Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Economia, Guerra in Ucraina, Imperialismo e guerre imperialiste, Politica internazionale: Est europeo, Politica internazionale: Russia

L’Ucraina intrappolata in una zona di guerra

Pre­sen­tia­mo, tra­dot­ta in ita­lia­no, l’a­na­li­si che il noto eco­no­mi­sta mar­xi­sta Michael Roberts ha svi­lup­pa­to in rela­zio­ne allo sce­na­rio politico‑economico che fa da sfon­do alla minac­cia di una guer­ra alle por­te del­l’Eu­ro­pa, con l’U­crai­na a cui vie­ne asse­gna­ta la par­te di vit­ti­ma sacri­fi­ca­le stret­ta fra gli appe­ti­ti del­le poten­ze impe­ria­li­ste e la neces­si­tà del­la Rus­sia di tene­re quan­to più distan­te da sé il pro­prio con­fi­ne occi­den­ta­le affer­man­do il pro­prio ruo­lo di poten­za regionale.
Buo­na lettura.
La redazione

L’Ucraina intrappolata in una zona di guerra


Michael Roberts[*]

 

Come suo­na­no i tam­bu­ri di guer­ra per l’Ucraina, qua­le sarà l’impatto sul­la sua eco­no­mia e sul teno­re di vita di una popo­la­zio­ne di 44 milio­ni di abi­tan­ti, indi­pen­den­te­men­te dal fat­to che la guer­ra ven­ga evi­ta­ta o meno? Ho scrit­to diver­se vol­te sull’Ucraina duran­te l’intensa cri­si eco­no­mi­ca che il Pae­se ha vis­su­to nel 2013‑14, cul­mi­na­ta con il crol­lo del gover­no in cari­ca, la rivol­ta di piaz­za Mai­dan e infi­ne l’annessione rus­sa del­la Cri­mea e del­le pro­vin­ce orien­ta­li pre­va­len­te­men­te russofone.
In quel momen­to per la gen­te la situa­zio­ne era ter­ri­bi­le, e seb­be­ne in segui­to sia per qual­che tem­po leg­ger­men­te miglio­ra­ta, la cre­sci­ta eco­no­mi­ca rima­ne rela­ti­va­men­te bas­sa e il teno­re di vita è, nel­la miglio­re del­le ipo­te­si, sta­gnan­te. I sala­ri medi rea­li non sono aumen­ta­ti in 12 anni e sono pesan­te­men­te dimi­nui­ti dopo la cri­si del 2014.

L’Ucraina è sta­ta la più col­pi­ta dal crol­lo dell’Unione Sovie­ti­ca e dal­la “tera­pia d’urto” del­la restau­ra­zio­ne capi­ta­li­sta nell’Europa orien­ta­le e nel­la stes­sa Rus­sia. Tut­ti i Pae­si ex satel­li­ti sovie­ti­ci han­no impie­ga­to mol­to tem­po per recu­pe­ra­re il Pil pro capi­te e i livel­li di red­di­to, ma l’Ucraina non è mai tor­na­ta al livel­lo degli anni 90. La per­for­man­ce dell’Ucraina tra il 1990 e il 2017 non è sta­ta solo peg­gio­re dei suoi vici­ni euro­pei. È sta­to il quin­to Pae­se peg­gio­re al mon­do. Tra il 1990 e il 2017 c’erano solo 18 Pae­si con una cre­sci­ta cumu­la­ti­va nega­ti­va e, anche in que­sto grup­po sele­zio­na­to, la per­for­man­ce dell’Ucraina la col­lo­ca nel ter­zo più bas­so insie­me a Repub­bli­ca Demo­cra­ti­ca del Con­go, Burun­di e Yemen.

Nel­la cri­si del debi­to e del­la valu­ta del 2014, l’Ucraina è sta­ta sal­va­ta dal col­las­so tota­le da tre fat­to­ri: in pri­mo luo­go, è anda­ta in default quan­to al suo debi­to ver­so la Rus­sia, che (nono­stan­te mol­ti sfor­zi) la Rus­sia fino­ra non è riu­sci­ta a recu­pe­ra­re; in secon­do luo­go, i gover­ni post‑Maidan si sono impe­gna­ti in una serie di sal­va­tag­gi del Fmi; e infi­ne, il prez­zo per que­sti ulti­mi è sta­to un seve­ro pro­gram­ma di auste­ri­tà nei ser­vi­zi pub­bli­ci e nel wel­fa­re. L’Ucraina deve alla Rus­sia 3 miliar­di di dol­la­ri, ovve­ro più del 10% del­le sue riser­ve in valu­ta este­ra e, se doves­se paga­re que­sto debi­to, il suo debi­to este­ro risul­te­reb­be più che rad­dop­pia­to. Que­sto diva­rio vie­ne attual­men­te col­ma­to dai fon­di del Fmi, men­tre l’Ucraina “nego­zia” con la Rus­sia una “ristrut­tu­ra­zio­ne del debi­to”, pro­ba­bil­men­te con la media­zio­ne del­la Ger­ma­nia. Stac­can­do­si dall’influenza rus­sa dal 2014, l’Ucraina ha scel­to – o vi è sta­ta costret­ta – di fare affi­da­men­to sul cre­di­to dell’“Occidente” e del Fmi per soste­ne­re la sua valu­ta e spe­ra­re in qual­che miglio­ra­men­to economico.
Le “ele­mo­si­ne” del Fmi con­ti­nua­no. La più recen­te è un accor­do per esten­de­re i pre­sti­ti fino al 2022 per un valo­re di 700 milio­ni di dol­la­ri su un tota­le di 5 miliar­di di “accor­do di stand‑by” del Fmi. Per que­sti sol­di, l’Ucraina «deve man­te­ne­re “soste­ni­bi­le” il suo debi­to, sal­va­guar­da­re l’indipendenza del­la Ban­ca cen­tra­le, ripor­ta­re l’inflazione al suo obiet­ti­vo e com­bat­te­re la cor­ru­zio­ne». Per­tan­to, le misu­re di auste­ri­tà devo­no esse­re appli­ca­te alla spe­sa pub­bli­ca; la Ban­ca cen­tra­le deve agi­re nell’interesse dei cre­di­to­ri este­ri e non per­met­te­re alla divi­sa di sva­lu­tar­si trop­po e man­te­ne­re alti i tas­si di inte­res­se sen­za l’interferenza del gover­no; e la cor­ru­zio­ne dila­gan­te nel gover­no con gli oli­gar­chi ucrai­ni deve esse­re tenu­ta sot­to con­trol­lo (v. il rap­por­to sull’accordo di stand­by del Fmi di novem­bre 2021).
Le misu­re di auste­ri­tà sono sta­te appli­ca­te da diver­si gover­ni negli ulti­mi die­ci anni. L’attuale pac­chet­to del Fmi pre­ve­de un aumen­to del­le tas­se pari allo 0,5% del PIL annuo, aumen­ti dei con­tri­bu­ti pre­vi­den­zia­li e aumen­ti del­le tarif­fe ener­ge­ti­che. Tut­te que­ste misu­re por­te­ran­no a un ulte­rio­re calo del­la spe­sa socia­le, dal 20% del Pil al momen­to del­la cri­si del 2014 ad appe­na il 13% di quest’anno.

Allo stes­so tem­po, il gover­no deve oppor­si a qual­sia­si aumen­to sala­ria­le del set­to­re pub­bli­co per com­pen­sa­re tas­si di infla­zio­ne qua­si a due cifre.

Soprat­tut­to, il Fmi, con il soste­gno dell’ultimo gover­no post‑Maidan, insi­ste a che si rea­liz­zi una sostan­zia­le pri­va­tiz­za­zio­ne del­le ban­che e del­le impre­se sta­ta­li nell’interesse dell’“efficienza” e per con­trol­la­re la “cor­ru­zio­ne”. «Le auto­ri­tà con­fer­ma­no l’impegno a ridur­re le dimen­sio­ni del set­to­re del­le impre­se sta­ta­li. L’adozione di una poli­ti­ca glo­ba­le cir­ca la pro­prie­tà sta­ta­le sareb­be un pas­so fon­da­men­ta­le. In defi­ni­ti­va, l’aziendalizzazione e il con­co­mi­tan­te miglio­ra­men­to del­le pre­sta­zio­ni del­le impre­se sta­ta­li non stra­te­gi­che dovreb­be­ro por­ta­re a una pri­va­tiz­za­zio­ne di suc­ces­so. Sono inol­tre in cor­so i pre­pa­ra­ti­vi per met­te­re in atto la stra­te­gia del­le auto­ri­tà per ridur­re la pro­prie­tà sta­ta­le nel set­to­re ban­ca­rio. Aggior­na­ta ad ago­sto 2020, la stra­te­gia pre­ve­de una ridu­zio­ne del­la pro­prie­tà sta­ta­le a meno del 25% del patri­mo­nio net­to del set­to­re ban­ca­rio entro il 2025».
Il pas­so più signi­fi­ca­ti­vo è sta­to quel­lo di pri­va­tiz­za­re le pro­prie­tà ter­rie­re. L’Ucraina ospi­ta un quar­to del fer­ti­le suo­lo del­la “ter­ra nera” (Cher­no­zem) del pia­ne­ta. È già il più gran­de pro­dut­to­re mon­dia­le di olio di gira­so­le e il quar­to pro­dut­to­re di mais. Insie­me alla soia, il gira­so­le e il mais sono tra le col­tu­re prin­ci­pa­li col­ti­va­te nel­la fascia det­ta “Sun­flo­wer Belt”, che si esten­de da Khar­kiv a est fino alla regio­ne di Ter­no­pil’ a ovest.
Ma la pro­dut­ti­vi­tà agri­co­la è bas­sa. Nel 2014, il valo­re aggiun­to agri­co­lo per etta­ro è sta­to di 413 dol­la­ri in Ucrai­na, rispet­to ai 1142 del­la Polo­nia, 1507 del­la Ger­ma­nia e 2444 del­la Fran­cia. La ter­ra è for­te­men­te pola­riz­za­ta tra una pic­co­la forza‑lavoro in gran­di fat­to­rie com­mer­cia­li mec­ca­niz­za­te e la mas­sa di con­ta­di­ni che col­ti­va­no pic­co­li appez­za­men­ti. Cir­ca il 30% del­la popo­la­zio­ne vive anco­ra nel­le zone rura­li e l’agricoltura dà lavo­ro a oltre il 14% del­la forza‑lavoro. Una del­le prin­ci­pa­li richie­ste dei con­su­len­ti occi­den­ta­li per l’Ucraina negli ulti­mi anni è che deb­ba “libe­ra­liz­za­re” il mer­ca­to fon­dia­rio in modo che pos­sa esse­re libe­ra­ta “una dina­mi­ca di cre­sci­ta fio­ren­te”. Il Fmi cal­co­la che tale libe­ra­liz­za­zio­ne aggiun­ge­reb­be uno 0,6‑1,2% alla cre­sci­ta annua del Pil, a secon­da che il gover­no con­sen­ta sia la pro­prie­tà fon­dia­ria stra­nie­ra che nazionale.
Il gover­no si oppo­ne all’acquisto di ter­re da par­te degli stra­nie­ri. Ma nel 2024, le per­so­ne giu­ri­di­che ucrai­ne si qua­li­fi­che­ran­no per tran­sa­zio­ni che coin­vol­go­no fino a 10.000 etta­ri e impie­ghe­ran­no una super­fi­cie agri­co­la di 42,7 milio­ni di etta­ri (103 milio­ni di acri). Ciò equi­va­le all’intera super­fi­cie del­lo sta­to del­la Cali­for­nia, o a tut­ta l’Italia! La Ban­ca Mon­dia­le è ingo­lo­si­ta da que­sta aper­tu­ra dell’agricoltura ucrai­na all’impresa capi­ta­li­sta: «Que­sto è, sen­za tema di esa­ge­ra­re, un even­to sto­ri­co, reso pos­si­bi­le dal­la lea­der­ship del Pre­si­den­te dell’Ucraina, dal­la volon­tà del par­la­men­to e dal duro lavo­ro del gover­no». Per­tan­to, l’Ucraina pre­ve­de di apri­re ulte­rior­men­te la sua eco­no­mia al capi­ta­le, in par­ti­co­la­re al capi­ta­le stra­nie­ro, nel­la spe­ran­za che ciò for­ni­sca una cre­sci­ta e una pro­spe­ri­tà più rapide.
Ma que­sta è solo spe­ran­za. Si pre­ve­de otti­mi­sti­ca­men­te che l’attuale cre­sci­ta eco­no­mi­ca annua­le aumen­te­rà a un tas­so del 4% annuo, men­tre l’inflazione rimar­rà all’8‑10% annuo. La disoc­cu­pa­zio­ne rima­ne osti­na­ta­men­te alta (10%), men­tre gli inve­sti­men­ti del­le impre­se stan­no pre­ci­pi­tan­do (40%). Ciò non fa ben spe­ra­re per un boom capi­ta­li­sta. L’investimento di capi­ta­le è bas­so per­ché la remu­ne­ra­ti­vi­tà del capi­ta­le è mol­to bassa.

For­se le ric­chez­ze che si otter­ran­no dal­la pri­va­tiz­za­zio­ne del­la pro­prie­tà sta­ta­le e del­la ter­ra ripa­ghe­ran­no alcu­ni capi­ta­li­sti, vero­si­mil­men­te per lo più inve­sti­to­ri stra­nie­ri. Ma è pro­ba­bi­le che la mag­gior par­te dei pro­fit­ti scom­pa­ia poi­ché la cor­ru­zio­ne rima­ne dila­gan­te. Il Fmi ammet­te che se la cor­ru­zio­ne non ver­rà ridot­ta, non ci sarà ripre­sa e l’Ucraina non rag­giun­ge­rà il resto dei suoi vici­ni occidentali.

Uffi­cial­men­te, il coef­fi­cien­te di Gini dell’Ucraina rela­ti­va­men­te alla disu­gua­glian­za di red­di­to è il più bas­so d’Europa. Ciò è in par­te dovu­to al fat­to che l’Ucraina è mol­to pove­ra: non c’è pra­ti­ca­men­te nes­su­na clas­se media E i più ric­chi nascon­do­no i loro red­di­ti e la ric­chez­za pagan­do poche o nes­su­na tas­sa. La “eco­no­mia som­mer­sa” è mol­to dif­fu­sa, sic­ché il 10% più ric­co ha ric­chez­za e red­di­to 40 vol­te mag­gio­ri degli ucrai­ni più pove­ri. L’attuale Rap­por­to Mon­dia­le sul­la Feli­ci­tà clas­si­fi­ca l’Ucraina al 111° posto sui 150 Pae­si, al di sot­to di mol­ti Pae­si dell’Africa subsahariana.
E il con­flit­to con la Rus­sia è costa­to mol­to. Secon­do il Cen­ter for Eco­no­mic and Busi­ness Research (CEBR), la per­di­ta di Pil è sta­ta di 280 miliar­di di dol­la­ri in sei anni, dal 2014 al 2020, o 40 miliar­di di dol­la­ri all’anno. L’annessione rus­sa del­la Cri­mea ha pro­vo­ca­to per­di­te fino a 8,3 miliar­di di dol­la­ri all’anno per l’Ucraina, men­tre il con­flit­to in cor­so nel Don­bass sta costan­do all’economia ucrai­na fino a 14,6 miliar­di di dol­la­ri l’anno. Le per­di­te tota­li di que­ste due occu­pa­zio­ni dal 2014 ammon­ta­no a 102 miliar­di di dol­la­ri. Il CEBR affer­ma che il con­flit­to ha avu­to un impat­to signi­fi­ca­ti­vo sull’economia ucrai­na, inclu­sa la ridu­zio­ne del­la fidu­cia degli inve­sti­to­ri nel Pae­se. Que­sto, a sua vol­ta, ha por­ta­to a una per­di­ta di 72 miliar­di di dol­la­ri, 10,3 miliar­di all’anno. Il costan­te calo del­le espor­ta­zio­ni ha com­por­ta­to per­di­te tota­li per l’Ucraina fino a 162 miliar­di di dol­la­ri tra il 2014 e il 2020. La per­di­ta tota­le di immo­bi­liz­za­zio­ni per l’Ucraina in Cri­mea e Don­bass a cau­sa del­la distru­zio­ne o dei dan­ni alle atti­vi­tà è sta­ta di 117 miliar­di di dol­la­ri. L’importo tota­le del­le entra­te fisca­li per­se per il bilan­cio dell’Ucraina nel perio­do dal 2014 al 2020 è sta­to di 48,5 miliar­di di dollari.
Dopo la cadu­ta dell’Unione Sovie­ti­ca e dopo aver otte­nu­to la sua indi­pen­den­za uffi­cia­le nel 1994, il popo­lo ucrai­no è sta­to deva­sta­to dagli oli­gar­chi, che han­no pro­sciu­ga­to i beni e le risor­se del Pae­se, e anche dai gover­ni, oscil­lan­ti nel loro soste­gno alla Rus­sia di Putin o all’UE. Dopo la rivol­ta di Mai­dan con­tro il gover­no filo‑russo, gli ultra­na­zio­na­li­sti in Ucrai­na han­no domi­na­to la poli­ti­ca del gover­no. Chie­do­no l’adesione dell’Ucraina all’UE e, soprat­tut­to, l’adesione alla NATO per ricon­qui­sta­re i ter­ri­to­ri annes­si alla Russia.
L’ironia cru­de­le è che la Ger­ma­nia non ha inten­zio­ne di per­met­te­re a un’Ucraina insta­bi­le e mol­to pove­ra di entra­re nell’UE: trop­pi pro­ble­mi e costi; men­tre anche gli Sta­ti Uni­ti saran­no pro­ba­bil­men­te rilut­tan­ti a un’adesione alla NATO. Da par­te sua, la Rus­sia non ha inten­zio­ne di ricon­se­gna­re le aree rus­so­fo­ne sot­to il con­trol­lo di Kiev e chie­de inve­ce un’autonomia per­ma­nen­te e un accor­do che pre­ve­da che l’Ucraina non ade­ri­rà mai alla NATO.
I cosid­det­ti Accor­di di Min­sk del 2014‑2015, fir­ma­ti dal­le mag­gio­ri poten­ze e da un pre­ce­den­te gover­no ucrai­no, non rie­sco­no a con­ci­lia­re que­sto diva­rio. Così, i nazio­na­li­sti di Kiev, inco­rag­gia­ti dagli Sta­ti Uni­ti, con­ti­nua­no a spin­ge­re e i rus­si con­ti­nua­no a pre­pa­rar­si a una pos­si­bi­le inva­sio­ne per for­za­re un accor­do allo sco­po di divi­de­re defi­ni­ti­va­men­te il Pae­se. L’Ucraina è intrap­po­la­ta tra gli inte­res­si dell’imperialismo occi­den­ta­le e del capi­ta­li­smo clien­te­la­re russo.


(Tra­du­zio­ne di Vale­rio Torre)

 

[*] Michael Roberts è un noto eco­no­mi­sta mar­xi­sta bri­tan­ni­co che ha lavo­ra­to per oltre quarant’anni come ana­li­sta finan­zia­rio nel­la City lon­di­ne­se. È auto­re, tra gli altri, dei libri The Great Reces­sion: A Mar­xi­st View (2009), The Long Depres­sion (2016) e Marx 200: a review of Marx’s eco­no­mics (2018).