Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Guerra in Ucraina, Politica internazionale: Est europeo

L’Ucraina ieri e oggi

La carta storica della formazione dell’Ucraina

Jean-Jac­ques Marie non ha biso­gno di pre­sen­ta­zio­ni. Mili­tan­te di for­ma­zio­ne tro­tski­sta, è un cono­sciu­tis­si­mo sto­ri­co del movi­men­to ope­ra­io e del­la Rus­sia sovie­ti­ca. Fra le sue nume­ro­se ope­re, non pos­sia­mo fare a meno di ricor­da­re le tre bio­gra­fie di Tro­tsky, Sta­lin e Lenin.
Pre­sen­tia­mo que­sto suo scrit­to sul­la sto­ria dell’Ucraina, dal­le ori­gi­ni ai gior­ni nostri, pub­bli­ca­to il 16 mar­zo scor­so sul sito “Cahiers du Mou­ve­ment Ouvrier”, rite­nen­do­lo estre­ma­men­te uti­le per cono­sce­re – in que­sti tem­pi di appros­si­ma­zio­ne e con­fu­sio­ne nell’analisi teo­ri­ca, e di impres­sio­ni­smo ed eclet­ti­smo nell’adozione del­la rela­ti­va poli­ti­ca con­cre­ta – lo sfon­do su cui si è costrui­to il Pae­se che è diven­ta­to il tea­tro del­la guer­ra che oggi si sta com­bat­ten­do nel­l’E­st europeo.
Buo­na lettura.
La redazione

L’Ucraina ieri e oggi


Jean-Jac­ques Marie

 

Un mix ine­stri­ca­bi­le di mito e realtà
La sto­ria del­la nazio­ne ucrai­na mesco­la in modo a vol­te ine­stri­ca­bi­le mito e real­tà. Gli sto­ri­ci ucrai­ni fan­no spes­so risa­li­re la sto­ria dell’Ucraina alla fine del X seco­lo d.C. Quan­do il 24 ago­sto 1991 la Rada[1], in cui due ter­zi dei depu­ta­ti appar­te­ne­va­no al Par­ti­to Comu­ni­sta ucrai­no, votò per l’indipendenza dell’Ucraina con 346 voti favo­re­vo­li, 1 con­tra­rio e 3 asten­sio­ni, la riso­lu­zio­ne face­va rife­ri­men­to a una tra­di­zio­ne sta­ta­le mil­le­na­ria. Così, la ban­co­no­ta di una hry­v­na[2] reca il ritrat­to di Volo­dy­myr (Vla­di­mir) il Gran­de, prin­ci­pe di Kiev, che alla fine del X seco­lo d.C. unì sot­to il suo scet­tro tut­ta una serie di tri­bù sla­ve paga­ne e impo­se loro il cri­stia­ne­si­mo orto­dos­so. Il suo impe­ro pre­se il nome di Rus’.

Volo­dy­myr il Grande

La ban­co­no­ta da due hry­v­ne reca l’effigie di suo figlio Yaro­slav il Sag­gio, che regnò alla fine del­la pri­ma metà del XI seco­lo. Quel­la da 5 hry­v­ne pre­sen­ta il ritrat­to di Boh­dan Khmel­ny­tsky, il capo cosac­co che a metà del XVII seco­lo orga­niz­zò la rivol­ta dei cosac­chi con­tro il domi­nio polac­co e fir­mò un accor­do con lo zar rus­so per por­re i ter­ri­to­ri che con­trol­la­va sot­to la pro­te­zio­ne del­la Rus­sia. Seb­be­ne la sta­tua di Boh­dan Khmel­ny­tsky si tro­vi nel cuo­re di Kiev, l’idea di una nazio­ne ucrai­na era estra­nea a que­sto capo cosac­co, come lo era all’atamano cosac­co Ivan Mazep­pa che, all’inizio del XVIII seco­lo, si sol­le­vò con­tro Pie­tro il Gran­de per scrol­lar­si di dos­so la sua tute­la e fu scon­fit­to, insie­me a Car­lo XII di Sve­zia, nel­la bat­ta­glia di Poltava.
Per­tan­to, l’idea di nazio­ne ucrai­na non appar­ve che all’inizio del XIX seco­lo, e tut­ti i ter­ri­to­ri in cui vive­va­no gli ucrai­ni ven­ne­ro riu­ni­ti per la pri­ma vol­ta all’interno di una sin­go­la enti­tà geo­gra­fi­ca nel 1945 nel­la Repub­bli­ca sovie­ti­ca dell’Ucraina, che ave­va solo gli attri­bu­ti for­ma­li di uno Sta­to indi­pen­den­te. L’Ucraina non esi­ste­rà come Sta­to for­mal­men­te indi­pen­den­te che a par­ti­re dal dicem­bre 1991, quan­do ebbe luo­go la dis­so­lu­zio­ne dell’Unione Sovie­ti­ca fir­ma­ta da Boris Eltsin e dai rap­pre­sen­tan­ti di Ucrai­na e Bielorussia.
Il ter­mi­ne “Ucrai­na” appar­ve alla fine del XVI seco­lo, alla fine dell’occupazione mon­go­la, quan­do i regni di Litua­nia e Polo­nia si fuse­ro in un solo regno di Litua­nia e Polo­nia, domi­na­to dall’aristocrazia polac­ca, ter­ri­to­rio all’interno del qua­le era inte­gra­ta la mag­gior par­te dei ter­ri­to­ri pre­ce­den­te­men­te sog­get­ti ai prin­ci­pi di Kiev. Ucrai­na signi­fi­ca­va “ter­ri­to­rio di con­fi­ne”. I suoi abi­tan­ti era­no desi­gna­ti con il ter­mi­ne rusin­ski tra­dot­to [in ita­lia­no] come “rute­ni”. Il ter­mi­ne Ucrai­na sta­va ad indi­ca­re quin­di un’entità ter­ri­to­ria­le e non un’identità nazio­na­le, nem­me­no embrio­na­le. Que­sto ter­ri­to­rio di con­fi­ne, di fron­te alle incur­sio­ni dei Tar­ta­ri inse­dia­ti in Cri­mea fin dal XIV seco­lo, die­de vita a una par­ti­co­la­re for­ma­zio­ne socia­le: quel­la dei Cosac­chi, con­ta­di­ni libe­ri e arma­ti (la paro­la “cosac­co” deri­va da una paro­la tur­ca che signi­fi­ca “uomo libe­ro”) che assi­cu­ra­va­no la dife­sa dei loro ter­ri­to­ri con­tro le incur­sio­ni tar­ta­re. In segui­to alla rivol­ta cosac­ca di Khmel­ny­tsky, che, diret­ta dap­pri­ma con­tro i nobi­li polac­chi, diven­ne poi un movi­men­to socia­le di con­ta­di­ni libe­ri con­tro i gran­di pro­prie­ta­ri ter­rie­ri polac­chi e una guer­ra di reli­gio­ne degli orto­dos­si con­tro cat­to­li­ci ed ebrei, Khmel­ni­tsky creò uno Sta­to auto­no­mo ucrai­no cosac­co di bre­ve dura­ta. Ma il ter­mi­ne “ucrai­no” in que­sto sen­so ave­va un signi­fi­ca­to essen­zial­men­te geo­gra­fi­co, anche se riu­ni­va popo­la­zio­ni sla­ve che par­la­va­no dia­let­ti sla­vi mol­to simi­li deri­va­ti dall’antico sla­vo o “sla­vo­ne”. La sostan­za è quel­la di “cosac­co”. Con il Trat­ta­to di Peree­slav, fir­ma­to nel 1654, que­sto Sta­to cosac­co auto­no­mo pas­sò sot­to la pro­te­zio­ne del­la Rus­sia e per­se ogni auto­no­mia dopo la scon­fit­ta di Ivan Mazep­pa. Le auto­ri­tà rus­se si rife­ri­va­no a que­sto Sta­to come “pic­co­la Rus­sia” e ai suoi abi­tan­ti come “pic­co­li rus­si”. A quel tem­po, nel 1569, quan­do si for­mò il rea­me uni­fi­ca­to di Litua­nia e Polo­nia domi­na­to dal­la Chie­sa cat­to­li­ca, men­tre l’antica Rus’ ave­va adot­ta­to l’ortodossia bizan­ti­na, si for­mò, sot­to la pres­sio­ne del cle­ro polac­co, una Chie­sa greco‑cattolica chia­ma­ta “unia­te”, di osser­van­za orto­dos­sa, ma che rico­no­sce­va l’autorità del Vati­ca­no. La Chie­sa unia­te si radi­cò soprat­tut­to nell’Ucraina occi­den­ta­le, in Gali­zia, e svol­se un ruo­lo impor­tan­te in tut­ta la sto­ria dell’Ucraina.
Que­sta man­can­za di dif­fe­ren­zia­zio­ne del con­te­nu­to rap­pre­sen­ta una real­tà gene­ra­le che per­ma­se fino alla fine del XVIII seco­lo, quan­do la Rivo­lu­zio­ne fran­ce­se, e poi lo svi­lup­po del capi­ta­li­smo e la for­ma­zio­ne del­le bor­ghe­sie nazio­na­li, die­de­ro un for­te impul­so all’idea di nazionalità.

Un’idea nazio­na­le tardiva
L’Ucraina è sta­ta a lun­go ai mar­gi­ni di que­sto pro­ces­so per due moti­vi. Da un lato, era una ter­ra divi­sa tra diver­si regni di Polo­nia, Rus­sia e Roma­nia; non­ché, dopo le tre spar­ti­zio­ni del­la Polo­nia, nel 1775, 1793 e 1795, tra Rus­sia, Austria‑Ungheria e Roma­nia. Dall’altro, nel 1783, l’anno in cui strap­pò la Cri­mea all’Impero Otto­ma­no, la zari­na Cate­ri­na II proi­bì ai con­ta­di­ni che costi­tui­va­no la stra­gran­de mag­gio­ran­za degli ucrai­ni di lascia­re le ter­re dei signo­ri feu­da­li: que­sta popo­la­zio­ne con­ta­di­na, ridot­ta a uno sta­to di ser­vi­tù del­la gle­ba fino all’inizio del decen­nio 1860 nel­la par­te mag­gio­ri­ta­ria dell’Ucraina inte­gra­ta nell’Impero rus­so, restò fuo­ri dal­lo svi­lup­po dell’industrializzazione. I con­ta­di­ni ser­vi del­la gle­ba, in vir­tù del loro sta­tus socia­le, non pote­va­no svi­lup­pa­re una coscien­za nazio­na­le, poi­ché il ser­vo era un ogget­to ven­di­bi­le che si chia­ma­va “ani­ma”. Dopo l’abolizione del­la ser­vi­tù del­la gle­ba nel 1861, que­sti con­ta­di­ni rifiu­ta­ro­no di paga­re le pesan­ti ripa­ra­zio­ni che dove­va­no ai loro ex padro­ni e ave­va­no una sete ine­stin­gui­bi­le di ter­ra, che l’abolizione del­la ser­vi­tù non fece che accre­sce­re, tan­to mise­ra­bi­li era­no gli appez­za­men­ti loro asse­gna­ti (da 1 a 3 etta­ri per fami­glie numerose).
Per­tan­to, l’idea nazio­na­le ucrai­na che si for­mò all’inizio del XIX seco­lo riguar­da­va soprat­tut­to gli esi­gui stra­ti socia­li urba­niz­za­ti, una pic­co­la intel­li­ghen­zia sim­bo­leg­gia­ta dal­lo scrit­to­re e pit­to­re Taras Shev­chen­ko, fon­da­to­re di una lin­gua let­te­ra­ria ucrai­na, la cui limi­ta­ta nasci­ta pre­oc­cu­pa­va mol­to lo zar Nico­la I, che esi­liò Shev­chen­ko e gli proi­bì di scri­ve­re in ucrai­no e per­si­no di dipin­ge­re. Que­sta intel­li­ghen­zia pub­bli­cò rivi­ste let­te­ra­rie e sto­ri­che in ucrai­no con una mode­sta cir­co­la­zio­ne per pro­muo­ve­re una lin­gua ucrai­na allo­ra divi­sa in dia­let­ti loca­li par­la­ti dai con­ta­di­ni, men­tre l’intellighenzia par­la­va russo.

Taras Shev­chen­ko (1859)

Così, l’ucraino Gogol scris­se tut­ta la sua ope­ra in rus­so. Anche nel­la Gali­zia austria­ca, dove la monar­chia di que­sto impe­ro mul­ti­na­zio­na­le era più libe­ra­le, il nazio­na­li­smo ucrai­no era anco­ra agli albo­ri e segna­to dall’influenza del cle­ro unia­te. Fu que­sta real­tà a spin­ge­re Rosa Luxem­burg a soste­ne­re che la que­stio­ne ucrai­na era un’invenzione di una man­cia­ta di intel­let­tua­li e non ave­va alcu­na real­tà storica.

Le con­se­guen­ze del­la Rivo­lu­zio­ne russa
Dopo il feb­bra­io 1917, si svi­lup­pò in Ucrai­na un’aspirazione all’autonomia all’interno di una repub­bli­ca con­fe­de­ra­ta. I par­ti­ti demo­cra­ti­ci ucrai­ni ave­va­no crea­to una Rada cen­tra­le che igno­ra­va l’aspirazione dei con­ta­di­ni a divi­de­re la ter­ra dei gran­di pro­prie­ta­ri ter­rie­ri. All’indomani del­la Rivo­lu­zio­ne d’ottobre del 1917, la Rada cen­tra­le pro­cla­mò la Repub­bli­ca Popo­la­re Ucrai­na, che i tede­schi e gli austria­ci rico­nob­be­ro a Brest‑Litovsk per poter fir­ma­re con essa una pace sepa­ra­ta. Ma i tede­schi e gli austria­ci ave­va­no biso­gno di impa­dro­nir­si del­le risor­se agri­co­le del Pae­se per nutri­re le popo­la­zio­ni affa­ma­te dei loro due impe­ri, così rove­scia­ro­no il gover­no e inse­dia­ro­no un ata­ma­no, Pavlo Skoropads’kyj. La guer­ra civi­le deva­stò l’Ucraina per più di tre anni e con­trap­po­se i bian­chi coman­da­ti da Anton Deni­kin (che vole­va ripri­sti­na­re la Rus­sia “una e indi­vi­si­bi­le”; men­tre, dove si inse­dia­ro­no, i bian­chi tol­se­ro ai con­ta­di­ni le ter­re che ave­va­no occu­pa­to e proi­bi­ro­no l’uso dell’ucraino), i nazio­na­li­sti ucrai­ni coman­da­ti da Simon Petlju­ra, l’Armata Ros­sa bol­sce­vi­ca e le ban­de di con­ta­di­ni ribel­li chia­ma­ti “ver­di”, la più nota del­le qua­li era l’esercito del con­ta­di­no anar­chi­co Nestor Makh­no. L’Armata Ros­sa con­trol­la­va l’Ucraina alla fine del 1920. I bian­chi di Deni­kin e i nazio­na­li­sti di Petlju­ra sca­te­na­ro­no i mag­gio­ri pogrom anti­e­brai­ci del perio­do pre­na­zi­sta, pogrom che a vol­te veni­va­no effet­tua­ti anche dai grup­pi anar­chi­ci con­ta­di­ni di Makh­no e dal­la Caval­le­ria Ros­sa di Semen Budën­nyj, che com­pren­de­va i cosacchi.
All’indomani del­la Pri­ma guer­ra mon­dia­le e del­la pace di Riga fir­ma­ta tra l’Urss e la Polo­nia nel 1921, gli ucrai­ni furo­no divi­si fra cin­que sta­ti: l’Urss (che ne com­pren­de­va qua­si i quat­tro quin­ti), la Polo­nia, la Ceco­slo­vac­chia, la Roma­nia e l’Ungheria. La vit­to­ria dei bol­sce­vi­chi por­tò alla crea­zio­ne di una Repub­bli­ca socia­li­sta sovie­ti­ca di Ucrai­na, in cui i bol­sce­vi­chi per­se­gui­ro­no una cosid­det­ta poli­ti­ca di ucrai­niz­za­zio­ne dal 1923 fino ai pri­mi anni 30. Lenin svi­lup­pò posi­zio­ni “fede­ra­li­ste” (oppo­ste alle posi­zio­ni cen­tra­li­ste sta­li­ni­ste) a favo­re dell’autodeterminazione. Oggi i mai­da­ni­sti stan­no distrug­gen­do le sta­tue di Lenin, igna­ri che è sta­to pro­prio sot­to il suo impul­so che la lin­gua ucrai­na è sta­ta inse­gna­ta come mai in pre­ce­den­za, e come non è sta­ta inse­gna­ta altro­ve nei ter­ri­to­ri ucrai­ni sot­to l’occupazione polac­ca o rumena.

Ucrai­niz­za­zio­ne
Tut­ti i dipen­den­ti sta­ta­li dove­va­no, pena il licen­zia­men­to, impa­ra­re l’ucraino entro un anno. L’insegnamento e le pub­bli­ca­zio­ni in ucrai­no era­no siste­ma­ti­ca­men­te svi­lup­pa­ti. Nel 1926, il nuo­vo segre­ta­rio del Par­ti­to comu­ni­sta ucrai­no, Lazar Kaga­no­vich, chie­se che l’intero appa­ra­to sta­ta­le fos­se ucrai­niz­za­to. Tut­te que­ste misu­re por­ta­ro­no al fat­to che nel 1927 il 70% degli atti uffi­cia­li era scrit­to in lin­gua ucrai­na rispet­to al 20% del 1925. In rispo­sta a un son­dag­gio, il 39,8% dei dipen­den­ti sta­ta­li affer­ma­va di cono­sce­re bene l’ucraino e il 31,7% in modo sod­di­sfa­cen­te (il che è pro­ba­bil­men­te un’esagerazione). Più cer­ti sono i dati secon­do cui nel 1929 l’83% del­le scuo­le pri­ma­rie e il 66% del­le scuo­le secon­da­rie e del­le uni­ver­si­tà for­ni­va­no istru­zio­ne in ucrai­no. Nel 1932, l’88% dei perio­di­ci e il 77% dei libri pub­bli­ca­ti in Ucrai­na era­no in ucrai­no. La stes­sa poli­ti­ca ven­ne appli­ca­ta nei con­fron­ti degli ebrei, nume­ro­si in Ucrai­na, con lo svi­lup­po di scuo­le e pub­bli­ca­zio­ni yid­dish allo stes­so rit­mo. Lo sto­ri­co cana­de­se di ori­gi­ne ucrai­na Serhy Yekel­chyk ha con­clu­so da que­sti fat­ti: «Le auto­ri­tà sovie­ti­che han­no effet­ti­va­men­te con­tri­bui­to al com­ple­ta­men­to del pro­ces­so di costru­zio­ne di una nazio­ne ucrai­na».
La buro­cra­zia sovie­ti­ca era pre­oc­cu­pa­ta. Sta­lin, nel 1932, mise fine alla poli­ti­ca di ucrai­niz­za­zio­ne (così come allo svi­lup­po dell’idioma yid­dish). Per coin­ci­den­za, l’inverno del 1932‑1933 fu segna­to in Ucrai­na da una ter­ri­bi­le care­stia. La com­bi­na­zio­ne dei due even­ti por­tò nel 1933 al sui­ci­dio di Myko­la Skryp­nyk, lea­der del Par­ti­to Comu­ni­sta Ucrai­no che soste­ne­va l’ucrainizzazione, e del­lo scrit­to­re Myko­la Khvy­lo­vy, un gran­de difen­so­re e pro­mo­to­re del­la cul­tu­ra e del­la let­te­ra­tu­ra ucrai­na. Una poli­ti­ca di rus­si­fi­ca­zio­ne si mise len­ta­men­te in moto.
Nel mar­zo 1939, dopo aver smem­bra­to la Ceco­slo­vac­chia e pre­so il con­trol­lo del­la sua pro­vin­cia auto­no­ma del­la Rute­nia, Hitler lan­ciò il pro­get­to di una Gran­de Ucrai­na diret­to con­tro l’Urss, abban­do­na­to però non appe­na deci­se di avvi­ci­nar­si a Sta­lin. Nell’aprile del 1939 Tro­tsky scris­se: «La que­stio­ne ucrai­na è desti­na­ta a svol­ge­re un ruo­lo enor­me nel­la vita dell’Europa nel pros­si­mo futu­ro» e si dichia­rò a favo­re dell’indipendenza dell’Ucraina e del­la crea­zio­ne di una Repub­bli­ca socia­li­sta dell’Ucraina con­tro la dit­ta­tu­ra del­la buro­cra­zia stalinista.
Nel set­tem­bre 1939, l’Urss inva­se la Polo­nia e con­qui­stò la Gali­zia, poi, nel 1940, con­qui­stò due ter­ri­to­ri rume­ni abi­ta­ti da ucrai­ni, la Bes­sa­ra­bia meri­dio­na­le e la Buco­vi­na settentrionale.
Nell’estate del 1941, i con­ta­di­ni ucrai­ni in un pri­mo momen­to accol­se­ro con sim­pa­tia i sol­da­ti del­la Wehr­ma­cht, che incor­po­ra­va due bat­ta­glio­ni ucrai­ni del­la Gali­zia for­ma­ti sot­to l’egida dell’OUN‑Bandera (Orga­niz­za­zio­ne dei nazio­na­li­sti ucrai­ni, gui­da­ta da Ste­pan Ban­de­ra). L’altro ramo dell’OUN, gui­da­to da Andriy Mel­nyk, col­la­bo­ra­va n manie­ra più siste­ma­ti­ca con gli occu­pan­ti tede­schi, con l’aiuto del Comi­ta­to cen­tra­le dell’Ucraina con sede a Cra­co­via. I nazio­na­li­sti dell’OUN gui­da­ti da Ste­pan Ban­de­ra, pro­cla­ma­ro­no anche un’effimera repub­bli­ca ucrai­na “indi­pen­den­te” a Lvov (Leo­po­li), ponen­do­si sot­to la pro­te­zio­ne degli occu­pan­ti tede­schi. Yaro­slav Ste­tsko diven­ne capo di que­sto gover­no pro­cla­ma­to il 30 giu­gno 1941 a Leo­po­li, ma espli­ci­ta­men­te subor­di­na­to ad Adolf Hitler. Con­tem­po­ra­nea­men­te alla pro­cla­ma­zio­ne di que­sto “Sta­to” ucrai­no, i pri­mi pogrom scop­pia­ro­no “spon­ta­nea­men­te” a Leo­po­li e altro­ve, su isti­ga­zio­ne dei nazi­sti, e pri­ma che le Ein­sa­tz­grup­pen[3] inter­ve­nis­se­ro per lo ster­mi­nio siste­ma­ti­co di ebrei e zin­ga­ri (per ciò che era­no) e comu­ni­sti (per ciò che rappresentavano).

Ste­pan Bandera

L’OUN‑Melnik, soste­nu­ta dal­la Chie­sa unia­te, par­te­ci­pò alla crea­zio­ne, il 28 apri­le 1943, del­la Divi­sio­ne SS Waf­fen “Galit­chi­na” (Gali­zia­na), che poi con­fluì, all’inizio del 1945, insie­me ad altre for­ma­zio­ni nazi­ste, in un effi­me­ro “Eser­ci­to Nazio­na­le Ucrai­no” (UNA), la mag­gior par­te dei cui com­bat­ten­ti, ex SS, si arre­se­ro agli allea­ti anglo‑americani, che li aiu­ta­ro­no ad emi­gra­re in Canada.
Ma i nazi­sti, desi­de­ro­si di ridur­re gli ucrai­ni in schia­vi­tù, liqui­da­ro­no imme­dia­ta­men­te que­sto Sta­to fan­toc­cio e impri­gio­na­ro­no sia il suo auto­pro­cla­ma­to lea­der Yaro­slav Ste­tsko che Ste­pan Ban­de­ra: entram­bi furo­no poi rila­scia­ti alla fine del 1944. L’Organizzazione dei nazio­na­li­sti ucrai­ni (OUN) creò quin­di un eser­ci­to insur­re­zio­na­le ucrai­no (UPA), i cui par­ti­gia­ni pri­ma com­bat­te­ro­no mode­ra­ta­men­te con­tro la Wehr­ma­cht e poi fero­ce­men­te con­tro l’Armata Ros­sa, non appe­na que­sta ebbe ini­zia­to la sua avan­za­ta nel­la pri­ma­ve­ra del 1943.
I com­bat­ten­ti dell’UPA con­ti­nua­ro­no la lot­ta con­tro la sovie­tiz­za­zio­ne fino al 1950 (e in pic­co­li grup­pi fino al 1954) men­tre le SS e altri col­la­bo­ra­to­ri nazi­sti dell’OUN si riti­ra­ro­no con le trup­pe tede­sche nel 1944 o si arre­se­ro agli anglo‑americani, per poter par­te­ci­pa­re alla dia­spo­ra ucrai­na nel­le Ame­ri­che e in Australia.
L’OUN non era “il” movi­men­to nazio­na­le ucrai­no, ma solo la sua ala radi­ca­le, dall’ideologia fasci­sta. Fon­da­to nel 1929 in Gali­zia (sot­to il regi­me polac­co) sul­la base di un pro­gram­ma noto come “nazio­na­li­smo inte­gra­le”, rima­se per lun­go tem­po un feno­me­no “gali­zia­no”, ma oggi la mag­gior par­te dei nazio­na­li­sti ucrai­ni riven­di­ca la sua ere­di­tà, evi­den­zian­do la suc­ces­si­va con­ver­sio­ne dell’OUN a “idea­li democratici”.
Com­pa­gno d’armi di Ban­de­ra e come lui con­sa­cra­to come “eroe nazio­na­le” dopo la rivo­lu­zio­ne aran­cio­ne del 2004, Roman Shu­khe­vych coman­dò suc­ces­si­va­men­te un bat­ta­glio­ne ucrai­no del­la Wehr­ma­cht nel 1941, il bat­ta­glio­ne di poli­zia “Schu­tz­mann­schaft 201” desti­na­to alla repres­sio­ne dei par­ti­gia­ni in Bie­lo­rus­sia nel 1941‑42, e poi l’“Esercito insur­re­zio­na­le” (OUN‑UPA) fon­da­to da lui e “in nome di Ban­de­ra” nell’ottobre del 1943. L’OUN nel suo com­ples­so, l’OUN‑Bandera e l’UPA in par­ti­co­la­re, par­te­ci­pa­ro­no al geno­ci­dio nazi­sta. L’UPA ster­mi­nò i civi­li polac­chi in Voli­nia nel 1943. L’UPA com­bat­té prin­ci­pal­men­te con­tro l’Armata Ros­sa, i par­ti­gia­ni e gli eser­ci­ti polac­chi, ma si scon­trò anche con gli occu­pan­ti nazi­sti: non a cau­sa del­la diver­gen­za sugli obiet­ti­vi del Ter­zo Reich di annien­ta­re il giudeo‑bolscevismo, ma a cau­sa del rifiu­to di Hitler di ade­ri­re alle riven­di­ca­zio­ni di uno Sta­to indi­pen­den­te (sot­to il pro­tet­to­ra­to nazi­sta). Que­ste riven­di­ca­zio­ni, inco­rag­gia­te pri­ma del­la guer­ra da alcu­ni cir­co­li nazi­sti – in par­ti­co­la­re Alfred Rosen­berg e l’Abwehr[4] – era­no ovvia­men­te incom­pa­ti­bi­li con il “Gene­ral­plan Ost” di Ber­li­no[5], un pia­no nazi­sta di colo­niz­za­zio­ne dell’Urss e di eli­mi­na­zio­ne fisi­ca o ridu­zio­ne in schia­vi­tù degli “Unter­men­schen” (subu­ma­ni), ucrai­ni compresi.

Nazio­na­li­smo sta­li­ni­sta russo
Dopo la vit­to­ria sui nazi­sti, Sta­lin svi­lup­pò un nazio­na­li­smo rus­so che carat­te­riz­zò sem­pre più la nomen­kla­tu­ra e di cui il nazio­na­li­smo di Putin rap­pre­sen­ta un’eredità. Que­sto nazio­na­li­smo rus­so sfo­ciò in un anti­se­mi­ti­smo sem­pre più bru­ta­le dal 1949 in poi e ad una poli­ti­ca acce­le­ra­ta di rus­si­fi­ca­zio­ne in Ucrai­na. Niki­ta Chruščëv, evo­can­do la depor­ta­zio­ne di cin­que dei cir­ca dodi­ci popo­li depor­ta­ti da Sta­lin tra il 1937 e il 1944, dichia­rò nel suo rap­por­to segre­to del feb­bra­io 1956 al XX Con­gres­so del PCUS: «Gli ucrai­ni han­no evi­ta­to que­sto desti­no solo per­ché era­no trop­po nume­ro­si e per­ché non c’era posto per depor­tar­li. Altri­men­ti, anche loro sareb­be­ro sta­ti depor­ta­ti». Que­sta bat­tu­ta, che fece ride­re il con­gres­so, era un rifles­so cari­ca­tu­ra­le dell’avversione di Sta­lin per ogni riven­di­ca­zio­ne nazio­na­le degli ucraini.
Nel 1945, la scon­fit­ta dell’Asse e dei gover­ni lega­ti a Ber­li­no per­mi­se all’Urss di con­so­li­da­re que­ste con­qui­ste ter­ri­to­ria­li: per la pri­ma vol­ta nel­la sto­ria tut­ti i ter­ri­to­ri per lo più popo­la­ti da ucrai­ni furo­no riu­ni­ti in una Repub­bli­ca ucrai­na dota­ta degli attri­bu­ti di una sovra­ni­tà pura­men­te for­ma­le (l’Ucraina ave­va un rap­pre­sen­tan­te all’ONU e un mini­stro degli este­ri). Ma i par­ti­gia­ni nazio­na­li­sti dell’UPA con­trol­la­va­no mol­ti vil­lag­gi fino ai pri­mi anni 50, come in Lituania.
La Secon­da guer­ra mon­dia­le ha deva­sta­to l’Ucraina, distrut­to le sue gran­di cit­tà e la mag­gior par­te dei suoi vil­lag­gi, del­le sue fat­to­rie, del­le sue fab­bri­che. Un gior­no d’estate del 1945, Chruščëv arri­vò nel suo vil­lag­gio nata­le, dove sco­prì uno spet­ta­co­lo deso­lan­te che descris­se al Comi­ta­to Cen­tra­le nel 1957: «Non han­no caval­li, car­ri, pane. […] Non voglio­no lavo­ra­re nel kol­choz. Per il loro lavo­ro rice­vo­no solo nespo­le».
Dal 1945 fino alla cadu­ta dell’Urss, l’Ucraina fu sot­to­po­sta a una poli­ti­ca di rus­si­fi­ca­zio­ne, aggra­va­ta dal­la lot­ta spie­ta­ta con­tro i par­ti­gia­ni di Ban­de­ra, che mobi­li­tò miglia­ia di uomi­ni e bene­fi­ciò nell’Ucraina occi­den­ta­le dell’aiuto di gran par­te del­la popo­la­zio­ne con­ta­di­na. Per un bre­ve momen­to, sot­to l’impulso di Beri­ja, con­sa­pe­vo­le del­la gran­dez­za del­la cri­si eco­no­mi­ca, socia­le e poli­ti­ca che afflig­ge­va l’Urss alla mor­te di Sta­lin, il Crem­li­no cer­cò di allen­ta­re un po’ il con­trol­lo. Il 26 mag­gio 1953, Beri­ja fece adot­ta­re al Pre­si­dium una deci­sio­ne che sot­to­li­nea­va i fal­li­men­ti del­la repres­sio­ne nel­le pro­vin­ce occi­den­ta­li dell’Ucraina. Dal 1944 al 1952, evi­den­ziò, più di mez­zo milio­ne di abi­tan­ti ne era sta­to vit­ti­ma: in 203.000 era­no sta­ti depor­ta­ti e 153.000 fuci­la­ti. La rus­si­fi­ca­zio­ne era sta­ta bru­ta­le: su 311 qua­dri diri­gen­ti, solo 18 pro­ve­ni­va­no dal­la regio­ne, in cui l’istruzione supe­rio­re era qua­si esclu­si­va­men­te in rus­so. La riso­lu­zio­ne affer­ma che «l’uso stu­pi­do del­la repres­sio­ne susci­ta solo il mal­con­ten­to del­la popo­la­zio­ne e dan­neg­gia la lot­ta con­tro i nazio­na­li­sti bor­ghe­si». Il Pre­si­dium sosti­tuì il rus­so Leo­nis Mel­ni­kov come pri­mo segre­ta­rio del Par­ti­to Comu­ni­sta d’Ucraina con il suo vice ucrai­no, Ale­xei Kiri­chen­ko, e nomi­nò lo scrit­to­re uffi­cia­le, let­te­ra­ria­men­te incon­si­sten­te ma ucrai­no, Olek­san­dr Kor­niy­chuk, pri­mo vice­pre­si­den­te del Con­si­glio dei mini­stri dell’Ucraina. Ordi­nò inol­tre di «por­re fine radi­cal­men­te all’arbitrarietà e alle ille­ga­li­tà com­piu­te da alcu­ni qua­dri con­tro la popo­la­zio­ne».
Que­sto bre­ve miglio­ra­men­to fu sospe­so dopo l’arresto di Beri­ja nel giu­gno 1953 e la sua ese­cu­zio­ne in dicem­bre. Da Chruščëv a Bréž­nev, la rus­si­fi­ca­zio­ne dell’Ucraina con­ti­nuò e i ten­ta­ti­vi degli intel­let­tua­li ucrai­ni di difen­de­re la cul­tu­ra ucrai­na, anche i più mode­sti, furo­no bru­tal­men­te repressi.

Indi­pen­den­za e sac­cheg­gio dell’Ucraina
La cadu­ta dell’Urss por­tò al suo sman­tel­la­men­to. Il 24 ago­sto 1991, Leo­nid Kra­včuk, l’ex segre­ta­rio all’ideologia del Par­ti­to Comu­ni­sta Ucrai­no, fece vota­re l’indipendenza dell’Ucraina con 346 voti a favo­re, un voto con­tra­rio e 3 asten­sio­ni. Il 30 ago­sto 1991, la Rada mise fuo­ri leg­ge il Par­ti­to Comu­ni­sta Ucraino.
Gli anti­chi lea­der dell’Ucraina sovie­ti­ca (diri­gen­ti del PCUS e diret­to­ri di impre­se) man­ten­ne­ro le leve del pote­re: come gli oli­gar­chi rus­si, orga­niz­za­ro­no un gran­de sac­cheg­gio del Pae­se e riven­det­te­ro ai Pae­si occi­den­ta­li al prez­zo del mer­ca­to mon­dia­le il gas ven­du­to dal­la Rus­sia a prez­zi bas­si. Pro­vo­ca­ro­no un disa­stro socia­le: nel 1992 l’inflazione era del 2500%, nel 1993 era del 100% al mese. Nel 1995, tre quar­ti del­la popo­la­zio­ne vive­va­no uffi­cial­men­te al di sot­to del­la soglia di povertà.
Da allo­ra, l’Ucraina è uno dei cam­pio­ni mon­dia­li di sac­cheg­gi e cor­ru­zio­ne; nel 2009 è sta­ta con­si­de­ra­ta da Trans­pa­ren­cy Inter­na­tio­nal il Pae­se più cor­rot­to al mon­do. La poli­ti­ca e gli affa­ri sono intrec­cia­ti; gli impren­di­to­ri si can­di­da­no alle ele­zio­ni per difen­de­re la pro­pria atti­vi­tà o crea­no par­ti­ti a que­sto sco­po. Nel 2002, l’oligarca Vic­tor Pin­chuk spo­sò Hele­na, figlia di Leo­nid Kuč­ma[6]. Nel 2009 la sua for­tu­na ammon­ta­va a 2,2 miliar­di di dollari.
Un altro esem­pio è illu­mi­nan­te nel­la misu­ra in cui rap­pre­sen­ta il più com­ple­to dell’intera gal­le­ria: Pavlo Laza­ren­ko, pri­mo mini­stro dal mag­gio 1996 al luglio 1997, che coniu­ga­va la sua atti­vi­tà di pre­mier con il busi­ness dell’energia (gas) e del­le comu­ni­ca­zio­ni, in stret­ta col­la­bo­ra­zio­ne con la futu­ra stel­la caden­te Juli­ja Tymošen­ko. Tra­sfe­rì le cen­ti­na­ia di milio­ni di dol­la­ri che ave­va ruba­to in ban­che sta­tu­ni­ten­si, sviz­ze­re e carai­bi­che. Kuč­ma, anch’egli mol­to cor­rot­to, si sba­raz­zò di lui nel luglio 1997. Laza­ren­ko fug­gì in Sviz­ze­ra con un pas­sa­por­to pana­men­se. Arre­sta­to nel 1999 e dete­nu­to per poco tem­po, ripa­rò negli Sta­ti Uni­ti, dove è sta­to poi con­dan­na­to e impri­gio­na­to per rici­clag­gio di dena­ro. Di Laza­ren­ko se ne con­ta­no dozzine …
Nel 2004, alla vigi­lia del­la fine del suo man­da­to, Kuč­ma ven­det­te in tut­ta fret­ta una cor­po­sa serie di azien­de ad alcu­ni fami­lia­ri a prez­zi mol­to com­pe­ti­ti­vi. Così, ven­det­te il più gran­de impian­to metal­lur­gi­co del pae­se, Kry­vo­ri­z­h­stal, a suo gene­ro Pin­chuk e Rinat Ach­me­tov, per 800 milio­ni di dol­la­ri, cioè un sesto del suo valo­re rea­le. Nell’ottobre 2005, Mittal‑Arcelor Steel Com­pa­ny acqui­stò la socie­tà dai due ami­ci per 4,8 miliar­di di dollari.
La cor­ru­zio­ne dei poli­ti­ci ucrai­ni è abis­sa­le. Vik­tor Janu­ko­vyč, il pre­si­den­te estro­mes­so nel 2014, è sta­to con­dan­na­to due vol­te in gio­ven­tù, una vol­ta per fur­to e la secon­da per van­da­li­smo. In segui­to affer­mò di aver con­se­gui­to dei diplo­mi, che in real­tà era­no sta­ti acqui­sta­ti, secon­do un’usanza dif­fu­sa in Unio­ne Sovie­ti­ca, dove i prez­zi era­no noti a tut­ti. Era famo­so sia per la sua man­can­za di cul­tu­ra che per la sua avi­di­tà. Le rare vol­te in cui dove­va com­pi­la­re un docu­men­to scrit­to, lo riem­pi­va di erro­ri di orto­gra­fia. Si fir­ma­va “pro­fes­so­re”, ma scri­ve­va la paro­la con due “f” e una sola “s”. Pro­prie­ta­rio di una lus­suo­sa vil­la costrui­ta su 130 etta­ri di ter­re­no alla peri­fe­ria di Kiev, era a capo di un clan mafio­so di cui suo figlio Olek­san­dr Janu­ko­vyč era uno dei col­le­ga­men­ti. Il clan Janu­ko­vyč ha suc­chia­to da 7 a 10 miliar­di di dol­la­ri all’anno dall’Ucraina. La for­tu­na di suo figlio è sti­ma­ta in 550 milio­ni di dol­la­ri. Pre­si­den­te del­la Mana­ge­ment Asse­ts Com­pa­ny (MAKO) con sede a Done­tsk, pos­sie­de diver­se hol­ding in Ucrai­na, Sviz­ze­ra e Pae­si Bas­si e ven­de car­bo­ne attra­ver­so una socie­tà a Gine­vra. Le sue socie­tà dal 2010 han­no costan­te­men­te vin­to le gare d’appalto ban­di­te dal­le auto­ri­tà ucrai­ne. Ha pre­so sot­to il suo con­trol­lo i ser­vi­zi dell’amministrazione fisca­le, del­le doga­ne e del­la sicurezza.

Vik­tor Janukovyč

Il pri­mo mini­stro di Janu­ko­vyč, Myko­la Aza­rov, pro­prie­ta­rio di un jet pri­va­to, si rifu­giò a Vien­na, dove risie­de suo figlio Olek­san­dr, atti­vo nel­la costru­zio­ne di hotel di lus­so, a capo del­la LADA Hol­ding Anstalt, con sede in Austria, col­le­ga­men­to di una com­ples­sa rete di socie­tà gesti­te da altri cacic­chi del regi­me. Vita­liy Zakhar­chen­ko, mini­stro dell’Interno nel 2011 e alla testa dell’Agenzia del Fisco nel 2012, è pro­prie­ta­rio con la moglie Liud­mi­la di diver­se socie­tà com­mer­cia­li, soprat­tut­to nei Pae­si Bas­si, e del­la com­pa­gnia assi­cu­ra­ti­va Star‑Polis, coin­vol­ta in uno scan­da­lo nel 2013: i ser­vi­zi di poli­zia respon­sa­bi­li del rila­scio dei pas­sa­por­ti impo­ne­va­no ai richie­den­ti di sti­pu­la­re un’assicurazione con Star‑Polis.
L’odio susci­ta­to nel Pae­se con­tro i bene­fi­cia­ri di que­sta vera mafia e di un par­la­men­to anch’esso gre­mi­to – e qua­si esclu­si­va­men­te – di cri­mi­na­li, fece sol­le­va­re nel 2004 la popo­la­zio­ne, che però ven­ne abil­men­te dirot­ta­ta ver­so la cosid­det­ta Rivo­lu­zio­ne Aran­cio­ne. L’odio era appun­to tale che Juli­ja Tymošen­ko, nomi­na­ta pri­mo mini­stro dal nuo­vo pre­si­den­te Vik­tor Juščen­ko, annun­ciò una revi­sio­ne del­le pre­ce­den­ti pri­va­tiz­za­zio­ni per ren­der­si popo­la­re, semi­nan­do però il pani­co tra gli oli­gar­chi e i ban­chie­ri stra­nie­ri che gesti­va­no i depo­si­ti accu­ra­ta­men­te tra­sfe­ri­ti degli oli­gar­chi sac­cheg­gia­to­ri. Tymošen­ko fece mar­cia indie­tro e si limi­tò a rive­de­re solo mar­gi­nal­men­te alcu­ne pri­va­tiz­za­zio­ni mino­ri. Il suo gover­no fu pre­sto col­pi­to da scan­da­li del­lo stes­so tipo del­le pri­va­tiz­za­zio­ni di Kuč­ma. Così, il suo mini­stro del­la Giu­sti­zia, Roman Zva­rych, che a dispet­to del nome che por­ta è un ex cit­ta­di­no ame­ri­ca­no, votò con­tro una leg­ge coor­di­na­ta fra Tymošen­ko e Putin, che vie­ta­va la riven­di­ta in Euro­pa da par­te dell’Ucraina a prez­zo mon­dia­le del gas rus­so che l’Ucraina stes­sa acqui­sta­va a un prez­zo pre­fe­ren­zia­le. Que­sta riven­di­ta ille­ga­le era una del­le prin­ci­pa­li fon­ti di pro­fit­ti ille­ci­ti per gli oli­gar­chi ucrai­ni, e la moglie di Zva­rych ne era un’organizzatrice.
Un’altra suc­co­sa pra­ti­ca mafio­sa con­si­ste­va in cer­ti­fi­ca­ti frau­do­len­ti otte­nu­ti da fun­zio­na­ri cor­rot­ti per dichia­ra­re mer­ci ven­du­te all’estero come se fos­se­ro sta­te ven­du­te in Ucrai­na, in modo da otte­ne­re rim­bor­si IVA da sot­trar­re total­men­te alle cas­se del­lo Stato.

Par­ti­ti banditi
La vita poli­ti­ca ucrai­na è segna­ta da un elen­co di par­ti­ti tut­ti lega­ti a un clan impren­di­to­ria­le, dove tut­to vie­ne com­pra­to. I depu­ta­ti mone­tiz­za­no il loro cam­bio di grup­po par­la­men­ta­re: il prez­zo varia da 5 a 7 milio­ni di dol­la­ri … in un Pae­se in cui la mag­gior par­te dei pen­sio­na­ti per­ce­pi­sce meno di 200 euro al mese. In ogni caso, que­sto è il prez­zo paga­to da Vik­tor Janu­ko­vyč nel 2006 quan­do diven­ne pri­mo mini­stro di Vik­tor Juščen­ko … con­tro il qua­le si era can­di­da­to alle ele­zio­ni pre­si­den­zia­li del 2004, che ave­va per­so dopo aver affer­ma­to che Juščen­ko le ave­va vin­te gra­zie al ver­go­gno­so traf­fi­co di voti che ave­va sol­le­va­to deci­ne di miglia­ia di ucrai­ni con­tro di lui.
Nul­la è cam­bia­to dopo “Euro­mai­dan” in que­sto calei­do­sco­pio di par­ti­ti vir­tua­li incan­cre­ni­ti dal­la cor­ru­zio­ne, dove tut­to vie­ne ven­du­to e com­pra­to. Così, ad esem­pio, nel­le ele­zio­ni comu­na­li del 25 mag­gio 2014 a Odes­sa, i due con­cor­ren­ti che si fron­teg­gia­va­no era­no entram­bi total­men­te cor­rot­ti: Eduard Gur­wi­ts (il cui par­ti­to, UDAR, otten­ne il 32% dei voti) è sta­to, dal 1990, più vol­te accu­sa­to di col­lu­sio­ne con i ribel­li cece­ni e ultra­na­zio­na­li­sti ucrai­ni, di lega­mi con ban­de mafio­se, di cor­ru­zio­ne. La repu­ta­zio­ne di Gen­na­diy Tru­kha­nov (vin­ci­to­re del­le ele­zio­ni, con il 43,5% dei voti, ex depu­ta­to del Par­ti­to del­le Regio­ni) non è miglio­re. È accu­sa­to di aver fat­to par­te del mon­do cri­mi­na­le negli anni 90 e di esse­re rima­sto vici­no a figu­re di spic­co del­la mafia.
Porošen­ko[7], pro­prie­ta­rio del Cana­le 5, ha ini­zia­to la sua car­rie­ra impren­di­to­ria­le impor­tan­do fave di cacao e poi ha rile­va­to fab­bri­che di cioc­co­la­to per for­ma­re la socie­tà Roshen. Elet­to depu­ta­to nel 1998, potreb­be esse­re l’immagine per­fet­ta del vol­ta­gab­ba­na, se i par­ti­ti poli­ti­ci ucrai­ni fos­se­ro veri par­ti­ti. Si unì pri­ma al Par­ti­to social­de­mo­cra­ti­co (che è social­de­mo­cra­ti­co solo nel nome) del pre­si­den­te mafio­so Kuč­ma, poi, nel 2000, creò Soli­da­rie­tà, che si unì al Par­ti­to del­le Regio­ni di Vik­tor Janu­ko­vyč lo stes­so anno. Nel 2001 si è uni­to a Nostra Ucrai­na, il bloc­co di Vik­tor Juščen­ko, che era il padri­no del­le sue figlie. Pre­si­den­te del Con­si­glio di Ammi­ni­stra­zio­ne del­la Ban­ca Nazio­na­le, è diven­ta­to Mini­stro degli Este­ri nell’ottobre 2009 fino alla pri­ma­ve­ra del 2010. Entrò nel gover­no del Par­ti­to del­le Regio­ni, diven­tan­do per alcu­ni mesi il mini­stro del­lo svi­lup­po eco­no­mi­co di Janukovyč.

L’intervento degli Sta­ti Uniti
Dal­la metà degli anni 1990, i lea­der sta­tu­ni­ten­si han­no col­to l’importanza geo­po­li­ti­ca dell’Ucraina, anche se han­no soste­nu­to l’allora pre­si­den­te rus­so Boris Eltsin, che, affian­ca­to da con­si­glie­ri ame­ri­ca­ni, pri­va­tiz­za­va a tut­to spia­no. Nel­la rivi­sta Forei­gn Affairs, nel 1994, Zbi­gniew Brze­zin­ski, ex con­si­glie­re di Jim­my Car­ter, scris­se: «Sen­za l’Ucraina, la Rus­sia ces­sa di esse­re un impe­ro». Alla fine degli anni 90, l’Ucraina era il ter­zo Pae­se al mon­do più “bene­fi­cia­to” dagli aiu­ti finan­zia­ri ame­ri­ca­ni, dopo Israe­le ed Egit­to. Que­sta luna di mie­le si inter­rup­pe per un momen­to all’inizio del 2003, quan­do Bush appre­se che Kuč­ma ave­va ven­du­to all’Iraq armi per un valo­re di cen­to milio­ni di dol­la­ri e che ave­va pro­mes­so di ven­der­gli il siste­ma radar Kol­chu­ga (maglia di fer­ro), che con­sen­ti­va di indi­vi­dua­re i bom­bar­die­ri ame­ri­ca­ni cosid­det­ti non rilevabili.
Zbi­gniew Brze­zin­ski, per il qua­le l’Ucraina era un obiet­ti­vo stra­te­gi­co, defi­nì nel 1997 un pro­gram­ma per lo sman­tel­la­men­to del­la Rus­sia in tre Sta­ti fan­toc­cio: la Rus­sia euro­pea, la Repub­bli­ca di Sibe­ria e la Repub­bli­ca d’Estremo Orien­te. Que­sto sman­tel­la­men­to avreb­be allar­ga­to ad est l’Unione e avreb­be dovu­to esse­re accom­pa­gna­to dall’adesione dell’Ucraina alla NATO e dal­la tota­le subor­di­na­zio­ne del­le ex repub­bli­che peri­fe­ri­che sovie­ti­che agli Sta­ti Uni­ti e alle sue mul­ti­na­zio­na­li. Brze­zin­ski affer­mò per­tan­to che «la Rus­sia dovrà ras­se­gnar­si all’inevitabile, cioè alla con­ti­nua­zio­ne dell’allargamento del­la NATO […] nel­lo spa­zio ex sovie­ti­co». Sosten­ne la neces­si­tà di «un siste­ma poli­ti­co decen­tra­liz­za­to e un’economia di libe­ro mer­ca­to» che per­met­tes­se «di libe­ra­re il poten­zia­le crea­ti­vo del popo­lo rus­so e le vaste riser­ve di risor­se natu­ra­li del­la Rus­sia» final­men­te acces­si­bi­li alle mul­ti­na­zio­na­li nor­da­me­ri­ca­ne (Forei­gn Affairs, 9/10/1997).
Gli Sta­ti Uni­ti si impe­gna­ro­no dun­que a soste­ne­re la rivo­lu­zio­ne aran­cio­ne del 2004, che è sta­ta mon­ta­ta sul­la pro­te­sta del­le mas­se popo­la­ri con­tro la cor­ru­zio­ne del siste­ma Kuč­ma e il suo ten­ta­ti­vo di truc­ca­re le ele­zio­ni pre­si­den­zia­li per eleg­ge­re il suo can­di­da­to, Vik­tor Janu­ko­vyč. Il loro can­di­da­to al pote­re, Vik­tor Juščen­ko, ave­va spo­sa­to nel 1998 una cit­ta­di­na ame­ri­ca­na di ori­gi­ne ucrai­na, Kate­ry­na Chu­ma­chen­ko, ex fun­zio­na­ria del Dipar­ti­men­to di Sta­to. Cir­con­da­to da con­si­glie­ri ame­ri­ca­ni, Juščen­ko assun­se come con­si­glie­re spe­cia­le Boris Nem­tsov, l’uomo che ave­va dichia­ra­to nel 1997: «Dob­bia­mo attua­re una serie di dolo­ro­se misu­re impo­po­la­ri … e por­re fine alle innu­me­re­vo­li pre­sta­zio­ni socia­li».
Duran­te le ele­zio­ni legi­sla­ti­ve in Ucrai­na del 2005, Le Mon­de pub­bli­cò un arti­co­lo inti­to­la­to: “I con­si­glie­ri ame­ri­ca­ni al cen­tro del­la cam­pa­gna”. Il repub­bli­ca­no Paul Mana­fort, capo del­la socie­tà di lob­by­ing Black, Mana­fort, Sto­ne & Kel­ly, ven­ne invi­ta­to a Kiev all’inizio del 2005 dall’oligarca Rinat Ach­me­tov per gesti­re la cam­pa­gna del Par­ti­to del­le Regio­ni di Janu­ko­vyč per 150.000/200.000 al mese. L’ex capo del­le comu­ni­ca­zio­ni di Bill Clin­ton, Joe Loc­khart, lavo­ra­va con il bloc­co di Juli­ja Tymošen­ko (BLouT) e Stan Ander­son, un lob­bi­sta di Washing­ton, diri­ge­va una task for­ce per il par­ti­to La Nostra Ucrai­na di Juščen­ko. Tut­ti, secon­do Le Mon­de, «si rifiu­ta[ro]no di rila­scia­re dichia­ra­zio­ni».
Le Mon­de del 27 e 28 feb­bra­io 2005 ha descrit­to la cate­na di isti­tu­zio­ni ame­ri­ca­ne pre­sen­ti in Kir­ghi­zi­stan duran­te la “Rivo­lu­zio­ne dei tuli­pa­ni” che rove­sciò il pre­si­den­te Askar Akayev: «Alla vigi­lia del­le ele­zio­ni, l’intero arse­na­le di fon­da­zio­ni ame­ri­ca­ne che han­no soste­nu­to le oppo­si­zio­ni in Ser­bia, Geor­gia e Ucrai­na è sta­to schie­ra­to a Bish­kek, in par­ti­co­la­re il Natio­nal Demo­cra­tic Insti­tu­te […] Tut­to ciò su cui il Kir­ghi­zi­stan fa affi­da­men­to come socie­tà civi­le è finan­zia­to da fon­da­zio­ni o da aiu­ti diret­ti occi­den­ta­li, pri­mo fra tut­ti il pro­gram­ma sta­ta­le sta­tu­ni­ten­se USAid». Si trat­ta di una poli­ti­ca gene­ra­le mes­sa in atto negli Sta­ti pro­ve­nien­ti dal­la cadu­ta dell’Urss, quin­di gli Sta­ti Uni­ti han­no mes­so Too­mas Hen­drik Ilves a capo del­la poli­ti­ca esto­ne. Nato nel 1953 a Stoc­col­ma, dove i suoi geni­to­ri era­no emi­gra­ti nel 1944 pri­ma di par­ti­re nel 1956 per gli Sta­ti Uni­ti, Ilves ven­ne assun­to nel 1984 da Radio Free Euro­pe, la radio anti­so­vie­ti­ca con sede a Mona­co di Bavie­ra e ne diven­ne diret­to­re del ser­vi­zio esto­ne fino al 1993, quan­do fece ritor­no in Esto­nia. Dopo esse­re sta­to nomi­na­to amba­scia­to­re esto­ne negli Sta­ti Uni­ti, rinun­ciò alla sua nazio­na­li­tà ame­ri­ca­na. Nomi­na­to Mini­stro degli Affa­ri Este­ri nel 1996, orga­niz­zò l’istituzione del­la diplo­ma­zia esto­ne, inte­ra­men­te incen­tra­ta sull’adesione all’Unione euro­pea e alla NATO. Poi elet­to euro­de­pu­ta­to, è diven­ta­to pre­si­den­te dell’Estonia dal 9 otto­bre 2006 al 10 otto­bre 2016.
Gli Sta­ti Uni­ti han­no anche mes­so il loro ex fun­zio­na­rio Val­das Ada­m­kus alla pre­si­den­za del­la Litua­nia due vol­te (dal feb­bra­io 1998 al feb­bra­io 2003, poi dal luglio 2004 al luglio 2009). Nato in Litua­nia, Ada­m­kus pre­stò ser­vi­zio nel­la Wehr­ma­cht nel 1944, la seguì in pen­sio­ne in Ger­ma­nia, emi­grò negli Sta­ti Uni­ti nel 1949, pre­stò ser­vi­zio nei ser­vi­zi segre­ti dell’esercito sta­tu­ni­ten­se, si unì al Par­ti­to Repub­bli­ca­no e fu nomi­na­to da Rea­gan nel 1981 in una posi­zio­ne nell’amministrazione fede­ra­le che ha tenu­to fino al suo pen­sio­na­men­to nel 1997. Par­tì imme­dia­ta­men­te per il suo ex Pae­se, di cui, seb­be­ne fino ad allo­ra sco­no­sciu­to, diven­ne pre­si­den­te alla velo­ci­tà del­la luce … il che la dice lun­ga sul­le vir­tù per­sua­si­ve dei con­si­glie­ri ame­ri­ca­ni. Poco dopo Washing­ton mise a Pri­sti­na, a capo del­la pre­sun­ta Repub­bli­ca indi­pen­den­te del Koso­vo, una per­so­na di sua fidu­cia, Ati­fe­te Jah­ja­ga, una poli­ziot­ta tren­ten­ne edu­ca­ta negli Sta­ti Uniti.
A quel pun­to, era l’Ucraina ad esse­re diven­ta­ta un pro­ble­ma tra Rus­sia e Sta­ti Uni­ti attra­ver­so l’Unione Euro­pea. Janu­ko­vyč si era impe­gna­to a fir­ma­re un accor­do di asso­cia­zio­ne con l’Unione euro­pea che gli ave­va pro­mes­so un pre­sti­to di 610 milio­ni di dol­la­ri in cam­bio di dra­sti­che misu­re eco­no­mi­che e socia­li di cui si sareb­be occu­pa­to il Fmi (rad­dop­pio del prez­zo del gas, ridu­zio­ne e suc­ces­si­va abo­li­zio­ne degli stan­zia­men­ti gover­na­ti­vi nel­le minie­re del Don­bass, ecc.). Janu­ko­vyč teme­va un’esplosione socia­le e quan­do Putin gli offrì un pre­sti­to di 15 miliar­di di dol­la­ri sen­za con­di­zio­ni, col­se al volo l’occasione. I suoi avver­sa­ri, facen­do leva sul discre­di­to in seno alla popo­la­zio­ne, e aper­ta­men­te soste­nu­ti dall’Unione Euro­pea e dall’Occidente, pre­se­ro la pal­la al bal­zo: orga­niz­za­ro­no l’occupazione di Piaz­za Indi­pen­den­za[8], dove poli­ti­ci ame­ri­ca­ni ed euro­pei ven­ne­ro ad arrin­ga­re la fol­la con­trol­la­ta dai neo­na­zi­sti di Svo­bo­da e Pra­vy Sek­tor, che rap­pre­sen­ta­va­no la for­za d’urto del­la cosid­det­ta “rivo­lu­zio­ne” di Mai­dan aven­do mes­so fuo­ri gio­co gli atti­vi­sti sin­da­ca­li. Il gover­no di Janu­ko­vyč, sen­za alcun soste­gno nel­la popo­la­zio­ne, crol­lò nel giro di pochi gior­ni. I neo­na­zi­sti entra­no nel pri­mo gover­no “rivo­lu­zio­na­rio”. Trop­po appa­ri­scen­ti, soprat­tut­to dopo il mas­sa­cro dei filo‑russi a Odes­sa, mor­ti nel­la Casa dei sin­da­ca­ti nell’incendio da loro stes­si appic­ca­to, furo­no esclu­si dal gover­no for­ma­to da Petro Poro­shen­ko dopo le ele­zio­ni pre­si­den­zia­li del 25 mag­gio 2014.

Scon­tri a Piaz­za Maidan

Mol­ti poli­ti­ci ame­ri­ca­ni, tra cui John Mac Cain, han­no mani­fe­sta­to a Mai­dan tra dicem­bre 2013 e gennaio‑febbraio 2014. Secon­do la vice segre­ta­ria di Sta­to degli Usa, Vic­to­ria Nuland, gli ame­ri­ca­ni han­no spe­so 5 miliar­di di dol­la­ri per “demo­cra­tiz­za­re” l’Ucraina, cioè per com­pra­re gli sca­gnoz­zi neces­sa­ri a radi­car­la nell’Unione euro­pea. Forei­gn Affairs affer­ma: «Gli Sta­ti Uni­ti e i loro allea­ti euro­pei con­di­vi­do­no la mag­gior par­te del­la respon­sa­bi­li­tà del­la cri­si. La radi­ce del pro­ble­ma è l’allargamento del­la NATO, l’elemento cen­tra­le di una stra­te­gia più ampia per por­ta­re l’Ucraina fuo­ri dall’orbita del­la Rus­sia e in Occi­den­te» (9/10/2014).
Come penul­ti­mo atto di que­sto inter­ven­to, Poro­shen­ko for­mò all’inizio di mar­zo 2014 un nuo­vo gover­no che inclu­de­va un ame­ri­ca­no, un geor­gia­no e un litua­no in posi­zio­ni chia­ve. Nata­lie Jare­sko, un’ucraino‑americana che ave­va lavo­ra­to per il Dipar­ti­men­to di Sta­to degli Sta­ti Uni­ti e per un fon­do di inve­sti­men­to ucrai­no finan­zia­to dal Con­gres­so degli Sta­ti Uni­ti, diven­ne mini­stro del­le finan­ze. Il litua­no Aiva­ras Abro­ma­vičius, con­di­ret­to­re di un fon­do di inve­sti­men­to sve­de­se, fu nomi­na­to mini­stro dell’Economia e il geor­gia­no Ale­xan­der Kvi­ta­sh­vi­li, ex mini­stro del­la Sani­tà in Geor­gia, ebbe lo stes­so inca­ri­co in Ucrai­na. Poro­shen­ko dis­se di aver con­ces­so loro la cit­ta­di­nan­za ucrai­na la mat­ti­na stes­sa del­la loro nomi­na. Ave­va offer­to a Mijeil Saa­ka­sh­vi­li, l’ex pre­si­den­te del­la Geor­gia inse­dia­to dagli Sta­ti Uni­ti in que­sta posi­zio­ne nel 2003, la posi­zio­ne di vice pri­mo mini­stro, ma Saa­ka­sh­vi­li avreb­be dovu­to pren­de­re la nazio­na­li­tà ucrai­na, sic­ché rifiu­tò per riser­var­si inca­ri­chi più vantaggiosi.
Que­sto gover­no di fer­ro ave­va una mis­sio­ne affi­da­ta­gli dal Fmi: tri­pli­ca­re il prez­zo del gas, ridur­re alcu­ne pen­sio­ni del 15%, ecc., Tut­te «misu­re mol­to male accol­te», secon­do il pri­mo mini­stro Arse­niy Yatse­nyuk. All’inizio di mar­zo 2014, il gover­no Poro­shen­ko annun­ciò che metà del­le socie­tà rima­ste nel­le mani del­lo Sta­to sareb­be­ro sta­te ven­du­te nel perio­do 2015‑2016: si trat­ta­va di 1200‑1500 socie­tà. Il mini­stro del­le Finan­ze, Nata­lia Jare­sko, ex fun­zio­na­rio del Dipar­ti­men­to di Sta­to degli Sta­ti Uni­ti, dichia­rò: «Pri­va­tiz­ze­re­mo tut­to ciò che può esse­re pri­va­tiz­za­to. Abbia­mo in pro­gram­ma di ini­zia­re quest’anno». Tut­ta­via, l’Istituto di eco­no­mia e pre­vi­sio­ne ucrai­no evi­den­ziò nel suo rap­por­to annua­le «un dete­rio­ra­men­to degli indi­ca­to­ri finan­zia­ri nel­le impre­se pri­va­tiz­za­te. Con il pre­te­sto del­la pri­va­tiz­za­zio­ne, que­ste azien­de sono sta­te sem­pli­ce­men­te sac­cheg­gia­te e i capi­ta­li sono spa­ri­ti», spie­gan­do di teme­re che «cer­ti oli­gar­chi entre­ran­no in guer­ra per le restan­ti com­pa­gnie» (Cour­rier-Inter­na­tio­nal, 26/3‑1/4/2015).
Il depu­ta­to del­la CDU[9] Karl‑Georg Well­mann, cofon­da­to­re insie­me a Ber­nard Henry‑Lévy e al depu­ta­to con­ser­va­to­re bri­tan­ni­co Lord Risby of Haver­vill, dell’Agenzia di Moder­niz­za­zio­ne dell’Ucraina (AMU) dichia­rò: «L’Ucraina ha biso­gno di un Pia­no Mar­shall nell’ordine, for­se, di qual­che cen­ti­na­ia di miliar­di di euro. […] Allo sta­to attua­le, nes­su­no è pron­to ad inve­sti­re».
Il 14 novem­bre [2014], Poro­shen­ko annun­ciò la sospen­sio­ne – che sareb­be entra­ta in vigo­re il 21 – di ogni ver­sa­men­to di qual­sia­si natu­ra agli abi­tan­ti del­le regio­ni orien­ta­li dell’Ucraina, dichia­ran­do: «Da noi ci sarà lavo­ro, da loro no. Da noi ci saran­no pen­sio­ni, da loro no. Da noi ci sarà assi­sten­za all’infanzia, da loro no. Da noi i bam­bi­ni andran­no a scuo­la e negli asi­li, da loro si rin­ta­ne­ran­no negli scan­ti­na­ti […]. È così che vin­ce­re­mo la guer­ra[10]». Al con­tem­po, il gover­no si pro­po­ne­va la pri­va­tiz­za­zio­ne del­le minie­re anco­ra in mano pub­bli­ca entro la fine del 2016 e la liqui­da­zio­ne dell’impresa sta­ta­le Ougol Ukrai­ny (Car­bo­ne dell’Ucraina). Qimiao Fan, Coun­try Direc­tor per l’Ucraina del­la Ban­ca Mon­dia­le, ha affer­ma­to: «La prio­ri­tà per l’Ucraina […] è la liqui­da­zio­ne del­la vec­chia legi­sla­zio­ne sovie­ti­ca».

Petro Poro­shen­ko

In un anno, dal feb­bra­io 2014 al feb­bra­io 2015, la hry­v­na per­se il 66% del suo valo­re rispet­to al dol­la­ro, e il 40% nel solo mese di gen­na­io 2015, in cui l’inflazione ha rag­giun­to la quo­ta del 28% annuo. Le riser­ve in dol­la­ri del­la Ban­ca cen­tra­le ucrai­na era­no a sec­co: solo 6 miliar­di di dol­la­ri in gen­na­io, cioè la coper­tu­ra di un mese di impor­ta­zio­ni inve­ce dei tre mesi neces­sa­ri. Il 13 feb­bra­io, l’agenzia di rating Fitch degra­dò la valu­ta­zio­ne dell’Ucraina a “CC”, rite­nen­do «pro­ba­bi­le» un default.

Il rifiu­to del­la guerra
Alla fine del novem­bre 2014, la Rada annun­ciò la sua inten­zio­ne di modi­fi­ca­re d’urgenza la legi­sla­zio­ne nazio­na­le per annul­la­re lo sta­tus di “Pae­se non alli­nea­to” dell’Ucraina e rilan­ciò la poli­ti­ca miran­te ad otte­ne­re l’adesione alla NATO. Que­sta for­ma mili­ta­re dell’avvicinamento orga­ni­co all’Unione euro­pea e alle sue anti­de­mo­cra­ti­che isti­tu­zio­ni, cin­ghia di tra­smis­sio­ne degli inte­res­si del­le gran­di mul­ti­na­zio­na­li, è una del­le cau­se del­la guer­ra che deva­sta l’Ucraina.
Il gover­no Poro­shen­ko era un gover­no di cri­si per­ma­nen­te. Il 25 mar­zo [2015] Poro­shen­ko desti­tuì l’oligarca Kolo­moi­sky (la ter­za per­so­na più ric­ca del Pae­se) dal­la cari­ca di gover­na­to­re di Dni­pro­pe­tro­v­sk, dopo che egli ave­va invia­to una ban­da di mer­ce­na­ri a pren­de­re pos­ses­so di una del­le più gran­di impre­se di Kiev, del­la qua­le era il secon­do azio­ni­sta dopo lo Sta­to … Lo stes­so gior­no, la poli­zia arre­stò il respon­sa­bi­le dei ser­vi­zi di emer­gen­za e il suo vice in pie­no Con­si­glio dei mini­stri, in diret­ta tele­vi­si­va, allo sco­po di mostra­re che il gover­no lot­ta­va con­tro la corruzione.
Si trat­ta del­la for­ma poli­ti­ca più acu­ta di una cri­si socia­le galop­pan­te, che si mani­fe­sta­va, tra l’altro, col rifiu­to del­la guer­ra[11].
Il capo­re­dat­to­re del Veski Repor­ter dava la misu­ra del­la cri­si che deva­sta­va l’Ucraina scri­ven­do il 6 mar­zo: «Que­sta set­ti­ma­na, for­se per la pri­ma vol­ta da mol­ti mesi, il tema del­la guer­ra nell’animo degli ucrai­ni ha cedu­to il posto a quel­lo del­le dif­fi­col­tà eco­no­mi­che. Il pani­co del­la popo­la­zio­ne […]: la spe­cu­la­zio­ne sul­la valu­ta e l’esplosione del­le tarif­fe di tut­ti i ser­vi­zi (dai tra­spor­ti pub­bli­ci al gas e al riscal­da­men­to) han­no gio­ca­to in que­sto sen­so. I prez­zi e i tas­si di cam­bio sono appar­si come dei mali mol­to più gran­di di Putin. Il patriot­ti­smo non ha resi­sti­to alle male­di­zio­ni e alle bar­zel­let­te con­tro i prin­ci­pa­li uomi­ni di Sta­to».
Non c’era da mera­vi­gliar­si se in que­ste con­di­zio­ni le mas­se popo­la­ri abbia­no rifiu­ta­to la guer­ra impo­sta loro dal gover­no Poro­shen­ko con­tro i pre­te­si sepa­ra­ti­sti dell’est ucrai­no (il Donbass).
Il gior­na­le Neza­vi­si­ma­ya Gaze­ta del 2 feb­bra­io 2015 affer­ma: «Il por­ta­vo­ce del­lo Sta­to mag­gio­re ucrai­no, Vla­di­mir Tala­lay, ha con­fer­ma­to la debo­le mobi­li­ta­zio­ne e il sof­fio di paci­fi­smo che per­cor­re i ran­ghi dell’esercito, e ha rico­no­sciu­to che la quar­ta onda­ta di mobi­li­ta­zio­ne ha incon­tra­to del­le dif­fi­col­tà». Colo­ro che avreb­be­ro potu­to esse­re mobi­li­ta­ti «sono fug­gi­ti in mas­sa all’estero». «Per il momen­to, sol­tan­to i volon­ta­ri pro­ve­nien­ti dal­le orga­niz­za­zio­ni nazio­na­li­ste par­to­no per la guer­ra di buon gra­do» (Cour­rier Inter­na­tio­nal, 5‑11 feb­bra­io 2015). Il set­ti­ma­na­le Dzer­ka­lo Tyzh­nia del 30 gen­na­io 2015 sot­to­li­nea: «Lo staff del Pre­si­den­te e lo Sta­to mag­gio­re […] (che vole­va­no mobi­li­ta­re altri 50.000 uomi­ni) han­no bia­si­ma­to tra l’altro i loro con­cit­ta­di­ni […] per il fat­to di ten­ta­re ogni cosa per sfug­gi­re alla mobi­li­ta­zio­ne». Era indub­bia­men­te il segno più evi­den­te del­la cri­si che squas­sa­va l’Ucraina: la popo­la­zio­ne osti­le agli oli­gar­chi che vole­va­no impor­le la pur­ga det­ta­ta dal Fmi e dal­la signo­ra Lagar­de rifiu­ta­va in mas­sa la guer­ra. Que­sto rifiu­to era illu­stra­ti­vo dell’estrema debo­lez­za del gover­no Poro­shen­ko e quin­di di una nuo­va esplo­sio­ne dopo quel­le del 2004 e del 2014. Per­so­nal­men­te, dubi­to che la pros­si­ma atten­da fino al 2024.
La clas­se ope­ra­ia ucrai­na è sot­to­po­sta a un fero­ce sfrut­ta­men­to da par­te dei set­to­ri bor­ghe­si domi­nan­ti pro­ve­nien­ti dal­la buro­cra­zia. Nel 2021, il sala­rio mini­mo in Ucrai­na supe­ra­va a mala­pe­na i 200 euro e in alcu­ne regio­ni era infe­rio­re, sic­ché si è svi­lup­pa­ta una mas­sic­cia onda­ta migra­to­ria che ha spin­to i lavo­ra­to­ri ucrai­ni a emi­gra­re mas­sic­cia­men­te in tut­ta Euro­pa, dal­la Polo­nia alla Spa­gna. Nel 2020, un quar­to dei tre milio­ni di per­mes­si di sog­gior­no con­ces­si dall’Unione euro­pea sono sta­ti in favo­re degli ucrai­ni. A ciò va aggiun­ta l’emigrazione clan­de­sti­na orga­niz­za­ta da agen­zie spe­cia­liz­za­te nel­la for­ni­tu­ra di mano­do­pe­ra a bas­so costo. Anche le don­ne ucrai­ne sono mol­to con­si­de­ra­te (e mol­to mal paga­te) in Ger­ma­nia come colf.
Nel 2019, il mas­sic­cio rifiu­to del­lo stra­to mafio­so dei sac­cheg­gia­to­ri al pote­re e del loro rap­pre­sen­tan­te Poro­shen­ko ha por­ta­to all’elezione dell’attore Volo­dy­myr Zelens’kyj come pre­si­den­te in Ucrai­na con il 73,2% dei voti. Ma non esi­ste in Ucrai­na una for­za poli­ti­ca indi­pen­den­te in gra­do di orga­niz­za­re la dife­sa degli sfrut­ta­ti e que­ste ele­zio­ni non han­no cam­bia­to granché.


(Tra­du­zio­ne di Erne­sto Rus­so e Andrea Di Benedetto)


Note

[1] Il par­la­men­to ucrai­no (N.d.T.).
[2] La mone­ta aven­te cor­so lega­le in Ucrai­na (N.d.T.).
[3] “Uni­tà ope­ra­ti­ve”, repar­ti spe­cia­li del­le SS (N.d.T.).
[4] Ser­vi­zio di intel­li­gen­ce mili­ta­re tede­sco (N.d.T.)
[5] Pia­no gene­ra­le per l’Oriente (N.d.T.).
[6] Secon­do pre­si­den­te dell’Ucraina indi­pen­den­te dal 19 luglio 1994 al 23 gen­na­io 2005 (N.d.T.).
[7] Pre­si­den­te dell’Ucraina dal 2014 al 2019 (N.d.T.).
[8] Piaz­za Mai­dan (N.d.T.).
[9] Si trat­ta del par­ti­to poli­ti­co tede­sco Unio­ne Cristiano‑Democratica (N.d.T.).
[10] Si inten­de qui la guer­ra con­tro i sepa­ra­ti­sti nel Don­bass (N.d.T.).
[11] V. pre­ce­den­te nota 10.