Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Politica internazionale: America Latina

Il black out elettrico: sabotaggio imperialista o crimine boliborghese?

Un’immagine satellitare mostra il Venezuela completamente all’oscuro

Il recen­te black‑out elet­tri­co che ha col­pi­to il Vene­zue­la aggra­van­do la già dura situa­zio­ne del­le clas­si popo­la­ri ha costi­tui­to un’ulteriore occa­sio­ne di esca­la­tion del­la guer­ra com­bat­tu­ta a col­pi di fake news dal­le due par­ti che si stan­no con­ten­den­do il Pae­se carai­bi­co: da una par­te il dit­ta­to­re Madu­ro e, dall’altra, il burat­ti­no di Trump, Guaidó.
Que­sta vol­ta le fan­do­nie sono sta­te rac­con­ta­te dal gover­no tardo‑chavista, che ha assi­cu­ra­to di ave­re le pro­ve di un attac­co ciber­ne­ti­co pro­ve­nien­te dagli Sta­ti Uni­ti con cui l’imperialismo sareb­be riu­sci­to a fare anda­re in tilt l’intero siste­ma di distri­bu­zio­ne dell’energia elet­tri­ca. Gon­go­lan­ti, i soste­ni­to­ri del para­dig­ma del “gol­pe” han­no così aggiun­to un altro tas­sel­lo alla loro clau­di­can­te tesi del col­po di sta­to[1].
Ma men­tre nel 2003 l’allora segre­ta­rio di Sta­to degli Usa, Colin Powell, in un discor­so al Con­si­glio di Sicu­rez­za dell’Onu, agi­tò davan­ti agli occhi dell’uditorio alme­no una pro­vet­ta – che dis­se esse­re antra­ce, men­tre era un fal­so – Madu­ro non ha esi­bi­to nem­me­no uno strac­cio di dimo­stra­zio­ne del pre­sun­to “sabo­tag­gio” agli impian­ti elet­tri­ci vene­zue­la­ni. Anzi: è sta­to smen­ti­to dai più impor­tan­ti inge­gne­ri e tec­ni­ci venezuelani.
Il fat­to è che il vero “sabo­tag­gio” è quel­lo che Madu­ro e il ven­ten­na­le regi­me cha­vi­sta han­no attua­to ai dan­ni dei lavo­ra­to­ri, del­le mas­se popo­la­ri vene­zue­la­ne e, in defi­ni­ti­va, dell’idea stes­sa di socialismo.
Pre­sen­tia­mo dun­que ai nostri let­to­ri l’articolo di Simón Rodrí­guez Por­ras, che ha il pre­gio di chia­ri­re lo sfon­do poli­ti­co su cui si è pro­dot­to il black‑out dei gior­ni scor­si. Quan­tun­que dis­sen­tia­mo dal­la con­clu­sio­ne del testo, dal momen­to che rite­nia­mo non esse­re pre­sen­ti allo sta­to in Vene­zue­la le con­di­zio­ni ogget­ti­ve e quel­le sog­get­ti­ve per lot­ta­re per il pote­re – sic­ché l’articolazione di un pro­gram­ma tran­si­to­rio come quel­lo pro­po­sto appa­re più che altro un eser­ci­zio reto­ri­co – non­di­me­no rite­nia­mo uti­le pub­bli­ca­re quest’articolo, anche per­ché pro­vie­ne da un mili­tan­te del­la sini­stra mar­xi­sta vene­zue­la­na, cala­to nel­la lot­ta di clas­se di quel Paese.
Buo­na lettura.
La redazione

Venezuela

Il black‑out elettrico: sabotaggio imperialista o crimine boliborghese?


Simón Rodrí­guez Porras [*]

 

Il pome­rig­gio del 7 mar­zo scor­so l’alimentazione elet­tri­ca è col­las­sa­ta in più del 80% del Vene­zue­la. Si è trat­ta­to dell’acme di una cri­si elet­tri­ca che dura da un decen­nio, un col­las­so che era sta­to ripe­tu­ta­men­te pre­an­nun­cia­to dai lavo­ra­to­ri dell’industria in tut­ti que­sti anni, nono­stan­te i ten­ta­ti­vi del gover­no di silen­zia­re le denun­ce attra­ver­so la repres­sio­ne. Nel­la mag­gior par­te del Pae­se il ser­vi­zio è sta­to ripri­sti­na­to solo dopo più di 36 ore e in alcu­ne zone l’interruzione è dura­ta più di 100 ore. In alcu­ne regio­ni, come lo Sta­to di Zulia, il ser­vi­zio non si è nor­ma­liz­za­to se non la set­ti­ma­na suc­ces­si­va. Il black‑out, soprat­tut­to nel­le zone inter­ne, si è aggiun­to a pro­ble­mi già gra­vi cir­ca la for­ni­tu­ra di acqua, gas e ben­zi­na, alla penu­ria di gene­ri ali­men­ta­ri e allo sfa­ce­lo degli ospe­da­li pub­bli­ci. A cau­sa dell’aggiustamento dei con­ti ipe­rin­fla­zio­na­rio appli­ca­to dal gover­no, il dena­ro con­tan­te è pra­ti­ca­men­te inser­vi­bi­le e il col­las­so del­le comu­ni­ca­zio­ni ha annul­la­to la pos­si­bi­li­tà di fare acqui­sti con car­te di cre­di­to e di debi­to, para­liz­zan­do così il com­mer­cio. Il gover­no ha sospe­so tut­te le atti­vi­tà lavo­ra­ti­ve tra vener­dì 8 mar­zo e mer­co­le­dì 13. Si sono mol­ti­pli­ca­ti epi­so­di di sac­cheg­gio e rivol­te spon­ta­nee in gran par­te del Pae­se. Tra le vit­ti­me del black‑out figu­ra un impre­ci­sa­to nume­ro di mor­ti tra i pazien­ti rico­ve­ra­ti negli ospe­da­li in con­se­guen­za del bloc­co del­le attrez­za­tu­re di rianimazione.
Il mini­stro dell’energia elet­tri­ca, il mili­ta­re Mot­ta Domín­guez, ha ini­zial­men­te assi­cu­ra­to che il black‑out sareb­be dura­to tre ore. La bugia è subi­to sta­ta evi­den­te, ma il gover­no, in una fuga in avan­ti, ha tira­to fuo­ri il soli­to ali­bi del “sabo­tag­gio”, dan­do­gli una nuo­va for­mu­la­zio­ne: la “guer­ra elet­tri­ca”. Il mini­stro del­le comu­ni­ca­zio­ni, Jor­ge Rodrí­guez, ha assi­cu­ra­to che si trat­ta­va del più gran­de attac­co ter­ro­ri­sti­co nel­la sto­ria del Pae­se e che Madu­ro per­so­nal­men­te sta­va diri­gen­do le ope­ra­zio­ni neces­sa­rie a recu­pe­ra­re l’alimentazione elet­tri­ca. In un ten­ta­ti­vo di mostrar­si come un’autorità nel mez­zo del caos, lune­dì 11 mar­zo Madu­ro ha pub­bli­ca­to un video in cui dà ordi­ni via radio e denun­cia che sareb­be­ro sta­ti tre gli attac­chi subi­ti. Ma la mag­gio­ran­za dei vene­zue­la­ni è rima­sta taglia­ta fuo­ri dal­le comu­ni­ca­zio­ni per parec­chi gior­ni, così che ha appre­so del­la ver­sio­ne uffi­cia­le con ritardo.
La tesi del sabo­tag­gio è sta­ta respin­ta da diri­gen­ti ope­rai del set­to­re e per­fi­no da alti ex fun­zio­na­ri del gover­no di Chá­vez. L’ex mini­stro dell’energia elet­tri­ca, Héc­tor Navar­ro, ha repli­ca­to alle ver­sio­ni gover­na­ti­ve di un “attac­co ciber­ne­ti­co” spie­gan­do che la diga di Gurí fun­zio­na con appa­rec­chia­tu­re ana­lo­gi­che. Ha attri­bui­to il col­las­so alle con­se­guen­ze del­la cor­ru­zio­ne e alla man­can­za di manu­ten­zio­ne. Alí Bri­ceño, segre­ta­rio ese­cu­ti­vo del­la fede­ra­zio­ne dei lavo­ra­to­ri elet­tri­ci (Fetrae­lec), ha spie­ga­to che i lavo­ra­to­ri han­no denun­cia­to un incen­dio che ha col­pi­to la tra­smis­sio­ne di ener­gia in tre linee che col­le­ga­no Gurí con sot­to­sta­zio­ni nel cen­tro del Pae­se. Gli ammi­ni­stra­to­ri mili­ta­ri non prov­ve­do­no da anni alla puli­zia pre­ven­ti­va per impe­di­re che la vege­ta­zio­ne spon­ta­nea inva­da le tor­ri, sic­ché, in con­se­guen­za di un incen­dio boschi­vo, una del­le linee si è sur­ri­scal­da­ta e ha smes­so di tra­smet­te­re ener­gia. Le altre due linee sono col­las­sa­te in un effet­to domi­no a cau­sa del sovrac­ca­ri­co dovu­to all’interruzione del­la pri­ma linea. Bri­ceño ha aggiun­to che ci sono sta­te deci­sio­ni ammi­ni­stra­ti­ve sba­glia­te per impe­ri­zia dei mili­ta­ri nel ten­ta­ti­vo di rista­bi­li­re il ser­vi­zio, ciò che ha pro­lun­ga­to l’interruzione.

Una tesi uffi­cia­le sen­za prove
Di fron­te alla man­can­za di pro­ve di sabo­tag­gio, il gover­no ha comin­cia­to ad inven­tar­le, a mo’ del­le peg­gio­ri far­se giu­di­zia­rie fasci­ste o sta­li­ni­ste. Secon­do il mini­stro Jor­ge Rodrí­guez, dei tweet pub­bli­ca­ti dopo il black‑out da fun­zio­na­ri sta­tu­ni­ten­si e dal pre­si­den­te dell’Assemblea nazio­na­le, Guai­dó, “dimo­stra­no” che essi era­no a cono­scen­za in anti­ci­po dell’interruzione. Rodrí­guez ha anche assi­cu­ra­to che mar­te­dì 12 mar­zo alcu­ni segua­ci di Guai­dó avreb­be­ro pia­ni­fi­ca­to il sabo­tag­gio del ripri­sti­no del ser­vi­zio aumen­tan­do il con­su­mo elet­tri­co nel­le case … accen­den­do simul­ta­nea­men­te varie appa­rec­chia­tu­re elet­tri­che! In un altro degli assur­di sfor­zi per sup­por­ta­re la tesi del­la “guer­ra elet­tri­ca”, l’11 mar­zo il gior­na­li­sta Luis Car­los Díaz è sta­to arre­sta­to dal Ser­vi­zio Boli­va­ria­no di Intel­li­gen­ce Nazio­na­le (Sebin) a cau­sa di dichia­ra­zio­ni rese il 27 feb­bra­io scor­so, in cui sta­bi­li­va un’analogia tra un’ipotetica inter­ru­zio­ne dell’accesso a Inter­net da par­te del gover­no e un black‑out elet­tri­co. Il nume­ro due del gover­no, Dio­sda­do Cabel­lo, ha assi­cu­ra­to che que­ste dichia­ra­zio­ni indi­ca­va­no che il gior­na­li­sta sape­va in anti­ci­po dell’interruzione. Alla fine, per­fi­no per le auto­ri­tà giu­di­zia­rie cha­vi­ste que­sta ver­sio­ne è risul­ta­ta inso­ste­ni­bi­le e l’accusa al gior­na­li­sta è sta­ta deru­bri­ca­ta da “sabo­tag­gio” a “isti­ga­zio­ne a delin­que­re”, in un nuo­vo attac­co alla liber­tà d’espressione.
Con­tem­po­ra­nea­men­te è sta­ta sca­te­na­ta una per­se­cu­zio­ne ai dan­ni dei lavo­ra­to­ri elet­tri­ci. Cabel­lo, rife­ren­do­si ai lavo­ra­to­ri che sono sta­ti arre­sta­ti, ha det­to che «è per un’indagine seria che si sta rea­liz­zan­do per il modo in cui si è atten­ta­to alla vita dei vene­zue­la­ni». L’operaio Geo­van­ny Zam­bra­no, obbli­ga­to a un pen­sio­na­men­to for­za­to come ritor­sio­ne per aver denun­cia­to lo scor­so 18 feb­bra­io il peg­gio­ra­men­to del­le con­di­zio­ni lavo­ra­ti­ve e i gua­sti nell’infrastruttura elet­tri­ca, è sta­to seque­stra­to l’11 mar­zo dal Sebin ed è scom­par­so per undi­ci ore. Libe­ra­to, è sta­to poi nuo­va­men­te arre­sta­to il gior­no suc­ces­si­vo. Vie­ne per­se­gui­ta­to per le sue denun­ce di feb­bra­io e anco­ra oggi, men­tre scri­via­mo, nes­su­no sa dove si tro­vi. Angel Sequea, un altro lavo­ra­to­re del­la Cor­poe­lec, a capo del­lo staff e respon­sa­bi­le ope­ra­ti­vo in Gua­ya­na, è sta­to arre­sta­to dal Sebin il 7 mar­zo e assas­si­na­to il gior­no dopo. Secon­do i suoi car­ce­rie­ri, l’assassinio si è veri­fi­ca­to duran­te una “som­mos­sa” nel­la pri­gio­ne. Un altro dete­nu­to poli­ti­co assassinato.
Il popo­lo vene­zue­la­no è ora ostag­gio sia di una dit­ta­tu­ra civico‑militare che di una cam­pa­gna di inge­ren­za e asse­dio eco­no­mi­co da par­te del gover­no impe­ria­li­sta degli Usa. Duran­te il black‑out, il gover­no di Trump ha annun­cia­to il riti­ro del suo per­so­na­le diplo­ma­ti­co da Cara­cas e il gover­no Madu­ro ha rispo­sto “espel­len­do” i fun­zio­na­ri che era­no sta­ti riti­ra­ti. La depre­ca­bi­le esca­la­tion di inge­ren­za con­ti­nua. Tut­ta­via, ciò non costi­tui­sce in sé una pro­va del fat­to che il col­las­so elet­tri­co sia sta­to pro­vo­ca­to median­te un’azione di sabo­tag­gio ciber­ne­ti­co da par­te degli sta­tu­ni­ten­si. Sareb­be anti­scien­ti­fi­co inver­ti­re l’onere del­la pro­va e dare per asso­da­to, in assen­za di pro­ve e fino a che non si dimo­stri il con­tra­rio, che vi sia sta­to sabo­tag­gio. Que­sto non sareb­be altro che com­plot­ti­smo.
Non sareb­be la pri­ma vol­ta che il gover­no men­te su pre­sun­ti sabo­tag­gi per sfug­gi­re alle pro­prie respon­sa­bi­li­tà, è acca­du­to tan­te vol­te. Il caso più famo­so è quel­lo dell’esplosione del 25 ago­sto 2012 nel­la raf­fi­ne­ria di Amuay, in cui mori­ro­no più di 40 per­so­ne, con oltre 150 feri­ti. Nel 2013 il gover­no die­de per con­fer­ma­to il “sospet­to” avan­za­to sin dal pri­mo momen­to, che cioè si trat­ta­va di un sabo­tag­gio ter­ro­ri­sti­co. Ma, con­trad­dit­to­ria­men­te, il pre­sun­to attac­co ter­ro­ri­sti­co più gra­ve del­la nostra sto­ria non è mai sta­to com­me­mo­ra­to in quan­to tale, né è mai sta­to pub­bli­ca­ta un’informativa con le con­clu­sio­ni defi­ni­ti­ve dell’indagine. Pri­ma dell’esplosione, i lavo­ra­to­ri petro­li­fe­ri con alla testa i rivo­lu­zio­na­ri del sin­da­ca­to C‑Cura e del Psl, ave­va­no denun­cia­to il col­las­so ope­ra­ti­vo del­le raf­fi­ne­rie e la sem­pre mag­gior fre­quen­za e gra­vi­tà degli inci­den­ti, otte­nen­do dal gover­no per tut­ta rispo­sta licen­zia­men­ti e per­se­cu­zio­ni. La “guer­ra elet­tri­ca” avrà pro­ba­bil­men­te lo stes­so esi­to dell’“attacco ter­ro­ri­sti­co” di Amuay: l’oblio ufficiale.

Il sac­cheg­gio boli­bor­ghe­se ha crea­to le con­di­zio­ni per il collasso
La repres­sio­ne del gover­no non potrà occul­ta­re ciò che nume­ro­si lavo­ra­to­ri ed esper­ti denun­cia­va­no da mol­ti anni: che la cor­ru­zio­ne, l’incompetenza e il disin­ve­sti­men­to avreb­be­ro reso ine­vi­ta­bi­le un col­las­so del ser­vi­zio elettrico.
L’ex vice­mi­ni­stro dell’energia elet­tri­ca del gover­no Chá­vez, Víc­tor Poleo, inter­vi­sta­to nel 2016 dal gior­na­li­sta Víc­tor Ama­ya, assi­cu­ra­va che dal 2005 si avver­ti­va il dete­rio­ra­men­to del siste­ma e che dal 2007 l’offerta di ener­gia non copri­va la doman­da, tan­to da ren­de­re neces­sa­ri dei razio­na­men­ti. La cor­ru­zio­ne ha divo­ra­to i pro­get­ti di pro­du­zio­ne di ener­gia, come la diga Toco­ma nel fiu­me Caro­ní, che dove­va esse­re costrui­ta tra il 2002 e il 2012 con un costo di due miliar­di di dol­la­ri. Il con­trat­to, appal­ta­to all’impresa bra­si­lia­na Ode­bre­cht, si è anda­to gon­fian­do fino ad arri­va­re alla cifra di die­ci miliar­di di dol­la­ri e non è mai sta­to por­ta­to a termine.
I pro­get­ti di par­chi eoli­ci negli Sta­ti di Fal­cón e Zulia son anch’essi fal­li­ti e pro­du­co­no meno dell’1% dell’energia con­su­ma­ta nel Pae­se, nono­stan­te i tan­ti milio­ni di dol­la­ri che sono sta­ti get­ta­ti dall’apparato cor­rot­to del cha­vi­smo. La pro­du­zio­ne ter­moe­let­tri­ca è anch’essa crol­la­ta, lascian­do che il Pae­se restas­se dipen­den­te in enor­me misu­ra dal­la diga del Gurí. E così è acca­du­to che il cha­vi­smo, duran­te gli anni del­la mag­gio­re abbon­dan­za petro­li­fe­ra del­la sua sto­ria, si è gua­da­gna­to il diso­no­re­vo­le meri­to di distrug­ge­re l’industria elet­tri­ca, arri­van­do al 2010 a una dichia­ra­zio­ne di sta­to di emer­gen­za elet­tri­ca che si sareb­be con­ver­ti­ta in una del­le ope­ra­zio­ni di sac­cheg­gio e cor­ru­zio­ne più bestia­li del­la nostra storia.
Nel 2009, una gra­ve sic­ci­tà pro­vo­cò un’importante cadu­ta nel­la pro­du­zio­ne di ener­gia nel­la diga di Gurí. Il dete­rio­ra­men­to degli impian­ti ter­moe­let­tri­ci impe­dì di sop­pe­ri­re alla doman­da di ener­gia e la situa­zio­ne dege­ne­rò sfo­cian­do in un seve­ro razio­na­men­to, con­tro il qua­le vi furo­no gran­di pro­te­ste popo­la­ri in regio­ni come Méri­da e Zulia. Nel feb­bra­io 2010, Chá­vez decre­tò l’emergenza elet­tri­ca[2] e prov­vi­de a sti­pu­la­re deci­ne di con­trat­ti sen­za gara per l’importazione di impian­ti e appa­rec­chia­tu­re. Una del­le socie­tà più bene­fi­cia­te da que­ste con­trat­ta­zio­ni ecce­zio­na­li fu l’impresa “Der­wick e Soci”, un’oscura com­pa­gnia diret­ta da gio­va­ni bor­ghe­si di Cara­cas sen­za espe­rien­za nel set­to­re elet­tri­co, che così otten­ne­ro una doz­zi­na di con­trat­ti per un valo­re supe­rio­re ai due miliar­di e mez­zo di dol­la­ri per l’importazione di appa­rec­chia­tu­re. Com­pra­ro­no da un’impresa nor­da­me­ri­ca­na attrez­za­tu­re usa­te con un sovrap­prez­zo sti­ma­to, da inda­gi­ni rea­liz­za­te da gior­na­li­sti di vari mez­zi di comu­ni­ca­zio­ne vene­zue­la­ni (tra cui Armando.info) in più di 1,4 miliar­di di dol­la­ri. Que­ste inda­gi­ni han­no por­ta­to alla luce che Der­wick rea­liz­za­va ope­ra­zio­ni con­nes­se all’importazione di attrez­za­tu­re elet­tri­che anche un anno pri­ma del­la dichia­ra­zio­ne del­lo sta­to d’emergenza elet­tri­ca: un indi­zio, que­sto, che ci fu con­cer­ta­zio­ne col gover­no cha­vi­sta per le ope­ra­zio­ni sporche.
È sta­to scan­da­lo­so lo sfar­zo esi­bi­to dai cosid­det­ti “boli­chi­cos” (gio­va­ni bor­ghe­si boli­va­ria­ni ram­pan­ti: N.d.T.) men­tre il Pae­se sof­fri­va le mici­dia­li con­se­guen­ze del­la cri­si elet­tri­ca. Ad esem­pio, uno dei pro­prie­ta­ri di Der­wick, Ale­jan­dro Betan­court, ha com­pra­to una tenu­ta di 1.600 etta­ri in Spa­gna al com­ple­to e un castel­lo medie­va­le[3], men­tre la mag­gior par­te del­la fer­ra­glia impor­ta­ta nel 2010 è fuo­ri ser­vi­zio. Alcu­ne attrez­za­tu­re non han­no mai fun­zio­na­to. L’annunciato “scu­do elet­tri­co di Cara­cas”, pro­get­to nel qua­le sono sta­ti dila­pi­da­ti milio­ni di dol­la­ri, è sta­ta un’autentica farsa.
La Pdv­sa è sta­ta uno degli acqui­ren­ti degli impian­ti elet­tri­ci riven­du­ti dal­la Der­wick. Tan­to pro­fon­do è sta­to l’intreccio dei “boli­chi­cos” con boli­bor­ghe­si come Rodol­fo Sanz o Rafael Ramí­rez, che la stes­sa Der­wick è entra­ta nell’affare del petro­lio, in asso­cia­zio­ne con impren­di­to­ri rus­si del­la Gaz­prom­bank e col gover­no vene­zue­la­no, nell’impresa mista Petro­za­mo­ra, che sfrut­ta un gia­ci­men­to nel­lo Sta­to di Zulia. E anche lì sono scop­pia­ti scan­da­li di cor­ru­zio­ne. Gran par­te dei sol­di del­la “emer­gen­za elet­tri­ca” sareb­be sta­ta lava­ta attra­ver­so le ban­che sviz­ze­re, men­tre un’altra par­te è sta­ta tra­sfe­ri­ta in para­di­si fisca­li come le Barbados.
Que­sta è sta­ta “l’eredità elet­tri­ca” di Chá­vez. Nell’ottobre del 2012, il sin­da­ca­to elet­tri­co di Lara (Sitiel) denun­ciò la mor­te di set­te lavo­ra­to­ri a cau­sa di vio­la­zio­ni del­le con­di­zio­ni di sicu­rez­za indu­stria­le da par­te del­le auto­ri­tà, non­ché del­la repres­sio­ne: «I lavo­ra­to­ri rice­vo­no costan­te­men­te visi­te e con­vo­ca­zio­ni da par­te del Sebin; e per­fi­no quan­do un lavo­ra­to­re si assen­ta, giu­sti­fi­ca­to o meno, chi fa i con­trol­li è il Sebin». La cam­pa­gna del gover­no per occul­ta­re gli effet­ti del­la cor­ru­zio­ne e del disin­ve­sti­men­to, incol­pan­do inve­ce i lavo­ra­to­ri di pre­sun­ti atti di sabo­tag­gio, è arri­va­ta al pun­to di deter­mi­na­re, in alcu­ne aree popo­la­ri col­pi­te dai black‑out, lin­ciag­gi e seque­stri di lavo­ra­to­ri. Il sin­da­ca­to Sitiel men­zio­na il caso dell’assassinio median­te lin­ciag­gio di un lavo­ra­to­re nel­lo Sta­to di Ara­gua, nel 2012. Quell’anno, men­tre face­va cam­pa­gna per la sua rie­le­zio­ne, Chá­vez rico­nob­be che per­si­ste­va­no i pro­ble­mi elet­tri­ci, ma dis­se che se non fos­se sta­to per il gover­no le per­so­ne avreb­be­ro cuci­na­to a legna e sareb­be vis­su­ta a lume di candela.
Col peg­gio­ra­re del­la cri­si, nell’aprile del 2013 Madu­ro ha occu­pa­to mili­tar­men­te l’industria. Sono sta­te crea­te zone mili­ta­ri di sicu­rez­za per restrin­ge­re la liber­tà sin­da­ca­le dei lavo­ra­to­ri elet­tri­ci. Si è par­la­to di una “Gran­de Mis­sio­ne Elet­tri­ca”, un’altra far­sa. I pro­ble­mi con­ti­nua­ro­no ad aggra­var­si col disin­ve­sti­men­to e ven­ne dichia­ra­ta una nuo­va mili­ta­riz­za­zio­ne nell’aprile del 2017, dopo gran­di e ricor­ren­ti black‑out nel 2015 e 2016. Un’al­tra gran­de inter­ru­zio­ne si è veri­fi­ca­ta nell’agosto del 2017. La situa­zio­ne era così gra­ve che diri­gen­ti sin­da­ca­li del cha­vi­smo rup­pe­ro la disci­pli­na di par­ti­to e cri­ti­ca­ro­no la gestio­ne militare.
Elio Pala­cios, diri­gen­te del sin­da­ca­to dei lavo­ra­to­ri elet­tri­ci del Distret­to Capi­ta­le, di Var­gas e Miran­da, rese una dichia­ra­zio­ne all’inizio di feb­bra­io del 2018, quan­do sei Sta­ti era­no sen­za luce, denun­cian­do l’imminenza di un col­las­so elet­tri­co gene­ra­liz­za­to. Tra le cau­se men­zio­na­va la “fuga dei tec­ni­ci”, a cau­sa dei sala­ri mise­ra­bi­li e del­le ves­sa­zio­ni lavo­ra­ti­ve, del­la manu­ten­zio­ne caren­te e dell’incompetenza del­le auto­ri­tà mili­ta­ri, a par­ti­re dal mini­stro Mot­ta Domín­guez, che defi­nì “tec­ni­ca­men­te anal­fa­be­ta”. Il defi­cit di per­so­na­le qua­li­fi­ca­to, cal­co­la­to da Pala­cios nel 60%, obbli­ga­va i lavo­ra­to­ri a fare tur­ni anche di 30 ore con­ti­nue. «Ci tro­via­mo in un bro­do di col­tu­ra per un black‑out … non si trat­te­rà di un sabo­tag­gio, né di ope­ra­zio­ni erra­te da par­te dei lavo­ra­to­ri … Le tele­co­mu­ni­ca­zio­ni ne saran­no col­pi­te, così come tut­ti i ser­vi­zi di base, come l’acqua pota­bi­le, per­ché le pom­pe fun­zio­na­no con ener­gia elet­tri­ca, e l’estrazione del petro­lio. In poche paro­le, si para­liz­ze­rà il Pae­se. Que­sta è una situa­zio­ne che in pra­ti­ca avver­rà ine­vi­ta­bil­men­te, da tut­ti gli sce­na­ri che si stan­no veden­do», avvi­sa­va Pala­cios. Inol­tre, denun­cia­va l’utilizzo di delin­quen­ti da par­te del gover­no per assal­ta­re i sin­da­ca­ti, non­ché le mano­vre dei tri­bu­na­li e del­le isti­tu­zio­ni per impe­di­re che si rea­liz­zas­se­ro ele­zio­ni sindacali.

Mani­fe­sta­zio­ne dei lavo­ra­to­ri del­la Corpoelec

Come rispo­se il gover­no Madu­ro a que­ste gra­vi denun­ce? Con i suoi soli­ti meto­di, invian­do la poli­zia poli­ti­ca a seque­stra­re il diri­gen­te sin­da­ca­le il 14 feb­bra­io 2018. Deci­ne di diri­gen­ti ope­rai e lavo­ra­to­ri sono sta­ti licen­zia­ti e per­se­gui­ti per aver denun­cia­to il tra­col­lo operativo.
La rispo­sta di Guai­dó al black‑out ne ha evi­den­zia­to tut­to l’opportunismo e l’incapacità. Si è limi­ta­to a dire che la luce sareb­be tor­na­ta «quan­do ces­se­rà l’usurpazione» e a lan­cia­re altri mes­sag­gi del­lo stes­so teno­re dema­go­gi­co. L’unica rispo­sta sul ter­re­no del­la mobi­li­ta­zio­ne l’hanno data spon­ta­nea­men­te le comu­ni­tà popo­la­ri. E nep­pu­re ha illu­stra­to con chia­rez­za ciò che il suo “Pia­no per il Pae­se” pro­po­ne per usci­re dal­la cri­si, vale a dire la pri­va­tiz­za­zio­ne dei ser­vi­zi pub­bli­ci. L’opposizione di sini­stra pro­po­ne una stra­da oppo­sta ai pia­ni di Guai­dó: recu­pe­ra­re l’industria elet­tri­ca appog­gian­do­si sull’organizzazione dei lavo­ra­to­ri e rea­liz­za­re impor­tan­ti inve­sti­men­ti con le risor­se otte­nu­te dal man­ca­to paga­men­to del debi­to este­ro e dal­la nazio­na­liz­za­zio­ne del petro­lio. Inve­ce dell’amnistia per i fun­zio­na­ri civi­li e mili­ta­ri cor­rot­ti, com­pre­si quel­li che han­no distrut­to l’industria elet­tri­ca, come pro­pon­go­no Guai­dó e l’Assemblea Nazio­na­le, è neces­sa­rio con­fi­sca­re le pro­prie­tà dei cor­rot­ti e pren­de­re prov­ve­di­men­ti per il rim­pa­trio dei loro capitali.
Il gran­de black‑out di mar­zo segna un’altra pie­tra milia­re nel pro­ces­so di distru­zio­ne eco­no­mi­ca ali­men­ta­to da poli­ti­che gover­na­ti­ve bor­ghe­si e mafio­se, come l’appropriazione del­la ren­di­ta petro­li­fe­ra median­te la sovra­fat­tu­ra­zio­ne di impor­ta­zio­ni, l’amputazione del­la pro­du­zio­ne nazio­na­le per paga­re il debi­to este­ro, o la sven­di­ta dell’industria petro­li­fe­ra e le con­ces­sio­ni mine­ra­rie a gran­di mul­ti­na­zio­na­li. Que­sta poli­ti­ca è sta­ta più distrut­ti­va di mil­le sabo­tag­gi. Il com­plot­ti­smo del­la “guer­ra elet­tri­ca” non è altro che il ten­ta­ti­vo pro­pa­gan­di­sti­co del gover­no di nascon­de­re le vere cau­se del­la cri­si, pre­sen­tan­do­si come vit­ti­ma per giu­sti­fi­ca­re l’acutezza del­la repres­sio­ne e i cri­mi­ni con­tro i lavo­ra­to­ri e il popo­lo venezuelano.


[*] Simón Rodrí­guez Por­ras è un com­po­si­to­re e coau­to­re del libro ¿Por qué fra­ca­só el cha­vi­smo? Un balan­ce desde la opo­si­ción de izquier­da. È mem­bro del Par­ti­do Socia­li­smo y Liber­tad, che è sta­to lega­le fino al 2016, quan­do la mag­gio­ran­za dei par­ti­ti vene­zue­la­ni si è vista nega­re la rap­pre­sen­ta­zio­ne elet­to­ra­le. È anche mili­tan­te del­la Uni­dad Inter­na­cio­nal de los Tra­ba­ja­do­res — Cuar­ta Inter­na­cio­nal, e, oltre a svol­ge­re lavo­ro intel­let­tua­le e di par­ti­to, uti­liz­za il suo Blog – Con­tra­luz – per fare ana­li­si di con­giun­tu­ra ed esor­ta­re i vene­zue­la­ni a orga­niz­za­re mobi­li­ta­zio­ni autonome.

 

(Tra­du­zio­ne di Vale­rio Tor­re. Tut­te le note sono del traduttore)


Note

[1] Si veda­no, riguar­do al pre­sun­to “col­po di sta­to”, i due arti­co­li pub­bli­ca­ti su que­sto sito, “Vene­zue­la: e ora?”, e “Vene­zue­la: il 4 ago­sto del­la sini­stra rivo­lu­zio­na­ria”.
[2] “Pre­si­den­te Chá­vez decla­ró emer­gen­cia eléc­tri­ca en el país”, Apor­rea, 8/2/2010 (https://tinyurl.com/y2frtngy).
[3] “La bur­gue­sía vene­zo­la­na ‘exi­lia’ su dine­ro a España”, El Mun­do, 4/7/2016 (https://tinyurl.com/y6phgqf8). Si veda anche “Ale­jan­dro Betan­court, el ‘boli­chi­co’ que se hizo mil­lo­na­rio con los apa­go­nes”, Clí­max, 15/3/2019 (https://tinyurl.com/y6k82gbz).