Trattandosi del più importante processo di lotta che attualmente si sta sviluppando in Europa, torniamo ancora una volta sulla protesta dei “Gilet gialli”. E lo facciamo pubblicando tradotto in italiano l’editoriale che uscirà sul prossimo numero della rivista Convergences Révolutionnaires (n. 123, dicembre 2018), attualmente in stampa, che gentilmente la Fraction L’Étincelle – tendenza interna del Nouveau Parti Anticapitaliste – ci ha concesso in anteprima.
Buona lettura.
La redazione
Siamo tutti “Gilet gialli”!
Fraction L’Étincelle – Npa (3 dicembre 2018)
Le centinaia di migliaia di “Gilet gialli” che da quasi un mese hanno fatto la loro comparsa, ricoprendo l’intera Francia con i loro fluorescenti lampi di speranza e riuscendo, sabato 1° dicembre, ad abbellire il noioso Arc de Triomphe con il rabbioso slogan “I Gilet gialli trionferanno”, hanno lasciato allibiti tutti gli organi costituzionali del Paese.
Scioccata e paralizzata la presidenza della Repubblica. Stordito e confuso il governo. Agitati e disarmati i deputati e senatori … E non parliamo delle forze dell’ordine, dei prefetti, dei notabili delle più grandi città, seguiti a ruota dai padroni del trasporto su strada, della ristorazione o del commercio che lamentano i danni (benché indennizzati dalle assicurazioni), ma soprattutto i mancati colossali profitti previsti per queste prossime festività!
Per una volta è a loro, quelli più ricchi, che Babbo Natale porterà cenere e carbone. I più poveri, la grande massa dei Gilet gialli precari, sottopagati, ragazze madri, disoccupati, pensionati e giovani in difficoltà, hanno già detto di non crederci più: quasi nessun giocattolo o dolcetto per loro stessi e per i loro figli. Ed è da questo che è nata la loro ribellione, che sta diventando una rivolta sociale. La scintilla dell’aumento dei prezzi dei carburanti ha incendiato i serbatoi di pazienza e non solo i serbatoi delle auto dei quartieri‑bene parigini. La classe popolare e operaia – va detto – non è affatto scontenta che brucino quelle auto!
L’incendio è divampato e probabilmente non è prossimo a spegnersi: è grave, e non soltanto inedito o eterogeneo come molti amano descriverlo, supportati in ciò da dotti studi sociologici.
Eterogeneo … certamente
I cortei sono silenziosi, oppure cantano la Marsigliese che le partite di calcio – molto più che gli zelanti professori – hanno riportato in auge; qui e là si sventola il tricolore per le stesse ragioni. Ma se dei ferrovieri o altri salariati in lotta si mescolano ai cortei e intonano l’Internazionale, o scandiscono slogan contro il carovita, per l’aumento dei salari, le reazioni non sono affatto ostili, anzi, benché venga espressa una sana prevenzione contro ogni riabilitazione dei sindacati e dei partiti. Negli ultimi tempi, questi Gilet gialli ne hanno davvero passate troppe, grazie ai giochi di prestigio delle grandi organizzazioni politiche e delle direzioni sindacali. Inoltre, e contrariamente ai timori della piccola borghesia beneducata delle grandi città, l’estrema destra muscolare non prende l’iniziativa, se non per scontrarsi con la polizia: cosa molto più facile a farsi piuttosto che mettersi contro centinaia di migliaia di proletari infuriati. Da notare, peraltro, che anche le barricate degli Champs-Élysées o di altri centro città sono la conseguenza e l’espressione della rabbia degli stessi Gilet gialli. Quando la classe operaia si arrabbia, è radicale. Sì, quando si semina la miseria, si raccoglie la tempesta …
L’appello di Édouard Philippe ai partiti
Sfilano proprio tutti, il 3 dicembre, a Matignon[1]. Che bel quadretto di famiglia! Il Rassemblement National di Marine Le Pen facendo mostra di tutta la prudenza che si addice al suo tanto atteso rango di futuro chiamato alle più alte funzioni della Repubblica … e sperando di trarre da questo movimento qualche vantaggio elettorale! Le elezioni europee non sono poi lontane. Wauquiez[2] lo stesso … Idem per Mélenchon che, anche lui, non si aspetta altro che vantaggi elettorali.
Ne è prova il fatto che tutti quanti si limitano ad avanzare a Macron null’altro che proposte istituzionali: un referendum qui, lo scioglimento del parlamento o nuove elezioni politiche col proporzionale là, in poche parole tutto ciò che potrebbe portare a una nuova consultazione elettorale da cui essi si aspettano un miglior piazzamento … per fare a loro volta la politica dei padroni, la stessa di Macron ma al posto di Macron! Ma tutti non fanno altro che parlare di “uscita dalla crisi”. Vorrebbero tanto fungere da estintore di un incendio sociale che non fa parte della loro cultura. Le urne, sicuramente, ma non le piazze, non i blocchi stradali e men che meno lo sciopero generale che potrebbe venirne fuori!
“Macron dimissioni” … ma non solo!
Certo, i Gilet gialli urlano “Macron démission!”, è il loro slogan preferito. Ma alla maggioranza non interessano affatto le combine istituzionali, né nuove elezioni, già da tempo snobbate.
Macron simboleggia la politica a favore dei ricchi e dei padroni che i Gilet gialli respingono: ne è la dimostrazione l’assai lunga lista delle loro rivendicazioni. Talmente lunga che i governanti e i loro sostenitori fingono di esserne sorpresi. È possibile? È serio volere tutto ciò, tutto e il suo contrario, si inquietano alcuni? Ma sì, è certamente troppo tardi per credere che una semplice moratoria dell’aumento dei prezzi dei carburanti spegnerebbe l’incendio. Siamo forse a un punto che potrebbe annunciare una rivoluzione, a giudicare dall’esistenza e dalla ricchezza della lista di rivendicazioni.
Le burocrazie sindacali vogliono restare rintanate ancora per molto?
Nel concerto dei buoni consiglieri ci sono le confederazioni sindacali. Da settimane moltiplicano gli allarmi contro i Gilet gialli, ripetono che non sono adeguate le loro rivendicazioni (contro il carovita, ci vorrebbe l’aumento dei salari e dei minimi sociali); non sono giuste le loro modalità d’azione (contro il carovita e la stanchezza nei confronti di tutto un sistema, occorrerebbero solo delle ragionevoli sfilate fra Repubblica e Bastiglia per dei buoni negoziati); e, soprattutto, la lotta non avrebbe i capi adatti come sono invece loro, burocrati d’alto rango. Ebbene sì, un movimento si è avviato senza domandare il loro permesso e sta scuotendo l’intero Paese, compresa, per fortuna, la base più cosciente e combattiva del movimento sindacale che ha raggiunto i Gilet gialli ai blocchi stradali e anch’essa ha indossato il gilet! Non sono certamente legioni. E neppure tantissime sono le strutture sindacali che hanno chiaramente dichiarato il loro sostegno.
Martinez, alla testa della Cgt, ha fatto finta di ascoltare e ha parlato di convergenza delle lotte, ma non ha fatto nulla: la manifestazione della Cgt del 1° dicembre a Parigi non si è ricongiunta con i Gilet gialli, nessun chiaro gesto verso di loro è stato fatto da parte di Martinez e del suo staff (e neppure dai dirigenti degli altri sindacati). A quanto pare, in realtà anche loro per ora fanno parte di quegli “organi costituzionali” o “corpi intermedi” scioccati dalla fiammata della rabbia popolare!
Bloccare gli eletti dalla base, complimenti!
Inoltre, questo movimento nasce nel momento in cui si svolgono le prime elezioni per i Cse (Comitati sociali ed economici), nuove istanze di rappresentanza corporativa orchestrate da governo e padronato per allontanare ancor di più gli “eletti” dalla loro base, per ridurne drasticamente il numero, e anche – ma soprattutto – per scivolare sempre più verso la pura “cogestione” con i padroni. E cioè, verso il totale allineamento con i loro desideri. In questo gioco le burocrazie sindacali si sono largamente, se non del tutto, screditate, trasformandosi in giocattoli per chiacchierare e conversare coi padroni e lo Stato. E, ciononostante, continuano su questa strada. Ad oggi, 3 dicembre, la confederazione Cgt ha pubblicato un comunicato contenente alcune rivendicazioni pure giuste, ma senza alcun esplicito riferimento ai Gilet gialli (che non vengono neppure citati), né, a maggior ragione, ai gesti concreti da fare verso di loro. Si tratta della solita lagna e, come al solito, contro «l’assenza di risposte concrete e immediate dal governo e dagli imprenditori, e il loro rifiuto di aprire dei concreti negoziati [che] producono nella popolazione una legittima collera». La Cgt non fa alcun riferimento al successo di sabato 1° dicembre, ma solo alle proprie manifestazioni, tra cui quella di Parigi che ha visto appena duemila presenze, e neppure allude all’annunciata protesta di sabato prossimo. Completamente sorda rispetto al movimento in atto, la Cgt chiama a una manifestazione per venerdì 14 dicembre … ed esige «che la riunione della Commissione nazionale del negoziato collettivo del 14 dicembre sullo Smic[3] e i minimi di settore sia un autentico appuntamento negoziale». Negoziati, negoziati … Quanto agli organismi di Solidaires e ai sindacati Sud[4], nient’altro che mutismo: solo, come la Cgt d’altronde, qualche presa di posizione a livello locale in favore di un’esplicita convergenza con i Gilet gialli.
Nessuno con cui parlare, non è inquietante?
Non c’è da stupirsi se la classe operaia, fortunatamente, ha finito per agire di propria iniziativa. Con le modalità, certamente inedite, di questi Gilet gialli: solo Gilet, senza una direzione a cui il governo possa rivolgersi! Niente più “corpi intermedi”! E il governo, disordinatamente, ne cerca di improbabili nel loro campo. È al suo terzo tentativo. Dapprima otto Gilet gialli che si sono proposti, nominati non si sa da chi, né come, di cui soltanto due si sono mossi per vedere François de Rugy[5] e uscire poi dall’incontro dicendo, con senso dell’umorismo: «Si sono sbagliati di ministro!». Non è di ecologia che volevano parlare, ma di sociale!
Un secondo tentativo con altri due Gilet gialli che hanno accettato l’invito di Édouard Philippe[6], benché uno dei due poi non si sia presentato: un incontro di cui non si è ancora saputo nulla! Infine, adesso, notizia data dal Journal du dimanche, un’assemblea aperta in cui una dozzina di Gilet gialli si sarebbero prudentemente proposti: incontro con Philippe domani, se non fosse che questa delegazione sembra essere contestata. E sì: siccome in molti evocano la Rivoluzione francese del 1789 e ciò che ne seguì, attenti ai “rappresentanti” per un giorno che possono vedersi tagliata la testa il giorno dopo!
Senza offesa per molti commentatori, i Gilet gialli non sono delle “persone che soffrono”, dei poveracci o dei disgraziati! Sono salariati, in lotta e felici di esserlo, che scoprono questa solidarietà tipica delle lotte. E soprattutto sono determinati: malgrado tutta la propaganda vomitata contro i teppisti, sono pronti a scendere di nuovo in piazza per il quarto sabato consecutivo. Decisamente, Macron ha molto di cui preoccuparsi. Soprattutto perché ecco che ora ci si mettono pure gli studenti dei licei! Nel 1968, i lavoratori si congiunsero alle proteste studentesche. Cinquant’anni dopo si verifica il contrario. La repubblica dei ricchi ha qualche motivo per aver paura.
E i rivoluzionari?
I soli a non essere sconvolti da questo movimento sono i rivoluzionari. Certo, questo movimento è atipico, una cosa mai vista. Inquietante, forse, con un’estrema destra che sta in agguato, che non fa mancare qualche capetto qui e là, qualcuno dei quali si è affacciato sulle barricate. Ma in un Paese in cui il Front national ha avuto risultati dal 25 al 30%, anche fra settori popolari e persino operai, è così sorprendente? E quand’anche dei Gilet gialli avessero votato per Le Pen, proprio per rabbia, perché è ciò che essi non avevano mai provato, non possono ora appunto scoprire, in questo movimento, che i notabili di quel partito, al servizio del padronato, non sosterranno la loro lotta fino alla fine benché demagogicamente possano spingersi molto oltre? La lotta, e solo la lotta, è una grande scuola politica. È ciò che ci si può attendere, a condizione di parteciparvi. È lanciandosi senza remore al fianco dei Gilet gialli, per aiutarli se possibile, che l’estrema sinistra, per quanto debole possa essere, può trovare l’aggancio con queste decine di migliaia di nuovi arrivati alla lotta di classe, di cui la classe operaia – la nostra classe – ha bisogno per rinfrancare e ringiovanire i suoi ranghi.
I militanti dell’estrema sinistra devono aumentare i loro contatti con questi lavoratori in lotta, partecipare alle loro azioni. Bisogna agire sotto le bandiere del Nouveau parti anticapitaliste, piuttosto che di Lutte Ouvrière, del sindacato Sud o della Cgt (nemmeno nascondendolo)? Non è la cosa più importante. Bisogna piuttosto dare una connotazione di classe: salariati combattivi, in lotta, per l’unità e – perché no? – per lo sciopero generale contro il carovita. Ciò che vuol dire parlare anche di organizzazione, o più precisamente di autorganizzazione. Poiché sulle barricate e ai blocchi stradali si stanno sviluppando delle discussioni e le assemblee che lì si svolgono stanno affrontando il tema.
Intanto, il movimento è evidentemente in fase ascendente. Siamo alla vigilia della quarta manifestazione. Presi da puro panico, molti implorano Macron di parlare, di dire qualcosa, di negoziare! Per uscire dalla crisi, dall’alto o dal basso! Per uscire dall’impasse! Ma tanto meglio se se ne resta zitto e buono. La parola è ai Gilet gialli, chiamati con la loro lotta e la perseveranza che fino ad oggi hanno mostrato, non solo a non mollare, ma ad amplificare il loro movimento. Dopo questo 1° dicembre che alcuni hanno presentato come l’apocalisse, essi hanno ancora il 72% del Paese a sostenerli.
Note
[1] Residenza ufficiale del Primo ministro del governo francese (Ndt).
[2] Laurent Wauquiez, deputato e presidente del partito dei Repubblicani (Ndt).
[3] Lo Smic è il salario minimo, previsto per legge in Francia (Ndt).
[4] Si tratta di sindacati di base (Ndt).
[5] François de Rugy è il ministro della Transizione ecologica e solidale, settore del governo incaricato di sviluppare le politiche relative alla transizione energetica e allo sviluppo sostenibile (Ndt).
[6] Édouard Philippe è l’attuale primo ministro francese (Ndt).
(Traduzione di Valerio Torre. Tutte le note sono del traduttore)