Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Crisi greca, Politica internazionale: Europa

Un cappio come cravatta

Pub­bli­chia­mo oggi l’interessante ana­li­si di Anto­nis Nta­va­nel­los [diri­gen­te dell’organizzazione gre­ca Sini­stra Ope­ra­ia Inter­na­zio­na­li­sta (DEA), che, dopo aver rot­to con Syri­za, costi­tuì insie­me ad altre ten­den­ze la coa­li­zio­ne Uni­tà Popo­la­re (LEA)] sull’accordo che il pri­mo mini­stro elle­ni­co, Tsi­pras, ha recen­te­men­te con­clu­so con l’Eurogruppo.
Nono­stan­te le dif­fe­ren­ze che ci divi­do­no da que­sta piat­ta­for­ma del­la sini­stra gre­ca, rite­nia­mo uti­le pro­por­re, nel­la tra­du­zio­ne dal fran­ce­se del testo ori­gi­na­le a cura di Vale­rio Tor­re, l’approfondito esa­me da par­te di Nta­va­nel­los dell’accordo: un’analisi che soprat­tut­to smen­ti­sce la pro­pa­gan­di­sti­ca let­tu­ra che ne dà la sini­stra rifor­mi­sta (in Ita­lia, Rifon­da­zio­ne comu­ni­sta), secon­do cui gra­zie all’in­te­sa rag­giun­ta la Troi­ka sareb­be ormai fuo­ri dal­la Gre­cia, che per­ciò avreb­be recu­pe­ra­to la pro­pria sovranità.
Buo­na lettura.
La redazione

Un cappio come cravatta

L’accordo Tsipras‑Eurogruppo sul debi­to greco


Anto­nis Ntavanellos

 

Ale­xis Tsi­pras ave­va pro­mes­so ai suoi omo­lo­ghi di cam­bia­re sti­le e indos­sa­re una cra­vat­ta quan­do si fos­se risol­to il pro­ble­ma del debi­to e l’economia gre­ca fos­se usci­ta dal­le bar­ba­re poli­ti­che dei memo­ran­dum appli­ca­ti sot­to la super­vi­sio­ne del­la Troi­ka dei creditori.
Infat­ti, duran­te la pre­sen­ta­zio­ne pub­bli­ca svol­ta­si allo Zap­peion (il monu­men­to sito nei Giar­di­ni nazio­na­li di Ate­ne, nel cen­tro del­la capi­ta­le gre­ca) dell’accordo dell’ultima riu­nio­ne dell’Eurogruppo in Lus­sem­bur­go (rag­giun­to nel­la not­te fra il 21 e il 22 giu­gno scor­si), il pri­mo mini­stro gre­co … indos­sa­va una cra­vat­ta! È sta­to il ten­ta­ti­vo di sot­to­li­nea­re il “mes­sag­gio” del gover­no Syriza‑Anel, secon­do cui le poli­ti­che mes­se in cam­po dopo il 2015 – e cioè, quel­le di amplia­men­to e appro­fon­di­men­to del rigo­re dei memo­ran­dum ini­zia­ti nel 2010 – avreb­be­ro di fat­to rap­pre­sen­ta­to una sor­ta di suc­cess sto­ry, gra­zie alla qua­le il Pae­se sareb­be ormai usci­to dall’epoca dei tan­to odia­ti memorandum.
Que­sto ten­ta­ti­vo di lan­cia­re una poli­ti­ca comu­ni­ca­ti­va con­vin­cen­te è con­dan­na­to al fal­li­men­to, dato che è enor­me­men­te lon­ta­no dal­la real­tà. Die­tro la dema­go­gia del­la pre­sun­ta “fine dei memo­ran­dum” fa capo­li­no la veri­tà dell’inderogabile impe­gno di con­ti­nua­re le poli­ti­che dei memo­ran­dum per un perio­do dal­la dura­ta inim­ma­gi­na­bi­le, di fat­to per tut­ta un’epoca storica.
L’accordo di quest’Eurogruppo è sta­to al di sot­to del­le aspet­ta­ti­ve del­la squa­dra di Tsi­pras. La “pro­po­sta fran­ce­se” – avan­za­ta da un Macron non trop­po “radi­ca­le” e con­si­sten­te nel vin­co­la­re il paga­men­to del debi­to alla cre­sci­ta del Pil, ricor­ren­te a “mec­ca­ni­smi” che avreb­be­ro dovu­to ridur­re le rate del paga­men­to in fun­zio­ne del­lo svi­lup­po del­la situa­zio­ne eco­no­mi­ca – è sta­ta taci­ta­men­te abbandonata.
In pra­ti­ca, la deci­sio­ne potreb­be esse­re rias­sun­ta nel “pro­lun­ga­men­to” del­le sca­den­ze di un solo ter­zo del debi­to (cioè, i 96 miliar­di di euro di pre­sti­ti del Fon­do Sal­va Sta­ti nel qua­dro del secon­do memo­ran­dum) e la crea­zio­ne di una riser­va di liqui­di­tà (cash buf­fer) che dovreb­be per­met­te­re ai gover­ni futu­ri di copri­re i loro obbli­ghi di rim­bor­so, se lo sban­die­ra­to ritor­no del­la Gre­cia sui mer­ca­ti finan­zia­ri doves­se in ulti­ma ana­li­si rive­lar­si impossibile.
La deci­sio­ne è model­la­ta sul­le esi­gen­ze dei cre­di­to­ri e dell’Ue.

Da sini­stra: Bru­no Le Mai­re, Jeroen Dijs­sel­bloem e Euclid Tsa­ka­lo­tos, mini­stri del­le Finan­ze rispet­ti­va­men­te di Fran­cia, Olan­da e Grecia

Da un lato, per­met­te loro di dichia­ra­re che ormai «nes­sun Pae­se euro­peo si tro­va sot­to un memo­ran­dum», ten­tan­do così di raf­for­za­re l’immagine di coe­sio­ne del­lo spa­zio eco­no­mi­co euro­peo in vista del pos­si­bi­le accen­tuar­si dei con­flit­ti aper­ti dal­la poli­ti­ca pro­te­zio­ni­sta e di guer­ra com­mer­cia­le avvia­ta da Trump.
Dall’altro lato, pro­teg­ge con­cre­ta­men­te e nel lun­go perio­do i loro interessi.
La crea­zio­ne di una riser­va di liqui­di­tà, che è sta­ta con­si­de­ra­ta neces­sa­ria, è fon­da­ta sul cal­co­lo che i pia­ni di Tsipras‑Tsakalotos, di ritor­na­re in bre­ve tem­po sui mer­ca­ti finan­zia­ri, sono frut­to di una sovra­sti­ma del tut­to esagerata.
Qual­che set­ti­ma­na pri­ma, in segui­to all’episodio del­la cri­si ita­lia­na, il tas­so d’interesse a die­ci anni dei tito­li del debi­to gre­co ha rag­giun­to il 4,84% (appros­si­ma­ti­va­men­te, lo stes­so livel­lo di pri­ma dell’insolvenza che aprì la stra­da al memo­ran­dum del 2010‑2011). Dopo la dichia­ra­zio­ne del­la deci­sio­ne dell’Eurogruppo, ha subi­to una leg­ge­ra infles­sio­ne fino al 4,14%, cioè un livel­lo anco­ra proibitivo,
Il “perio­do di gra­zia” di die­ci anni (fino al 2032, e non 2022) sen­za paga­men­to degli inte­res­si e del capi­ta­le di 96 miliar­di di euro del Fon­do Sal­va Sta­ti – ciò che cer­ta­men­te non rap­pre­sen­ta un rega­lo, dal momen­to che aggiun­ge un decen­nio di red­di­ti­zi inte­res­si per i cre­di­to­ri – deve faci­li­ta­re il rim­bor­so del­la restan­te par­te del debi­to, e impli­ca al con­tem­po una nuo­va tap­pa del­le cri­si del debi­to gre­co: nel 2032 (inve­ce del 2022, con la super­vi­sio­ne che ne consegue).
Come ha soste­nu­to un gior­na­le del siste­ma, To Vima (La Tri­bu­na), che attri­bui­sce que­sto giu­di­zio ad ano­ni­mi “esper­ti”: «L’accordo è inge­gno­so. I tede­schi non han­no con­ces­so gran­ché alla Gre­cia, solo ciò che era stret­ta­men­te neces­sa­rio per far usci­re il Pae­se dal­la zona di peri­co­lo a medio ter­mi­ne. Avre­mo nuo­va­men­te biso­gno di loro nel 2032 se non ci sarà un rapi­do rilan­cio dell’economia».
In cam­bio, il gover­no di Tsi­pras ha “cedu­to” sui seguen­ti punti:

  1. L’impegno che tut­te le leg­gi pro­mul­ga­te nel qua­dro dei memo­ran­dum, le rifor­me e le con­tro­ri­for­me di tut­to il perio­do di otto anni dal­la cri­si reste­ran­no in vigo­re sen­za la ben­ché mini­ma modi­fi­ca, nean­che secon­da­ria, anche dopo la sup­po­sta fine dei memo­ran­dum. Ciò che Tsi­pras qua­li­fi­ca come usci­ta dai memo­ran­dum rap­pre­sen­ta nei fat­ti la tra­sfor­ma­zio­ne del­le con­tro­ri­for­me neo­li­be­ra­li con­te­nu­te nei memo­ran­dum 1, 2 e 3 in misu­re per­ma­nen­ti per decenni!
  2. L’impegno di assu­me­re misu­re aggiun­ti­ve di estre­mo rigo­re, che con­si­sto­no: nel­la ridu­zio­ne del­le pen­sio­ni già pre­vi­sta per il 2019; nell’aumento del­le impo­ste paga­te soprat­tut­to dal­le clas­si lavo­ra­tri­ci; nel­la sop­pres­sio­ne del limi­te di red­di­to non impo­ni­bi­le a par­ti­re dal 2020; nell’aumento dell’imposta sugli immo­bi­li (Enfia) attra­ver­so la modi­fi­ca dei valo­ri obiet­ti­vi del­le ren­di­te cata­sta­li; nel­la demo­li­zio­ne del­la pro­te­zio­ne socia­le, com­pre­sa quel­la di base, attra­ver­so la ridu­zio­ne del­le pre­sta­zio­ni di pre­vi­den­za nel 2018; e anco­ra, nel pro­gram­ma galop­pan­te di pri­va­tiz­za­zio­ni che riguar­da non solo l’impresa sta­ta­le di elet­tri­ci­tà (Dei), ma anche il siste­ma di distri­bu­zio­ne dell’acqua ad Ate­ne e Salo­nic­co, non­ché tut­te le pro­prie­tà pub­bli­che il cui valo­re immo­bi­lia­re è rite­nu­to rea­liz­za­bi­le sul mer­ca­to immobiliare.
  3. L’impegno di ina­spri­re la futu­ra poli­ti­ca eco­no­mi­ca e socia­le nel­lo spa­zio estre­ma­men­te ristret­to pre­vi­sto dall’accordo sugli avan­zi pri­ma­ri di bilan­cio (pri­ma del paga­men­to degli inte­res­si del debi­to): ciò che con­ti­nue­rà costan­te­men­te a spin­ge­re sem­pre più la socie­tà nel­la bar­ba­rie neo­li­be­ra­le. L’accordo pre­ve­de che la Gre­cia dovrà rag­giun­ge­re un avan­zo cor­ri­spon­den­te al 3,5% del suo pro­dot­to inter­no lor­do fino al 2022, poi del 2,2% in media per i 37 anni suc­ces­si­vi, cioè fino al 2060!

Anche gli eco­no­mi­sti che han­no sem­pre soste­nu­to i memo­ran­dum nota­no che nes­sun Pae­se al mon­do nel­la sto­ria dell’economia ha mai pun­ta­to a rag­giun­ge­re degli avan­zi di simi­le por­ta­ta per un perio­do così lungo.
Eppu­re, Tsi­pras non se ne pre­oc­cu­pa, ben­ché l’esperienza gre­ca degli ulti­mi otto anni dimo­stri che que­sti avan­zi sono sta­ti paga­ti col san­gue dei lavo­ra­to­ri e del­le clas­si popo­la­ri più pove­re. I cre­di­to­ri se ne pre­oc­cu­pa­no ancor meno, poi­ché l’accordo dell’Eurogruppo met­te in moto un dra­co­nia­no mec­ca­ni­smo di sor­ve­glian­za e garan­zia degli avan­zi: veri­fi­che tri­me­stra­li, rap­por­ti di con­for­mi­tà, mec­ca­ni­smi che pre­ve­do­no l’adozione di misu­re aggiun­ti­ve per il caso che gli obiet­ti­vi di bilan­cio non fos­se­ro rag­giun­ti. Si direb­be un quar­to memo­ran­dum … dopo la fine del terzo.
Come abbia­mo in pre­ce­den­za segna­la­to, lo svol­gi­men­to “nor­ma­le” di quest’accordo pre­sup­po­ne un pas­sag­gio più o meno rapi­do dell’economia gre­ca ver­so uno sta­to di cre­sci­ta per­pe­tua. All’occorrenza, l’accordo pre­ve­de gli sta­di suc­ces­si­vi del dra­sti­co inter­ven­to dei cre­di­to­ri, pri­ma nel 2022 e poi, ancor più pesan­te­men­te, nel 2032.
Inol­tre, Chri­sti­ne Lagar­de (Fmi) e Mario Dra­ghi (Bce) han­no dichia­ra­to che quest’accordo è con­si­de­ra­to soste­ni­bi­le a medio ter­mi­ne, fino al 2032 (dun­que, c’è anco­ra un las­so tem­po­ra­le in cui la Gre­cia può con­ti­nua­re ad esse­re sfrut­ta­ta), ma il debi­to gre­co con­ti­nua a non esse­re soste­ni­bi­le a lun­go termine.
Per­ciò, è più pro­ba­bi­le che il pro­ble­ma si por­rà più pre­sto, poi­ché l’accordo non con­tem­pla le pre­vi­sio­ni sul­la cre­sci­ta dell’economia gre­ca e non la age­vo­la affatto.
L’impegno di gene­ra­re avan­zi cor­ri­spon­den­ti al 3,5% del Pil signi­fi­ca che gli inve­sti­men­ti pub­bli­ci (il tra­di­zio­na­le stru­men­to di “cre­sci­ta” del capi­ta­li­smo gre­co) non saran­no aumen­ta­ti. Anzi, saran­no anco­ra ridot­ti. Per con­tro, lo sta­to mag­gio­re di Tsi­pras già pro­met­te inve­sti­men­ti pri­va­ti e sot­to­li­nea che il gover­no non rispar­mie­rà sfor­zi per age­vo­lar­li. Ora, nono­stan­te la distru­zio­ne dei sala­ri e dei dirit­ti dei lavo­ra­to­ri, gli inve­sti­men­ti ad ope­ra dei capi­ta­li­sti gre­ci resta­no al livel­lo del 30% (!) rispet­to agli inve­sti­men­ti pre‑crisi. Nikos Chri­sto­dou­la­kis, mini­stro social­de­mo­cra­ti­co all’epoca del gover­no di Kostan­ti­nos Simi­tis (pri­mo mini­stro del Pasok dal 1996 al 2004) par­la di una «man­can­za di inve­sti­men­ti nell’ordine di 100 miliar­di oggi in Gre­cia», e pro­po­ne di ridur­re gli avan­zi pri­ma­ri all’1,5% del Pil, affin­ché la rima­nen­te par­te del­le risor­se fisca­li pos­sa esse­re indi­riz­za­ta ver­so «inve­sti­men­ti nel­la pro­du­zio­ne», ciò che potreb­be soste­ne­re la pos­si­bi­li­tà di una cre­sci­ta eco­no­mi­ca. Ale­xis Tsi­pras impa­re­rà in poco tem­po la ragio­ne del­la sto­ri­ca posi­zio­ne del­la sini­stra, secon­do cui l’unico accor­do soste­ni­bi­le per quan­to riguar­da il debi­to con­si­ste nel ripu­diar­lo e cancellarlo.
Dal pun­to di vista dei lavo­ra­to­ri e del­le clas­si popo­la­ri, l’accordo di Syri­za con i cre­di­to­ri e la Troi­ka rap­pre­sen­ta una gra­ve minac­cia. Il rico­no­sci­men­to degli inve­sti­men­ti pri­va­ti (nazio­na­li e inter­na­zio­na­li) come uni­ca spe­ran­za per il pro­gres­so socia­le con­du­ce all’assoluto assog­get­ta­men­to agli appe­ti­ti del capi­ta­le. I sala­ri, le pen­sio­ni, le spe­se socia­li, la legi­sla­zio­ne del lavo­ro, la pro­te­zio­ne dell’ambiente, gli spa­zi pub­bli­ci, i dirit­ti socia­li in gene­ra­le, saran­no mes­si sot­to pres­sio­ne e ancor più mes­si in discus­sio­ne. I “sacri­fi­ci” richie­sti saran­no bar­ba­ra­men­te accre­sciu­ti e il risul­ta­to sarà ancor più incer­to rispet­to al pri­mo memo­ran­dum (che pre­ve­de­va l’uscita dal­la cri­si nel … 2012!).

Mani­fe­sta­zio­ne con­tro la Troika

Una simi­le poli­ti­ca potrà esse­re con­tra­sta­ta da una sola rispo­sta di peso: l’organizzazione di ampie lotte.
Con­tro que­sta poli­ti­ca, Nuo­va Demo­cra­zia (di Kyria­kos Mitso­ta­kis) e l’estrema destra (Alba Dora­ta), che han­no cer­ca­to di costrui­re un movi­men­to nazio­na­li­sta di mas­sa sul tema del­la Mace­do­nia, mani­fe­sta­no ora un com­por­ta­men­to piut­to­sto debo­le. Con­dan­na­no le “mos­se sba­glia­te” di Tsi­pras, cer­ca­no di appro­fit­ta­re del mal­con­ten­to popo­la­re ver­so le misu­re pia­ni­fi­ca­te. Però sono mol­to cau­ti nel met­te­re da par­te il noc­cio­lo del­le poli­ti­che pre­vi­ste dall’accordo. Per la destra, la voce del capi­ta­le è pur sem­pre “la voce di Dio”.
In que­ste nuo­ve con­di­zio­ni, il peso del­la resi­sten­za e dell’inversione di rot­ta rica­de anco­ra sul­la sini­stra radicale.