Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Storia del movimento operaio

Una scommessa eroica: la decisione di costituire l’Internazionale comunista

I delegati al Congresso fondativo dell’Internazionale comunista: Trotsky è al centro dell’immagine, poco sotto lo striscione; Lenin è appena più in basso

Con la secon­da par­te del sag­gio di John Rid­dell, ne com­ple­tia­mo lo stu­dio sul­la nasci­ta del­la Ter­za Inter­na­zio­na­le, la cui pri­ma par­te è già sta­ta pub­bli­ca­ta in ita­lia­no su que­sto sito.
Come sem­pre acca­de quan­do pre­sen­tia­mo ai nostri let­to­ri un sag­gio sto­ri­co, il nostro inten­di­men­to non è già quel­lo di fare una com­me­mo­ra­zio­ne fine a se stes­sa di un dato even­to, ma inve­ce di sti­mo­la­re la rifles­sio­ne col­let­ti­va per­ché dal­la rico­stru­zio­ne dei fat­ti pos­sa­no trar­si gli inse­gna­men­ti uti­li per affron­ta­re la real­tà odier­na del­la lot­ta di clas­se. E cre­dia­mo che pro­prio l’argomento del­la costru­zio­ne di uno stru­men­to inter­na­zio­na­le di orga­niz­za­zio­ne e di lot­ta dei lavo­ra­to­ri, come fu l’Internazionale comu­ni­sta, deb­ba – soprat­tut­to in que­sto fran­gen­te sto­ri­co – esse­re affron­ta­to con i neces­sa­ri stru­men­ti dell’analisi marxista.
Buo­na lettura.
La redazione

Una scommessa eroica: la decisione di costituire l’Internazionale comunista


Cen­to anni fa: il 4 mar­zo 1919


John Riddell [*]

 

Ognu­na del­le pri­me riu­nio­ni del Comin­tern si è svol­ta in modo sor­pren­den­te, ma il con­gres­so fon­da­ti­vo fu uni­co nel­la sua impre­ve­di­bi­li­tà. Dopo l’iniziale deci­sio­ne di rin­via­re la nasci­ta del nuo­vo movi­men­to, i dele­ga­ti cam­bia­ro­no bru­sca­men­te rot­ta duran­te il ter­zo gior­no dei dibat­ti­ti e lan­cia­ro­no l’Internazionale comunista.
Que­sta deci­sio­ne fu l’evento ecce­zio­na­le del con­gres­so del 1919 i cui atti e rela­ti­vi docu­men­ti sono dispo­ni­bi­li in un’edi­zio­ne inte­ra­men­te com­men­ta­ta, pub­bli­ca­ta da Path­fin­der[1].
Fino alla pre­vi­sta data di aper­tu­ra del con­gres­so a Mosca, il 1° mar­zo, sol­tan­to due dele­ga­ti era­no riu­sci­ti a rom­pe­re l’assedio impe­ria­li­sta con­tro la repub­bli­ca sovie­ti­ca e a rag­giun­ge­re il luo­go del­la riu­nio­ne. Entram­bi rite­ne­va­no che fos­se trop­po pre­sto per lan­cia­re la nuo­va Inter­na­zio­na­le, e uno di essi in par­ti­co­la­re – Hugo Eber­lein, del­la Ger­ma­nia – era cate­go­ri­co nel­la sua opposizione.
Una riu­nio­ne pre­li­mi­na­re tenu­ta­si in quel gior­no rac­col­se que­ste obie­zio­ni e ven­ne deci­so che «la con­fe­ren­za non sarà for­mal­men­te il con­gres­so fon­da­ti­vo del­la Ter­za Inter­na­zio­na­le» (Foun­ding the Com­mu­ni­st Inter­na­tio­nal, p. 63 [2012]; p. 39 [1987])[2]. Il cam­bio di pro­gram­ma pre­ve­de­va che ci si limi­tas­se all’adozione di una piat­ta­for­ma, all’elezione di un uffi­cio ammi­ni­stra­ti­vo e alla pro­cla­ma­zio­ne di un appel­lo per l’affiliazione.
Ma la ses­sio­ne di aper­tu­ra del 2 mar­zo non mise in pra­ti­ca nul­la di tut­to ciò. Dopo del­le bre­vi osser­va­zio­ni di Lenin e l’adozione del­le nor­me pro­ce­du­ra­li, si pas­sò all’esposizione del­le rela­zio­ni nazio­na­li. Lenin era alla pre­si­den­za, come fece per tut­to l’evento. Era­no pre­sen­ti solo poche deci­ne di delegati.

Rela­zio­ni nazionali
In nes­sun altro dei con­gres­si del Comin­tern pos­sia­mo tro­va­re un tem­po così este­so espres­sa­men­te dedi­ca­to a rela­zio­ni infor­ma­ti­ve di que­sto gene­re. Cer­ta­men­te, a vol­te i dele­ga­ti han­no usa­to il tem­po a loro dispo­si­zio­ne per que­sto sco­po, ma di soli­to simi­li inter­ven­ti han­no in mini­ma misu­ra fat­to avan­za­re il dibat­ti­to. Tut­ta­via, alla con­fe­ren­za del mar­zo 1919 la ter­za ses­sio­ne fu dedi­ca­ta pro­prio a tali rela­zio­ni nazionali.
For­se ciò ser­vi­va ai dele­ga­ti, che non si era­no mai incon­tra­ti pri­ma, per cono­scer­si reci­pro­ca­men­te e per deli­nea­re una comu­ne visio­ne del­la situa­zio­ne mon­dia­le. For­se quel­le rela­zio­ni ser­vi­va­no a far tra­scor­re­re il tem­po in atte­sa dell’arrivo degli altri delegati.
Dav­ve­ro il con­gres­so ave­va biso­gno di ascol­ta­re due infor­ma­ti­ve sul movi­men­to ope­ra­io in Sviz­ze­ra, ben più arre­tra­to dell’avanguardia del­le lot­te in Euro­pa? For­se sì, visto che Fri­tz Plat­ten e Leo­nie Kascher rap­pre­sen­ta­ro­no visio­ni stra­te­gi­che diver­se, le cui dif­fe­ren­ze sareb­be­ro ripe­tu­ta­men­te emer­se negli anni suc­ces­si­vi. Le rela­zio­ni sul­la Fran­cia e gli Sta­ti Uni­ti era­no basa­te su espe­rien­ze risa­len­ti ai due anni pre­ce­den­ti, pri­ma del­la par­ten­za dei dele­ga­ti alla vol­ta del­la Rus­sia, ma era­no comun­que con­vin­cen­ti e acute.

Leo­nie Kascher e Fri­tz Platten

Mol­ti dele­ga­ti pre­sen­ta­ro­no rela­zio­ni scrit­te, che occu­pa­no 51 pagi­ne di Foun­ding the Com­mu­ni­st Inter­na­tio­nal.
Moshe Frey­li­kh scris­se una sto­ria incre­di­bil­men­te det­ta­glia­ta del movi­men­to ope­ra­io nel­la Gali­zia orien­ta­le, una regio­ne a mag­gio­ran­za ucrai­na con popo­la­zio­ni ebrai­che e polac­che con­si­sten­ti, in pre­ce­den­za austria­che e in quel momen­to riven­di­ca­te dal­la Polo­nia. Negli anni 20, la regio­ne diven­ne un pun­to cen­tra­le del­la poli­ti­ca este­ra dell’Ucraina sovie­ti­ca (pp. 377–86; 273–79).
Gaziz Yamy­lov for­nì una pano­ra­mi­ca gene­ra­le del­la rapi­da cre­sci­ta del movi­men­to comu­ni­sta tra i popo­li colo­niz­za­ti e di tra­di­zio­ne musul­ma­na del­la Rus­sia zari­sta. Poco tem­po pri­ma – dis­se – in soli due mesi l’Ufficio Cen­tra­le del­le Orga­niz­za­zio­ni Comu­ni­ste dei Popo­li dell’Est ave­va distri­bui­to non meno di due milio­ni di esem­pla­ri di opu­sco­li in nove lin­gue asia­ti­che. A pre­scin­de­re dal­la tira­tu­ra del­la stam­pa, furo­no chia­ra­men­te get­ta­te le basi per l’imponente Con­gres­so di Baku dei Popo­li dell’Est che si sareb­be tenu­to l’anno seguen­te (pp. 395–7; 286–88).
I mol­ti rife­ri­men­ti poco cono­sciu­ti  for­ni­ti da que­ste infor­ma­ti­ve han­no richie­sto lun­ghe note espli­ca­ti­ve, che rap­pre­sen­ta­no 130 pagi­ne dell’intero libro. Duran­te la loro com­pi­la­zio­ne, i miei col­le­ghi redat­to­ri han­no scher­za­to sul fat­to che stes­si ten­tan­do di scri­ve­re un’enciclopedia.
Con­vin­to del carat­te­re sto­ri­co dell’evento, il Par­ti­to comu­ni­sta rus­so ave­va invia­to mol­ti dei suoi più auto­re­vo­li diri­gen­ti: Lenin, León Tro­tsky, Gri­go­rii Zino­viev, Niko­lai Bukha­rin e il prin­ci­pa­le orga­niz­za­to­re del Con­gres­so, Geor­gii Chi­che­rin, Com­mis­sa­rio degli Affa­ri Esteri.

Niko­lai Bukharin

Tut­ti inter­ven­ne­ro nel­le pri­me due ses­sio­ni: Tro­tsky e Zino­viev offri­ro­no pene­tran­ti rap­pre­sen­ta­zio­ni del­le sfi­de che i comu­ni­sti ave­va­no affron­ta­to nell’Armata Ros­sa e nel­la vita civi­le sovietica.

Una pre­mes­sa fondamentale
Il bre­ve discor­so di aper­tu­ra di Lenin indi­cò il tema prin­ci­pa­le dell’incontro:

«[…] la rivo­lu­zio­ne mon­dia­le comin­cia e si raf­for­za in tut­ti i Pae­si. […] Basta solo tro­va­re la for­ma pra­ti­ca, che assi­cu­ri al pro­le­ta­ria­to la pos­si­bi­li­tà di rea­liz­za­re il suo domi­nio [“dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to”]. Que­sta for­ma è il siste­ma dei soviet […] Ed è diven­ta­ta com­pren­si­bi­le alle gran­di mas­se degli ope­rai per l’affermarsi del pote­re sovie­ti­co in Rus­sia, per l’azione degli spar­ta­chi­sti in Ger­ma­nia e del­le orga­niz­za­zio­ni ana­lo­ghe in altri Pae­si, qua­li ad esem­pio gli Shop stewards com­mit­tees in Inghil­ter­ra» (pp. 71‑2; 47‑8).

Zino­viev si sareb­be spin­to addi­rit­tu­ra, due mesi più tar­di, a pre­di­re che entro un anno tut­ta l’Europa sareb­be sta­ta comu­ni­sta (39; 23).
Un qua­dro più cupo, tut­ta­via, ven­ne dise­gna­to dal dele­ga­to tede­sco Hugo Eber­lein, che appa­re come “Albert” nel reso­con­to del con­gres­so. Rife­rì che i con­si­gli dei lavo­ra­to­ri e dei sol­da­ti isti­tui­ti duran­te la rivo­lu­zio­ne tede­sca di novem­bre ave­va­no crea­to un gover­no a gui­da social­de­mo­cra­ti­ca, che si era rapi­da­men­te atti­va­to per ripri­sti­na­re l’autorità bor­ghe­se e schiac­cia­re i consigli.

Hugo Eber­lein

Eber­lein continuò:

«L’intero pae­se era divi­so in due cam­pi: da una par­te c’erano i rap­pre­sen­tan­ti del capi­ta­le, che com­bat­te­va­no per l’assemblea nazio­na­le [domi­na­ta dal­la bor­ghe­sia], e dall’altra par­te la Lega di Spar­ta­co riven­di­ca­va il siste­ma dei con­si­gli [ope­rai] e la dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to. Tut­te le lot­te sono sor­te attor­no a que­sto asse e voi tut­ti sape­te come sono anda­te a fini­re» (79‑80; 53).

In Foun­ding the Com­mu­ni­st Inter­na­tio­nal a que­sto pun­to appa­re una lun­ga nota edi­to­ria­le che for­ni­sce det­ta­gli poco noti ai let­to­ri di oggi. Poco dopo esse­re entra­to in cari­ca, il gover­no a gui­da Spd isti­tuì mili­zie arma­te di destra, i Frei­korps, che per due mesi infu­ria­ro­no in tut­ta la Ger­ma­nia, schiac­cian­do in suc­ces­sio­ne le roc­ca­for­ti dei con­si­gli dei lavo­ra­to­ri. Rosa Luxem­burg e Karl Lie­b­k­ne­cht furo­no tra i pri­mi di innu­me­re­vo­li vit­ti­me. Raf­for­za­ti da que­sto ter­ro­re fasci­sta, la Spd e i par­ti­ti bor­ghe­si otten­ne­ro una mag­gio­ran­za deci­si­va nel nuo­vo par­la­men­to e for­ma­ro­no un gover­no filo­ca­pi­ta­li­sta (451‑2, 326‑7).
Eber­lein vede­va il crol­lo eco­no­mi­co del­la Ger­ma­nia come la miglio­re garan­zia che i lavo­ra­to­ri potes­se­ro rigua­da­gna­re l’iniziativa, «lot­tan­do per la rivo­lu­zio­ne mon­dia­le spal­la a spal­la con i lavo­ra­to­ri di tut­to il mon­do» (88; 59).

Le impres­sio­ni dei delegati
Il luo­go del­la riu­nio­ne dei dele­ga­ti, la Sala Mitrofan’evsky al Crem­li­no, met­te­va in luce sia l’antica gran­dez­za zari­sta che l’austerità del­la guer­ra civi­le. «Mera­vi­glio­si tap­pe­ti impe­ria­li copri­va­no il pavi­men­to», ricor­da il dele­ga­to fran­ce­se Jac­ques Sadoul. «Face­va fred­do, face­va mol­to fred­do, nel­la sala. La fun­zio­ne di quei tap­pe­ti era quel­la di bilan­cia­re le ter­ri­bi­li raf­fi­che di aria geli­da che i riscal­da­to­ri sof­fia­va­no sui dele­ga­ti, ma inu­til­men­te …».

Jac­ques Sadoul

«A Mosca man­ca il car­bu­ran­te. I dele­ga­ti al con­gres­so bat­to­no i den­ti dal fred­do. A Mosca le razio­ni sono sta­te scar­se negli ulti­mi due anni. I com­pa­gni este­ri non sem­pre man­gia­no a sazie­tà». I dele­ga­ti nota­no, aggiun­ge Sadoul, che «il pasto dei com­mis­sa­ri del popo­lo non è diver­so da quel­lo – così deplo­re­vol­men­te fru­ga­le – ser­vi­to in altre men­se sovie­ti­che».
Il dele­ga­to rus­so Vatslav Voro­v­sky para­go­na­va la mode­sta riu­nio­ne con i solen­ni con­gres­si pas­sa­ti del­la Secon­da Inter­na­zio­na­le: «Inve­ce degli anzia­ni teo­ri­ci, … qui, con poche ecce­zio­ni, era­no riu­ni­te per­so­ne nuo­ve, i cui nomi era­no anco­ra poco cono­sciu­ti e i cui visi gio­va­ni­li non por­ta­va­no anco­ra i segni di una lea­der­ship rico­no­sciu­ta».
Quan­to all’atmosfera dell’avvenimento, Sadoul evi­den­zia­va «l’infinita e riso­nan­te risa­ta di Lenin, che gli fa fre­me­re le spal­le e l’addome … l’ironia pene­tran­te di Tro­tsky; la diver­ten­tis­si­ma alle­gria di Bukha­rin; l’umorismo bef­far­do di Chi­che­rin … la chias­so­sa gaiez­za dei bevi­to­ri di bir­ra – Plat­ten, Eber­lein, Gru­ber – e l’astuzia sot­ti­le di Rako­v­sky, più pari­gi­na che rume­na».
Il gior­na­li­sta bri­tan­ni­co Arthur Ran­so­me osser­vò che «i lavo­ri sono sta­ti con­dot­ti par­lan­do in tut­te le lin­gue, anche se il tede­sco è sta­to usa­to dove pos­si­bi­le … Que­sta è sta­ta una sfor­tu­na per me … Fine­berg par­la­va in ingle­se, Rako­v­sky in fran­ce­se, anche Sadoul. [Miko­la] Skryp­nik … si è rifiu­ta­to di par­la­re in tede­sco e ha det­to che avreb­be par­la­to in ucrai­no o in rus­so, e per il sol­lie­vo del­la mag­gior par­te dei pre­sen­ti ha scel­to il secon­do. Lenin si è sedu­to in silen­zio ascol­tan­do, par­lan­do quan­do neces­sa­rio in qua­si tut­te le lin­gue euro­pee con sor­pren­den­te faci­li­tà» (35–36; 20–21).

Una piat­ta­for­ma per la nuo­va Internazionale
Il docu­men­to di base pro­po­sto come base per l’adesione alla nuo­va Inter­na­zio­na­le, una “Piat­ta­for­ma” di otto pagi­ne redat­ta da Bukha­rin, ven­ne pre­sen­ta­to ver­so la fine del­la secon­da gior­na­ta di lavo­ri. Seb­be­ne la repu­ta­zio­ne di Bukha­rin tra i mar­xi­sti sia cre­sciu­ta nel tem­po, gra­zie in gran par­te alla bio­gra­fia di Ste­phen Cohen[3], pochi dei suoi scrit­ti sono dispo­ni­bi­li in ingle­se; il discor­so di Bukha­rin sul­la piat­ta­for­ma rap­pre­sen­ta un’utile ecce­zio­ne. La stes­sa riso­lu­zio­ne sul­la piat­ta­for­ma e altre deci­sio­ni del Con­gres­so sono dispo­ni­bi­li nel Mar­xists Inter­net Archi­ve.
Cer­can­do di trar­re con­clu­sio­ni gene­ra­li dal­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa del 1917, la piat­ta­for­ma defi­ni­sce le basi del pote­re operaio:

«La con­qui­sta del pote­re poli­ti­co non può signi­fi­ca­re sol­tan­to un avvi­cen­dar­si di per­so­ne nei mini­ste­ri, ma deve voler dire l’annientamento di un appa­ra­to sta­ta­le nemi­co, la con­qui­sta del­le leve effet­ti­ve, il disar­mo del­la bor­ghe­sia, degli uffi­cia­li con­tro­ri­vo­lu­zio­na­ri, del­le guar­die bian­che».

La “dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to” che ne deri­va è “un’istituzione provvisoria”:

«Nel­la misu­ra in cui la sua resi­sten­za sarà spez­za­ta, la bor­ghe­sia sarà espro­pria­ta e diven­te­rà gra­dual­men­te mas­sa lavo­ra­tri­ce, la dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to scom­pa­ri­rà, lo Sta­to si estin­gue­rà e con esso anche le clas­si socia­li».

Il “cam­mi­no ver­so la vit­to­ria” richie­de una rot­tu­ra con il “cen­tro”, cioè con quel­le for­ze vacil­lan­ti che “civet­ta­no con i … nemi­ci dichia­ra­ti”. D’altra par­te, è neces­sa­rio un bloc­co con for­ze che «ben­ché non appar­te­nes­se­ro in pre­ce­den­za al par­ti­to socia­li­sta, stan­no oggi in tut­to e per tut­to sul ter­re­no del­la dit­ta­tu­ra pro­le­ta­ria nel­la for­ma del pote­re dei soviet». Alcu­ni sin­da­ca­li­sti rivo­lu­zio­na­ri sono cita­ti come esem­pio, ma ciò che è più impor­tan­te, la piat­ta­for­ma si impe­gna a soste­ne­re «i popo­li sfrut­ta­ti del­le colo­nie nel­la loro lot­ta con­tro l’imperialismo» (335‑45; 241‑48).

Una stra­da acci­den­ta­ta ver­so la soli­da­rie­tà globale
Subi­to dopo il rap­por­to di Bukha­rin, il dele­ga­to olan­de­se Sebald Justi­nus Rut­gers richia­mò l’attenzione sul­la for­mu­la­zio­ne nel­la boz­za di piat­ta­for­ma che mina­va seria­men­te il suo impe­gno a soste­ne­re i popo­li colo­niz­za­ti. Il testo affer­ma­va che i gover­nan­ti capi­ta­li­sti «ten­ta­no di sof­fo­ca­re, ser­ven­do­si del­le loro mac­chi­ne bel­li­che e del­le loro trup­pe colo­nia­li bar­ba­re e istu­pi­di­te, la rivo­lu­zio­ne del pro­le­ta­ria­to euro­peo».

Sebald Justi­nus Rutgers

Que­sta for­mu­la­zio­ne offen­si­va si basa­va su una pre­oc­cu­pa­zio­ne con­di­vi­sa da mol­ti lavo­ra­to­ri. L’esercito fran­ce­se minac­cia­va di attac­ca­re i lavo­ra­to­ri in lot­ta nel­la Rus­sia sovie­ti­ca, in Fran­cia, e nel­la Ger­ma­nia occu­pa­ta dai fran­ce­si, con trup­pe di colo­re pre­le­va­te in Afri­ca, trup­pe con cui i lavo­ra­to­ri non con­di­vi­de­va­no né lin­gua, né cul­tu­ra, né tra­di­zio­ni poli­ti­che. Le denun­ce di que­sta tat­ti­ca capi­ta­li­sta spes­so pog­gia­va­no su ste­reo­ti­pi razzisti.
Rut­gers dichia­rò che nes­su­no che aves­se avu­to fami­lia­ri­tà con la bru­ta­li­tà degli eser­ci­ti olan­de­si e colo­nia­li­sti avreb­be accu­sa­to i sol­da­ti reclu­ta­ti dal­le popo­la­zio­ni oppres­se di “bar­ba­rie”. Pro­po­se una for­mu­la­zio­ne sosti­tu­ti­va accu­san­do i gover­nan­ti capi­ta­li­sti di puni­re i lavo­ra­to­ri rus­si e tede­schi «con la stes­sa spie­ta­tez­za uti­liz­za­ta con­tro i popo­li colo­nia­li» (186‑8; 131‑3) Tut­ta­via, nel testo fina­le non ven­ne appor­ta­ta alcu­na correzione.
Un’ampia nota a piè di pagi­na in Foun­ding the Com­mu­ni­st Inter­na­tio­nal rias­su­me le que­stio­ni in discus­sio­ne (475‑7; 342‑44). I lavo­ra­to­ri riu­sci­ro­no infat­ti a tro­va­re un pun­to d’incontro con le trup­pe dell’esercito fran­ce­se por­ta­te dall’Africa. Que­sti sol­da­ti dimo­stra­ro­no infat­ti di esse­re abba­stan­za incli­ni alla resi­sten­za e alla coe­sio­ne, anche quan­do ven­ne­ro dispie­ga­ti nel­la Rus­sia sovie­ti­ca. Il Comin­tern adot­tò una vigo­ro­sa dichia­ra­zio­ne nel 1921, invi­tan­do i suoi mem­bri a rag­grup­pa­re i sol­da­ti del­le colo­nie attor­no ai prin­ci­pi del­la lot­ta comu­ne con­tro il colo­nia­li­smo, e que­sto fu fat­to con buo­ni risul­ta­ti. I gover­ni impe­ria­li­sti pre­sto abban­do­na­ro­no i pia­ni che pre­ve­de­va­no l’utilizzo di trup­pe colo­nia­li con­tro i lavo­ra­to­ri europei.
Il Mani­fe­sto del Con­gres­so fon­da­ti­vo con­te­ne­va un impe­gno per la liber­tà del­le colo­nie: «Schia­vi colo­nia­li dell’Africa e dell’Asia! L’ora del­la dit­ta­tu­ra pro­le­ta­ria in Euro­pa segne­rà anche l’ora del­la vostra libe­ra­zio­ne». Il libro Foun­ding the Com­mu­ni­st Inter­na­tio­nal inclu­de un’altra lun­ga nota in cui si sot­to­li­nea che que­sta affer­ma­zio­ne non è sta­ta all’altezza del­le suc­ces­si­ve dichia­ra­zio­ni del Comin­tern di soste­gno ai popo­li del­le colo­nie come pro­ta­go­ni­sti del­la loro stes­sa libe­ra­zio­ne e com­par­te­ci­pi essen­zia­li del­la lot­ta mon­dia­le per il socia­li­smo (500‑1; 358‑9).
Sot­to quest’aspetto, il con­te­sto è fon­da­men­ta­le: i dele­ga­ti al Con­gres­so rite­ne­va­no pro­ba­bi­le che la vit­to­ria dei lavo­ra­to­ri in Euro­pa sareb­be sta­ta com­ple­ta in pochi mesi, pri­ma che la rivol­ta nel­le colo­nie aves­se avu­to il tem­po di matu­ra­re. Nono­stan­te l’errore di valu­ta­zio­ne su que­sto pun­to, il Mani­fe­sto fu ampia­men­te inte­so come l’impegno per un soste­gno atti­vo ai com­bat­ten­ti per la liber­tà colo­nia­le, come al con­gres­so del Comin­tern del 1922 ebbe a rife­ri­re Clau­de McKay, un dele­ga­to degli Afri­can Blood Bro­thers[4]. Que­sta fidu­cia tro­vò con­fer­ma nel­le azio­ni e nel­le deci­sio­ni del Comin­tern nel suo secon­do Con­gres­so e nel Con­gres­so dei Popo­li d’Oriente di Baku nel 1920.
Infat­ti, in un perio­do in cui la mag­gior par­te dei cri­ti­ci del colo­nia­li­smo par­la­va anco­ra solo del­la sua rifor­ma, la repub­bli­ca sovie­ti­ca e il Comin­tern furo­no le pri­me for­ze influen­ti su sca­la glo­ba­le a impe­gnar­si in modo ine­qui­vo­ca­bi­le nel­la liber­tà del­le colonie.

“Inter­na­zio­na­le dell’azione”
Dopo un’articolata ana­li­si del­la lot­ta di clas­se a livel­lo glo­ba­le, il Mani­fe­sto con­clu­de­va con un appel­lo all’azione, dichia­ran­do al riguardo:

«Se la Pri­ma Inter­na­zio­na­le ha pre­vi­sto il futu­ro svi­lup­po e ne ha indi­ca­to il cam­mi­no, se la Secon­da Inter­na­zio­na­le ha radu­na­to e orga­niz­za­to milio­ni di pro­le­ta­ri, la Ter­za Inter­na­zio­na­le è quel­la dell’aperta azio­ne di mas­sa, dell’attuazione rivo­lu­zio­na­ria, del­la rea­liz­za­zio­ne. La cri­ti­ca socia­li­sta ha suf­fi­cien­te­men­te bol­la­to l’ordine bor­ghe­se del mon­do. Il com­pi­to del Par­ti­to comu­ni­sta inter­na­zio­na­le è quel­lo di abbat­te­re quest’ordine e di eri­ge­re al suo posto l’edificio dell’ordine socia­li­sta» (323; 231).


La demo­cra­zia bor­ghe­se con­tro il gover­no dei lavoratori
La rela­zio­ne di Lenin e la riso­lu­zio­ne sul­la demo­cra­zia bor­ghe­se e la dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to sareb­be­ro diven­ta­ti gli uni­ci docu­men­ti del Con­gres­so fon­da­ti­vo ampia­men­te cono­sciu­ti tra le suc­ces­si­ve gene­ra­zio­ni comu­ni­ste. In par­te, a cau­sa del fat­to che gli scrit­ti di tut­ti gli altri pri­mi diri­gen­ti del Comin­tern, e in gene­ra­le dei docu­men­ti del Comin­tern stes­so, ven­ne­ro oscu­ra­ti una vol­ta che Josip Sta­lin giun­se al pote­re negli anni 30, lascian­do Le ope­re di Lenin come l’unica fon­te facil­men­te disponibile.
Il pen­sie­ro cen­tra­le di Lenin era che il siste­ma sovie­ti­co doves­se rag­giun­ge­re un livel­lo di demo­cra­zia per gli ope­rai e i con­ta­di­ni mol­to più avan­za­to rispet­to a quel­lo che potes­se riscon­trar­si negli Sta­ti capi­ta­li­sti par­la­men­ta­ri. «L’essenza del pote­re sovie­ti­co – dis­se Lenin – sta nel fat­to che l’intero pote­re sta­ta­le, l’intero appa­ra­to sta­ta­le ha come fon­da­men­to uni­co e per­ma­nen­te l’organizzazione di mas­sa pro­prio di quel­le clas­si che sono sta­te fino­ra oppres­se dal capi­ta­li­smo […]. Pro­prio que­ste mas­se […] ven­go­no ora asso­cia­te in modo per­ma­nen­te e neces­sa­rio, ma soprat­tut­to in modo deci­si­vo alla gestio­ne demo­cra­ti­ca del­lo Sta­to». (Tesi e rela­zio­ne di Lenin).
La bre­ve riso­lu­zio­ne che ne deri­vò, su impul­so di Lenin, face­va appel­lo a illu­stra­re alle mas­se la supe­rio­ri­tà del siste­ma sovie­ti­co, esten­de­re la sfe­ra dei soviet e a costrui­re una sta­bi­le mag­gio­ran­za comu­ni­sta al loro interno.

Un cam­bio di rotta
Ver­so la fine del­la ter­za gior­na­ta di dibat­ti­to, Fri­tz Plat­ten, del­la Sviz­ze­ra, pre­se la paro­la per leg­ge­re una mozio­ne che ria­pris­se la que­stio­ne del lan­cio imme­dia­to del­la nuo­va Inter­na­zio­na­le. La riso­lu­zio­ne era sta­ta fir­ma­ta da Chri­stian Rako­v­sky (Fede­ra­zio­ne bal­ca­ni­ca), Karl Stei­n­hardt (Austria), Otto Grim­lund (Sve­zia) e Endre Rud­niánsz­ky (Unghe­ria).

Chri­stian Rakovsky

Non sap­pia­mo esat­ta­men­te cosa fu a cau­sa­re que­sto cam­bia­men­to, natu­ral­men­te. Cer­ta­men­te, un fat­to­re sta­va nel fat­to che, come dichia­ra­to da Eber­lein all’inizio del­la ter­za ses­sio­ne, «i restan­ti dele­ga­ti sono ora arri­va­ti», com­pre­si tut­ti i nove che era­no atte­si dall’estero. Inol­tre, alcu­ni di que­sti ulti­mi si era­no vigo­ro­sa­men­te espres­si con­tro il rin­vio del­la fon­da­zio­ne dell’Internazionale.
Tra i ritar­da­ta­ri c’era Karl Stei­n­hardt (Gru­ber), uno dei prin­ci­pa­li diri­gen­ti del neo­na­to Par­ti­to Comu­ni­sta Austria­co. Alla fine del­la ses­sio­ne pre­ce­den­te si era così rivol­to ai delegati:

«Sia­mo arri­va­ti qui un’ora fa dopo un viag­gio di dicias­set­te gior­ni fra incre­di­bi­li dif­fi­col­tà … Abbia­mo per­cor­so tut­to il tra­git­to come bar­bo­ni, su tre­ni mer­ci, loco­mo­ti­ve, rimor­chi, su car­ri bestia­me, a pie­di attra­ver­so le linee di ban­de di rapi­na­to­ri ucrai­ni e polac­chi … sem­pre gui­da­ti da un solo arden­te desi­de­rio: dob­bia­mo arri­va­re a Mosca e nul­la ci fer­me­rà!» (191‑9; 134‑9).

L’entusiasmo con cui fu accol­to il discor­so di Stei­n­hardt andò cre­scen­do quan­do i dele­ga­ti appre­se­ro del mes­sag­gio che egli ave­va por­ta­to: il suo par­ti­to era a favo­re del­la for­ma­zio­ne imme­dia­ta dell’Internazionale. For­se il suo arri­vo fece pen­de­re la bilan­cia in que­sta direzione.
A sor­pre­sa, la riso­lu­zio­ne affer­ma­va che la fon­da­zio­ne imme­dia­ta «diven­ta[va] anzi un dove­re» alla luce del ten­ta­ti­vo di una con­fe­ren­za pre­vi­sta per il 3‑10 feb­bra­io a Ber­na, in Sviz­ze­ra, per «rico­sti­tui­re la vec­chia Inter­na­zio­na­le oppor­tu­ni­sta […] È per­ciò neces­sa­rio pro­ce­de­re a una net­ta divi­sio­ne fra gli ele­men­ti rivoluzionari‑proletari e gli ele­men­ti social­tra­di­to­ri».
La discus­sio­ne su que­sta pro­po­sta fu aper­ta da Eber­lein, che riba­dì l’opinione del par­ti­to tede­sco, secon­do cui era trop­po pre­sto per fon­da­re l’Internazionale. Con­te­stò l’argomento del­la cele­bra­zio­ne del­la con­fe­ren­za dei social­de­mo­cra­ti­ci a Ber­na, con­si­de­ran­do­lo non per­ti­nen­te. A suo avvi­so, c’erano tre osta­co­li al lan­cio dell’Internazionale:

  • l’invito a par­te­ci­pa­re alla riu­nio­ne di Mosca non ave­va all’ordine del gior­no l’opzione di fondarla;
  • nel­la mag­gior par­te dei casi i grup­pi che avreb­be­ro potu­to esser­ne mem­bri non l’avevano con­si­de­ra­ta come una proposta;
  • il movi­men­to comu­ni­sta in tut­ta Euro­pa si tro­va­va in uno sta­to di for­ma­zio­ne embrionale.

Nel­la sua repli­ca, Zino­viev sot­to­li­neò che la riso­lu­zio­ne era sta­ta soste­nu­ta dai nuo­vi arri­va­ti (Rako­v­sky, Grim­lund e Stei­n­hardt) e che l’esistenza del gover­no dei lavo­ra­to­ri in un gran­de Pae­se come la Rus­sia for­ni­va una base suf­fi­cien­te per pro­ce­de­re. «Se esi­tia­mo, per­dia­mo ogni cre­di­bi­li­tà», affer­mò Zinoviev.
Dopo altri nove inter­ven­ti, i dele­ga­ti vota­ro­no all’unanimità, con una sola asten­sio­ne da par­te del­la dele­ga­zio­ne tede­sca (Eber­lein), a favo­re del­la fon­da­zio­ne del­la nuo­va Inter­na­zio­na­le. Allo­ra, Eber­lein si assun­se l’impegno di ado­pe­rar­si al suo ritor­no per con­vin­ce­re il par­ti­to tede­sco all’adesione, cosa che fece in bre­ve tempo.

Ulte­rio­ri riso­lu­zio­ni e dichiarazioni
Duran­te gli ulti­mi due gior­ni di dibat­ti­to, Tro­tsky pre­sen­tò il Mani­fe­sto dell’Internazionale Comu­ni­sta, indub­bia­men­te il docu­men­to più impor­tan­te del con­gres­so[5].
Ven­ne­ro pre­sen­ta­te e appro­va­te altre tre riso­lu­zio­ni su que­stio­ni di carat­te­re pre­va­len­te­men­te congiunturale:

  1. Riso­lu­zio­ne sull’atteggiamento ver­so le cor­ren­ti socia­li­ste e la con­fe­ren­za di Ber­na, pre­sen­ta­ta da Plat­ten e Zinoviev.
  2. Tesi sul­la situa­zio­ne inter­na­zio­na­le e sul­la poli­ti­ca dell’Intesa, pre­sen­ta­ta da Vale­rian Obo­len­sky (N. Osinski).
  3. Riso­lu­zio­ne sul ter­ro­re bian­co, pre­sen­ta­ta da Yrjó Sirola.

Vale­rian Obo­len­sky (N. Osinski)

Inol­tre, al Con­gres­so furo­no pre­sen­ta­te tre bre­vi dichia­ra­zio­ni di par­ti­co­la­re impor­tan­za politica:

  • Una dichia­ra­zio­ne e una riso­lu­zio­ne sul grup­po di Zim­mer­wald, un movi­men­to inter­na­zio­na­le di socia­li­sti paci­fi­sti for­ma­to­si nel 1915. I nume­ro­si diri­gen­ti di Zim­mer­wald pre­sen­ti a Mosca sciol­se­ro il movi­men­to e tra­sfe­ri­ro­no i suoi docu­men­ti all’Internazionale comu­ni­sta[6].
  • Un mes­sag­gio dai grup­pi socia­li­sti in Giap­po­ne, l’unico con­tri­bu­to diret­to al con­gres­so pro­ve­nien­te da Pae­si al di fuo­ri dell’Europa e dell’Asia sovie­ti­ca. In esso, i com­pa­gni giap­po­ne­si pro­te­sta­va­no con­tro l’intervento arma­to del loro gover­no nel­la Rus­sia sovietica.
  • Una bre­ve riso­lu­zio­ne “Sul­la neces­si­tà di con­qui­sta­re le don­ne lavo­ra­tri­ci alla lot­ta per il socia­li­smo”. La dichia­ra­zio­ne, redat­ta e pre­sen­ta­ta da Ale­xan­dra Kol­lon­tai, ven­ne adot­ta­ta: fu l’unico rife­ri­men­to spe­ci­fi­co duran­te il con­gres­so al ruo­lo del­le don­ne duran­te la rivoluzione.

L’ultimo pun­to all’ordine del gior­no fu un rap­por­to orga­niz­za­ti­vo di Plat­ten, che pro­po­se Mosca come cen­tro prov­vi­so­rio del­la nuo­va Inter­na­zio­na­le. La dire­zio­ne ven­ne affi­da­ta a un Comi­ta­to ese­cu­ti­vo com­po­sto da un rap­pre­sen­tan­te dei par­ti­ti di cia­scu­no dei “Pae­si più impor­tan­ti”, che avreb­be dovu­to desi­gna­re un Bureau di cin­que mem­bri. Per far fron­te al ritar­do con cui i com­po­nen­ti a tem­po pie­no sareb­be­ro potu­ti arri­va­re a Mosca dall’estero, la riso­lu­zio­ne auto­riz­za­va il par­ti­to anfi­trio­ne – i comu­ni­sti rus­si – a svol­ge­re fun­zio­ni ese­cu­ti­ve ad interim.

Un momen­to di ottimismo
Il testo Foun­ding the Com­mu­ni­st Inter­na­tio­nal com­pren­de quat­tro note ana­li­si dell’evento di Lenin insie­me a valu­ta­zio­ni meno cono­sciu­te di Tro­tsky, Zino­viev, Bukha­rin e Kollontai.
Il più famo­so dei com­men­ti di Lenin fu scrit­to sei set­ti­ma­ne dopo il con­gres­so, in un momen­to in cui gover­ni dei lavo­ra­to­ri basa­ti sui soviet si era­no inse­dia­ti in Unghe­ria e in Bavie­ra. Si era all’apice dell’ottimismo sul­le pro­spet­ti­ve del­la nuo­va Inter­na­zio­na­le.  Lenin scris­se, nel suo arti­co­lo “La Ter­za Inter­na­zio­na­le e il suo posto nel­la storia”:

«La Ter­za Inter­na­zio­na­le ha col­to i frut­ti del­l’at­ti­vi­tà del­la Secon­da Inter­na­zio­na­le, ne ha tol­to via il sudi­ciu­me oppor­tu­ni­sta, social­scio­vi­ni­sta bor­ghe­se e piccolo‑borghese e ha inco­min­cia­to ad attua­re la dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to […] il movi­men­to del pro­le­ta­ria­to per l’abbattimento del gio­go del capi­ta­le ha oggi un fon­da­men­to soli­do come nes­sun altro mai: un cer­to nume­ro di repub­bli­che sovie­ti­che che imper­so­na­no, su sca­la inter­na­zio­na­le, la dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to, la sua vit­to­ria sul capi­ta­li­smo […] È inco­min­cia­ta una nuo­va epo­ca del­la sto­ria mon­dia­le».

Ma i regi­mi sovie­ti­ci bava­re­si e unghe­re­si non soprav­vis­se­ro a lun­go. Duran­te l’anno suc­ces­si­vo al con­gres­so, i gover­nan­ti capi­ta­li­sti euro­pei recu­pe­ra­ro­no la loro sicu­rez­za e rista­bi­li­ro­no il loro pote­re, alme­no tem­po­ra­nea­men­te, a ove­st del­la fron­tie­ra sovietica.
Nel frat­tem­po, il Comin­tern con­cen­trò i suoi sfor­zi su un com­pi­to che non era sta­to nem­me­no men­zio­na­to nel­la sua con­fe­ren­za fon­da­ti­va: rag­grup­pa­re i suoi soste­ni­to­ri in ogni Pae­se in par­ti­ti comu­ni­sti di mas­sa pron­ti a com­bat­te­re. Duran­te i suc­ces­si­vi diciot­to mesi, alla nuo­va Inter­na­zio­na­le ade­ri­ro­no un movi­men­to gio­va­ni­le comu­ni­sta di mas­sa e par­ti­ti ope­rai di mas­sa di diver­si Pae­si euro­pei, e ciò men­tre muo­ve­va i pri­mi pas­si per lan­cia­re il movi­men­to comu­ni­sta nel­le nazio­ni oppres­se e colo­niz­za­te dell’Asia e dell’Africa.
Quan­do il capi­ta­li­smo si rista­bi­liz­zò, il com­pi­to di costrui­re un par­ti­to rivo­lu­zio­na­rio pas­sò in pri­mo pia­no, e in que­sto sen­so i pro­gres­si del Comin­tern sod­di­sfe­ce­ro l’ottimismo dei suoi fondatori.

 

[*] John Rid­dell è sta­to atti­vo nel movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio socia­li­sta in Cana­da, negli Sta­ti Uni­ti e in Euro­pa dagli anni 60. È uno sto­ri­co socia­li­sta e auto­re di una serie di libri sull’Internazionale comu­ni­sta ai tem­pi di Lenin.

 

 

(Tra­du­zio­ne di Erne­sto Rus­so e Andrea Di Benedetto)


Note

[1] Nei rin­gra­zia­men­ti in Foun­ding the Com­mu­ni­st Inter­na­tio­nal ven­go­no cita­ti set­tan­ta col­la­bo­ra­to­ri in tut­to il mon­do che han­no col­la­bo­ra­to alla tra­du­zio­ne o alla ricer­ca. A par­te me stes­so, i prin­ci­pa­li tra­dut­to­ri sono sta­ti Bob Can­trick e Robert Dees (per il tede­sco) e Son­ja Fra­ne­ta (per il rus­so). Dees ha anche fat­to del­le ricer­che per il com­men­to del libro. Bru­ce Mar­cus e Mike Taber si sono occu­pa­ti del copy‑editing. Ste­ve Clark ha for­ni­to con­su­len­za edi­to­ria­le e, insie­me a Mary‑Alice Waters e Jack Bar­nes, ha rivi­sto l’introduzione.
[2] Foun­ding the Com­mu­ni­st Inter­na­tio­nal, pub­bli­ca­to per la pri­ma vol­ta nel 1987, è ora dispo­ni­bi­le in una secon­da ver­sio­ne aggior­na­ta del 2012 con testo iden­ti­co, ma con miglio­ra­men­ti nell’impaginazione e una nuo­va nume­ra­zio­ne del­le pagi­ne. In que­sto arti­co­lo, ci sono rife­ri­men­ti a entram­be le edi­zio­ni, ma con i nume­ri di pagi­na di quel­la del 2012 per primi.
[3] Ste­phen F. Cohen, Bukha­rin and the Bol­she­vik Revo­lu­tion: A Poli­ti­cal Bio­gra­phy 1888–1938, New York: Oxford, 1973.
[4] Rid­dell, a cura di, Toward the Uni­ted Front: Pro­cee­dings of the Fourth Con­gress, Chi­ca­go: Hay­mar­ket, 2012, pp 808–9.
[5] A pro­po­si­to del­la pater­ni­tà di Tro­tsky del Mani­fe­sto, rin­via­mo alla nota 16 dell’articolo “Cen­to anni fa: come fu fon­da­ta l’Internazionale comunista”.
[6] Il Comi­ta­to socia­li­sta inter­na­zio­na­le di Zim­mer­wald era sta­to isti­tui­to da una con­fe­ren­za dei socia­li­sti con­tro la guer­ra a Zim­mer­wald, in Sviz­ze­ra, nel set­tem­bre del 1915. In segui­to rea­liz­zò altre con­fe­ren­ze inter­na­zio­na­li. L’ala sini­stra del movi­men­to di Zim­mer­wald era un pre­cur­so­re diret­to del Comin­tern. Per i docu­men­ti del movi­men­to di Zim­mer­wald, v. Rid­dell, a cura di, Lenin’s Strug­gle for a Revo­lu­tio­na­ry Inter­na­tio­nal: Docu­men­ts 1907–16; the Pre­pa­ra­to­ry Years, New York: Path­fin­der, 1984. [Sem­pre su Zim­mer­wald, rin­via­mo anche a V. Tor­re, “Il crol­lo del­la Secon­da Inter­na­zio­na­le”, pub­bli­ca­to su que­sto stes­so sito: Ndt].