in Ucraina.
Secon­do il quo­ti­dia­no Marian­ne, che ha inter­vi­sta­to diver­si sol­da­ti fran­ce­si, i mili­ta­ri riten­go­no che la guer­ra in Ucrai­na sia già irri­me­dia­bil­men­te per­sa. Marian­ne ha cita­to un alto uffi­cia­le fran­ce­se che ha affer­ma­to in modo deri­so­rio: «Non dob­bia­mo com­met­te­re erro­ri di fron­te ai rus­si: sia­mo un eser­ci­to di majo­ret­te» e l’invio di trup­pe fran­ce­si sul fron­te ucrai­no sareb­be sem­pli­ce­men­te «irra­gio­ne­vo­le». All’Eliseo, un ano­ni­mo con­si­glie­re ha soste­nu­to che Macron «ha volu­to invia­re un segna­le for­te … (con) paro­le mil­li­me­tri­che e cali­bra­te».
Nata­cha Polo­ny, redat­tri­ce di Marian­ne, ha scrit­to: «Non si trat­ta più di Emma­nuel Macron o del­le sue pose da pic­co­lo lea­der viri­le. Non si trat­ta più nem­me­no del­la Fran­cia o del suo inde­bo­li­men­to a cau­sa di éli­te cie­che e irre­spon­sa­bi­li. Si trat­ta di sape­re se accet­te­re­mo col­let­ti­va­men­te di entra­re in guer­ra a occhi chiu­si. Una guer­ra che nes­su­no può affer­ma­re che sarà con­trol­la­ta o con­te­nu­ta. Si trat­ta di capi­re se accet­te­re­mo di man­da­re i nostri figli a mori­re per­ché gli Sta­ti Uni­ti han­no insi­sti­to per instal­la­re basi ai con­fi­ni del­la Rus­sia».
La gran­de doman­da che dob­bia­mo por­ci è per­ché Macron stia comun­que facen­do que­sto, arri­van­do a met­te­re insie­me una “coa­li­zio­ne di volen­te­ro­si” in Euro­pa. Sono pos­si­bi­li diver­se spie­ga­zio­ni, a par­ti­re dal fat­to che Macron si sta atteg­gian­do e sta cer­can­do di gua­da­gna­re posi­zio­ni poli­ti­che a costi mini­mi, moti­va­to da ambi­zio­ni per­so­na­li e da attri­ti intraeu­ro­pei con Berlino.
Ma fino a poco tem­po fa Macron era un soste­ni­to­re del dia­lo­go con Mosca. La per­ce­zio­ne nel­la mag­gior par­te del­le capi­ta­li euro­pee, com­pre­sa Mosca, è che Macron stia ten­tan­do di por­ta­re la cri­si ucrai­na a un nuo­vo livel­lo, annun­cian­do pub­bli­ca­men­te il dispie­ga­men­to di for­ze occi­den­ta­li con­tro la Rus­sia come un’evidente mani­po­la­zio­ne politica.
Le con­se­guen­ze geo­po­li­ti­che sono che Macron – che non mol­to tem­po fa ave­va sol­le­ci­ta­to il dia­lo­go con Mosca e offer­to la sua media­zio­ne, che ave­va fat­to la famo­sa dichia­ra­zio­ne di una “Gran­de Euro­pa” nel 2019 e ave­va man­te­nu­to con­tat­ti con il pre­si­den­te rus­so Vla­di­mir Putin; che nel feb­bra­io del­lo scor­so anno, par­lan­do del­la “scon­fit­ta cer­ta” del­la Rus­sia in Ucrai­na, ave­va chie­sto di evi­ta­re la “umi­lia­zio­ne” di Mosca; che ha ripe­tu­ta­men­te sot­to­li­nea­to il suo impe­gno nel qua­dro del­la matri­ce diplo­ma­ti­ca attri­bui­ta a Char­les de Gaul­le, che asse­gna­va alla Fran­cia il ruo­lo di “pon­te tra Orien­te e Occi­den­te” – è ora pas­sa­to all’altro estre­mo del­la dura reto­ri­ca euro‑atlantica.
Que­sta scon­cer­tan­te incoe­ren­za può esse­re inter­pre­ta­ta solo come il risul­ta­to del­lo svi­lup­po sfa­vo­re­vo­le degli even­ti nel­lo sce­na­rio del­la cri­si ucrai­na, con la pro­spet­ti­va sem­pre più remo­ta di una scon­fit­ta rus­sa in guer­ra e che è sta­ta ormai sosti­tui­ta dal­la cre­scen­te pos­si­bi­li­tà che la pace sia in ulti­ma ana­li­si rag­giun­gi­bi­le solo alle con­di­zio­ni del­la Rus­sia. In altre paro­le, la dina­mi­ca del pote­re in Euro­pa sta cam­bian­do radi­cal­men­te, il che, ovvia­men­te, ha un impat­to sul­le ambi­zio­ni di Macron di “gui­da­re l’Europa”.
Nel frat­tem­po, anche le rela­zio­ni russo‑francesi han­no attra­ver­sa­to una fase di for­te com­pe­ti­zio­ne e riva­li­tà – per­si­no di scon­tro – in diver­si ambi­ti. Per comin­cia­re, il mini­stro degli Este­ri fran­ce­se, Ste­pha­ne Sejour­net, ha dichia­ra­to in un’intervista rila­scia­ta nel gen­na­io scor­so a Le Pari­sien che la vit­to­ria del­la Rus­sia in Ucrai­na avreb­be por­ta­to al con­trol­lo del 30% del­le espor­ta­zio­ni mon­dia­li di gra­no da par­te di Mosca. Per Pari­gi, si trat­ta di una que­stio­ne di soste­ni­bi­li­tà di uno dei set­to­ri chia­ve dell’economia nazio­na­le francese.
L’agricoltura fran­ce­se è carat­te­riz­za­ta da una sto­ria che ha avu­to il suo ini­zio con i Gal­li nel 2000 a.C. Nel­la sto­ria moder­na, la Rivo­lu­zio­ne fran­ce­se del 1789, che ha modi­fi­ca­to ogni aspet­to dell’ordine socia­le fran­ce­se e ha por­ta­to all’abolizione dei pri­vi­le­gi del­le clas­si supe­rio­ri, è sta­ta anche una rivo­lu­zio­ne agri­co­la, che ha per­mes­so un’ampia redi­stri­bu­zio­ne del­le ter­re. Basti pen­sa­re che il lega­me dei fran­ce­si con l’agricoltura è mol­to forte.
Attual­men­te, gli Sta­ti afri­ca­ni stan­no modi­fi­can­do la strut­tu­ra del­le impor­ta­zio­ni di cerea­li a cau­sa dei rego­la­men­ti tec­ni­ci intro­dot­ti dall’Unione Euro­pea nell’ambito del­la sua agen­da ver­de e gli agri­col­to­ri fran­ce­si si tro­va­no di con­se­guen­za ad affron­ta­re un aumen­to dei costi e, oltre a que­sto, c’è ora anche l’incombente per­di­ta di quo­te di mer­ca­to regio­na­le a favo­re del­la Russia.
Ciò si aggiun­ge alla pene­tra­zio­ne nel con­ti­nen­te afri­ca­no del­la Rus­sia nel set­to­re del­le espor­ta­zio­ni di armi. Anche dal pun­to di vista politico‑militare, la Fran­cia ha per­so ter­re­no nei con­fron­ti del­la Rus­sia nel­la regio­ne del Sahel, ric­ca di risor­se e tra­di­zio­nal­men­te sua ex colo­nia. Il fat­to è che le con­se­guen­ze del­le stra­te­gie neo­co­lo­nia­li del­la Fran­cia in Afri­ca si stan­no facen­do sen­ti­re, ma Pari­gi pre­fe­ri­sce dare la col­pa al grup­po Wag­ner del­la Rus­sia che si è mos­so per riem­pi­re il vuo­to di sicu­rez­za nel­la regio­ne del Sahel, dato che le for­ze anti­fran­ce­si sono sali­te al pote­re in diver­si Pae­si con­tem­po­ra­nea­men­te: in Mali, Niger, Bur­ki­na Faso, Ciad, Repub­bli­ca Centroafricana.
Nel­la miglio­re tra­di­zio­ne del­la geo­po­li­ti­ca, la Fran­cia ha ini­zia­to a rea­gi­re in regio­ni sen­si­bi­li agli inte­res­si rus­si – Arme­nia, Mol­da­via e Ucrai­na – dove la pre­sen­za mili­ta­re rus­sa è nel miri­no fran­ce­se. Non sor­pren­de che l’Ucraina sia il ter­ri­to­rio più stra­te­gi­co dove Macron spe­ra di otte­ne­re una mag­gio­re pre­sen­za del­la Francia.
In que­sto modo, Macron inten­de pro­muo­ve­re le sue ambi­zio­ni di lea­der­ship in Euro­pa come gui­da del­la stra­te­gia di poli­ti­ca este­ra dell’UE in un ampio arco che va dal con­ti­nen­te afri­ca­no attra­ver­so il Medi­ter­ra­neo alla Trans­cau­ca­sia, e poten­zial­men­te fino all’Afghanistan.
Tut­to que­sto si svol­ge sul­lo sfon­do sto­ri­co di un ine­vi­ta­bi­le ridi­men­sio­na­men­to degli Sta­ti Uni­ti in Euro­pa, men­tre l’Indo‑Pacifico si scal­da e la riva­li­tà con la Cina diven­ta una pre­oc­cu­pa­zio­ne tota­liz­zan­te per Washing­ton. In effet­ti, paral­le­la­men­te, la pre­sen­za impo­nen­te del­la Rus­sia in Euro­pa, in quan­to poten­za mili­ta­re ed eco­no­mi­ca nume­ro uno nel­lo spa­zio stra­te­gi­co tra Van­cou­ver e Vla­di­vo­stok, comin­cia a far­si sen­ti­re intensamente.
Oggi, il para­dos­so è che l’ex pre­si­den­te rus­so Dmi­trij Med­ve­dev ave­va pro­po­sto già nel 2008 un trat­ta­to di sicu­rez­za paneu­ro­peo giu­ri­di­ca­men­te vin­co­lan­te, fina­liz­za­to a svi­lup­pa­re una nuo­va archi­tet­tu­ra di sicu­rez­za in Euro­pa, attra­ver­so il qua­le rior­ga­niz­za­re le isti­tu­zio­ni e le nor­me esi­sten­ti e crea­re nuo­ve isti­tu­zio­ni e nor­me per rego­la­re le rela­zio­ni di sicu­rez­za in Euro­pa in un più ampio spa­zio geo­po­li­ti­co che si esten­de a est “da Van­cou­ver a Vla­di­vo­stok”. Ma, ahi­mè, gli Sta­ti Uni­ti han­no inco­rag­gia­to gli euro­pei a vede­re la cosid­det­ta “Ini­zia­ti­va Med­ve­dev” come una trap­po­la per inde­bo­li­re la NATO, l’OSCE, l’UE e altri orga­ni­smi euro­pei, e a rifiu­ta­re que­sta eccel­len­te idea che avreb­be anco­ra­to sal­da­men­te l’era post‑guerra fred­da a un’architettura di sicu­rez­za vincolante.


Note
[1] L’incontro fra Scholz, Tusk e Macron si è svol­to a Ber­li­no il 15 mar­zo scor­so (N.d.T.).

 

[*] Ex diplo­ma­ti­co di car­rie­ra, ha svol­to inca­ri­chi nell’ex Unio­ne Sovie­ti­ca, in Paki­stan, Iran, Afgha­ni­stan, non­ché Corea del Sud, Sri Lan­ka, Ger­ma­nia e Tur­chia. Attual­men­te scri­ve ana­li­si sul­la poli­ti­ca este­ra india­na e sui temi che riguar­da­no Medio Orien­te, Eura­sia, Asia cen­tra­le, Asia meri­dio­na­le e Asia‑Pacifico.