Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Lotta di classe, Politica nazionale

Il “pifferaio” di Terlizzi

Il “pifferaio” di Terlizzi

La valenza “politica” della condanna di Vendola nel processo Ilva


Vale­rio Torre

 

Ven­ti­due e ven­ti anni di reclu­sio­ne sono sta­ti rispet­ti­va­men­te inflit­ti dal­la Cor­te d’Assise di Taran­to a Fabio e Nico­la Riva, già pro­prie­ta­ri del­la pesti­fe­ra accia­ie­ria Ilva, respon­sa­bi­le del­le mor­ti per tumo­re e dell’inquinamento ambien­ta­le nel­la cit­tà puglie­se. A ven­tu­no anni, inve­ce, è sta­to con­dan­na­to l’ex diret­to­re Lui­gi Capo­gros­so, e a ven­tu­no anni e sei mesi l’ingegnere Giro­la­mo Archi­nà, con­su­len­te dei Riva per i rap­por­ti isti­tu­zio­na­li e defi­ni­to dai pub­bli­ci mini­ste­ri nel pro­ces­so la “lon­ga manus” dell’azienda ver­so la poli­ti­ca e le istituzioni.
La “poli­ti­ca” e le “isti­tu­zio­ni” in que­stio­ne era­no incar­na­te dall’ex pre­si­den­te del­la Regio­ne Puglia, quel Nichi Ven­do­la, già pupil­lo di Fau­sto Ber­ti­not­ti den­tro Rifon­da­zio­ne comu­ni­sta, che ave­va poi rot­to con quel par­ti­to e fon­da­to Sini­stra Eco­lo­gia e Liber­tà pri­ma di riti­rar­si a vita pri­va­ta. E infat­ti, i giu­di­ci han­no rite­nu­to fon­da­ta l’accusa di con­cus­sio­ne aggra­va­ta a cari­co di Ven­do­la, con­dan­nan­do­lo a tre anni e sei mesi. In pra­ti­ca, è sta­to rite­nu­to respon­sa­bi­le di ave­re, uti­liz­zan­do il suo ruo­lo politico‑istituzionale, eser­ci­ta­to pres­sio­ni sull’ex diri­gen­te dell’Arpa Puglia[1], Gior­gio Assen­na­to, per­ché ammor­bi­dis­se le sue rela­zio­ni tec­ni­che sull’impianto taran­ti­no (che era­no allar­man­ti). Assen­na­to, per par­te sua, è sta­to con­dan­na­to a due anni di reclu­sio­ne per favo­reg­gia­men­to nei con­fron­ti di Vendola.
Non sia­mo fan del­la giu­sti­zia bor­ghe­se, per­ché sap­pia­mo bene che, se in qual­che occa­sio­ne i magi­stra­ti con­dan­na­no i padro­ni e i loro ser­vi, il più del­le vol­te inve­ce eser­ci­ta­no la loro fun­zio­ne repres­si­va ai dan­ni del­la clas­se ope­ra­ia e dei movi­men­ti socia­li con il pre­ci­puo sco­po di tute­la­re i rap­por­ti di pro­prie­tà, pro­du­zio­ne e distri­bu­zio­ne capi­ta­li­sti­ci. È per que­sto moti­vo che, se pure salu­tia­mo con favo­re una simi­le pro­nun­cia – per­ché rap­pre­sen­ta il rico­no­sci­men­to “uffi­cia­le” del­le sof­fe­ren­ze e del­le mor­ti che han­no col­pi­to i lavo­ra­to­ri dell’Ilva e gli abi­tan­ti di Taran­to – non ci iscri­via­mo però al par­ti­to del “giu­sti­zia è fat­ta”: sap­pia­mo bene, infat­ti, che non ci vuo­le mol­to (basta­no un bel po’ di sol­di e avvo­ca­ti di gri­do) per rove­scia­re una sen­ten­za sfa­vo­re­vo­le o, quan­to­me­no, atte­nuar­ne di parec­chio gli effet­ti nega­ti­vi, scon­tan­do alla fine una sim­bo­li­ca pena tra le quat­tro (o più) mura di una casa ric­ca e acco­glien­te, goden­do dei pro­fit­ti che sono sta­ti negli anni rea­liz­za­ti a spe­se del­la vita e del­la salu­te altrui.
Ma non è que­sto il tema che inten­dia­mo dibat­te­re in que­sto testo. Ci inte­res­sa, inve­ce, met­te­re in risal­to il ruo­lo par­ti­co­lar­men­te per­ver­so, dal pun­to di vista “poli­ti­co”[2], svol­to nel­la vicen­da in que­stio­ne dal già cita­to Nichi Ven­do­la, come è emer­so dal­la real­tà pro­ces­sua­le con­sa­cra­ta nel­la sen­ten­za sul­la base del­le pro­ve rac­col­te. E voglia­mo far­lo, in par­ti­co­la­re, com­men­tan­do il video che vi mostria­mo di segui­to, basa­to sul­le inter­cet­ta­zio­ni tele­fo­ni­che fra l’ex pre­si­den­te del­la Regio­ne Puglia e il con­su­len­te dei Riva per i rap­por­ti politico‑istituzionali, Giro­la­mo Archi­nà[3].

Nell’intercettazione è Ven­do­la a chia­ma­re Archi­nà. Il telo­ne di fon­do dell’intera con­ver­sa­zio­ne sta nel­la “pre­oc­cu­pa­zio­ne” da par­te di Ven­do­la che i padro­ni Riva non pen­si­no che egli si stia disin­te­res­san­do del­la loro fab­bri­ca assas­si­na. A più ripre­se, l’ex pre­si­den­te cer­ca di ras­si­cu­ra­re Archi­nà, e gli chie­de espres­sa­men­te di rife­rir­lo ai Riva, cir­ca il fat­to che egli ha a cuo­re le sor­ti di quel­la fab­bri­ca di vele­ni – che nel col­lo­quio vie­ne inve­ce da lui defi­ni­ta «una real­tà pro­dut­ti­va a cui non dob­bia­mo rinun­cia­re» – men­tre il suo inter­lo­cu­to­re lo tran­quil­liz­za in pro­po­si­to: la pro­prie­tà sa bene che l’impegno di Ven­do­la è assicurato.
Ma seguia­mo cro­no­lo­gi­ca­men­te la telefonata.
Ven­do­la chia­ma Archi­nà in pre­da a una vera e pro­pria cri­si di risa­te. Il moti­vo di tan­ta ila­ri­tà sta nel­la sce­na in cui lo stes­so Archi­nà con «uno splen­di­do scat­to feli­no» (così un Ven­do­la inca­pa­ce di trat­te­ner­si defi­ni­sce l’azione) strap­pa il micro­fo­no dal­le mani di un gior­na­li­sta che sta ponen­do doman­de sco­mo­de all’ex patron dell’acciaieria, Emi­lio Riva. Con toni ed espres­sio­ni ver­ba­li par­ti­co­lar­men­te ser­vi­li, l’ex pre­si­den­te regio­na­le cer­ca di accat­ti­var­si la bene­vo­len­za dell’interlocutore defi­nen­do addi­rit­tu­ra il gior­na­li­sta «quel­la fac­cia di pro­vo­ca­to­re», e pavo­neg­gian­do­si poi die­tro l’immagine di sé come colui che avreb­be «fat­te vera­men­te le bat­ta­glie per la dife­sa del­la vita e del­la salu­te». Non si sa bene qua­li sareb­be­ro que­ste “bat­ta­glie”, ma il discor­so cade lì, tan­to il suo inter­lo­cu­to­re è total­men­te disin­te­res­sa­to al “meda­glie­re” eco­lo­gi­sta di Ven­do­la e quin­di il col­lo­quio pro­se­gue sul­la “cic­cia”.
Archi­nà, infat­ti, ester­na il disap­pun­to del­la pro­prie­tà cir­ca l’atteggiamento poco “ami­che­vo­le” del diri­gen­te dell’Arpa, Assen­na­to, il qua­le con le sue rela­zio­ni tec­ni­che poco acco­mo­dan­ti ren­de dif­fi­ci­le, se non impos­si­bi­le, che all’Ilva ven­ga con­ces­sa l’auto­riz­za­zio­ne inte­gra­ta ambien­ta­le. Ven­do­la però garan­ti­sce: «met­tia­mo subi­to in agen­da un incon­tro con l’ingegnere [Assen­na­to]», aggiun­gen­do poi che «ognu­no fa la sua par­te … a pre­scin­de­re da tut­ti i pro­ce­di­men­ti, le cose, le ini­zia­ti­ve». Ma la “chic­ca” in que­sto col­lo­quio, che Ven­do­la but­ta lì qua­si con non­cha­lan­ce, è quan­do egli tran­quil­liz­za Archi­nà sul fat­to che «i vostri [dell’Ilva, cioè] allea­ti prin­ci­pa­li in que­sto momen­to, lo voglio dire, sono quel­li del­la Fiom», i qua­li lo sot­to­pon­go­no a pres­sio­ni per­ché sareb­be­ro «i più pre­oc­cu­pa­ti». Archi­nà si dice con­sa­pe­vo­le di ciò.

Il ruo­lo di Ven­do­la è il ruo­lo sto­ri­co del riformismo
Come abbia­mo già scrit­to, asso­lu­ta­men­te poco ci impor­ta la vicen­da pro­ces­sua­le “per­so­na­le” di Ven­do­la. Non sap­pia­mo, né ci inte­res­sa sape­re se que­sta sen­ten­za di con­dan­na reg­ge­rà nei suc­ces­si­vi gra­di di giu­di­zio. Ma al di là del­la “veri­tà pro­ces­sua­le” del­la giu­sti­zia bor­ghe­se, rite­nia­mo che la con­ver­sa­zio­ne inter­cet­ta­ta, acqui­si­ta come fon­te di pro­va nel pro­ces­so, ci rac­con­ti mol­to da un pun­to di vista poli­ti­co, indi­pen­den­te­men­te dal pro­ces­so stesso.

Ci dice, in pri­mo luo­go, che quel­la che, a livel­lo di per­ce­zio­ne di mas­sa, vie­ne ancor oggi vista come “la sini­stra”, cioè quel­la sini­stra bor­ghe­se “di gover­no” che vor­reb­be appun­to gover­na­re le dina­mi­che del capi­ta­le, ne vie­ne inve­ce gover­na­ta poi­ché agi­sce in que­ste come un ingra­nag­gio del siste­ma bor­ghe­se da cui vie­ne uti­liz­za­ta a gui­sa di cusci­net­to rispet­to ad altre pos­si­bi­li dina­mi­che: quel­le cioè del­la lot­ta di clas­se[4]. E ciò acca­de anche quan­do, come nel caso che stia­mo illu­stran­do, que­sta sini­stra bor­ghe­se si nascon­de die­tro “la dife­sa dei posti di lavo­ro”. Que­sto è sta­to, infat­ti, il refrain uti­liz­za­to da Ven­do­la quan­do è sal­ta­ta fuo­ri l’intervista che stia­mo com­men­tan­do: la “dife­sa dei posti di lavo­ro”, con­tem­po­ra­nea­men­te cer­can­do di indur­re l’Ilva ad “ambien­ta­liz­za­re” gli impian­ti e la pro­du­zio­ne[5]. Un’illusione che si tra­du­ce, in regi­me capi­ta­li­sti­co, nel­la dife­sa dei pro­fit­ti padronali.
Ven­do­la è sta­to ed è un espo­nen­te illu­stre del peg­gio­re nemi­co del­la clas­se ope­ra­ia e dei movi­men­ti di mas­sa, cioè quel rifor­mi­smo espres­so pri­ma dall’interno dei con­te­ni­to­ri – rifor­mi­sti – di Rifon­da­zio­ne comu­ni­sta e del­le sue suc­ces­si­ve rot­tu­re, e poi dall’interno del­le isti­tu­zio­ni bor­ghe­si. In quan­to tale, insie­me ai tan­ti espo­nen­ti di tale ten­den­za, è sta­to fra i prin­ci­pa­li respon­sa­bi­li del­lo svia­men­to del pro­le­ta­ria­to dal­le lot­te e dell’arretramento del­la coscien­za di clas­se. Non glie­ne fac­cia­mo un adde­bi­to a livel­lo per­so­na­le: a ben vede­re, è esat­ta­men­te que­sta la fun­zio­ne sto­ri­ca del rifor­mi­smo. Che egli, però, ha mol­to ben incarnato.
E la con­ver­sa­zio­ne inter­cet­ta­ta ci dice anche un’altra cosa. Quan­do Ven­do­la fa quel­la che abbia­mo defi­ni­to (nota 2) la chia­ma­ta in cor­rei­tà “poli­ti­ca” del sin­da­ca­li­smo “isti­tu­zio­na­le” del­la Fiom, vuo­le dire che le orga­niz­za­zio­ni sin­da­ca­li non com­bat­ti­ve e col­la­bo­ra­zio­ni­ste come la Fiom (in buo­na com­pa­gnia dei soli­ti acco­li­ti Fim e Uilm, oltre alla micro­bu­ro­cra­zia dell’Usb) si pon­go­no sul suo stes­so livel­lo rifor­mi­sta: sic­ché la loro “dife­sa dei posti di lavo­ro” si tra­du­ce in ulti­ma ana­li­si, come abbia­mo appe­na det­to, nel­la dife­sa dei pro­fit­ti del padrone.
E, da ulti­mo, quel­la tele­fo­na­ta inter­cet­ta­ta rap­pre­sen­ta anche una lezio­ne: quel­la, cioè, che sul ter­re­no del rifor­mi­smo, anche se amman­ta­to da un pal­li­do socia­li­smo solo evo­ca­to, il movi­men­to ope­ra­io e tut­ti i movi­men­ti socia­li han­no solo da per­de­re. Se la clas­se lavo­ra­tri­ce si tro­va oggi nel­la situa­zio­ne in cui è, se tut­ti noi ver­sia­mo in un pau­ro­so sta­to di arre­tra­men­to poli­ti­co rispet­to all’offensiva di un padro­na­to diven­ta­to ancor più fero­ce, ciò è dovu­to al fat­to che i vari Nichi Ven­do­la e tut­ti i “pif­fe­rai magi­ci” del­la sua risma han­no avu­to un’influenza sul­le mas­se che i rivo­lu­zio­na­ri non han­no sapu­to e potu­to contrastare.
Ma ci illu­de­rem­mo se pen­sas­si­mo che il tem­po dei “pif­fe­rai magi­ci” è fini­to. La loro fun­zio­ne sto­ri­ca di con­tra­sto del­le poten­zia­li dina­mi­che di mas­sa è tutt’altro che con­clu­sa e, anche se non han­no e avran­no lo stes­so peso poli­ti­co che può ave­re avu­to un Ven­do­la, altri ce ne sono e ce ne saran­no a rin­tuz­za­re la nostra dif­fi­ci­le ope­ra di pro­spet­ta­zio­ne e costru­zio­ne di un sog­get­to rivo­lu­zio­na­rio che lot­ti per il rove­scia­men­to di que­sto siste­ma e l’instaurazione di un siste­ma socia­li­sta. Il nostro com­pi­to, come rivo­lu­zio­na­ri, è per­ciò anche quel­lo di denun­cia­re e com­bat­te­re fero­ce­men­te ogni rifor­mi­smo, poli­ti­co e sin­da­ca­le, indi­can­do inve­ce al pro­le­ta­ria­to la stra­da dell’indipendenza di clas­se e del­la lot­ta sen­za quar­tie­re con­tro la bor­ghe­sia e i suoi ser­vi istituzionali.


Note

[1] L’Agenzia Regio­na­le per la Pre­ven­zio­ne e la Pro­te­zio­ne Ambien­ta­le è l’ente regio­na­le depu­ta­to a svol­ge­re i con­trol­li ambientali.
[2] Spe­ci­fi­chia­mo “poli­ti­co”, per­ché non ci inte­res­sa­no le impli­ca­zio­ni per­so­na­li che riguar­da­no Ven­do­la, non ci inte­res­sa cioè la con­dan­na del Ven­do­la in quan­to per­so­na. Ci inte­res­sa, inve­ce, rimar­ca­re gli effet­ti par­ti­co­lar­men­te nega­ti­vi dell’azione del “poli­ti­co” sul­la per­ce­zio­ne di mas­sa di Ven­do­la come espo­nen­te di “sini­stra”. Ci inte­res­sa, anco­ra, evi­den­zia­re la chia­ma­ta in cor­rei­tà “poli­ti­ca”, da par­te di quest’ultimo, del sin­da­ca­li­smo “isti­tu­zio­na­le”. Ne par­le­re­mo più avan­ti nel testo.
[3] Il video, con­te­nen­te la tele­fo­na­ta inter­cet­ta­ta, è sta­to rea­liz­za­to dal gior­na­le Il Fat­to quo­ti­dia­no quan­do l’inchiesta, che ha poi por­ta­to al pro­ces­so e alle con­dan­ne, era da poco iniziata.
[4] Sono sta­ti Marx ed Engels a dare una feli­ce defi­ni­zio­ne del “socia­li­smo bor­ghe­se” come quel­lo che non si pone affat­to l’obiettivo di rom­pe­re col regi­me di domi­na­zio­ne bor­ghe­se, ma tutt’al più di otte­ne­re «miglio­ra­men­ti ammi­ni­stra­ti­vi rea­liz­za­ti sul ter­re­no [dei] rap­por­ti di pro­du­zio­ne [bor­ghe­si], che cioè non cam­bi­no affat­to il rap­por­to tra capi­ta­le e lavo­ro sala­ria­to, ma, nel miglio­re dei casi, dimi­nui­sca­no alla bor­ghe­sia le spe­se del suo domi­nio e sem­pli­fi­chi­no l’assetto del­la sua finan­za sta­ta­le» (Il Mani­fe­sto del par­ti­to comu­ni­sta, 1996, Edi­to­ri riu­ni­ti, p. 46).
[5] Si può ascol­ta­re que­sta “per­la” qui.