Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Storia del movimento operaio

“Lenin è morto”

Vladimir Ilyich Ulyanov Lenin inspects the Vsevobuch (Universal Military Training) troops in the Red Square. Moscow, Russia, on 25th May 1919. Ph: N. Smirnow.

Ricor­ro­no oggi i cen­to anni dal­la mor­te del più gran­de rivo­lu­zio­na­rio mai esi­sti­to, di colui che si pose alla testa del­la clas­se lavo­ra­tri­ce, dei con­ta­di­ni e degli sfrut­ta­ti del­la Rus­sia, abbat­ten­do il regi­me capi­ta­li­sta e avvian­do la costru­zio­ne del­lo Sta­to ope­ra­io in un pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio che avreb­be dovu­to esse­re la scin­til­la di un’on­da­ta di rivo­lu­zio­ni nel mon­do intero.
Quel­la scin­til­la ven­ne sof­fo­ca­ta per una serie di ragio­ni che tan­te vol­te su que­sto sito sono sta­te esa­mi­na­te; ma, seb­be­ne in tan­ti riten­ga­no mor­ta e sepol­ta quel­l’e­spe­rien­za, noi rite­nia­mo che mai come oggi – pro­prio a cen­t’an­ni dal­la mor­te di Lenin – si sia­no accu­mu­la­te così tan­te con­trad­di­zio­ni nel siste­ma capi­ta­li­sta impe­ran­te da indi­ca­re che il suo domi­nio è tut­t’al­tro che stabile.
Ed è per que­sta ragio­ne, per­ché è fal­so che con il crol­lo del c.d. “socia­li­smo rea­le” si sia pro­dot­ta la “fine del­la Sto­ria” come qual­cu­no ebbe fret­to­lo­sa­men­te a pro­cla­ma­re, che ancor oggi com­me­mo­ria­mo non solo e non tan­to Lenin, quan­to il baga­glio teo­ri­co e d’a­zio­ne da lui incar­na­to, che resta teo­ria e pras­si viva. E lo fac­cia­mo attra­ver­so le paro­le di León Tro­tsky, insie­me a lui pro­ta­go­ni­sta asso­lu­to del­la Rivo­lu­zio­ne d’ot­to­bre, in un mes­sag­gio scrit­to alla sta­zio­ne di Tiflis il 22 gen­na­io 1924.
Si trat­ta di un testo che chiu­de il volu­met­to di Tro­tsky dal tito­lo sem­pli­ce “Lenin” (Samo­nà e Savel­li, 1964).
Buo­na lettura.
La redazione

Lenin è morto

L.D. Tro­tsky

Lenin è mor­to. Lenin non è più. Le oscu­re leg­gi che rego­la­no la cir­co­la­zio­ne arte­rio­sa han­no mes­so fine alla sua esi­sten­za. L’arte medi­ca si è rive­la­ta impo­ten­te a com­pie­re quel mira­co­lo appas­sio­na­ta­men­te atte­so e che milio­ni di cuo­ri esigevano.

Quan­ti tra noi avreb­be­ro volen­tie­ri dona­to, sen­za esi­ta­zio­ni, fino all’ultima goc­cia del loro san­gue, per ria­ni­ma­re, per rige­ne­ra­re l’organismo del nostro gran­de capo, di Lenin Il’ič, dell’unico, dell’impareggiabile! Ma non vi è sta­to mira­co­lo dove la scien­za si è rive­la­ta impo­ten­te. Ed ecco che Lenin non è più. Sono paro­le che pre­ci­pi­ta­no pau­ro­sa­men­te nel­le coscien­ze, come una roc­cia gigan­te­sca in mare. Vi si può cre­de­re? Si pos­so­no accet­ta­re? La coscien­za dei lavo­ra­to­ri di tut­to il mon­do non lo vor­rà ammet­te­re, per­ché il nemi­co dispo­ne anco­ra di una ter­ri­bi­le for­za; la stra­da da per­cor­re­re è lun­ga; l’immane lavo­ro, il più gran­de che si sia intra­pre­so in tut­ta la sto­ria, non è con­clu­so; per­ché Lenin è neces­sa­rio alla clas­se ope­ra­ia mon­dia­le, indi­spen­sa­bi­le come for­se non lo è sta­to mai nes­su­no nel­la sto­ria dell’umanità.

Il secon­do attac­co del suo male, mol­to più gra­ve del pri­mo, si è pro­trat­to per oltre die­ci mesi. Il siste­ma cir­co­la­to­rio, come han­no det­to ama­ra­men­te i medi­ci, si è com­por­ta­to sem­pre “capric­cio­sa­men­te” in tut­to que­sto tem­po. Ter­ri­bi­li scher­zi in cui era in gio­co la vita di Il’ič. Ci si pote­va atten­de­re un miglio­ra­men­to e qua­si una com­ple­ta gua­ri­gio­ne; ma ci si pote­va anche atten­de­re una cata­stro­fe. Noi tut­ti spe­ra­va­mo nel­la con­va­le­scen­za; soprav­ven­ne la cata­stro­fe. Il rego­la­to­re cere­bra­le del­la respi­ra­zio­ne si rifiu­tò di fun­zio­na­re e spen­se l’organo del genia­le pensiero.

E noi non abbia­mo più Il’ič. Il par­ti­to è un orfa­no, la clas­se ope­ra­ia un’orfana. È il pri­mo sen­ti­men­to che si pro­va alla noti­zia del­la mor­te del mae­stro, del capo.

Come fare­mo ad anda­re avan­ti? Sapre­mo tro­va­re la stra­da? Non ci per­de­re­mo? Per­ché Lenin, com­pa­gni, non è più tra noi …

Lenin non è più, ma ci resta il leni­ni­smo. La par­te immor­ta­le di Lenin – il suo inse­gna­men­to, il suo lavo­ro, il suo meto­do, il suo esem­pio – vive in noi, nel par­ti­to che ha crea­to, nel pri­mo Sta­to ope­ra­io, alla cui testa si è tro­va­to e che ha diretto.

Nei nostri cuo­ri in que­sto momen­to c’è un pro­fon­do dolo­re per­ché, tut­ti, sia­mo con­tem­po­ra­nei di Lenin, abbia­mo lavo­ra­to al suo fian­co, abbia­mo appre­so alla sua scuo­la. Il nostro par­ti­to è il leni­ni­smo in atto; il nostro par­ti­to è la gui­da col­let­ti­va dei lavo­ra­to­ri. In ognu­no di noi vive una pic­co­la par­te di Lenin, ed è meglio di ognu­no di noi.

Come mar­ce­re­mo d’ora in avan­ti? Reg­gen­do alta la fiac­co­la del leni­ni­smo. Sapre­mo tro­va­re la stra­da? Sì gra­zie all’elaborazione col­let­ti­va, alla volon­tà col­le­gia­le del partito.

E doma­ni, e dopo­do­ma­ni, e tra otto gior­ni, e tra un mese, ci chie­de­re­mo anco­ra: come è pos­si­bi­le che Lenin non è più? La sua mor­te, per mol­to tem­po anco­ra, ci par­rà un incre­di­bi­le scher­zo del­la natu­ra, impos­si­bi­le, mostruoso.

Che la cru­de­le tra­fit­tu­ra che pro­via­mo, che ognu­no di noi sen­te in cuo­re al pen­sie­ro che Lenin non è più, sia per tut­ti un avver­ti­men­to quo­ti­dia­no: ci ricor­di che la nostra respon­sa­bi­li­tà è ora mol­to più gran­de. Sia­mo degni del capo che ci ha istruiti!

In que­sto momen­to di dolo­re, di lut­to, strin­gia­mo le file, riav­vi­ci­nia­mo i nostri cuo­ri, tenia­mo­ci più stret­ta­men­te uni­ti per le nuo­ve battaglie.

Com­pa­gni, fra­tel­li, Lenin non è più tra noi Addio, Il’ič! Addio, capo! …

Sta­zio­ne di Tiflis, 22 gen­na­io 1924