Proseguiamo nella pubblicazione degli articoli del compagno Henrique Canary sulla nuova dislocazione della Russia nel sistema mondiale di Stati. In questo testo si descrive la corsa agli armamenti di Russia e Usa in termini di guerra convenzionale.
La Russia posiziona le sue pedine
Henrique Canary
(pubblicato sul sito Esquerdaonline)
Quando vivevo a Mosca, alla fine degli anni 90/inizio degli anni 2000, ero solito conversare con giovani russi in età di leva militare obbligatoria. Come accade in Brasile, molti di loro non volevano fare il soldato. Qui (in Brasile: ndt), per lo più, il desiderio di evitare il servizio militare obbligatorio discende dalla necessità dei giovani di continuare gli studi o conservare il lavoro. In Russia c’era un motivo speciale per questo rifiuto: essi non volevano morire. Ma il timore più grande dei giovani russi non era la guerra in Cecenia. Ciò che essi temevano nell’esercito russo era il nonnismo dei più vecchi sulle reclute. Sembra incredibile, ma è vero. La svalorizzazione delle forze armate russe promossa da Yeltsin aveva trasformato l’esercito in un’organizzazione decadente e marginale, degradata fisicamente e moralmente. La violenza tra gli stessi soldati prese il sopravvento nell’esercito e decine di giovani morivano tutti gli anni di percosse, soffocati o intossicati dai loro commilitoni nei rituali di iniziazione. Pertanto, ogni volta che parliamo dell’esercito russo e del suo rafforzamento negli ultimi anni, dobbiamo ricordare del livello di profonda decadenza da cui partiamo. La restaurazione capitalista ha lasciato il suo segno anche su questo terreno. In ogni modo, le differenze tra l’esercito russo di quando vivevo in Russia e quello di oggi sono vistose ed è necessario analizzarle.
Segnalo che questa è una serie di articoli e che non mi dedicherò, per ora, a trarre alcuna conclusione dei fatti che qui espongo. Riserverò agli ultimi testi le generalizzazioni e i pronostici.
I numeri di Russia e Stati Uniti
Il criterio più importante per misurare il potenziale militare di un Paese continua ad essere il bilancio militare. Non si tratta di un criterio assoluto, e nemmeno unico. A volte non è neppure il più importante (molti soldi possono essere spesi in cose inutili). Ma è un criterio basilare, sul quale altre analisi si possono poggiare.
Il bilancio militare degli Stati Uniti per il 2016 è stato di 561 miliardi di dollari (il 3,3% del Pil nordamericano), che corrisponde a circa il 35% di tutto il denaro speso nel mondo intero in armamenti. Evidentemente, si tratta di una cifra impressionante, ma vale la pena osservare che esso ha subito una riduzione se paragonato a quello del 2013, che arrivò a 640 miliardi di dollari. In ogni modo, gli Usa spendono per la difesa più degli altri nove maggiori bilanci militari del mondo messi assieme. Il contingente dell’esercito nordamericano è di circa 1.430.000 soldati e 850.000 riservisti. La principale forza d’attacco dell’esercito statunitense è rappresentata dalle sue 19 portaerei, capaci di dislocarsi in qualsiasi punto del pianeta in pochi giorni.
Dal canto suo, il bilancio militare della Russia è oggi di circa 88 miliardi di dollari, che corrisponde al 5,4% del Pil russo. Ma la dinamica, al contrario di quanto accade negli Usa, è di crescita. Dal 2008, il bilancio militare russo è triplicato. Dopo una piccola caduta nel 2016, è previsto un nuovo aumento delle spese militari nel 2017, benché questi numeri possano ancora essere corretti in conseguenza della crisi economica che colpisce il Paese e delle sanzioni imposte ai russi a causa del conflitto con l’Ucraina. D’altro canto, il dislocamento di truppe nordamericane e la tecnologia armamentistica pesante per i Paesi della Nato che confinano con la Russia (soprattutto Polonia e i Paesi baltici) spinge il bilancio russo verso l’alto. All’inizio, l’obiettivo di Putin era aumentare le spese in armamenti di circa il 44% nei prossimi tre anni, nel quadro di un piano a lungo termine, la cui previsione arriva fino al 2020. Le forze armate russe contano su 766.000 soldati attivi e 2.485.000 quadri riservisti. Il differenziale dell’esercito russo è rappresentato dai suoi 15.500 carri armati, la più grande forza blindata del mondo.
I numeri dei bilanci militari di Stati Uniti e Russia sono ancor più interessanti se li osserviamo nel quadro dell’evoluzione delle spese in armamenti di altri Paesi. Prendendo come riferimento il 2006, vediamo che il bilancio militare che è più cresciuto è stato quello dell’Africa del Sud (136%); al secondo posto c’è quello della Cina col 132%; al terzo l’Arabia Saudita con un aumento del 97%; al quarto la Russia col 91% di aumento delle spese militari nel decennio 2006‑2015. Tra i quindici più grandi bilanci militari del mondo, quello degli Usa è stato uno dei cinque che è diminuito: ‑3,9% fino ad oggi.
In cosa spende la Russia?
Chiaramente, non è possibile entrare nei dettagli delle spese militari russe, poiché non ci sono dati precisi. Ciò che si sa con certezza è ciò che la maggior parte del bilancio dice rispetto all’acquisto di nuovi armamenti. Le spese con finanziamento e operazioni finanziarie corrispondono alla parte più piccola del bilancio. All’inizio di ottobre, in una sola esposizione di armamenti, il Ministero della Difesa russo ha speso 130 miliardi di rubli (circa 2 miliardi di dollari) per l’acquisto di quattro sottomarini convenzionali per la flotta del Pacifico. Altri quattro erano già stati consegnati per la flotta del Mar Nero e ulteriori quattro sono stati ordinati (due per il Mar Nero e due per il Mare del Nord).
Di recente, la Russia ha annunciato che sta sviluppando sottomarini nucleari di quinta generazione per rinnovare la sua flotta strategica. Nelle spese per la difesa strategica sono comprese anche i progetti per lo sviluppo di bombardieri invisibili, con tecnologia simile agli Stealth, e i bombardieri A‑60, che sarebbero equipaggiati con armi laser. Secondo il Ministero della Difesa russo, il progetto di questi aerei si trova già nella fase dell’installazione della tecnologia di bordo e a breve saranno realizzate le prime esperienze di volo.
Da un versante più tattico, è stata recentemente presentata alla stampa la bomba Drel (perforante in russo), che corrisponderebbe al noto missile americano Tomahawk. A ciò si aggiungano le costanti innovazioni nel settore degli elicotteri, bombardieri tattici, caccia, carri armati, ecc.
“Difficile nelle esercitazioni, facile in guerra”
“Difficile nelle esercitazioni, facile in guerra” dice un proverbio russo sull’importanza della preparazione prima dei veri scontri. Un altro proverbio dice: “Misura sette volte prima di tagliare”. L’attenta preparazione costituisce una filosofia nazionale.
Le esercitazioni militari rappresentano una parte importante della preparazione della difesa di qualsiasi Paese. Un’esercitazione militare non è uguale a un addestramento a spegnere un incendio. È qualcosa di più complesso. Un’esercitazione militare testa la reale capacità per un esercito di realizzare molteplici azioni contemporaneamente: combattimento, logistica, dislocamento, intelligence, controllo delle sommosse civili e molti altri fattori che esistono in un’autentica guerra.
Negli ultimi anni, la Nato ha messo in atto una serie di queste esercitazioni in Europa. La più importante è stata l’Operazione Anaconda, realizzata in Polonia nel giugno scorso. Secondo fonti della nato, l’operazione ha mobilitato 31.000 soldati di 24 Paesi, di cui 14.000 degli Usa, 12.000 della Polonia e 1.000 del Regno unito, oltre a militari dell’Ucraina e di altri paesi dell’ex Urss e del vecchio Patto di Varsavia. Contrariamente alla prassi internazionalmente adottata, gli equipaggiamenti utilizzati nell’Operazione Anaconda sono rimasti in Polonia, così da permetterne l’utilizzo in esercitazioni o conflitti futuri.
Per tutta risposta, la Russia ha realizzato in settembre l’esercitazione “Caucaso 2016”, che ha mobilitato circa 12.500 soldati delle flotte del Mar Nero e del Mar Caspio e ha visto l’utilizzo di bombe termobariche.
I molteplici fattori della guerra
Se una guerra nucleare aperta tra Russia e Stati Uniti è ancora molto poco probabile e neppure conflitti convenzionali sono ancora scoppiati, bisogna riconoscere che c’è una guerra che invece è già in atto: la guerra di informazioni. Per ogni notizia sul potenziale bellico nordamericano, c’è un sito russo specializzato in questioni militari. Per ogni fotografia di un F‑22 postata su Facebook dal Pentagono, c’è un video di un SU‑34 russo che fa manovre sul cielo della Siria o esposto in una fiera dell’aviazione a Mosca.
Il fatto è che non è possibile determinare in anticipo il successo di un Paese in una guerra unicamente sulla base del suo bilancio militare, o della potenza di fuoco del suo esercito, o delle tecnologie di cui dispone. Tutti questi sono fattori importanti, ma nessuno di essi determina di per sé il risultato della battaglia.
In guerra non si scontrano bilanci, né armi, né tecnologie. Si scontrano uomini e donne armati che hanno una visione del mondo e si muovono per certi valori. Sulla guerra incide la politica, lo stato d’animo della nazione, la qualità dei governanti civili e dei capi militari, l’intelligenza dei programmatori, dei traduttori e delle spie. Sulla guerra incide il terreno, gli errori del nemico, il clima, la popolazione dello scenario. Anche la fortuna ha il suo peso in guerra. Le guerre sono fenomeni umani, e come tali non sono soggette alla fredda contabilità dei depositi delle caserme.
Anche così, un forte esercito è pur sempre una condizione indispensabile per qualsiasi vittoria. Una condizione necessaria ma non sufficiente. L’esercito nordamericano è il più grande del mondo perché gli Usa sono la potenza militare egemonica del pianeta. Cosa ben diversa è la loro capacità di utilizzare quest’esercito efficacemente in uno specifico conflitto. Il Vietnam ancora pesa sulla coscienza sociale statunitense. Ma di recente, la difficoltà incontrata dagli Stati Uniti nel controllo dei territori occupati, come nel caso dell’Afghanistan e dell’Iraq, ci ricorda una volta di più che le guerre non terminano col bombardamento dei villaggi e delle città nemiche. Le guerre hanno numerose fasi ed è molto difficile essere preparati per ciascuna di esse.
La Russia ha superato la fase decadente del suo esercito, e la triste realtà degli anni 90 sembra oggi preistoria per quanto il Paese permanga molto indietro rispetto agli Usa in quasi tutti gli aspetti. Il naufragio del sottomarino nucleare Kursk nel 2000 ha aiutato a cambiare la coscienza nazionale, favorendo l’impegno del governo nella direzione della ricostruzione dell’esercito. Su questa base, i russi si avventurano oggi nella prima azione militare aperta in territorio straniero dai tempi dell’invasione dell’Afghanistan nel 1979. Intanto, ostentano orgogliosamente le loro imprese condotte nei dintorni di Aleppo. Fino a quando?
Nel prossimo articolo, parlerò degli armamenti non convenzionali e di alta tecnologia che l’esercito russo sta sviluppando.