Ricorrono oggi i cento anni dalla morte del più grande rivoluzionario mai esistito, di colui che si pose alla testa della classe lavoratrice, dei contadini e degli sfruttati della Russia, abbattendo il regime capitalista e avviando la costruzione dello Stato operaio in un processo rivoluzionario che avrebbe dovuto essere la scintilla di un’ondata di rivoluzioni nel mondo intero.
Quella scintilla venne soffocata per una serie di ragioni che tante volte su questo sito sono state esaminate; ma, sebbene in tanti ritengano morta e sepolta quell’esperienza, noi riteniamo che mai come oggi – proprio a cent’anni dalla morte di Lenin – si siano accumulate così tante contraddizioni nel sistema capitalista imperante da indicare che il suo dominio è tutt’altro che stabile.
Ed è per questa ragione, perché è falso che con il crollo del c.d. “socialismo reale” si sia prodotta la “fine della Storia” come qualcuno ebbe frettolosamente a proclamare, che ancor oggi commemoriamo non solo e non tanto Lenin, quanto il bagaglio teorico e d’azione da lui incarnato, che resta teoria e prassi viva. E lo facciamo attraverso le parole di León Trotsky, insieme a lui protagonista assoluto della Rivoluzione d’ottobre, in un messaggio scritto alla stazione di Tiflis il 22 gennaio 1924.
Si tratta di un testo che chiude il volumetto di Trotsky dal titolo semplice “Lenin” (Samonà e Savelli, 1964).
Buona lettura.
La redazione
Lenin è morto
L.D. Trotsky
Lenin è morto. Lenin non è più. Le oscure leggi che regolano la circolazione arteriosa hanno messo fine alla sua esistenza. L’arte medica si è rivelata impotente a compiere quel miracolo appassionatamente atteso e che milioni di cuori esigevano.
Quanti tra noi avrebbero volentieri donato, senza esitazioni, fino all’ultima goccia del loro sangue, per rianimare, per rigenerare l’organismo del nostro grande capo, di Lenin Il’ič, dell’unico, dell’impareggiabile! Ma non vi è stato miracolo dove la scienza si è rivelata impotente. Ed ecco che Lenin non è più. Sono parole che precipitano paurosamente nelle coscienze, come una roccia gigantesca in mare. Vi si può credere? Si possono accettare? La coscienza dei lavoratori di tutto il mondo non lo vorrà ammettere, perché il nemico dispone ancora di una terribile forza; la strada da percorrere è lunga; l’immane lavoro, il più grande che si sia intrapreso in tutta la storia, non è concluso; perché Lenin è necessario alla classe operaia mondiale, indispensabile come forse non lo è stato mai nessuno nella storia dell’umanità.
Il secondo attacco del suo male, molto più grave del primo, si è protratto per oltre dieci mesi. Il sistema circolatorio, come hanno detto amaramente i medici, si è comportato sempre “capricciosamente” in tutto questo tempo. Terribili scherzi in cui era in gioco la vita di Il’ič. Ci si poteva attendere un miglioramento e quasi una completa guarigione; ma ci si poteva anche attendere una catastrofe. Noi tutti speravamo nella convalescenza; sopravvenne la catastrofe. Il regolatore cerebrale della respirazione si rifiutò di funzionare e spense l’organo del geniale pensiero.
E noi non abbiamo più Il’ič. Il partito è un orfano, la classe operaia un’orfana. È il primo sentimento che si prova alla notizia della morte del maestro, del capo.
Come faremo ad andare avanti? Sapremo trovare la strada? Non ci perderemo? Perché Lenin, compagni, non è più tra noi …
Lenin non è più, ma ci resta il leninismo. La parte immortale di Lenin – il suo insegnamento, il suo lavoro, il suo metodo, il suo esempio – vive in noi, nel partito che ha creato, nel primo Stato operaio, alla cui testa si è trovato e che ha diretto.
Nei nostri cuori in questo momento c’è un profondo dolore perché, tutti, siamo contemporanei di Lenin, abbiamo lavorato al suo fianco, abbiamo appreso alla sua scuola. Il nostro partito è il leninismo in atto; il nostro partito è la guida collettiva dei lavoratori. In ognuno di noi vive una piccola parte di Lenin, ed è meglio di ognuno di noi.
Come marceremo d’ora in avanti? Reggendo alta la fiaccola del leninismo. Sapremo trovare la strada? Sì grazie all’elaborazione collettiva, alla volontà collegiale del partito.
E domani, e dopodomani, e tra otto giorni, e tra un mese, ci chiederemo ancora: come è possibile che Lenin non è più? La sua morte, per molto tempo ancora, ci parrà un incredibile scherzo della natura, impossibile, mostruoso.
Che la crudele trafittura che proviamo, che ognuno di noi sente in cuore al pensiero che Lenin non è più, sia per tutti un avvertimento quotidiano: ci ricordi che la nostra responsabilità è ora molto più grande. Siamo degni del capo che ci ha istruiti!
In questo momento di dolore, di lutto, stringiamo le file, riavviciniamo i nostri cuori, teniamoci più strettamente uniti per le nuove battaglie.
Compagni, fratelli, Lenin non è più tra noi Addio, Il’ič! Addio, capo! …
Stazione di Tiflis, 22 gennaio 1924