Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Storia del movimento operaio

Pietro Tresso (1893–1943) e “l’opposizione dei tre”

Pietro Tresso (1893-1943)

Tra il 26 e il 27 otto­bre di set­tan­ta­cin­que anni fa, Pie­tro Tres­so, fon­da­to­re insie­me a Gram­sci e Bor­di­ga del Par­ti­to comu­ni­sta d’Italia, da cui fu poi espul­so ad ope­ra del­la fra­zio­ne togliat­tia­na per­ché in disac­cor­do con la poli­ti­ca impo­sta da Mosca (e, in par­ti­co­la­re, con la svol­ta del “Ter­zo perio­do”), veni­va tru­ci­da­to in Fran­cia da una ban­da di sta­li­ni­sti dopo esse­re eva­so dal car­ce­re. Tres­so ave­va una “col­pa”: quel­la di ave­re ade­ri­to alle idee di León Tro­tsky, fon­dan­do, insie­me ad Alfon­so Leo­net­ti e a Pao­lo Ravaz­zo­li, la NOI (Nuo­va Oppo­si­zio­ne Ita­lia­na) che pro­se­guì in Ita­lia il lavo­ro poli­ti­co dell’Opposizione di sini­stra internazionale.
In occa­sio­ne del­la ricor­ren­za dell’assassinio di Tres­so, pre­sen­tia­mo – tra­dot­to in ita­lia­no – l’articolo di Alva­ro Bian­chi pub­bli­ca­to sul­la rivi­sta bra­si­lia­na Movi­men­to, con cui l’autore intro­du­ce il necro­lo­gio scrit­to daTres­so in occa­sio­ne del­la mor­te di Anto­nio Gram­sci, cui era sta­to poli­ti­ca­men­te mol­to vicino.
In que­sto modo, inten­dia­mo ricor­da­re e ren­de­re omag­gio a un gran­de rivo­lu­zio­na­rio, cadu­to come tan­ti altri per mano del­la repres­sio­ne stalinista.
Buo­na lettura.
La redazione

Pietro Tresso (1893–1943) e “l’opposizione dei tre”

Pre­sen­ta­zio­ne al testo di Pie­tro Tres­so, “Un gran­de mili­tan­te è mor­to … Anto­nio Gramsci”


Alva­ro Bianchi [*]

 

In que­sto nume­ro del­la rivi­sta Movi­men­to appa­re per la pri­ma vol­ta in por­to­ghe­se l’articolo “Un gran­de mili­tan­te è mor­to … Gram­sci”, di Pie­tro Tres­so, nome di bat­ta­glia Bla­sco, ori­gi­na­ria­men­te pub­bli­ca­to nel 1937 sul­la rivi­sta dei tro­tski­sti fran­ce­si La Lut­te Ouvriè­re. La tra­du­zio­ne del testo è accom­pa­gna­ta da un appa­ra­to cri­ti­co pre­pa­ra­to per il pub­bli­co bra­si­lia­no al fine di con­sen­ti­re una miglio­re com­pren­sio­ne e con­te­stua­liz­za­zio­ne sto­ri­ca[1]. Sono neces­sa­rie alcu­ne paro­le sull’autore.

Pie­tro Tres­so nac­que nel 1893 a Magrè di Schio, in Vene­to. Figlio di un ope­ra­io tes­si­le, ini­ziò a lavo­ra­re all’età di nove anni, pri­ma come appren­di­sta sar­to e subi­to dopo in un lani­fi­cio[2]. Gio­va­nis­si­mo, si unì alla Gio­ven­tù socia­li­sta e a 16 anni diven­ne l’organizzatore del Cir­co­lo Gio­va­ni­le Socia­li­sta “Avve­ni­re”. Nel 1914, ini­ziò la sua atti­vi­tà nel movi­men­to sin­da­ca­le degli ope­rai rura­li del­la Puglia, un’attività che si inter­rup­pe nel 1915, quan­do fu chia­ma­to alle armi. Nel­la pri­ma­ve­ra del 1917 fu arre­sta­to con l’accusa di dif­fon­de­re le idee socia­li­ste con­tro la guer­ra fra i sol­da­ti. A dif­fe­ren­za di mol­ti dei suoi com­pa­gni, ven­ne assol­to per insuf­fi­cien­za di pro­ve, ma per puni­zio­ne fu tra­sfe­ri­to in altro reggimento.
Nel 1918, Tres­so con­tras­se la tuber­co­lo­si e fu rico­ve­ra­to in diver­si ospe­da­li, fin­ché, nel mese di set­tem­bre del 1919, ven­ne con­ge­da­to. Tor­nò così all’attività sin­da­ca­le nel­la sua cit­tà nata­le, diven­tan­do respon­sa­bi­le del­la Fede­ra­zio­ne tes­si­le a Schio. È que­sta l’epoca del suo scon­tro con l’ala rifor­mi­sta del Par­ti­to socia­li­sta e il pro­gres­si­vo allon­ta­na­men­to dal grup­po mas­si­ma­li­sta, gui­da­to da Gia­cin­to Menot­ti Ser­ra­ti. Si avvi­ci­nò all’ala sini­stra del par­ti­to, alli­nean­do­si alle posi­zio­ni di Ama­deo Bor­di­ga, pur se non ne con­di­vi­de­va la posi­zio­ne asten­sio­ni­sta. L’allontanamento dal­la ten­den­za Ser­ra­ti tro­vò il suo coro­na­men­to nel 1921, in occa­sio­ne del Con­gres­so di Livor­no del Par­ti­to socia­li­sta, quan­do la sini­stra del par­ti­to deci­se di rom­pe­re e fon­da­re il Par­ti­to Comu­ni­sta d’Italia (PCd’I). Tres­so fu dele­ga­to al Con­gres­so e par­te­ci­pò alla fon­da­zio­ne del nuo­vo par­ti­to comunista.

Pie­tro Tres­so sot­to le armi

Diven­ne segre­ta­rio del­la sezio­ne pro­vin­cia­le di Vicen­za e diret­to­re del gior­na­le La Lot­ta Comu­ni­sta, men­tre con­ti­nua­va la sua atti­vi­tà sin­da­ca­le nel­la Con­fe­de­ra­zio­ne Gene­ra­le del Lavo­ro (CGL), al cui inter­no cer­ca­va di costrui­re una fra­zio­ne comu­ni­sta. Dopo aver subi­to un’aggressione da par­te di una ban­da fasci­sta a cau­sa del­la sua atti­vi­tà nei sin­da­ca­ti, nel­la pri­ma­ve­ra del 1921 Tres­so si tra­sfe­rì a Mila­no, dove fu anco­ra una vol­ta aggre­di­to, e poi a Ber­li­no, dove col­la­bo­rò con la rivi­sta Rote Gewerk­schaf­tsund Inter­na­tio­na­le, pub­bli­ca­ta dall’Internazionale sin­da­ca­le ros­sa. Nel 1922, par­te­ci­pò come dele­ga­to al II Con­gres­so dell’Internazionale sin­da­ca­le e, in rap­pre­sen­tan­za del gio­va­ne par­ti­to ita­lia­no, al IV Con­gres­so dell’Internazionale comu­ni­sta. In quell’occasione, ini­ziò ad allac­cia­re un rap­por­to più stret­to con Anto­nio Gramsci.
Il 28 otto­bre 1922 i fasci­sti mar­cia­ro­no su Roma e tre gior­ni dopo Beni­to Mus­so­li­ni assun­se la cari­ca di capo del gover­no ita­lia­no. Tres­so tor­nò in Ita­lia pochi mesi dopo, a metà del 1923, sta­bi­len­do­si a Mila­no dove assun­se il ruo­lo di diri­gen­te regio­na­le del PCd’I. Negli anni seguen­ti con­cen­tre­rà la sua atti­vi­tà nel movi­men­to sin­da­ca­le. Sor­ve­glia­to dal­la poli­zia poli­ti­ca, Tres­so fu arre­sta­to nel mag­gio del 1924, rila­scia­to subi­to dopo e di nuo­vo arre­sta­to nel giu­gno del 1925. Per sfug­gi­re alla per­se­cu­zio­ne emi­grò a Pari­gi, dove par­te­ci­pò alla nasci­ta del Comi­ta­to Cen­tra­le Antifascista.
Il con­flit­to fra l’ala gui­da­ta da Ama­deo Bor­di­ga e quel­la diret­ta da Anto­nio Gram­sci si era inten­si­fi­ca­to negli ulti­mi anni. Tres­so si alli­neò alle posi­zio­ni di Gram­sci, rom­pen­do il rap­por­to poli­ti­co che ave­va con il lea­der degli asten­sio­ni­sti. L’ultima bat­ta­glia con­tro la fra­zio­ne bor­di­ghi­sta si veri­fi­cò nel con­gres­so del PCd’I cele­bra­to a Lio­ne, in Fran­cia, nel mese di gen­na­io del 1926. Le tesi sul­la situa­zio­ne poli­ti­ca appro­va­te nel con­gres­so affer­ma­va­no la neces­si­tà di col­le­ga­re «le riven­di­ca­zio­ni par­zia­li di carat­te­re poli­ti­co con quel­le di carat­te­re eco­no­mi­co, [per] tra­sfor­ma­re i movi­men­ti “rivo­lu­zio­na­ri demo­cra­ti­ci” in movi­men­ti rivo­lu­zio­na­ri ope­rai e socia­li­sti»[3]. La pro­spet­ti­va del­le tesi era mol­to pros­si­ma a quel­la adot­ta­ta suc­ces­si­va­men­te da León Tro­tsky nel Pro­gram­ma di tran­si­zio­ne. Secon­do i comu­ni­sti italiani:

«Men­tre agi­ta il suo pro­gram­ma di riven­di­ca­zio­ni clas­si­ste imme­dia­te e con­cen­tra la sua atti­vi­tà nell’ottenere la mobi­li­ta­zio­ne e uni­fi­ca­zio­ne del­le for­ze ope­ra­ie e lavo­ra­tri­ci, il par­ti­to può pre­sen­ta­re, allo sco­po di age­vo­la­re lo svi­lup­po del­la pro­pria azio­ne, solu­zio­ni inter­me­die di pro­ble­mi poli­ti­ci gene­ra­li, e agi­ta­re que­ste solu­zio­ni tra le mas­se che sono anco­ra ade­ren­ti ai par­ti­ti e for­ma­zio­ni con­tro­ri­vo­lu­zio­na­rie. Que­sta pre­sen­ta­zio­ne e agi­ta­zio­ne di solu­zio­ni inter­me­die – lon­ta­ne tan­to dal­le paro­le d’ordine del par­ti­to quan­to dal pro­gram­ma di iner­zia e pas­si­vi­tà dei grup­pi che si voglio­no com­bat­te­re – per­met­te di rac­co­glie­re al segui­to del par­ti­to for­ze più vaste, di por­re in con­trad­di­zio­ne le paro­le dei diri­gen­ti i par­ti­ti di mas­sa con­tro­ri­vo­lu­zio­na­ri con le loro inten­zio­ni rea­li, di spin­ge­re le mas­se ver­so solu­zio­ni rivo­lu­zio­na­rie e di esten­de­re la nostra influen­za»[4].

Era a que­sto sco­po che le tesi sot­to­li­nea­va­no la neces­si­tà di insi­ste­re nel­la riven­di­ca­zio­ne di una «Assem­blea Repub­bli­ca­na sul­la base dei Comi­ta­ti di ope­rai e con­ta­di­ni; con­trol­lo ope­ra­io sull’industria; ter­ra ai con­ta­di­ni». Le tesi pro­po­ne­va­no anche la crea­zio­ne di un «“fron­te uni­co” di lot­ta anti­fa­sci­sta e anti­ca­pi­ta­li­sta», che favo­ris­se l’unificazione di tut­te le for­ze in lot­ta con­tro il regi­me di Mus­so­li­ni[5]. Redat­te da Anto­nio Gram­sci e Pal­mi­ro Togliat­ti, que­ste tesi costi­tui­sco­no uno dei docu­men­ti più impor­tan­ti del­la sto­ria del comu­ni­smo italiano.

Bla­sco
Subi­to dopo il Con­gres­so di Lio­ne, Tres­so fu arre­sta­to dal­la poli­zia fran­ce­se e tra­scor­se due mesi in car­ce­re. Dopo esse­re sta­to rila­scia­to, tor­nò clan­de­sti­na­men­te in Ita­lia, assu­men­do il nome di bat­ta­glia “Bla­sco”, in ono­re del­lo scrit­to­re e repub­bli­ca­no spa­gno­lo Bla­sco Vicen­te Ibañez. Nell’autunno del 1926 si sta­bi­lì a Roma e ini­ziò a diri­ge­re l’Ufficio Tec­ni­co Orga­niz­za­ti­vo del par­ti­to, come respon­sa­bi­le del lavo­ro clan­de­sti­no e del­la cor­ri­spon­den­za con l’Italia e l’estero. In segui­to par­te­ci­pò alla rior­ga­niz­za­zio­ne del­la CGL e del lavo­ro sin­da­ca­le. La repres­sio­ne fasci­sta diven­ne più acu­ta dopo l’attentato a Mus­so­li­ni il 31 otto­bre di quell’anno, e nuo­ve misu­re di ecce­zio­ne furo­no adot­ta­te dal gover­no, tra cui la crea­zio­ne di un nuo­vo Tri­bu­na­le Spe­cia­le per la Dife­sa del­lo Sta­to e di una Divi­sio­ne di Poli­zia Poli­ti­ca, la chiu­su­ra di tut­ti i gior­na­li di oppo­si­zio­ne e lo scio­gli­men­to di tut­ti i par­ti­ti, asso­cia­zio­ni e orga­niz­za­zio­ni con­tra­rie al regime.
L’8 novem­bre ini­ziò l’offensiva con­tro i comu­ni­sti. Solo tre depu­ta­ti riu­sci­ro­no a scam­pa­re al car­ce­re, gli altri undi­ci, tra cui Anto­nio Gram­sci, furo­no arre­sta­ti. Una let­te­ra del­la diri­gen­te comu­ni­sta Camil­la Rave­ra a Pal­mi­ro Togliat­ti dà con­to dell’estensione del­la repres­sio­ne: negli otto gior­ni suc­ces­si­vi ci furo­no 1.690 arre­sti a Mila­no, 151 atti­vi­sti ven­ne­ro aggre­di­ti e pic­chia­ti, tra cui Alfon­so Leo­net­ti che dovet­te esse­re rico­ve­ra­to in ospe­da­le, e 40 case e sedi di par­ti­to furo­no distrut­te. Lo sto­ri­co Pao­lo Spria­no sti­ma che alla fine di quel­lo stes­so anno, un ter­zo dei mili­tan­ti del PCd’I era in pri­gio­ne[6].

Sche­da segna­le­ti­ca di Anto­nio Gramsci

Pra­ti­ca­men­te tut­ta la diri­gen­za del par­ti­to fu arre­sta­ta. Imme­dia­ta­men­te i pochi anco­ra in liber­tà ten­ne­ro una riu­nio­ne i cui ver­ba­li non sono sta­ti con­ser­va­ti. Si sa, tut­ta­via, che Ange­lo Tasca ave­va pro­po­sto di scio­glie­re il PCd’I tra­sfor­man­do­lo in un grup­po di stu­dio, e che la mag­gior par­te dei pre­sen­ti ave­va appog­gia­to la deci­sio­ne, che però non ven­ne mes­sa in atto. Nel mese di dicem­bre fu instal­la­to a Pari­gi un cen­tro diri­gen­te, men­tre alcu­ni impor­tan­ti qua­dri del par­ti­to, tra cui Camil­la Rave­ra, Alfon­so Leo­net­ti, Pao­lo Ravaz­zo­li, Tere­sa Rec­chia e Bla­sco, con­ti­nua­va­no ad ope­ra­re in Ita­lia. Nel gen­na­io del 1927, il Comi­ta­to Cen­tra­le fu rico­sti­tui­to e Tres­so ne fece par­te; in esta­te si tra­sfe­rì a Geno­va, dove ven­ne inse­dia­to il cen­tro sin­da­ca­le del par­ti­to di cui sarà responsabile.
Gli arre­sti con­ti­nua­ro­no per tut­to l’anno e il cen­tro este­ro deci­se di spo­sta­re dall’Italia la mag­gior par­te dei diri­gen­ti, fra cui Tres­so, per riu­nir­li a Basi­lea, in Sviz­ze­ra. Più tar­di egli si sareb­be reca­to a Zuri­go e poi a Pari­gi. Tra luglio e set­tem­bre del 1928, Tres­so par­te­ci­pò al VI Con­gres­so dell’Internazionale Comu­ni­sta, a Mosca. Leon Tro­tsky era già sta­to espul­so dal par­ti­to ed era in esi­lio. Ora l’obiettivo di Sta­lin era Nico­lai Bukha­rin, le cui idee era­no for­te­men­te con­dan­na­te dai dele­ga­ti. Le tesi appro­va­te al Con­gres­so annun­cia­va­no l’avvento di un “ter­zo perio­do” nel­la situa­zio­ne mon­dia­le, segna­to dal­la «più seve­ra inten­si­fi­ca­zio­ne del­la cri­si gene­ra­le del capi­ta­li­smo» e carat­te­riz­za­ro­no i diri­gen­ti del­la social­de­mo­cra­zia come «i rap­pre­sen­tan­ti più coe­ren­ti degli inte­res­si del­lo Sta­to bor­ghe­se»[7].
Già a par­ti­re dal feb­bra­io 1929 i docu­men­ti dell’Internazionale Comu­ni­sta comin­cia­ro­no a rife­rir­si alla social­de­mo­cra­zia come social­fa­sci­smo. È il caso, ad esem­pio, di una let­te­ra che il Comi­ta­to ese­cu­ti­vo dell’Internazionale comu­ni­sta (CEIC) inviò al Par­ti­to comu­ni­sta cine­se l’8 feb­bra­io 1929, così come di una dichia­ra­zio­ne dell’Ufficio per l’Europa occi­den­ta­le del CEIC del 18 mag­gio 1929[8]. Il X Ple­num del CEIC, che si ten­ne dal 3 al 19 luglio 1929, die­de il pas­so deci­si­vo carat­te­riz­zan­do in que­sti ter­mi­ni la social­de­mo­cra­zia: «Nei Pae­si in cui vi sono for­ti par­ti­ti social­de­mo­cra­ti­ci, il fasci­smo assu­me l’aspetto par­ti­co­la­re del social­fa­sci­smo, che in misu­ra sem­pre cre­scen­te ser­ve alla bor­ghe­sia come stru­men­to per para­liz­za­re l’attività del­le mas­se nel­la lot­ta con­tro il regi­me del­la dit­ta­tu­ra fasci­sta»[9]. Le con­se­guen­ze poli­ti­che del­la riso­lu­zio­ne adot­ta­ta era­no drastiche:

«Il Ple­num del CEIC impo­ne a tut­te le sezio­ni dell’Internazionale Comu­ni­sta l’obbligo d’intensificare la lot­ta con­tro la social­de­mo­cra­zia inter­na­zio­na­le, che è il mas­si­mo soste­gno del capi­ta­li­smo. Il Ple­num del CEIC dà istru­zio­ni a tut­te le sezio­ni dell’IC per­ché si dedi­chi­no in modo spe­cia­le a un’energica lot­ta con­tro l’ala “sini­stra” del­la social­de­mo­cra­zia, che ritar­da il pro­ces­so di disin­te­gra­zio­ne del­la social­de­mo­cra­zia stes­sa, crean­do l’illusione che essa – l’ala “sini­stra”, appun­to – rap­pre­sen­ti l’opposizione ai grup­pi diri­gen­ti social­de­mo­cra­ti­ci, men­tre inve­ce, di fat­to, essa appog­gia in pie­no la poli­ti­ca del social­fa­sci­smo»[10].

Il Ple­num dispo­se anche l’allontanamento dal­la dire­zio­ne di Nico­lai Bucha­rin e Hum­bert-Droz, accu­sa­ti di «for­ni­re una base politico‑ideologica per la poli­ti­ca degli ele­men­ti di destra in tut­ta quan­ta l’Internazionale Comu­ni­sta» e di esse­re «in par­ti­co­lar modo con­tra­rio alle deli­be­ra­zio­ni del sesto Con­gres­so»[11]. Anche Ange­lo Tasca, che era alli­nea­to con Bucha­rin, ne sof­frì le con­se­guen­ze, dato che poco dopo fu rimos­so dal­le sue fun­zio­ni nell’Internazionale e pesan­ti denun­ce furo­no rivol­te alla dire­zio­ne del PCd’I, accu­sa­ta di non aver com­bat­tu­to le “aber­ra­zio­ni” dell’ala destra del par­ti­to. Si pre­te­se da Tasca l’abbandono del­le sue posi­zio­ni poli­ti­che e una com­ple­ta auto­cri­ti­ca, ma sic­co­me egli non accet­tò di ritrat­ta­re le sue idee, poi­ché non ave­va cam­bia­to opi­nio­ne, ven­ne espul­so dal PCd’I nel set­tem­bre del 1929.
Le riso­lu­zio­ni del X Ple­num era­no in con­tra­sto con le Tesi appro­va­te a Lio­ne. Tut­ta­via gli ita­lia­ni non offri­ro­no resi­sten­za. Togliat­ti si adat­tò rapi­da­men­te ai nuo­vi ordi­ni di Mosca e si occu­pò di diri­ge­re la cam­pa­gna inter­na con­tro Tasca, suo anti­co com­pa­gno. In bre­ve tem­po il par­ti­to abban­do­nò la paro­la d’ordine dell’Assemblea repub­bli­ca­na e rup­pe ogni pos­si­bi­li­tà di col­la­bo­ra­zio­ne con la cosid­det­ta Con­cen­tra­zio­ne d’Azione Anti­fa­sci­sta, for­ma­ta in esi­lio da libe­ra­li e social­de­mo­cra­ti­ci, che secon­do Togliat­ti era «diven­ta­ta filo­fa­sci­sta»[12]. Men­tre diri­ge­va l’epurazione inter­na, Togliat­ti dichia­rò pub­bli­ca­men­te l’accettazione del­le tesi del­la fra­zio­ne sta­li­ni­sta e, in par­ti­co­la­re, del­la tesi sul social­fa­sci­smo. In un discor­so pro­nun­cia­to nel feb­bra­io del 1930, Togliat­ti, nel Pre­si­dium del Comi­ta­to ese­cu­ti­vo dell’IC, defi­nì la «linea gene­ra­le di svi­lup­po del pro­ces­so» come «un’accentuazione del­la fasci­stiz­za­zio­ne del­la social­de­mo­cra­zia»[13]. E nel­la sua rela­zio­ne in quel­la stes­sa riu­nio­ne insi­sté su tale que­stio­ne: «La social­de­mo­cra­zia ita­lia­na si fasci­stiz­za con estre­ma faci­li­tà. […] Die­tro ogni azio­ne che gli ele­men­ti del­la sini­stra social­de­mo­cra­ti­ca cer­ca­no di rea­liz­za­re, si può dimo­stra­re che essa è sta­ta rea­liz­za­ta ispi­ra­ta da Mus­so­li­ni»[14].

Oppo­si­zio­ne
Nel­la sto­rio­gra­fia del PCd’I que­sta nuo­va fase del par­ti­to diven­ne nota come “la svol­ta”. Pro­vo­cò un inten­so dibat­ti­to in seno all’organizzazione, seb­be­ne gli argo­men­ti non fos­se­ro sem­pre chia­ri. Nel giu­gno del 1928 – e, quin­di, pri­ma del­la svol­ta – Tres­so ave­va già pro­te­sta­to con­tro una riso­lu­zio­ne del Comi­ta­to Cen­tra­le del PCd’I che defi­ni­va la lot­ta alla Con­cen­tra­zio­ne come uno dei com­pi­ti prin­ci­pa­li dei comu­ni­sti. Secon­do Tres­so era neces­sa­rio distin­gue­re i fasci­sti dai loro oppo­si­to­ri, ma anche la Con­cen­tra­zio­ne dall’opposizione costi­tu­zio­na­le[15]. Ma nel­la riu­nio­ne dell’Ufficio poli­ti­co nell’ottobre del 1929, Tres­so non si espres­se al riguar­do. Uti­liz­zò inve­ce le riso­lu­zio­ni del X Ple­num per met­te­re in discus­sio­ne la poli­ti­ca pre­ce­den­te del par­ti­to. Leo­net­ti fece lo stes­so[16]. Secon­do Spria­no, solo Pao­lo Ravaz­zo­li espres­se imme­dia­ta­men­te dub­bi sul­la svol­ta del par­ti­to, affer­man­do: «Le basi del­la social­de­mo­cra­zia sono diver­se dal­le basi pro­pria­men­te fasci­ste»[17]. Per gli altri, Togliat­ti avreb­be dovu­to rico­no­sce­re che la pre­ce­den­te linea poli­ti­ca era sba­glia­ta. Era la con­fes­sio­ne che le due cose non era­no com­pa­ti­bi­li. Ma Togliat­ti si rifiu­tò di far­lo alla riu­nio­ne del­la Com­mis­sio­ne poli­ti­ca tenu­ta­si nel set­tem­bre del 1929 e man­ten­ne la sua posi­zio­ne di fron­te al partito.

Leo­net­ti, Pia Care­na, Tres­so e Ravazzoli

Le diver­gen­ze era­no ancor più accen­tua­te sul ter­re­no orga­niz­za­ti­vo. La pro­spet­ti­va che una nuo­va situa­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria potes­se pre­sen­tar­si in Ita­lia con la cri­si del fasci­smo impli­ca­va uno sfor­zo per rico­strui­re il par­ti­to all’interno del Pae­se. Alla fine di dicem­bre del 1929 Lui­gi Lon­go sot­to­po­se alla segre­te­ria la pro­po­sta che «tut­to l’apparato del par­ti­to» tor­nas­se in Ita­lia[18]. Leo­net­ti, Tres­so e Ravaz­zo­li furo­no for­te­men­te con­tra­ri. Non era la pri­ma vol­ta che non era­no d’accordo su que­stio­ni orga­niz­za­ti­ve. Subi­to dopo quel pri­mo scon­tro di Tres­so con la linea poli­ti­ca del Comi­ta­to cen­tra­le, nel giu­gno 1928, lui e Leo­net­ti ave­va­no rivol­to dure cri­ti­che a Togliat­ti e Rug­ge­ro Grie­co rispet­to agli erro­ri orga­niz­za­ti­vi che ave­va­no fat­to sì che la repres­sio­ne si abbat­tes­se facil­men­te sui comu­ni­sti por­tan­do all’arresto del­la mag­gio­ran­za dei suoi diri­gen­ti. In quell’occasione, Leo­net­ti pro­po­se una riti­ra­ta: «Non pos­sia­mo ave­re in Ita­lia nes­sun appa­ra­to», sosten­ne. E Tres­so si som­mò con enfa­si alle cri­ti­che: «Con­sta­ta­va­mo che si richie­de­va al par­ti­to più di quan­to pote­va dare. Allo­ra ci si rispo­se che era­va­mo pes­si­mi­sti e che ave­va­mo del­le pre­oc­cu­pa­zio­ni per­so­na­li»[19].
Nel con­te­sto del­la svol­ta, i pro­ble­mi orga­niz­za­ti­vi assu­me­va­no una nuo­va dimen­sio­ne. Togliat­ti sosten­ne la riso­lu­zio­ne di Lon­go e sol­le­ci­tò un rio­rien­ta­men­to del par­ti­to in con­for­mi­tà con le diret­ti­ve dell’Internazionale comu­ni­sta. Nel cor­so del­la riu­nio­ne dell’Ufficio poli­ti­co del gior­no 10 gen­na­io 1929 la divi­sio­ne comin­ciò ad assu­me­re con­tor­ni defi­ni­ti: Pie­tro Sec­chia, Camil­la Rave­ra, Lui­gi Lon­go e Pal­mi­ro Togliat­ti vota­ro­no a favo­re del­la riso­lu­zio­ne; Ravaz­zo­li, Leo­net­ti e Tres­so furo­no con­tra­ri. Igna­zio Silo­ne, che era mala­to in Sviz­ze­ra, annun­ciò subi­to dopo di esse­re anch’egli con­tra­rio alla riso­lu­zio­ne[20]. Ravaz­zo­li ven­ne quin­di invi­ta­to a par­te­ci­pa­re a una riu­nio­ne a Mosca, insie­me a Togliat­ti e altri, nel­la qua­le la nuo­va linea poli­ti­ca del PCd’I fu vara­ta sen­za che si mani­fe­stas­se una for­te oppo­si­zio­ne. Ma in Ita­lia il dis­sen­so continuò.
Le dif­fe­ren­ze di Ravaz­zo­li, Leo­net­ti e Tres­so con la mag­gio­ran­za comin­cia­ro­no a mani­fe­star­si sul ter­re­no del­la poli­ti­ca nel cor­so del­la riu­nio­ne del CC che ebbe luo­go tra il 20 e il 23 mar­zo del 1930. Anche se ini­zial­men­te non mise­ro in discus­sio­ne le riso­lu­zio­ni del X Ple­num del CEIC, con­si­de­ra­va­no la “fasci­stiz­za­zio­ne” meno impor­tan­te di quan­to non pen­sas­se la mag­gio­ran­za, e non esclu­de­va­no – fede­li alle Tesi di Lio­ne – che la scon­fit­ta del fasci­smo potes­se lascia­re il posto a un regi­me inter­me­dio. Togliat­ti ave­va già pro­po­sto di usa­re la for­za bru­ta con­tro i dis­si­den­ti. Scon­fit­ti nel­la riu­nio­ne del CC, ven­ne­ro tut­ti rimos­si dai loro inca­ri­chi. Nel­la stes­sa riu­nio­ne fu vota­ta all’unanimità l’espulsione di Ama­deo Bor­di­ga dal par­ti­to, con l’accusa di sim­pa­tiz­za­re per le idee di León Tro­tsky[21]. La cam­pa­gna con­tro gli oppo­si­to­ri fu lan­cia­ta imme­dia­ta­men­te. Sul gior­na­le Lo Sta­to Ope­ra­io di apri­le-mag­gio 1930 furo­no pub­bli­ca­ti due arti­co­li con­tro le loro posi­zio­ni, sen­za alcun dirit­to di repli­ca[22].

León Tro­tsky

Già all’inizio di apri­le, Ravaz­zo­li e Leo­net­ti si mise­ro in con­tat­to con Alfred Rosmer, uno dei lea­der dell’Opposizione di Sini­stra Inter­na­zio­na­le[23]. Poi incon­tra­ro­no Pier­re Navil­le, mem­bro del Segre­ta­ria­to Inter­na­zio­na­le dell’Opposizione. Rosmer scris­se imme­dia­ta­men­te a Tro­tsky, rife­ren­do dell’incontro con alcu­ni «com­pa­gni che diri­ge­va­no il par­ti­to ita­lia­no» e «si dichia­ra­va­no segua­ci di Gram­sci»[24]. Secon­do Pao­lo Cascio­la, i dis­si­den­ti ita­lia­ni ave­va­no let­to gli arti­co­li che Tro­tsky ave­va pub­bli­ca­to sul quo­ti­dia­no La Véri­té con­tro l’avventurismo ultra­si­ni­stro del “ter­zo perio­do” e ne era­no rima­sti for­te­men­te col­pi­ti[25]. La col­la­bo­ra­zio­ne con Leo­net­ti ini­ziò subi­to, e a par­ti­re dal 25 apri­le egli pub­bli­cò su La Véri­té arti­co­li che Tro­tsky ave­va pub­bli­ca­to nel perio­di­co sul­la cri­si del PCd’I, fir­ma­ti con lo pseu­do­ni­mo di A. Kros[26]. L’Ufficio Poli­ti­co del PCd’I rea­gì con una dura cam­pa­gna con­tro l’opposizione, defi­nen­do­la pub­bli­ca­men­te “oppor­tu­ni­sta”, e in una riu­nio­ne del 28 apri­le rimos­se i tre del­le loro fun­zio­ni nel par­ti­to. L’Ufficio Poli­ti­co e Togliat­ti comin­cia­ro­no a sospet­ta­re che gli arti­co­li di La Véri­té fos­se­ro di Leo­net­ti e in una riu­nio­ne ai pri­mi di giu­gno pre­te­se­ro che egli e Ravaz­zo­li fir­mas­se­ro una con­dan­na pub­bli­ca degli arti­co­li pub­bli­ca­ti sul quo­ti­dia­no fran­ce­se. Di fron­te al loro rifiu­to, il 9 giu­gno furo­no espul­si dal par­ti­to. Nel­la riso­lu­zio­ne di espul­sio­ne, Togliat­ti, che non vole­va di nuo­vo pro­va­re l’imbarazzo di esse­re accu­sa­to da Mosca di aver vacil­la­to nel­la lot­ta con­tro l’opposizione, com’era acca­du­to nel caso Tasca, dichia­rò guer­ra: «A que­sto pun­to è pos­si­bi­le solo una cosa, la lot­ta, la lot­ta aper­ta, sen­za quar­tie­re, la mobi­li­ta­zio­ne di tut­te le for­ze del par­ti­to e del­la clas­se ope­ra­ia come con­tro dei tra­di­to­ri del par­ti­to e del­la clas­se ope­ra­ia»[27]. Duran­te la riu­nio­ne ven­ne­ro anche fat­te pres­sio­ni per­ché Tres­so si allon­ta­nas­se dagli altri due, ma egli repli­cò che le deci­sio­ni di mar­zo non era­no altro che «una cadu­ta nell’opportunismo masche­ra­ta di fra­si di sini­stra» e respin­se la dichia­ra­zio­ne di capi­to­la­zio­ne che vole­va­no costrin­ger­lo fir­ma­re[28]. Si con­su­ma­va così l’esclusione dei tre, ai qua­li si aggiun­se­ro pure Tere­sa Rec­chia, l’unica don­na ope­ra­ia elet­ta alla gui­da del par­ti­to al Con­gres­so di Lio­ne, Mario Bavas­sa­no e Gio­van­ni Boero.

Gram­sci
Nel­la sto­rio­gra­fia comu­ni­sta l’opposizione dei “tre” è spes­so rap­pre­sen­ta­ta come di un grup­po sen­za diver­gen­ze poli­ti­che con la dire­zio­ne del par­ti­to, ma ani­ma­to da risen­ti­men­ti per­so­na­li con­tro Togliat­ti, con­tro cui muo­ve­va­no dure accu­se[29]. Ma la let­te­ra invia­ta poco dopo a Tro­tsky sul­la situa­zio­ne ita­lia­na e la ver­sio­ne che Bla­sco ne fece per la pub­bli­ca­zio­ne sul­la rivi­sta La Lut­te de clas­ses mostra­no non solo la por­ta­ta del­le dif­fe­ren­ze, ma anche la qua­li­tà poli­ti­ca degli oppo­si­to­ri ita­lia­ni[30]. In que­sto testo, Bla­sco affer­ma che la «pri­ma cau­sa del­le diver­gen­ze» tra gli oppo­si­to­ri e la mag­gio­ran­za del­la diri­gen­za del PCd’I era «la diver­sa valu­ta­zio­ne che fac­cia­mo del­la situa­zio­ne ita­lia­na»[31]. L’articolo espri­me­va i dub­bi degli oppo­si­to­ri ita­lia­ni sul­lo svi­lup­po del­la cri­si del capi­ta­li­smo nel­la peni­so­la e affer­ma­va la pos­si­bi­li­tà che le clas­si domi­nan­ti potes­se­ro tro­va­re il modo di «supe­rar­la prov­vi­so­ria­men­te»[32].
Secon­do Bla­sco, l’opinione dei diri­gen­ti del par­ti­to ita­lia­no sul­la rea­le situa­zio­ne del movi­men­to di mas­sa era «per il 90% pura fan­ta­sia»: «La veri­tà è che le mas­se lavo­ra­tri­ci ita­lia­ne stan­no anco­ra facen­do i pri­mi ten­ta­ti­vi di usci­re dal­la pas­si­vi­tà»[33]. A par­ti­re da que­sta carat­te­riz­za­zio­ne rea­li­sti­ca dei rap­por­ti di for­ze, gli oppo­si­to­ri ita­lia­ni affer­ma­va­no la pos­si­bi­li­tà che la cadu­ta del fasci­smo lascias­se il posto a for­me poli­ti­che demo­cra­ti­che, cioè che «la bor­ghe­sia […], attra­ver­so que­sto nuo­vo per­so­na­le poli­ti­co [libe­ra­li e social­de­mo­cra­ti­ci] e con un ria­de­gua­men­to al meto­do demo­cra­ti­co, ricon­qui­sti il con­trol­lo poli­ti­co e orga­niz­za­ti­vo su alme­no una par­te di que­gli stra­ti su cui oggi non ha pre­sa»[34].
L’articolo di Bla­sco non men­zio­na­va la pro­po­sta di Assem­blea repub­bli­ca­na basa­ta su con­si­gli di lavo­ra­to­ri e con­ta­di­ni. Ma dal­la rispo­sta di Tro­tsky alla let­te­ra che i tre ave­va­no invia­to, è pos­si­bi­le dedur­re che essa figu­ras­se nel­la ver­sio­ne ori­gi­na­le. Uno dei moti­vi di que­sta sop­pres­sio­ne può esse­re il fat­to che Tro­tsky si era oppo­sto a que­sta pro­po­sta, soste­nen­do che era sba­glia­to cer­ca­re di con­ci­lia­re l’Assemblea repub­bli­ca­na, orga­no del­lo Sta­to bor­ghe­se, con i con­si­gli di ope­rai e con­ta­di­ni, orga­ni­smi del­lo Sta­to pro­le­ta­rio[35]. Tro­tsky, tut­ta­via, non esclu­de­va le paro­le d’ordine demo­cra­ti­che dal pro­gram­ma e sug­ge­rì agli ita­lia­ni la riven­di­ca­zio­ne dell’Assemblea Costituente:

«Di fat­to non neghia­mo la fase di tran­si­zio­ne con le sue riven­di­ca­zio­ni tran­si­to­rie, com­pre­se quel­le demo­cra­ti­che. Ma è pro­prio con l’aiuto di que­ste paro­le d’ordine tran­si­to­rie, le qua­li apro­no la stra­da alla dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to, che l’avanguardia dei lavo­ra­to­ri dovrà con­qui­sta­re l’insieme del­la clas­se ope­ra­ia e che que­sta dovrà uni­re intor­no a sé tut­te le mas­se oppres­se del­la nazio­ne. E nep­pu­re esclu­do l’eventualità di un’Assemblea Costi­tuen­te che in deter­mi­na­te cir­co­stan­ze potreb­be esse­re impo­sta dal cor­so degli even­ti o, più pre­ci­sa­men­te, dal pro­ces­so di risve­glio rivo­lu­zio­na­rio del­le mas­se oppres­se»[36].

Da quel momen­to ini­ziò la costru­zio­ne del­la Nuo­va Oppo­si­zio­ne Ita­lia­na (NOI), che segna­va le sue dif­fe­ren­ze rispet­to alla vec­chia oppo­si­zio­ne bor­di­ghi­sta e si alli­nea­va con l’Opposizione di Sini­stra Inter­na­zio­na­le. L’Opposizione pub­bli­cò, tra il 10 apri­le 1931 e il 15 giu­gno 1936, sedi­ci nume­ri del Bol­let­ti­no dell’Opposizione Comu­ni­sta Ita­lia­na[37]. Per mol­ti aspet­ti, l’analisi del­la situa­zio­ne poli­ti­ca ita­lia­na por­ta­ta avan­ti dagli oppo­si­to­ri nel Bol­let­ti­no e l’orientamento poli­ti­co pro­po­sto, rias­sun­to nel­la riven­di­ca­zio­ne dell’Assemblea Costi­tuen­te, era­no pros­si­mi a ciò che Gram­sci discu­te­va con i suoi com­pa­gni in car­ce­re. È noto che in pri­gio­ne egli ave­va espres­so la sua oppo­si­zio­ne alla nuo­va poli­ti­ca del par­ti­to, che ave­va pro­po­sto che i comu­ni­sti doves­se­ro riven­di­ca­re la con­vo­ca­zio­ne di un’Assemblea costi­tuen­te, che ave­va cer­ca­to di infor­mar­si sul desti­no dei tre e sul­le ragio­ni del­la loro espul­sio­ne, e che per que­sti moti­vi era sta­to dura­men­te attac­ca­to dai com­pa­gni di sven­tu­ra alli­nea­ti con la mag­gio­ran­za del­la dire­zio­ne. Il cli­ma tra i pri­gio­nie­ri comu­ni­sti era diven­ta­to mol­to teso e non furo­no pochi ad aver accu­sa­to Gram­sci di rom­pe­re con il par­ti­to. Secon­do Giu­sep­pe Vac­ca, «tut­te le testi­mo­nian­ze con­cor­da­no sul fat­to che la mag­gior par­te dei com­pa­gni rite­ne­va che Gram­sci si fos­se posto fuo­ri del par­ti­to»[38]. Ange­lo Scuc­chia, ad esem­pio, nar­ra­va che spes­so com­pa­gni di sven­tu­ra in linea con la mag­gio­ran­za del par­ti­to accu­sas­se­ro Gram­sci di “oppor­tu­ni­smo” “posi­zio­ni anti‑partito” e “tra­di­men­to ideo­lo­gi­co”[39].

L’assassinio
A par­ti­re dal­la metà del 1930, Tres­so mili­tò nel­la Ligue Com­mu­ni­ste e fu elet­to nel suo Comi­ta­to Ese­cu­ti­vo. In segui­to avreb­be par­te­ci­pa­to atti­va­men­te alle discus­sio­ni per la fon­da­zio­ne del­la Quar­ta Inter­na­zio­na­le e, nel 1938, fu dele­ga­to al suo con­gres­so di fon­da­zio­ne, venen­do elet­to nel Comi­ta­to Ese­cu­ti­vo Inter­na­zio­na­le. Lo scop­pio del­la secon­da Guer­ra Mon­dia­le e l’occupazione del­la Fran­cia da par­te dei nazi­sti nel mag­gio del 1940 rese­ro estre­ma­men­te peri­co­lo­sa l’attività poli­ti­ca di Tres­so e nell’estate del 1941 egli lasciò Pari­gi tra­sfe­ren­do­si a Mar­si­glia, che non era occu­pa­ta dai tede­schi. Imme­dia­ta­men­te ripre­se le sue atti­vi­tà, entran­do nel­la dire­zio­ne del Par­ti Ouvrier Inter­na­tio­na­li­ste (Par­ti­to Ope­ra­io Inter­na­zio­na­li­sta – POI), deno­mi­na­zio­ne assun­ta dall’organizzazione tro­tski­sta nel 1936. È di que­sto perio­do la reda­zio­ne del necro­lo­gio di Gram­sci che abbia­mo pub­bli­ca­to qui.

Tres­so alla fine degli anni 30

Nei pri­mi gior­ni del giu­gno 1942, un’ondata repres­si­va col­pì i tro­tski­sti fran­ce­si. Mol­ti furo­no arre­sta­ti dal­la poli­zia fran­ce­se, tra cui Tres­so che ven­ne bru­tal­men­te tor­tu­ra­to. Con­dan­na­to dal Tri­bu­na­le mili­ta­re a die­ci anni di lavo­ri for­za­ti, fu rin­chiu­so nel car­ce­re di Lodè­ve. In pri­gio­ne, insie­me ad altri quat­tro tro­tski­sti, si scon­trò con l’ostilità degli sta­li­ni­sti. A novem­bre fu tra­sfe­ri­to nel car­ce­re di Mau­zac e subi­to dopo a Puy‑en‑Velay. Dal set­tem­bre 1943 l’ostilità degli sta­li­ni­sti si tra­sfor­mò in espli­ci­ta minac­cia di mor­te. Fu in que­sto con­te­sto che la sera del 1° otto­bre si veri­fi­cò la fuga di 79 dete­nu­ti, tra cui Bla­sco e i suoi com­pa­gni trotskisti.
L’evasione ven­ne soste­nu­ta dai ser­vi­zi segre­ti bri­tan­ni­co e fu gesti­ta da un grup­po di maqui­sards (par­ti­gia­ni: Ndt) gui­da­ti da Gio­van­ni Sos­so, noto come Capi­ta­no Jean, che si sospet­ta esse­re col­le­ga­to ai ser­vi­zi segre­ti sovie­ti­ci[40]. I tro­tski­sti furo­no sepa­ra­ti dagli altri e por­ta­ti nel­la mac­chia di Raf­fy. La minac­cia su di loro era costan­te e lo sto­ri­co Marc Bloch, diri­gen­te di pri­mo pia­no del­la resi­sten­za, cer­cò inva­no di libe­rar­li. Pro­ba­bil­men­te, tra il 26 e il 27 otto­bre Tres­so e i suoi com­pa­gni furo­no con­dot­ti in un bosco e giu­sti­zia­ti da una ban­da sta­li­ni­sta. Così finì la vita di Bla­sco, fon­da­to­re del­la NOI, tro­tski­sta e gramsciano.


Note

[1] Il link nell’articolo ori­gi­na­le in por­to­ghe­se, in real­tà, riman­da alla pagi­na web del­la rivi­sta Movi­men­to all’indirizzo https://tinyurl.com/yc3x28nr, che pre­sen­ta il testo scrit­to da Tres­so cor­re­da­to da un appa­ra­to cri­ti­co di note per favo­ri­re la com­pren­sio­ne del­la vicen­da da par­te dei let­to­ri bra­si­lia­ni. Tut­ta­via, in que­sta tra­du­zio­ne del­la pre­sen­ta­zio­ne di Alva­ro Bian­chi riman­dia­mo inve­ce al testo di Tres­so già tra­dot­to in ita­lia­no dal sito Rivo­lu­zio­ne e che può esse­re let­to all’indirizzo https://tinyurl.com/ydduuz8b (Ndt).
[2] Per la bio­gra­fia di Pie­tro Tres­so v. U. De Gran­dis, “‘È per­ché sia­mo rima­sti gio­va­ni’. Vita e mor­te di Pie­tro Tres­so ‘Bla­sco’, rivo­lu­zio­na­rio scle­den­se”, Qua­der­ni di Sto­ria e di Cul­tu­ra Scle­den­se (nuo­va serie), n. 21, 2012; P. Cascio­la, G. Ser­ma­si, Vita di Bla­sco: Pie­tro Tres­so diri­gen­te del movi­men­to ope­ra­io Inter­na­zio­na­le (Magrè di Schio 1893–Haute-Loire 1944?), Vicen­za, Odeon­li­bri-ISMOS, 1985; non­ché il bre­ve sag­gio “Les hom­mes qui ont for­gé notre Inter­na­tio­na­le: Pie­tro Tres­so (Bla­sco)”, Qua­triè­me Inter­na­tio­na­le, v. 13, n. 11‑12, Dicem­bre 1955, pp. 12–13.
[3] “La situa­zio­ne ita­lia­na e i com­pi­ti del PCI”. In A. Gram­sci, La costru­zio­ne del Par­ti­to Comu­ni­sta (1923–1926). Tori­no, Einau­di, 1971, p. 510.
[4] Idem, p. 512.
[5] Idem, pp. 510 e 511.
[6] Cfr. P. Spria­no, Sto­ria del Par­ti­to Comu­ni­sta Ita­lia­no: gli anni del­la clan­de­sti­ni­tà, Tori­no, Einau­di, 1969, p. 63.
[7] “Estrat­ti dal­le Tesi del VI Con­gres­so del Comin­tern sul­la situa­zio­ne inter­na­zio­na­le e i com­pi­ti dell’Internazionale Comu­ni­sta”, in J. Degras, The Com­mu­ni­st Inter­na­tio­nal (1919–1943): Docu­men­ts, Lon­don, Frank Cass, 1971, v. II (1923‑1928), pp. 457 e 459.
[8] “Estrat­ti da una let­te­ra del CEIC al Comi­ta­to Cen­tra­le del Par­ti­to Comu­ni­sta Cine­se, 8 feb­bra­io 1929”, in J. Degras, op. cit., v. III (1929‑1943), p. 1; e “Estrat­ti da una dichia­ra­zio­ne dell’Ufficio per l’Europa Occi­den­ta­le del CEIC sul­la Con­fe­ren­za dei par­ti­ti comu­ni­sti euro­pei, indet­ta in pre­pa­ra­zio­ne del­la Gior­na­ta inter­na­zio­na­le con­tro la guer­ra, 18 mag­gio 1929”, in J. Degras, op. cit., v. III (1929‑1943), p. 29.
[9] “Estrat­ti dal­le Tesi del X Ple­num del CEIC sul­la situa­zio­ne inter­na­zio­na­le e sugli obiet­ti­vi dell’Internazionale Comu­ni­sta, 1° luglio 1929”, in J. Degras, op. cit., v. III (1929‑1943), p. 44.
[10] Idem, p. 47.
[11] “Estrat­ti dal­la riso­lu­zio­ne del X Ple­num del CEIC su Bucha­rin, luglio 1929”, in J. Degras, op. Cit., v. III (1929_1943), p. 69.
[12] Apud P. Spria­no, op. cit., p. 216.
[13] P. Togliat­ti, Ope­re, a cura di Erne­sto Ragio­nie­ri, Roma, Edi­to­ri Riu­ni­ti, 1973, v. III/1, p. 154.
[14] Idem, p. 180. Con­fron­tan­do le varie cita­zio­ni sul “social­fa­sci­smo”, Tro­tsky, nel vivo degli avve­ni­men­ti affer­mò: «I fun­zio­na­ri dell’Internazionale Comu­ni­sta si riar­ma­ro­no. Erco­li [Togliat­ti] si affret­tò a dimo­stra­re che la veri­tà gli è cara, ma che Molo­tov gli è ancor più caro, e … pre­pa­rò una rela­zio­ne in dife­sa del­la teo­ria del social­fa­sci­smo. “La social­de­mo­cra­zia ita­lia­na – ha dichia­ra­to nel feb­bra­io 1930 – si fasci­stiz­za con estre­ma faci­li­tà”. Ahi­mè! Con una faci­li­tà anco­ra mag­gio­re diven­ta­no ser­vi­li i fun­zio­na­ri del comu­ni­smo uffi­cia­le» (L. Tro­tsky, Rivo­lu­zio­ne e con­tro­ri­vo­lu­zio­ne in Ger­ma­nia, São Pau­lo, Ciên­cias Huma­nas, 1979, pag. 152).
[15] V. quan­to scrit­to da P. Spria­no, op. cit., pp. 148‑149.
[16] V. a que­sto pro­po­si­to A. Pian, “Le che­min de Tres­so vers l’Opposition de gau­che”. Cahiers Léon Tro­tsky, n. 29, Mar­zo 1987, pp. 7‑9. Secon­do Pian, Tres­so e Leo­net­ti tar­da­ro­no a com­pren­de­re gli effet­ti del­la poli­ti­ca dell’Internazionale Comu­ni­sta (idem).
[17] Apud P. Spria­no, op. cit., p. 219.
[18] V. A. Ago­sti, Pal­mi­ro Togliat­ti: a bio­gra­phy, Lon­don, I. B. Tau­rus, 2008, p. 68.
[19] Apud P. Spria­no, op. cit., p.160.
[20] Cfr. A. Ago­sti, op. cit., p. 70.
[21] A. Ago­sti, op. cit., p. 71.
[22] Cfr. A. Pian, op. cit., p. 29.
[23] V. la testi­mo­nian­za di Leo­net­ti al riguar­do in “Troc­kij e l’opposizione di sini­stra in un car­teg­gio fra Alfon­so Leo­net­ti e Isaac Deu­tscher”, Bel­fa­gor, v. 34, n. 1, 1979, p. 51.
[24] A. Rosmer, “Let­tre a Leon Tro­tsky”, 10 avril 1930”, in A. Rosmer, M. Rosmer, L. Tro­tsky, Cor­re­spon­dan­ce (1929–1939): let­tres choi­sies, pré­sen­tées et anno­tées par Pier­re Broué, avec la col­la­bo­ra­tion de Gérard Roche, Paris, Gal­li­mard, 1982, p. 135.
[25] P. Cascio­la, “Pie­tro Tres­so (Bla­sco) and the Ear­ly Years of Ita­lian Tro­tsky­i­sm”, Revo­lu­tio­na­ry Histo­ry, v. 5, n. 4, s.d. Dispo­ni­bi­le all’indirizzo http://bit.ly/2n0mZKP.
[26] Cfr., al riguar­do, P. Spria­no, op. cit., p. 258.
[27] Apud idem, p. 259.
[28] Apud idem, pp. 259 e 260.
[29] V., p. es., P. Spria­no, op. cit. e A. Ago­sti, op. cit.
[30] Bla­sco, “Les pro­blè­mes de la révo­lu­tion en Ita­lie et nos diver­gen­ces”, Lut­te de Clas­ses, n. 23, luglio 1930, pp. 478‑502.
[31] Idem, p. 479.
[32] Idem, p. 484.
[33] Idem, p. 485.
[34] Idem, p. 493.
[35] L. Tro­tsky. “Répon­se du cama­ra­de Tro­tsky a la nou­vel­le oppo­si­tion du Par­ti Com­mu­ni­ste Ita­lien”. Lut­te de Clas­ses, n. 23, luglio 1930, p. 521.
[36] Idem, pp. 523‑524.
[37] V. la col­le­zio­ne del Bol­let­ti­no in R. Mas­sa­ri, All’opposizione nel PCI con Tro­tsky e Gram­sci: Bol­let­ti­no dell’Opposizione Comu­ni­sta Ita­lia­na (1931–1933), Bol­se­na, Mas­sa­ri, 2004.
[38] G. Vac­ca, Vida e pen­sa­men­to de Anto­nio Gram­sci, Rio de Janei­ro, Con­tra­pon­to, 2012, p. 370.
[39] M.P. Quer­cio­li, Gram­sci vivo nel­le testi­mo­nian­ze dei suoi con­tem­po­ra­nei, Mila­no, Fel­tri­nel­li, 1977, p. 222.
[40] Cfr. U. De Gran­dis, op cit., p. 54. Maquis era il nome con cui veni­va­no defi­ni­ti i grup­pi del­la resi­sten­za con­tro l’occupazione nazi­sta soprat­tut­to nel­la Bre­ta­gna e nel sud del­la Fran­cia, i cui mem­bri era­no chia­ma­ti “maqui­sards”.


[*] Alva­ro Bian­chi inse­gna nel Dipar­ti­men­to di Scien­ze Poli­ti­che dell’Università Sta­ta­le di Cam­pi­nas (UNICAMP), Brasile.

 

(Tra­du­zio­ne di Vale­rio Torre)