Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Rivoluzione spagnola, Storia del movimento operaio

“¡Uníos, hermanos proletarios!”

Minatori delle Asturie in armi

In que­sto mese di otto­bre ricor­ro­no gli ottan­ta­cin­que anni dal­la nasci­ta del­la Comu­ne del­le Astu­rie, in Spa­gna: un’esperienza che durò dal 5 al 19 otto­bre del 1934 e che a tal pun­to ter­ro­riz­zò la bor­ghe­sia spa­gno­la da sca­te­na­re una rea­zio­ne fero­cis­si­ma, in qual­che modo para­go­na­bi­le a quel­la che pose fine alla Comu­ne di Parigi.
Ho un debi­to di rico­no­scen­za ver­so lo sto­ri­co e mili­tan­te del movi­men­to ope­ra­io Anto­nio Liz. Dopo aver let­to infat­ti il suo bel libro, “Octu­bre de 1934. Insur­re­cio­nes y revo­lu­ción”, mi sono tal­men­te appas­sio­na­to alle vicen­de così bel­le, glo­rio­se e pur ter­ri­bi­li che han­no segna­to quell’episodio, inscrit­to nel più ampio pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio spa­gno­lo, che ho deci­so di appro­fon­di­re il tema: un tema meri­te­vo­le, a mio avvi­so, di esse­re mag­gior­men­te cono­sciu­to in Ita­lia, soprat­tut­to per­ché, a par­ti­re dall’effettiva rea­liz­za­zio­ne di un auten­ti­co fron­te uni­co, nel­la regio­ne del­le Astu­rie ven­ne costrui­ta una Comu­ne che, sia pure per soli quin­di­ci gior­ni, costi­tuì in embrio­ne uno Sta­to socialista.
È con tale spi­ri­to, per­ciò, che offro ai let­to­ri di que­sto sito un mio testo con cui inten­do com­me­mo­ra­re l’esperienza rivo­lu­zio­na­ria astu­ria­na: un testo che non ha cer­to la pre­te­sa di rap­pre­sen­ta­re un sag­gio acca­de­mi­co, ma che vuo­le inve­ce esse­re un con­tri­bu­to mili­tan­te e un omag­gio per colo­ro che nel­l’ot­to­bre del 1934 die­de­ro la loro vita per la Rivoluzione.
Insie­me alla reda­zio­ne del Blog augu­ro, per­tan­to, buo­na lettura.
V.T.

“¡Uníos, hermanos proletarios!”

L’esperienza di lotta dei minatori delle Asturie: dalla Comune dell’ottobre 1934 una lezione sul fronte unico

 

Vale­rio Torre

 

«Dell’Ottobre astu­ria­no tut­ti par­la­no benis­si­mo come epi­so­dio eroico,
ma ci sono elo­gi che suo­na­no come esequie.
Si trat­ta inve­ce di con­ser­va­re ben viva la rivo­lu­zio­ne d’ottobre»
(Javier Bue­no, diret­to­re negli anni 30
del gior­na­le socia­li­sta nel­le Astu­rie, Avan­ce)


«Dal­la Comu­ne di Pari­gi non si era visto nul­la di così splendido
come il movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio del­le Asturie»
(Romain Rol­land)


«Die­tro le sbar­re di que­sta cella
gri­dia­mo tut­ti con emozione:
Viva i Soviet! Mor­te al fascismo!
E ven­ga un’altra rivoluzione»
(Inno rivo­lu­zio­na­rio scrit­to nel car­ce­re di Oviedo
nel novem­bre 1934 da un ope­ra­io cat­tu­ra­to dopo la resa)

 

Lo sto­ri­co, non­ché mili­tan­te del­la Izquier­da Comu­ni­sta de España (Ice)[1], Nar­cis Molins i Fábre­ga, rac­con­ta un pic­co­lo, ma signi­fi­ca­ti­vo epi­so­dio a mar­gi­ne del­le glo­rio­se gior­na­te dell’ottobre del 1934 che con l’insurrezione por­ta­ro­no all’instaurazione del­la Comu­ne del­le Asturie:

«Il padre di un bra­vo ragaz­zo che lot­tò a Ovie­do e Cam­po­ma­nes die­de a suo figlio la stes­sa arma che nel 1917[2] gli ser­vì per com­bat­te­re con­tro le trup­pe che ave­va­no inva­so le Astu­rie a can­no­na­te, e, con quest’arma, il figlio lot­tò fin­ché l’insurrezione non fu vin­ta. L’arma tor­na a sta­re nel­lo stes­so posto in cui il padre, quan­do non poté usar­la …, l’aveva tenu­ta nasco­sta in atte­sa del­la rivo­lu­zio­ne che dove­va con­dur­re il pro­le­ta­ria­to alla vit­to­ria. Nel nascon­di­glio dove è rima­sta tan­to tem­po – dico­no ora padre e figlio – dovrà atten­de­re anco­ra. Mol­to? Non lo sap­pia­mo, “però se mio figlio non potrà usar­la anco­ra, mio nipo­te, che in que­sti gior­ni di insur­re­zio­ne ha appre­so mol­to, saprà come fun­zio­na e con­tro chi pun­tar­la”»[3].

Era­no pas­sa­ti qua­si ottant’anni dagli avve­ni­men­ti che ci accin­gia­mo a rac­con­ta­re, quan­do, nel 2012, sono sta­ti anco­ra una vol­ta i mina­to­ri del­le Astu­rie – para­liz­zan­do stra­de e auto­stra­de e scon­tran­do­si con la poli­zia a col­pi di rudi­men­ta­li lan­cia­raz­zi fino a rea­liz­za­re la straor­di­na­ria Mar­cha negra par­ti­ta dal­la regio­ne astu­ria­na e giun­ta nel cen­tro di Madrid[4] – a fare irru­zio­ne sul­la sce­na del­la lot­ta di clas­se nel­la Spa­gna e nell’Europa mas­sa­cra­te dal­le misu­re anti­o­pe­ra­ie e anti­po­po­la­ri che i gover­ni del capi­ta­le han­no adot­ta­to e con­ti­nua­no ad appli­ca­re per far fron­te alla più gra­ve cri­si eco­no­mi­ca da quel­la del 1929, cer­can­do di impor­re ai lavo­ra­to­ri tut­ti un arre­tra­men­to storico.

Un momen­to del­la Mar­cha negra

E ci pia­ce pen­sa­re che il mina­to­re José Luis inter­vi­sta­to nel giu­gno 2012 dal quo­ti­dia­no El País[5] sia, se non il nipo­te, quan­to­me­no il pro­ni­po­te di quel vec­chio ope­ra­io di cui ci rac­con­ta Molins i Fábre­ga: «“Sia­mo stan­chi di esse­re trat­ta­ti come delin­quen­ti. Sia­mo lavo­ra­to­ri che lot­ta­no con­tro un sopru­so: cer­ca­no di can­cel­la­re il nostro modo di vive­re” […] Dice che le bar­ri­ca­te sono l’unica for­ma di lot­ta che cono­sce: “Mio non­no lot­tò nel 34, mio padre nel 62 e oggi toc­ca a me”. Sul bave­ro del­la giac­chet­ta por­ta una spil­la con l’immagine di Lenin e la fal­ce e mar­tel­lo. I com­pa­gni lo pren­do­no in giro: “Tu vuoi solo abbat­te­re il re e instau­ra­re il comu­ni­smo”. E lui, serio, rispon­de: “Natu­ral­men­te!”».
Dun­que, attra­ver­so la con­ti­nui­tà sto­ri­ca, emer­ge una tra­di­zio­ne di lot­ta che i mina­to­ri – e, più in gene­ra­le, il popo­lo del­le Astu­rie – han­no spe­ri­men­ta­to e svi­lup­pa­to in qua­si un seco­lo di scon­tro fron­ta­le con il capi­ta­li­smo. Sicu­ra­men­te, però, le mobi­li­ta­zio­ni del 2012 han­no evo­ca­to alla memo­ria la gran­dio­sa insur­re­zio­ne dell’ottobre del 1934, quan­do i lavo­ra­to­ri astu­ria­ni, ergen­do il pro­prio pote­re, instau­ra­ro­no una vera e pro­pria Comu­ne pro­le­ta­ria che, sia pure per due sole set­ti­ma­ne, si con­trap­po­se al pote­re sta­ta­le e scris­se una del­le pagi­ne più bel­le, quan­tun­que dram­ma­ti­che, del­la sto­ria del movi­men­to operaio.

Fine del­la monar­chia. Nasci­ta del­la repubblica
La vicen­da di cui stia­mo per par­la­re è inscrit­ta in un più gene­ra­le pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio che, nel mese di otto­bre del 1934, attra­ver­sò pres­so­ché inte­ra­men­te la Spa­gna. Si trat­tò, però, nel suo insie­me – e con la sola ecce­zio­ne di quel­la nel­le Astu­rie – più di una rivo­lu­zio­ne abor­ti­ta che scon­fit­ta. Solo nel­la regio­ne astu­ria­na i lavo­ra­to­ri por­ta­ro­no avan­ti il pro­get­to insur­re­zio­na­le che da qual­che tem­po era matu­ra­to nel­le loro coscien­ze, con una pre­ci­pi­ta­zio­ne a par­ti­re dal­la fine del 1933. Le Astu­rie, insom­ma, ini­zia­ro­no e svi­lup­pa­ro­no fino alle estre­me (sep­pu­re non con­so­li­da­te) con­se­guen­ze quel­la rivo­lu­zio­ne che però non pote­va esse­re vin­ta nell’isolamento, sen­za l’appoggio e l’azione comu­ne dei lavo­ra­to­ri di tut­to il resto del Pae­se: solo in quel­la regio­ne la paro­la d’ordine «¡Uníos, her­ma­nos pro­le­ta­rios!»[6], che dà anche il tito­lo a que­sto scrit­to, si con­cre­tò nel­la real­tà, tro­van­do appli­ca­zio­ne nel­la lot­ta per il potere.
Inve­ro, è tut­ta la sto­ria del­lo Sta­to spa­gno­lo degli anni 30 ad esse­re la cro­na­ca del­la rivo­lu­zio­ne pro­le­ta­ria da un lato e del­la con­tro­ri­vo­lu­zio­ne bor­ghe­se dall’altro: tut­ti gli avve­ni­men­ti che si sono suc­ce­du­ti in quel perio­do, fino a pre­ci­pi­ta­re nel­la guer­ra civi­le, non han­no fat­to altro che evi­den­zia­re l’irreconciliabilità degli inte­res­si dei capi­ta­li­sti, dei lati­fon­di­sti, del­la casta mili­ta­re e di quel­la eccle­sia­sti­ca, con quel­li di milio­ni di pro­le­ta­ri e con­ta­di­ni. E tut­ti i regi­mi poli­ti­ci che si sono suc­ce­du­ti nel tem­po, dal­la dit­ta­tu­ra nel perio­do monar­chi­co al par­la­men­ta­ri­smo in quel­lo repub­bli­ca­no, ne sono sta­ti ine­vi­ta­bil­men­te con­di­zio­na­ti: le for­me di gover­no scel­te di vol­ta in vol­ta dal­le clas­si domi­nan­ti cam­bia­va­no solo in fun­zio­ne dei rap­por­ti di for­za nel­la socie­tà. Ma, pur tol­le­ran­do for­me demo­cra­ti­che quan­do non pote­va­no ricor­re­re ai meto­di dei col­pi di sta­to mili­ta­ri, del­la guer­ra civi­le e, suc­ces­si­va­men­te, del fasci­smo, mai esse han­no rinun­cia­to ai loro pri­vi­le­gi e alle loro pro­prie­tà sul­la ter­ra, le fab­bri­che, le ban­che: cioè, in essen­za, al domi­nio capi­ta­li­sti­co sui lavo­ra­to­ri e sui con­ta­di­ni e brac­cian­ti agricoli.
Nel gen­na­io del 1930, era crol­la­ta la dit­ta­tu­ra del gene­ra­le Miguel Pri­mo de Rive­ra[7]. La scre­di­ta­ta monar­chia del re Alfon­so XIII, con­fi­dan­do nel­la vit­to­ria dei pro­pri can­di­da­ti, ave­va deci­so di con­vo­ca­re per il 12 apri­le del 1931 ele­zio­ni muni­ci­pa­li allo sco­po di valu­ta­re il gra­do di con­sen­so popo­la­re pri­ma di indi­re le ele­zio­ni poli­ti­che. Nel­la sor­pre­sa gene­ra­le, la stra­gran­de mag­gio­ran­za dell’elettorato die­de il pro­prio con­sen­so ai par­ti­ti soste­ni­to­ri del­la repub­bli­ca. Il risul­ta­to fu let­to come un ple­bi­sci­to per la sua costi­tu­zio­ne imme­dia­ta e con­tro la monar­chia: il re par­tì volon­ta­ria­men­te per l’esilio men­tre si for­ma­va un gover­no prov­vi­so­rio di coa­li­zio­ne repubblicano‑socialista. L’esito elet­to­ra­le ven­ne poi con­fer­ma­to nel­le suc­ces­si­ve ele­zio­ni per le Cor­tes costi­tuen­ti (28 giu­gno 1931), che vide­ro il suc­ces­so del­le for­ze di sini­stra (repub­bli­ca­ni di sini­stra e socialisti).

Esplo­sio­ne popo­la­re di gio­ia a Madrid alla pro­cla­ma­zio­ne del­la repub­bli­ca (14 apri­le 1931)

Tut­ta­via, già la stes­sa com­po­si­zio­ne del gover­no prov­vi­so­rio era rive­la­tri­ce sia del­le inten­zio­ni che dei limi­ti dei fon­da­to­ri del­la repub­bli­ca[8]. Non solo i repub­bli­ca­ni Alca­lá Zamo­ra e Miguel Mau­ra era­no veri e pro­pri vec­chi arne­si del pas­sa­to regi­me monar­chi­co (fer­ven­ti cat­to­li­ci, dichia­ra­ti con­ser­va­to­ri e deci­si cen­tra­li­sti, li defi­ni­sce Pier­re Broué), ma gli stes­si mini­stri socia­li­sti del Psoe[9] ave­va­no un’equivoca col­lo­ca­zio­ne socia­le: Inda­le­cio Prie­to, mini­stro del­le finan­ze, era un uomo d’affari di Bil­bao; Lar­go Cabal­le­ro, segre­ta­rio del­la Ugt[10] e al qua­le era sta­to affi­da­to l’incarico di mini­stro del lavo­ro, era un vec­chio con­si­glie­re di Sta­to sot­to la dit­ta­tu­ra di Pri­mo de Rive­ra[11].
I limi­ti del nuo­vo gover­no, però, non sta­va­no solo in que­sto. Le aspet­ta­ti­ve che il regi­me repub­bli­ca­no desta­va nel­le mas­se ope­ra­ie e con­ta­di­ne era­no enor­mi: l’impazienza dei lavo­ra­to­ri, desi­de­ro­si di vede­re final­men­te cam­bia­te le pro­prie con­di­zio­ni di vita che seco­li di oscu­ran­ti­smo di un impe­ro deca­den­te ave­va­no ridot­to al lumi­ci­no, si scon­tra­va con l’estrema pru­den­za del­le misu­re gover­na­ti­ve in cam­po economico‑sociale e con la for­te resi­sten­za dei set­to­ri con­ser­va­to­ri del­le gerar­chie eccle­sia­sti­che e del­la bor­ghe­sia più rea­zio­na­ria. Da poco inse­dia­to, il gover­no repub­bli­ca­no si tro­vò a dover fron­teg­gia­re scio­pe­ri e occu­pa­zio­ni del­le ter­re men­tre la Chie­sa e i cir­co­li monar­chi­ci si lan­cia­va­no in vere e pro­prie pro­vo­ca­zio­ni con­tro il nuo­vo ordi­na­men­to isti­tu­zio­na­le sca­te­nan­do la rea­zio­ne del­le mas­se popo­la­ri, che sfo­cia­va in tumul­ti con incen­di e sac­cheg­gi del­le sedi monar­chi­che, di chie­se e con­ven­ti[12].
Intan­to, men­tre si mol­ti­pli­ca­va­no le mobi­li­ta­zio­ni dei lavo­ra­to­ri nel­le cit­tà e nel­le cam­pa­gne, il gover­no rispon­de­va con l’uso del­la for­za. L’odiata Guar­dia civil inter­ve­ni­va bru­tal­men­te facen­do mor­ti, feri­ti e arre­sti. L’energia rivo­lu­zio­na­ria espres­sa dal­le mas­se si scon­tra­va insom­ma con la poli­ti­ca di col­la­bo­ra­zio­ne di clas­se dei socia­li­sti al gover­no, una poli­ti­ca di muta­men­ti super­fi­cia­li nel qua­dro di una repub­bli­ca mode­ra­ta e sta­bi­le in cui il Psoe assu­me­va il ruo­lo di fre­no dei con­flit­ti ope­rai, quan­do non addi­rit­tu­ra di agen­te del gover­no e allea­to del­le for­ze repres­si­ve. Emble­ma­ti­co fu il caso del­lo scio­pe­ro indet­to dal­la Cnt[13] con­tro la Com­pañía Tele­fó­ni­ca Nacio­nal, che rap­pre­sen­ta­va la pene­tra­zio­ne in ter­ra spa­gno­la del capi­ta­le impe­ria­li­sta ame­ri­ca­no e, pri­ma del­la pro­cla­ma­zio­ne del­la repub­bli­ca, era sta­ta al cen­tro dei comi­zi dei socia­li­sti che ne ave­va­no pro­mes­so la nazio­na­liz­za­zio­ne per quan­do fos­se­ro sali­ti al pote­re. Si trat­tò di una pro­mes­sa che restò tale. Il Psoe e i suoi allea­ti non ave­va­no alcu­na inten­zio­ne di allar­ma­re i capi­ta­li­sti stra­nie­ri: sic­ché, di fron­te alle riven­di­ca­zio­ni dei lavo­ra­to­ri (aumen­ti sala­ria­li, miglio­ri con­di­zio­ni di lavo­ro, con­trat­to col­let­ti­vo), mobi­li­ta­ro­no le for­ze repres­si­ve, ricor­ren­do per­fi­no all’arma del­la calun­nia[14]. Per tut­ta rispo­sta, la Cnt pro­cla­mò lo scio­pe­ro gene­ra­le a cui il gover­no repli­cò con la pro­cla­ma­zio­ne del­lo sta­to d’assedio. A Sivi­glia ci vol­le una set­ti­ma­na per rista­bi­li­re l’ordine, con un bilan­cio di tren­ta mor­ti e più di due­cen­to feriti.

Gover­no prov­vi­so­rio repubblicano

In real­tà, para­dos­sal­men­te, la coa­li­zio­ne repubblicano‑socialista gover­nò con leg­gi monar­chi­che sui lavo­ra­to­ri che ave­va­no inve­ce costrui­to la repub­bli­ca[15], appro­van­do cioè nor­me che disat­ten­de­va­no e addi­rit­tu­ra sospen­de­va­no le liber­tà for­mal­men­te garan­ti­te dal­la Costi­tu­zio­ne. In par­ti­co­la­re, la leg­ge sull’ordine pub­bli­co proi­bi­va la pro­cla­ma­zio­ne degli scio­pe­ri, vie­ta­va la dif­fu­sio­ne di noti­zie atte a tur­ba­re l’ordine pub­bli­co, san­zio­na­va la deni­gra­zio­ne del­le isti­tu­zio­ni. La leg­ge sul­le riu­nio­ni, figlia del mini­stro socia­li­sta Lar­go Cabal­le­ro, con­fe­ri­va alla poli­zia l’illimitato pote­re di scio­glie­re assem­blee arre­stan­do­ne i par­te­ci­pan­ti e impo­ne­va alle orga­niz­za­zio­ni ope­ra­ie di con­se­gna­re alla poli­zia i regi­stri degli atti­vi­sti spe­ci­fi­can­do­ne gli inca­ri­chi e il domi­ci­lio! La leg­ge sui vaga­bon­di e i mal­vi­ven­ti ven­ne, a dispet­to del suo nome, appli­ca­ta soprat­tut­to al movi­men­to ope­ra­io: i disoc­cu­pa­ti e i rivo­lu­zio­na­ri di pro­fes­sio­ne pote­va­no esse­re arre­sta­ti sen­za alcun man­da­to poi­ché, non aven­do un’occupazione nota, era­no con­si­de­ra­ti “vaga­bon­di”; men­tre la qua­li­fi­ca di “mal­vi­ven­te” era discre­zio­nal­men­te affib­bia­ta ai mili­tan­ti ope­rai, che veni­va­no così dap­pri­ma con­dan­na­ti ai lavo­ri for­za­ti per esse­re poi sot­to­po­sti a misu­re di sorveglianza.

Il pano­ra­ma del­le orga­niz­za­zio­ni del movi­men­to ope­ra­io a sini­stra del Psoe
E dun­que, l’energia rivo­lu­zio­na­ria del­le mas­se libe­ra­ta dal­la cadu­ta del­la dit­ta­tu­ra e del­la monar­chia rima­se invi­schia­ta e fu fre­na­ta dal­la poli­ti­ca bor­ghe­se del par­ti­to socia­li­sta. Né tro­vò un’alternativa nell’anarchismo: una cor­ren­te pur mol­to radi­ca­ta e com­bat­ti­va nel­la Spa­gna di que­gli anni e che era strut­tu­ra­ta nel­la cen­tra­le anar­co­sin­da­ca­li­sta Cnt, l’unica orga­niz­za­zio­ne di mas­sa fino all’avvento del­la repub­bli­ca a pra­ti­ca­re la lot­ta di clas­se. Tut­ta­via, pri­va com’era (in omag­gio ai prin­ci­pi dell’anarchismo) di un pro­get­to poli­ti­co che pones­se la que­stio­ne del pote­re, la Cnt oscil­la­va fra l’opportunismo[16] e il set­ta­ri­smo: pur bat­ten­do­si con corag­gio con­tro il gover­no, non ave­va una bus­so­la poli­ti­ca, un pro­gram­ma di riven­di­ca­zio­ni tran­si­to­rie e un pia­no di coor­di­na­men­to del­le lot­te, svi­lup­pan­do una for­te ten­den­za all’avventurismo che sfo­cia­va in devia­zio­ni blan­qui­ste[17]. Per­ciò, quan­tun­que rag­grup­pas­se indi­scu­ti­bil­men­te i miglio­ri e più com­bat­ti­vi ele­men­ti del pro­le­ta­ria­to spa­gno­lo, la Cnt non era capa­ce di offri­re loro né un meto­do, né un pro­gram­ma rivo­lu­zio­na­rio, apren­do così la stra­da a talu­ne cri­si inter­ne e age­vo­lan­do col pro­prio avven­tu­ri­smo la repres­sio­ne governativa.

Le con­se­guen­ze del­la rivol­ta di Casas Vie­jas nel 1933

D’altro can­to, il pic­co­lo Par­ti­do Comu­ni­sta de España (Pce), lega­to mani e pie­di allo sta­li­ni­smo sovie­ti­co e all’Internazionale comu­ni­sta dege­ne­ra­ta, ne segui­va alla let­te­ra gli ordi­ni appli­can­do mec­ca­ni­ca­men­te in Spa­gna le ana­li­si e le paro­le d’ordine ela­bo­ra­te nel qua­dro del­la poli­ti­ca del c.d. “ter­zo perio­do”[18]. Si trat­ta­va, quin­di, di un’organizzazione imbe­vu­ta di set­ta­ri­smo e rifiu­to dell’unità ope­ra­ia: l’etichettatura del Psoe come un par­ti­to “social­fa­sci­sta” e degli anar­chi­ci come “anar­co­fa­sci­sti”, l’ottuso appel­lo a lot­ta­re con­tro la “repub­bli­ca bor­ghe­se” riven­di­can­do inve­ce che “tut­to il pote­re” fos­se devo­lu­to a ine­si­sten­ti – e per­si­no les­si­cal­men­te sco­no­sciu­ti ai più – “soviet”, tut­to que­sto iso­la­va il Pce alie­nan­do­gli le sim­pa­tie del­le mas­se popolari.
Ma alcu­ni set­to­ri comu­ni­sti si oppo­ne­va­no a que­sta poli­ti­ca set­ta­ria arri­van­do fino alla rot­tu­ra: la Fede­ra­ción Comu­ni­sta Catalano‑Balear uscì dal par­ti­to e, dopo la fusio­ne con il pic­co­lo Par­tit Comu­ni­sta Cata­lá, die­de vita al Boc (Blo­que Obre­ro y Cam­pe­si­no) che in real­tà fu un’organizzazione intri­sa di nazio­na­li­smo scon­fi­nan­te nel sepa­ra­ti­smo[19], con un pro­gram­ma con­fu­so che pro­po­ne­va, inve­ce del­la paro­la d’ordine del­la rot­tu­ra con le orga­niz­za­zio­ni bor­ghe­si, una piat­ta­for­ma per una «con­ven­zio­ne nazio­na­le diret­ta dagli ele­men­ti avan­za­ti del­la pic­co­la bor­ghe­sia»[20]: l’obiettivo era quel­lo di una rivo­lu­zio­ne demo­cra­ti­ca e popo­la­re, sen­za defi­nir­ne la natu­ra di clas­se. Per il Boc la repub­bli­ca era una con­qui­sta non del­la sola bor­ghe­sia, ma anche del­la clas­se ope­ra­ia; e una tale ana­li­si non face­va che ali­men­ta­re la con­fu­sio­ne sul ruo­lo del pro­le­ta­ria­to in una repub­bli­ca democratico‑borghese inco­rag­gian­do­lo a col­la­bo­ra­re con la bor­ghe­sia. Non a caso, insom­ma, Tro­tsky con­si­glia­va ai com­pa­gni spa­gno­li di rom­pe­re con quest’organizzazione[21].

Andreu Nin

Infi­ne, a com­ple­ta­re il pano­ra­ma del­le orga­niz­za­zio­ni del movi­men­to ope­ra­io, sta­va la Izquier­da Comu­ni­sta de España (Ice), fon­da­ta ancor pri­ma dell’uscita di sce­na di Pri­mo de Rive­ra, da mili­tan­ti comu­ni­sti del­la pri­ma ora come Andrés Nin, Juan Andra­de, Este­ban Bil­bao, tra gli altri, e lega­ta inter­na­zio­nal­men­te all’Opposizione di Sini­stra di Tro­tsky. La Ice «com­pre­se ed espo­se chia­ra­men­te il carat­te­re socia­li­sta del­la rivo­lu­zio­ne e deli­neò la giu­sta tat­ti­ca per la con­qui­sta del pote­re da par­te del pro­le­ta­ria­to: uni­tà sin­da­ca­le e fron­te uni­co ope­ra­io di com­bat­ti­men­to; pro­gram­ma (…) di riven­di­ca­zio­ni par­zia­li, che allac­cias­se­ro i pro­ble­mi di ieri a quel­li di oggi e a quel­li di doma­ni; costi­tu­zio­ne di comi­ta­ti di fab­bri­ca, di can­tie­re, di offi­ci­na, ecc., pun­to di par­ten­za per la costru­zio­ne degli orga­ni di pote­re rivo­lu­zio­na­rio»[22]. Nono­stan­te una cer­ta qual rapi­da cre­sci­ta – indub­bia­men­te dovu­ta ad un pro­gram­ma cor­ret­to, affian­ca­to dal­la costan­te cri­ti­ca dei cedi­men­ti rifor­mi­sti e degli erro­ri del­le prin­ci­pa­li orga­niz­za­zio­ni – l’Ice ebbe tut­ta­via in que­sto perio­do un’influenza e una capa­ci­tà d’azione limi­ta­te, cui lo stes­so Tro­tsky pen­sò, dopo le vicen­de dell’ottobre del 1934 che stia­mo per affron­ta­re, di por­re rime­dio sug­ge­ren­do ai suoi segua­ci spa­gno­li la tat­ti­ca dell’entrismo nel Psoe e nel­la sua orga­niz­za­zio­ne gio­va­ni­le[23].

La fine del gover­no repubblicano‑socialista. La minac­cia fascista
Abbia­mo visto come la poli­ti­ca dei socia­li­sti al gover­no in coa­li­zio­ne con i repub­bli­ca­ni non venis­se affat­to incon­tro alle aspi­ra­zio­ni del­le mas­se dei lavo­ra­to­ri e dei con­ta­di­ni. Tut­to ciò non pote­va, ovvia­men­te, resta­re sen­za con­se­guen­ze. Il 19 novem­bre 1933 si ten­ne­ro per la secon­da vol­ta le ele­zio­ni poli­ti­che. Le gran­di spe­ran­ze di cam­bia­men­to del­le clas­si subal­ter­ne (ma anche di set­to­ri del­la pic­co­la bor­ghe­sia) era­no rima­ste tali e il disin­can­to si tra­sfor­mò in asten­sio­ne dal voto (32,54%) che rese pos­si­bi­le il trion­fo elet­to­ra­le del­la destra: «… era la repub­bli­ca del disin­can­to per miglia­ia di spa­gno­li. Disin­can­to per i con­ta­di­ni, che non ave­va­no visto nei pri­mi due anni del­la repub­bli­ca libe­ra­le nean­che l’ombra del­la rifor­ma agra­ria … per i lavo­ra­to­ri, che si scon­tra­va­no con le for­ze “dell’ordine” negli stes­si ter­mi­ni di sem­pre … per le clas­si medie, delu­se dal­la loro repub­bli­ca e un po’ spa­ven­ta­te dal­la minac­cia ope­ra­ia … per i socia­li­sti, che ave­va­no inve­sti­to nel­la repub­bli­ca miglia­ia di ore e com­pro­mes­si … per i lavo­ra­to­ri anar­co­sin­da­ca­li­sti che in due anni ave­va­no sca­te­na­to tre insur­re­zio­ni alla ricer­ca del sogna­to comu­ni­smo liber­ta­rio. Disin­can­to, infi­ne, per i par­ti­ti repub­bli­ca­ni libe­ra­li, che era­no rima­sti sen­za repub­bli­ca, seque­stra­ta dai par­ti­ti di destra»[24].
Tut­ta­via, la disil­lu­sio­ne del­le mas­se non signi­fi­ca­va cer­to che esse, ridi­men­sio­na­te nel­le urne, fos­se­ro spa­ri­te social­men­te; né che non aves­se­ro chia­ra la per­ce­zio­ne del peri­co­lo che si sta­glia­va sul­lo sfon­do del­la real­tà spa­gno­la. Gli anni 20 e l’inizio del decen­nio suc­ces­si­vo mostra­va­no in Euro­pa l’ascesa di un feno­me­no nuo­vo – il fasci­smo – che non rap­pre­sen­ta­va solo il trion­fo del­la rea­zio­ne, quan­to inve­ce un pro­get­to scien­ti­fi­co con cui la bor­ghe­sia inten­de­va distrug­ge­re vio­len­te­men­te e fisi­ca­men­te il pro­le­ta­ria­to e le sue orga­niz­za­zio­ni. I lavo­ra­to­ri spa­gno­li ave­va­no bene in men­te cosa aves­se signi­fi­ca­to l’ascesa al pote­re di Hitler in Ger­ma­nia e l’affermarsi del nazi­smo sen­za che il pur poten­te movi­men­to ope­ra­io tede­sco aves­se oppo­sto la ben­ché mini­ma resi­sten­za[25].
Ma nei loro occhi era­no soprat­tut­to vive le sce­ne di quan­to anda­va coe­va­men­te acca­den­do in Austria, dove il can­cel­lie­re Engel­bert Dol­fuss – filo­fa­sci­sta, non­ché ami­co per­so­na­le di Mus­so­li­ni, alla cui poli­ti­ca aper­ta­men­te si ispi­ra­va – sciol­se nel mar­zo 1933 il par­la­men­to assu­men­do pote­ri dit­ta­to­ria­li. La clas­se ope­ra­ia austria­ca, però, non ave­va inten­zio­ne di capi­to­la­re sen­za com­bat­te­re e ini­ziò, anche con­tro le pro­prie timi­de dire­zio­ni buro­cra­ti­che[26], una resi­sten­za arma­ta che sfo­ciò in quat­tro gior­ni di guer­ra civi­le nel feb­bra­io del 1934. Fu neces­sa­rio bom­bar­da­re i quar­tie­ri dove era­no asser­ra­glia­ti gli insor­ti per­ché Dol­fuss ripren­des­se il con­trol­lo del­le prin­ci­pa­li cit­tà d’Austria. Alla fine, l’eroismo dei lavo­ra­to­ri dovet­te soc­com­be­re e il bilan­cio fu pesan­te: più di tre­cen­to mor­ti, miglia­ia di feri­ti, i lea­der dell’insurrezione pas­sa­ti per le armi o invia­ti in cam­pi di con­cen­tra­men­to, le orga­niz­za­zio­ni del movi­men­to ope­ra­io sciol­te per decreto.

Gil Robles

La tra­ge­dia vis­su­ta dal pro­le­ta­ria­to tede­sco e da quel­lo austria­co col­pì pro­fon­da­men­te i lavo­ra­to­ri spa­gno­li[27]. Furo­no in par­ti­co­la­re i fat­ti di Vien­na ad ave­re un impat­to note­vo­le su di essi[28]. Infat­ti, la Ceda (Con­fe­de­ra­ción Españo­la de Dere­chas Autó­no­mas), il par­ti­to di destra vin­ci­to­re del­le ele­zio­ni, si ispi­ra­va aper­ta­men­te a Dol­fuss e al suo par­ti­to cristiano‑sociale. Il suo lea­der, il gesui­ta José María Gil Robles, tene­va acce­si comi­zi in cui espo­ne­va il pro­prio pro­gram­ma per con­qui­sta­re il pote­re uti­liz­zan­do e poi sot­to­met­ten­do il par­la­men­to[29]. Ben­ché fos­se sta­to il pri­mo par­ti­to alle ele­zio­ni, la Ceda non pre­te­se di entra­re da subi­to nel gover­no, che fu infat­ti affi­da­to al Par­ti­do Radi­cal di Ale­jan­dro Ler­roux. Si trat­tò di una fine stra­te­gia: Gil Robles sape­va bene che l’immediato ingres­so nel gover­no del suo par­ti­to in un qua­dro nazio­na­le e inter­na­zio­na­le così “effer­ve­scen­te” avreb­be sca­te­na­to una for­te rea­zio­ne popo­la­re[30], sic­ché for­nì appog­gio ester­no all’esecutivo lascian­do allo stes­so Ler­roux il com­pi­to di ini­zia­re e appro­fon­di­re l’opera di sman­tel­la­men­to del­le sia pur timi­de rifor­me del pre­ce­den­te ese­cu­ti­vo repubblicano‑socialista. D’altronde, la vit­to­ria del­la destra non signi­fi­ca­va affat­to per i suoi espo­nen­ti l’alternanza in un siste­ma bipo­la­re e né sem­pli­ce­men­te il ritor­no al pas­sa­to del­la restau­ra­zio­ne, ben­sì l’inizio di un attac­co mol­to più pro­fon­do al movi­men­to ope­ra­io, alle sue con­qui­ste e alle sue orga­niz­za­zio­ni nel qua­dro del­la crea­zio­ne di uno Sta­to cor­po­ra­ti­vo, fasci­sta, sul­la base di quan­to acca­du­to in Ita­lia, Ger­ma­nia e Austria.
Il solo annun­cio del­la vit­to­ria del­la Ceda pro­vo­cò dif­fe­ren­ti rea­zio­ni nel­le orga­niz­za­zio­ni del­la clas­se lavo­ra­tri­ce: men­tre gli anar­chi­ci del­la Cnt si get­ta­va­no in ten­ta­ti­vi insur­re­zio­na­li iso­la­ti e avven­tu­ri­sti­ci che ven­ne­ro rapi­da­men­te scon­fit­ti, i socia­li­sti lan­cia­ro­no al gover­no l’avvertimento che l’entrata di mini­stri del­la Ceda avreb­be sca­te­na­to la rivo­lu­zio­ne; men­tre il Boc e la Ice avan­za­va­no la paro­la d’ordine del fron­te uni­co, i comu­ni­sti man­ten­ne­ro una posi­zio­ne rigi­da­men­te set­ta­ria. Ciò era espres­sio­ne di una pro­fon­da divi­sio­ne poli­ti­ca del movi­men­to ope­ra­io che il nuo­vo gover­no sep­pe coglie­re per scon­fig­ge­re le mobi­li­ta­zio­ni che sor­se­ro. Tut­ta­via, pri­ma di ana­liz­za­re gli even­ti è impor­tan­te sof­fer­mar­si sul­la “svol­ta a sini­stra” dei socialisti.

Lar­go Caballero

Lar­go Cabal­le­ro, rifor­mi­sta del­la pri­ma ora, col­se al volo l’opportunità di rici­clar­si come rivo­lu­zio­na­rio. A par­ti­re da alcu­ni suoi infuo­ca­ti discor­si, in cui pren­de­va atto del fal­li­men­to del­la demo­cra­zia bor­ghe­se riven­di­can­do la dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to, le mas­se popo­la­ri spa­gno­le subi­ro­no come una fru­sta­ta che le por­tò a radi­ca­liz­zar­si in bre­vis­si­mo tem­po. Come effi­ca­ce­men­te scri­ve Munis[31], «una dire­zio­ne rifor­mi­sta spa­ven­ta­ta assu­me facil­men­te un lin­guag­gio pseu­do­ri­vo­lu­zio­na­rio al solo sco­po di ricon­qui­sta­re le posi­zio­ni per­du­te e tor­na­re a col­la­bo­ra­re con la bor­ghe­sia; ma ciò che per i diri­gen­ti era solo una cini­ca mano­vra fu pre­so sul serio dal­le mas­se». Insom­ma, pochi comi­zi[32] e qual­che acce­so edi­to­ria­le fece­ro emer­ge­re dal pro­fon­do del­le coscien­ze in cui era sopi­to il prin­ci­pio del­la rivo­lu­zio­ne socia­li­sta. E così l’obiettivo del­la con­qui­sta del pote­re diven­ne l’unico oriz­zon­te del­la classe.
Infi­ne, la Ceda rup­pe gli indu­gi e recla­mò il pro­prio ingres­so a pie­no tito­lo nel gover­no. Que­sto even­to si sareb­be pro­dot­to il 4 otto­bre del 1934.

Nasce l’Alian­za Obre­ra. La dif­fe­ren­za dell’Alian­za asturiana
Intan­to, die­ci mesi pri­ma, nel dicem­bre del 1933, su ini­zia­ti­va del Boc e dell’Ice sor­ge­va a Bar­cel­lo­na un orga­ni­smo di fron­te uni­co anti­fa­sci­sta di carat­te­re difen­si­vo che ven­ne chia­ma­to Alian­za Obre­ra de Cata­lu­nya, in cui con­flui­ro­no anche la Ugt, il Psoe, i sin­da­ca­ti di oppo­si­zio­ne espul­si dal­la Cnt e la Unió de Rabas­sai­res (i vigna­io­li). È impor­tan­te segna­la­re che sia gli anar­chi­ci che gli sta­li­ni­sti non par­te­ci­pa­ro­no alla sua con­for­ma­zio­ne. Anzi, que­sti ulti­mi aller­ta­ro­no la clas­se lavo­ra­tri­ce a dif­fi­da­re da quel­lo che veni­va defi­ni­to un “orga­ni­smo con­tro­ri­vo­lu­zio­na­rio”[33]. Ma va al con­tem­po evi­den­zia­to che pure i socia­li­sti era­no tutt’altro che entu­sia­sti del­la con­ver­gen­za con altre orga­niz­za­zio­ni: basti pen­sa­re che il loro orga­no di infor­ma­zio­ne sin­da­ca­le, Bole­tín de la Ugt de España, quan­to­me­no fino al mese di set­tem­bre del 1933 avver­ti­va i pro­pri atti­vi­sti di non asse­con­da­re «i capric­ci di colo­ro che voglio­no semi­na­re equi­vo­ci e con­fu­sio­ni nel­le nostre file per attrar­le in con­glo­me­ra­ti che pro­vo­che­reb­be­ro dan­ni all’organizzazione». Il Psoe, insom­ma, accet­tò, mal­vo­len­tie­ri, di for­ma­re la Alian­za, e fu indot­to a tan­to soprat­tut­to lad­do­ve non era l’organizzazione domi­nan­te, come in Cata­lo­gna; così come il sin­da­ca­to anar­chi­co Cnt si risol­se a far­lo dov’era mino­ran­za, come nel­le Astu­rie. In que­sta regio­ne, in par­ti­co­la­re, nes­su­na del­le due for­ze era ege­mo­ni­ca: il che spie­ga per­ché lì non vi furo­no spe­ci­fi­che resi­sten­ze a con­flui­re nel nuo­vo organismo.
La Alian­za non pre­ten­de­va di esse­re un’organizzazione uni­ca del­la clas­se, dato che i par­ti­ti e sin­da­ca­ti che vi par­te­ci­pa­va­no man­te­ne­va­no il pro­prio pro­gram­ma e la pro­pria ban­die­ra[34]. Ma, pur adot­tan­do un ini­zia­le pro­fi­lo difen­si­vo[35] (fron­te uni­co anti­fa­sci­sta), diven­ne poi, nell’esperienza astu­ria­na che tra poco esa­mi­ne­re­mo, anche un vero e pro­prio fron­te comu­ne di lot­ta sul model­lo di quel fron­te uni­co teo­riz­za­to dal­la Ter­za Inter­na­zio­na­le sot­to la dire­zio­ne di Lenin e Tro­tsky: un fron­te che inten­de­va rap­pre­sen­ta­re la clas­se lavo­ra­tri­ce dispo­sta a lot­ta­re dan­do bat­ta­glia alla bor­ghe­sia in pie­na indi­pen­den­za per con­qui­sta­re il pote­re e rea­liz­za­re la rivo­lu­zio­ne socia­le[36]. E l’esperienza del­le Alian­zas Obre­ras rap­pre­sen­tò anche un gran­de sti­mo­lo per l’azione e un impor­tan­te pas­so per la crea­zio­ne di orga­ni­smi di pote­re ope­ra­io[37].
L’idea, peral­tro, era di ave­re Alian­zas in tut­to lo Sta­to spa­gno­lo. E infat­ti ne sor­se­ro in tut­ta la regio­ne cata­la­na, a Valen­cia, Alcoy, Elda, Puer­to de Sagun­to nel feb­bra­io del 1934; nel­le Astu­rie, a San­tan­der e Mur­cia in mar­zo; ad Ali­can­te, Madrid, Navar­ra, Pon­te­ve­dra, Sivi­glia e Zamo­ra in mag­gio; a Castel­lón e Tole­do in luglio; a Bada­joz, Elche e Gra­na­da in ago­sto; a Alme­ría e Jaén in set­tem­bre. Ma il ten­ta­ti­vo di esten­der­le orga­ni­ca­men­te in tut­to il Pae­se fal­lì per le ragio­ni che di qui a poco analizzeremo.
La nasci­ta di que­sti orga­ni­smi fece sì che l’idea del fron­te uni­co diven­tas­se sem­pre più patri­mo­nio comu­ne e riscuo­tes­se cre­scen­ti sim­pa­tie anche tra gli ade­ren­ti alle orga­niz­za­zio­ni – Pce e Cnt – che non vi par­te­ci­pa­va­no[38]. In que­sto sen­so, da un lato le Alian­zas svol­ge­va­no un ruo­lo impor­tan­te, ele­van­do a un gra­do supe­rio­re la coscien­za del pro­le­ta­ria­to e favo­ren­do l’unità d’azione: per que­sto gli ope­rai e i con­ta­di­ni le con­si­de­ra­va­no le loro orga­niz­za­zio­ni rap­pre­sen­ta­ti­ve e ne auspi­ca­va­no la gene­ra­liz­za­zio­ne, vole­va­no che si pones­se­ro alla testa del­le lot­te e che pren­des­se­ro il pote­re. Ma, dall’altro, le dire­zio­ni dei socia­li­sti e dell’Ugt non era­no affat­to di quest’avviso. Uti­liz­zan­do la reto­ri­ca rivo­lu­zio­na­ria, Cabal­le­ro e i suoi riu­sci­ro­no a impor­re che le Alian­zas non pren­des­se­ro par­te al movi­men­to degli scio­pe­ri per­ché – que­sta era la giu­sti­fi­ca­zio­ne – dove­va­no resta­re puri orga­ni­smi insur­re­zio­na­li e non pote­va­no … inde­bo­lir­si nel­la pra­ti­ca del­le lot­te quo­ti­dia­ne[39]. E impe­di­ro­no anche che si coor­di­nas­se­ro nazio­nal­men­te. Insom­ma, il tra­sfe­ri­men­to nel­le Alian­zas del peso poli­ti­co che il Psoe e l’Ugt ave­va­no nel Pae­se fece sì che esse ven­ne­ro con­si­de­ra­te al più una cin­ghia di tra­smis­sio­ne del­la loro deci­sio­ne di lan­cia­re l’insurrezione al momen­to sta­bi­li­to[40].

Mani­fe­sto cele­bra­ti­vo del­l’Ot­to­bre asturiano

Nel­la regio­ne del­le Astu­rie, però, le cose anda­ro­no diver­sa­men­te. La Cnt astu­ria­na, con­trap­po­nen­do­si alla sua dire­zio­ne nazio­na­le e disat­ten­den­do­ne la deci­sio­ne con­tra­ria, fir­mò il pat­to con i socia­li­sti[41] per la for­ma­zio­ne dell’Alian­za Obre­ra Revo­lu­cio­na­ria de Astu­rias di cui fece­ro par­te anche il Boc e la Ice; men­tre, in osse­quio alla cri­mi­na­le poli­ti­ca del “ter­zo perio­do”, il Pce sta­li­ni­sta rifiu­tò espres­sa­men­te di par­te­ci­par­vi defi­nen­do­la un orga­ni­smo del­la con­tro­ri­vo­lu­zio­ne[42], sal­vo entrar­vi poi all’ultimo minu­to, pro­prio pochi gior­ni pri­ma dell’insurrezione[43].
Occor­re inol­tre sof­fer­mar­si su un aspet­to che distin­se l’Alian­za astu­ria­na dal­le altre e che rese pos­si­bi­le in quel­la regio­ne e non in altre l’esplosione insur­re­zio­na­le e la nasci­ta del­la Comu­ne: i socia­li­sti con il loro sin­da­ca­to Ugt da un lato e gli anar­chi­ci del­la Cnt dall’altro depo­se­ro vicen­de­vol­men­te le armi del­la vio­len­ta pole­mi­ca reci­pro­ca sot­to­scri­ven­do un accor­do che era un auten­ti­co pro­gram­ma per la rivo­lu­zio­ne socia­le e la pre­sa del pote­re e che pre­sup­po­ne­va un pia­no d’azione mili­ta­re. Un’intesa, insom­ma, fon­da­ta sull’indipendenza di clas­se e sul­la demo­cra­zia ope­ra­ia e che rap­pre­sen­ta­va, per usa­re le stes­se fra­si scrit­te dai fir­ma­ta­ri, «un accor­do tra orga­niz­za­zio­ni del­la clas­se ope­ra­ia per coor­di­na­re la loro azio­ne con­tro il regi­me bor­ghe­se e abo­lir­lo».
Ma per­ché solo nel­le Astu­rie fu pos­si­bi­le que­sto pat­to? Mol­te e com­bi­na­te tra loro sono le ragioni.
Ben­ché la dire­zio­ne regio­na­le socia­li­sta con­di­vi­des­se in linea di prin­ci­pio l’orientamento nazio­na­le del par­ti­to per cui la Alian­za non dove­va “inde­bo­lir­si” par­te­ci­pan­do agli scio­pe­ri, la gran­de con­flit­tua­li­tà nel­la regio­ne (solo tra feb­bra­io e otto­bre del 1934 si regi­stra­ro­no ben sei scio­pe­ri gene­ra­li) non lasciò indif­fe­ren­te l’organismo uni­ta­rio: l’unità d’azione fra lavo­ra­to­ri di diver­se e con­trap­po­ste orga­niz­za­zio­ni (Ugt e Cnt, nes­su­na del­le due pre­pon­de­ran­te rispet­to all’altra: cir­co­stan­za – que­sta – che favo­rì in entram­be la per­ce­zio­ne del­la neces­si­tà di col­la­bo­ra­re) con­tri­buì alla loro fraternizzazione.
La gran­de con­cen­tra­zio­ne nel­la regio­ne di deci­ne di miglia­ia di lavo­ra­to­ri metal­mec­ca­ni­ci e mina­to­ri con un impres­sio­nan­te tas­so di sin­da­ca­liz­za­zio­ne (68,1%, cor­ri­spon­den­te a cir­ca 75.000 affi­lia­ti nell’estate del 1934), la mag­gio­ran­za dei qua­li di età infe­rio­re ai 35 anni, faci­li­tò la disci­pli­na, l’organizzazione e l’impeto gio­va­ni­le nel­la rispo­sta alla repres­sio­ne gover­na­ti­va e alle pro­vo­ca­zio­ni del­le orga­niz­za­zio­ni reazionarie.
Con la radi­ca­liz­za­zio­ne poli­ti­ca si ampliò l’organizzazione di mili­zie arma­te. Con un pazien­te lavo­ro ini­zia­to sul fini­re del 1933 ven­ne crea­to un vero e pro­prio “Eser­ci­to ros­so” e lo si equi­pag­giò gra­zie a un’operazione che coin­vol­se un miglia­io di uomi­ni: si ruba­va­no armi dal­le fab­bri­che pre­sen­ti nel­le Astu­rie, can­de­lot­ti di dina­mi­te dal­le minie­re, veni­va­no com­pra­te pisto­le da altre regio­ni e impor­ta­te clan­de­sti­na­men­te gra­zie alla rete crea­ta dal sin­da­ca­to dei tra­spor­ti lega­to all’Ugt[44]; l’istruzione mili­ta­re ai grup­pi arma­ti era affi­da­ta a ex ser­gen­ti e coper­ta da cir­co­li cul­tu­ra­li e di escur­sio­ni­smo o dis­si­mu­la­ta da fal­se scam­pa­gna­te. Le armi acqui­si­te veni­va­no occul­ta­te in nascon­di­gli rica­va­ti in minie­re chiu­se, cimi­te­ri, sale di musi­ca. L’esistenza di quest’enorme infra­strut­tu­ra orga­niz­za­ti­va avreb­be poi fat­to sì che il gior­no dell’insurrezione, a un solo ordi­ne, in tren­ta diver­si pun­ti del­la regio­ne par­tis­se l’attacco alle caser­me, col bloc­co del­le stra­de, la crea­zio­ne di una rete di comu­ni­ca­zio­ne e la distri­bu­zio­ne dell’armamento[45].
La gran­de dif­fu­sio­ne del­la let­te­ra­tu­ra mar­xi­sta e il ruo­lo che svol­se il gior­na­le socia­li­sta Avan­ce[46] nel­la cre­sci­ta del­la coscien­za di clas­se con­tri­bui­ro­no all’unificazione del­le aspi­ra­zio­ni di radi­ca­le cam­bia­men­to che esi­ste­va­no fra le mas­se ope­ra­ie astu­ria­ne: il quo­ti­dia­no si con­ver­tì nell’intrepido por­ta­vo­ce del­la rivo­lu­zio­ne socia­le e dell’unità d’azione, crean­do un vin­co­lo iden­ti­ta­rio con i suoi lettori.
Insom­ma, per que­sto com­ples­so di ragio­ni la clas­se lavo­ra­tri­ce del­le Astu­rie rap­pre­sen­tò l’avanguardia e la matu­ri­tà del pro­le­ta­ria­to spagnolo.

Scop­pia l’insurrezione. I tre fuo­chi: Madrid, Bar­cel­lo­na, Astu­rie. L’Ottobre astu­ria­no e la pro­cla­ma­zio­ne del­la Comu­ne: un embrio­ne di socie­tà socialista
Come abbia­mo accen­na­to[47], i socia­li­sti ave­va­no minac­cia­to il gover­no che l’ingresso di mini­stri del­la Ceda avreb­be sca­te­na­to la rivo­lu­zio­ne. Que­sto fu un gros­so erro­re: lascia­re, cioè, l’esplosione insur­re­zio­na­le (e, quin­di, l’iniziativa) nel­le mani del nemi­co di clas­se e non pre­pa­rar­la ade­gua­ta­men­te e su tut­to il ter­ri­to­rio nazio­na­le[48], sia da un pun­to di vista poli­ti­co che militare.
Ben­ché, come abbia­mo ripe­tu­ta­men­te segna­la­to, le Alian­zas non si fos­se­ro este­se in tut­to il Pae­se e, pur sor­gen­do in diver­se loca­li­tà, non si fos­se­ro coor­di­na­te (per pre­ci­sa volon­tà dei socia­li­sti) come un’unica strut­tu­ra, l’incarico di orga­niz­za­re l’insurrezione ven­ne affi­da­to a un Comi­ta­to rivo­lu­zio­na­rio nazio­na­le pre­sie­du­to da Lar­go Cabal­le­ro. L’incarico per la logi­sti­ca mili­ta­re e i con­tat­ti con i repub­bli­ca­ni fu affi­da­to a Inda­le­cio Prie­to. Insom­ma, il com­pi­to di pre­pa­ra­re la rivo­lu­zio­ne era nel­le mani dei due ex mini­stri del vec­chio gover­no bor­ghe­se repubblicano‑socialista!
Il 4 otto­bre 1934 si veri­fi­cò ciò che i socia­li­sti si ripro­met­te­va­no di scon­giu­ra­re con le minac­ce insur­re­zio­na­li all’indirizzo dell’esecutivo: l’ingresso di tre mini­stri del­la Ceda con l’esplicitata inten­zio­ne di for­za­re la fasci­stiz­za­zio­ne del­la repubblica.

Il gover­no Ler­roux con i mini­stri del­la Ceda

Il gior­no suc­ces­si­vo, il Comi­ta­to rivo­lu­zio­na­rio die­de l’ordine del­lo scio­pe­ro gene­ra­le: il bloc­co era pres­so­ché tota­le a Madrid, Bar­cel­lo­na, Valen­cia, Ovie­do e Bil­bao, fra le altre. Il pro­ble­ma, però, era che la clas­se lavo­ra­tri­ce non sape­va se si stes­se lan­cian­do in uno scio­pe­ro gene­ra­le o in un’insurrezione, se la mobi­li­ta­zio­ne doves­se ser­vi­re per cac­cia­re i tre mini­stri del­la Ceda dal gover­no oppu­re per pren­de­re il pote­re. Lo stes­so Comi­ta­to ave­va lascia­to tut­to all’improvvisazione, né ave­va mini­ma­men­te ten­ta­to di coin­vol­ge­re l’altra gran­de poten­za del­la Cnt. Insom­ma, le cose si svol­ge­va­no sen­za un programma.
Alme­no appa­ren­te­men­te: per­ché come gli even­ti del suc­ces­si­vo 1936 (che non costi­tui­sco­no però ogget­to di que­sto testo) si sareb­be­ro inca­ri­ca­ti di dimo­stra­re, i socia­li­sti un pro­gram­ma lo ave­va­no, ed era quel­lo di non col­pi­re il siste­ma capi­ta­li­sta, né l’economia di mer­ca­to e il siste­ma demo­cra­ti­co par­la­men­ta­re[49].
In ogni caso, si svi­lup­pa­ro­no sostan­zial­men­te tre fuo­chi insur­re­zio­na­li di diver­sa inten­si­tà[50]. A Madrid, dove l’Alian­za era domi­na­ta dai socia­li­sti e la Cnt si era rifiu­ta­ta di entrar­vi, il Psoe e la Ugt con­vo­ca­ro­no uno “scio­pe­ro gene­ra­le paci­fi­co” con l’intenzione, nean­che tan­to vela­ta, di fare pres­sio­ni sul pre­si­den­te del­la repub­bli­ca, Alca­lá Zamo­ra, per­ché tor­nas­se sui suoi pas­si cir­ca la nomi­na dei tre mini­stri del­la Ceda. Le mas­se popo­la­ri, inve­ce, chie­de­va­no le armi che era­no sta­te pro­mes­se e che non otten­ne­ro. Otto gior­ni – e con ten­sio­ne sem­pre più decre­scen­te – durò quel­lo scio­pe­ro, fin­ché i socia­li­sti, i qua­li ave­va­no mes­so da par­te l’Alian­za Obre­ra che addi­rit­tu­ra non si riu­nì nean­che una vol­ta duran­te lo scio­pe­ro, ordi­na­ro­no il rien­tro al lavo­ro. Sal­vo qual­che sca­ra­muc­cia dimo­stra­ti­va pro­vo­ca­ta da fran­chi tira­to­ri del­la Gio­ven­tù socia­li­sta e anar­chi­ci, non vi fu scon­tro a fuo­co gene­ra­liz­za­to, né un vero e pro­prio ten­ta­ti­vo insur­re­zio­na­le. Addi­rit­tu­ra, Lar­go Cabal­le­ro ven­ne arre­sta­to dal­la poli­zia men­tre dor­mi­va pla­ci­da­men­te a casa sua[51]; e mesi dopo, nel pro­ces­so a suo cari­co, ten­tò di scrol­lar­si di dos­so ogni respon­sa­bi­li­tà nel ten­ta­ti­vo insur­re­zio­na­le[52].

Madrid. Le pro­te­ste ven­go­no vio­len­te­men­te disper­se dopo la pro­cla­ma­zio­ne del­lo sta­to d’assedio

A Bar­cel­lo­na (regio­ne del­la Cata­lo­gna), l’Alian­za era sostan­zial­men­te ani­ma­ta dal Boc e dal­la Ice, men­tre il peso dei socia­li­sti era mol­to mino­re che non a Madrid. Anche in que­sto caso, gli anar­chi­ci del­la Cnt ne resta­ro­no fuo­ri, ma con l’aggravante di un atteg­gia­men­to set­ta­rio che li por­tò di fat­to a boi­cot­ta­re lo scio­pe­ro[53] con­vo­ca­to il 5 otto­bre dall’Alian­za Obre­ra (e che intan­to anda­va esten­den­do­si, rag­giun­gen­do, sia pure per poco tem­po, pro­por­zio­ni insur­re­zio­na­li), così di fat­to dislo­can­do­si nel cam­po poli­ti­co del gover­no cen­tra­le. Tut­ta­via, ben­ché abbia svol­to un ruo­lo mol­to più atti­vo rispet­to a quel­la di Madrid, l’Alian­za cata­la­na, in con­si­de­ra­zio­ne del peso che in essa ave­va il Boc[54], si carat­te­riz­zò come ala sini­stra del­la Gene­ra­li­tat[55], come stru­men­to di pres­sio­ne “da sini­stra”, e si rita­gliò il ruo­lo di «coa­diu­var­la sen­za ambi­zio­ni di sopra­van­zar­la né di avvan­tag­giar­se­ne appe­na pos­si­bi­le»[56], ante­po­nen­do così gli inte­res­si del gover­no bor­ghe­se cata­la­no a quel­li del movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio, che rite­ne­va inca­pa­ce di un’azione ope­ra­ia indipendente.
Dal can­to suo, anche l’Ice mostra­va alcu­ni limi­ti nel com­pi­to di dire­zio­ne del­le mas­se e di ela­bo­ra­zio­ne di linea, se è vero che la riven­di­ca­zio­ne avan­za­ta dal Boc, di instau­ra­zio­ne del­la repub­bli­ca cata­la­na, tro­vò con­tra­rio per­si­no Andrés Nin, che la giu­di­ca­va “nazio­na­li­sta”. In pro­po­si­to, Tro­tsky cri­ti­cò la pas­si­vi­tà dell’Ice all’interno dell’Alian­za e la inco­rag­giò ad avan­za­re riven­di­ca­zio­ni più offen­si­ve, com­pre­sa quel­le del­la «pro­cla­ma­zio­ne di una repub­bli­ca cata­la­na indi­pen­den­te» e «dell’armamento imme­dia­to di tut­to il popo­lo per difen­der­la»[57].
Il gior­no suc­ces­si­vo – sia­mo al 6 otto­bre – il movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio, spon­ta­nea­men­te, cioè sen­za atten­de­re diret­ti­ve (che infat­ti non ven­ne­ro) né dall’Alian­za, né dal­la Gene­ra­li­tat (che per­ma­ne­va nel suo sta­to di immo­bi­li­smo), si impa­dro­nì del­le stra­de e del­le piaz­ze, ergen­do bar­ri­ca­te, ma sen­za un pia­no pre­or­di­na­to e, soprat­tut­to, sen­za aver otte­nu­to le armi che ave­va inu­til­men­te chie­sto[58]. E così, il pre­si­den­te del gover­no regio­na­le, Lluís Com­pa­nys, sot­to la cre­scen­te pres­sio­ne popo­la­re si vide costret­to a pro­cla­ma­re mal­vo­len­tie­ri[59] «l’indipendenza del­lo Sta­to cata­la­no nel qua­dro del­la repub­bli­ca fede­ra­le spa­gno­la», rea­liz­zan­do sì una “insur­re­zio­ne sim­bo­li­ca”, ma ogget­ti­va­men­te ponen­do­si in posi­zio­ne di scon­tro con Madrid.

Pro­cla­ma­zio­ne del­la repub­bli­ca di Catalogna

E fu pro­prio in con­si­de­ra­zio­ne del­la sua appar­te­nen­za di clas­se alla bor­ghe­sia cata­la­na che Com­pa­nys, temen­do le con­se­guen­ze di un arma­men­to gene­ra­liz­za­to del pro­le­ta­ria­to, non die­de le armi ai lavo­ra­to­ri che le chie­de­va­no ma si rivol­se inve­ce al gene­ra­le Domé­nec Batet, chie­den­do­gli di por­si ai suoi ordini.

L’ordine fir­ma­to al gene­ra­le Batet

Per tut­ta rispo­sta, que­sti si con­sul­tò con il capo del gover­no cen­tra­le, Ale­jan­dro Ler­roux, che gli ordi­nò di dichia­ra­re lo sta­to di guer­ra. E men­tre le trup­pe di Batet ini­zia­va­no ad occu­pa­re le stra­de e le piaz­ze, Com­pa­nys si asten­ne dal mobi­li­ta­re la poli­zia auto­no­ma del­la Gene­ra­li­tat per difen­de­re il nuo­vo Sta­to cata­la­no. La dife­sa del pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio restò così nel­le mani di poche deci­ne di mili­tan­ti dell’Alian­za, i qua­li si scon­tra­ro­no con l’esercito venen­do sopraf­fat­ti in qual­che ora, e duran­te la not­te le trup­pe assal­ta­ro­no il palaz­zo del­la Gene­ra­li­tat a col­pi di mor­ta­io. Il 7 otto­bre Com­pa­nys si arre­se ai mili­ta­ri e ven­ne arre­sta­to. Era evi­den­te la frat­tu­ra fra la stra­te­gia nazio­na­li­sta del­la bor­ghe­sia cata­la­na e, pur con i limi­ti di cui abbia­mo det­to, quel­la insur­re­zio­na­le pro­le­ta­ria dell’Alian­za. Quest’ultima però, non essen­do riu­sci­ta a coin­vol­ge­re la Cnt vin­cen­do­ne le pul­sio­ni set­ta­rie, si ridus­se ad esse­re una varia­bi­le dipen­den­te del­la Gene­ra­li­tat, subor­di­nan­do gli inte­res­si del pro­le­ta­ria­to cata­la­no a quel­li del­la loca­le borghesia.

Lluis Com­pa­nys in carcere

In alcu­ne cit­tà del­la Cata­lo­gna dove più for­te era la con­cen­tra­zio­ne ope­ra­ia, inve­ce, gli ope­rai anda­ro­no oltre, in alcu­ni casi assal­tan­do le caser­me del­la Guar­dia Civil e con­qui­stan­do per­si­no i palaz­zi del­le isti­tu­zio­ni (come, ad esem­pio, a Saba­dell, dove ven­ne pro­cla­ma­ta la repub­bli­ca cata­la­na; o a Vila­no­va, dove addi­rit­tu­ra ven­ne pro­cla­ma­ta la repub­bli­ca socia­li­sta). Ma con la fine del­la gior­na­ta la sol­le­va­zio­ne era com­ples­si­va­men­te ter­mi­na­ta: l’8 otto­bre la situa­zio­ne era sot­to con­trol­lo. L’Ottobre cata­la­no ter­mi­na­va così nel più asso­lu­to fal­li­men­to, tan­to che il gior­na­le El Deba­te poté per­met­ter­si di tito­la­re: «L’esercito issa la ban­die­ra del­la Spa­gna sul­la Gene­ra­li­tat sol­le­va­ta»[60].
Abbia­mo già det­to che nel­le Astu­rie le cose anda­ro­no ben diver­sa­men­te. Ma va subi­to pre­ci­sa­to che il pro­po­si­to dei socia­li­sti nei con­fron­ti dell’Alian­za era lo stes­so che a livel­lo nazio­na­le: ren­der­la un orga­ni­smo di pres­sio­ne e non già uno rap­pre­sen­ta­ti­vo e deli­be­ran­te, capa­ce di eser­ci­ta­re il pote­re poli­ti­co del pro­le­ta­ria­to. Ciò che, in qual­che modo, rie­qui­li­brò la situa­zio­ne fu, da una par­te, il peso del­le altre orga­niz­za­zio­ni che la com­po­ne­va­no e, dall’altra, la dirom­pen­te com­bat­ti­vi­tà dei mina­to­ri: anche il lun­go lavo­ro di pre­pa­ra­zio­ne mili­ta­re che abbia­mo in pre­ce­den­za descrit­to fu qual­co­sa che andò oltre le inten­zio­ni dei diri­gen­ti socia­li­sti, e non già il frut­to di un loro coscien­te pro­get­to rivo­lu­zio­na­rio[61].
Infat­ti, alla noti­zia dell’ingresso dei mini­stri del­la Ceda nel gover­no, i socia­li­sti dira­ma­ro­no l’ordine di scio­pe­ro attra­ver­so l’Ugt. Ma il movi­men­to che ini­ziò la not­te fra il 4 e il 5 otto­bre nel baci­no mine­ra­rio del­la regio­ne assun­se da subi­to un carat­te­re insur­re­zio­na­le, che tra­scen­de­va la con­vo­ca­zio­ne di un sem­pli­ce scio­pe­ro. I mina­to­ri, che dispo­ne­va­no di poche armi, assal­ta­ro­no le caser­me del­la Guar­dia Civil con la dina­mi­te e si appro­pria­ro­no dell’armamento. Il feno­me­no dila­gò nel giro di poche ore in tut­ta la regio­ne abbat­ten­do le fon­da­men­ta del­lo Sta­to bor­ghe­se. Ven­ne­ro assal­ta­te e pre­se le fab­bri­che di can­no­ni di Tru­bia. Colon­ne arma­te pro­le­ta­rie si coor­di­na­ro­no per con­ver­ge­re da diver­si pun­ti su Ovie­do, dove era­no con­cen­tra­te le trup­pe del gover­no e dove la bat­ta­glia infiam­mò per gior­ni fino alla pre­sa del par­la­men­to, del tri­bu­na­le, dell’impresa Tele­fó­ni­ca e del­la Ban­ca di Spa­gna, dai cui for­zie­ri ven­ne pre­le­va­to tut­to il dena­ro custodito.

Blin­da­to degli insor­ti con la sigla UHP

Ma non tut­to si ridus­se a lot­ta arma­ta. È impor­tan­te sot­to­li­nea­re i risul­ta­ti poli­ti­ci di quel­la bat­ta­glia: i rivo­lu­zio­na­ri ripar­ti­ro­no le ter­re e rior­ga­niz­za­ro­no su basi diver­se il pro­prio eser­ci­to pro­le­ta­rio, la pro­du­zio­ne, la giu­sti­zia, la sani­tà, i tra­spor­ti, i rifor­ni­men­ti e gli approv­vi­gio­na­men­ti, l’ordine pub­bli­co e la pro­pa­gan­da; in altri ter­mi­ni, rior­di­na­ro­no la socie­tà sul­la base del­la giu­sti­zia socia­le[62].
La cit­tà di Mie­res diven­ne la capi­ta­le del­la rivo­lu­zio­ne astu­ria­na e lì ven­ne pro­cla­ma­ta la repub­bli­ca socia­li­sta: non come mera peti­zio­ne di prin­ci­pio, ma real­men­te instau­ran­do un nuo­vo ordi­ne socia­le, carat­te­riz­za­to dal pote­re ope­ra­io. La vita del­le per­so­ne ven­ne orga­niz­za­ta sul­la base di comi­ta­ti ope­rai che ave­va­no respon­sa­bi­li­tà per i diver­si com­pi­ti che era­no neces­sa­ri. La mone­ta nazio­na­le ven­ne sosti­tui­ta da buo­ni fir­ma­ti dal Comi­ta­to rivo­lu­zio­na­rio. La pro­du­zio­ne non si fer­mò nean­che per un solo istan­te: ben­ché in gran par­te ricon­ver­ti­ta alle esi­gen­ze mili­ta­ri del momen­to (fab­bri­ca­zio­ne di armi, muni­zio­ni e blin­da­tu­ra di vei­co­li), ven­ne­ro con­ser­va­te le atti­vi­tà di estra­zio­ne nel­le minie­re, di pro­du­zio­ne del pane e di ali­men­ta­ri. Il con­su­mo ven­ne orga­niz­za­to su basi ben diver­se da quan­to acca­de in una socie­tà capi­ta­li­sta, con la distri­bu­zio­ne cioè di vive­ri e vestia­rio in misu­ra ugua­le e sen­za distin­zio­ni di clas­se fra tut­ti i cit­ta­di­ni, e la crea­zio­ne di men­se comu­ni­ta­rie. Ven­ne altre­sì orga­niz­za­to il ser­vi­zio sani­ta­rio pub­bli­co e uni­ver­sa­le, abo­len­do i ser­vi­zi sani­ta­ri pri­va­ti, men­tre i far­ma­ci furo­no requi­si­ti per esse­re uti­liz­za­ti nel­le strut­tu­re assi­sten­zia­li pub­bli­che. I beni di uti­li­tà gene­ra­le ven­ne­ro inca­me­ra­ti dal­la repub­bli­ca. E tut­te que­ste atti­vi­tà si svol­ge­va­no sot­to rea­le con­trol­lo ope­ra­io, men­tre le mili­zie ope­ra­ie vigi­la­va­no affin­ché non si pro­du­ces­se­ro for­me di boi­cot­tag­gio o acca­par­ra­men­to di mer­ci. Inol­tre, a ripro­va del supe­rio­re gra­do di demo­cra­zia di que­sto nuo­vo tipo di socie­tà, le don­ne ven­ne­ro incor­po­ra­te in tut­ti i com­pi­ti che la situa­zio­ne richie­de­va: non solo nei ser­vi­zi o nell’approvvigionamento, ma a pie­no tito­lo nel­le man­sio­ni di con­trol­lo e negli inca­ri­chi di tipo militare.
Le ten­den­ze poli­ti­che rag­grup­pa­te nell’Alian­za com­bat­te­ro­no alla pari in un’insurrezione per con­qui­sta­re il pote­re poli­ti­co, con­ser­van­do cia­scu­na la pro­pria idea di socie­tà ma agen­do coscien­te­men­te in pie­na uni­tà sul­la base di un uni­co e con­di­vi­so pro­gram­ma rivo­lu­zio­na­rio. Nei quin­di­ci gior­ni che durò l’Ottobre astu­ria­no, sor­se­ro comi­ta­ti e mili­zie popo­la­ri, cioè l’embrione di uno Sta­to socia­li­sta, men­tre la clas­se lavo­ra­tri­ce si die­de il pro­prio gover­no: il Comi­ta­to rivo­lu­zio­na­rio pro­vin­cia­le, com­po­sto da sei socia­li­sti, tre anar­co­sin­da­ca­li­sti e un comu­ni­sta del Boc in rap­pre­sen­tan­za anche dell’Ice. La Comu­ne astu­ria­na si era tra­sfor­ma­ta in realtà.
Cer­to, que­sta magni­fi­ca espe­rien­za di orga­niz­za­zio­ne fu ristret­ta nei limi­ti che la real­tà del­la guer­ra civi­le impo­ne­va – fret­ta, improv­vi­sa­zio­ne, pres­sio­ne mili­ta­re, disper­sio­ne, con­trad­di­zio­ni tra le diver­se ten­den­ze – sic­ché dal­la misce­la di que­sti limi­ti e del for­mi­da­bi­le impul­so rivo­lu­zio­na­rio emer­se più l’opera demo­li­tri­ce del vec­chio ordi­ne che quel­la costrut­ti­va di un com­piu­to ordi­ne nuo­vo[63]. Nel­le con­di­zio­ni date, di più non pote­va esse­re fat­to, dal momen­to che – come abbia­mo già visto – per­ché l’insurrezione potes­se impor­si a livel­lo nazio­na­le, sareb­be­ro occor­si un coor­di­na­men­to e una cen­tra­liz­za­zio­ne del­la dire­zio­ne del movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio a livel­lo sta­ta­le, capa­ci di diri­ge­re la bat­ta­glia con­tro il pote­re cen­tra­le bor­ghe­se. Ciò non avven­ne, sic­ché que­sta bat­ta­glia, con­fi­na­ta nel­la sola regio­ne astu­ria­na, fu per­du­ta. È inne­ga­bi­le, tut­ta­via, che in quel­la regio­ne del­la Spa­gna sor­se una strut­tu­ra di orga­niz­za­zio­ne e pote­re ope­ra­io, che con­te­ne­va in sé alcu­ni ele­men­ti di un nuo­vo pro­get­to di società.

La scon­fit­ta mili­ta­re dell’insurrezione. Le atro­ci­tà del­la reazione
Ben­ché le muni­zio­ni scar­seg­gias­se­ro, i 20.000 mili­zia­ni arma­ti[64] sareb­be­ro sta­ti suf­fi­cien­ti a scon­fig­ge­re le trup­pe del gover­no di stan­za nel­le Astu­rie, che non supe­ra­va­no le 2.700 unità.

Bar­ri­ca­te a Gijón

Ma il tota­le iso­la­men­to in cui si tro­vò la rivo­lu­zio­ne – dato che l’insurrezione non si svi­lup­pò, come abbia­mo appe­na visto, nel resto del Pae­se – rese pos­si­bi­le la scon­fit­ta dei rivo­lu­zio­na­ri, poi­ché il pote­re cen­tra­le sca­te­nò una rea­zio­ne vio­len­tis­si­ma, per­si­no con bom­bar­da­men­ti aerei sui civi­li[65], con­cen­tran­do nel­la regio­ne le trup­pe neces­sa­rie a vin­ce­re le mili­zie ope­ra­ie ormai qua­si pri­ve di pro­iet­ti­li e, soprat­tut­to, ver­so la difen­si­va a cau­sa del fal­li­men­to degli altri movi­men­ti insurrezionali.
Il gover­no, non aven­do fidu­cia nel­le trup­pe di nazio­na­li­tà spa­gno­la[66], pun­tò soprat­tut­to su quel­le del­la legio­ne stra­nie­ra e dei mori: 40.000 mili­ta­ri bene arma­ti, coper­ti dall’artiglieria e dall’aviazione, ma soprat­tut­to pri­vi di scru­po­li, mise­ro in atto un’inaudita repres­sio­ne (a Gijón, ad esem­pio, le trup­pe afri­ca­ne pas­sa­ro­no gli ope­rai a fil di spa­da). Ma anche con que­sta spro­por­zio­ne di uomi­ni e mez­zi, le for­ze gover­na­ti­ve dovet­te­ro scon­trar­si – spes­so ripie­gan­do – con la valo­ro­sa resi­sten­za degli ope­rai e dei mina­to­ri che, con la dina­mi­te e con con­ge­gni lan­cia­bom­be inge­gno­sa­men­te costrui­ti per sup­pli­re alla man­can­za di altre armi, riu­sci­ro­no spes­so a ritar­da­re l’avanzata del nemi­co[67].
Gli scon­tri dura­ro­no fino al 19 otto­bre, quan­do il Comi­ta­to rivo­lu­zio­na­rio aprì i nego­zia­ti col gene­ra­le López Ochoa, che coman­da­va le trup­pe del­la rea­zio­ne. I rivo­lu­zio­na­ri offri­ro­no la fine del­le osti­li­tà e la con­se­gna del­le armi in cam­bio dell’ordine di dislo­ca­re nel­la retro­guar­dia i legio­na­ri e i mori. La con­di­zio­ne ven­ne for­mal­men­te accet­ta­ta, ma non fu poi faci­le far­la dige­ri­re agli insor­ti, una par­te dei qua­li inten­de­va pro­se­gui­re nel­la bat­ta­glia fino all’ultima goc­cia di san­gue rite­nen­do che depor­re le armi sareb­be sta­to un tra­di­men­to del­la cau­sa rivo­lu­zio­na­ria. Eppu­re, alla fine, pas­sò la deci­sio­ne del­la riti­ra­ta. Reci­ta­va il comu­ni­ca­to del Comi­ta­to rivo­lu­zio­na­rio pro­vin­cia­le del 18 otto­bre: «A tut­ti i lavo­ra­to­ri: […], rite­nia­mo neces­sa­ria una tre­gua nel­la bat­ta­glia, depo­nen­do le armi per evi­ta­re mali peg­gio­ri. Per­ciò, riu­ni­ti tut­ti i comi­ta­ti rivo­lu­zio­na­ri con quel­lo pro­vin­cia­le, si è deci­so il ritor­no alla nor­ma­li­tà, rac­co­man­dan­do a tut­ti voi che ritor­nia­te ordi­na­ta­men­te, coscien­te­men­te e sere­na­men­te al lavo­ro. Que­sta nostra riti­ra­ta, com­pa­gni, la con­si­de­ria­mo ono­re­vo­le, per quan­to ine­vi­ta­bi­le. La dispa­ri­tà di mez­zi per lot­ta­re, per quan­to abbia­mo dato mostra di idea­li e corag­gio sul­lo sce­na­rio di guer­ra […], ci ha indot­ti per mora­le rivo­lu­zio­na­ria a pren­de­re que­sta estre­ma deci­sio­ne. Si trat­ta di una pau­sa nel cam­mi­no, una paren­te­si, una sosta risto­ra­tri­ce dopo tan­to sfor­zo. Noi, com­pa­gni, vi ricor­dia­mo una fra­se sto­ri­ca: “Il pro­le­ta­ria­to può esse­re bat­tu­to, ma mai vin­to”».
D’altro can­to, il gene­ra­le López Ochoa ave­va accet­ta­to le con­di­zio­ni poste dagli insor­ti poi­ché teme­va che la loro resi­sten­za potes­se anco­ra pro­lun­gar­si: i rivo­lu­zio­na­ri, infat­ti, ben­ché pri­vi di muni­zio­ni, era­no anco­ra in pos­ses­so di note­vo­li quan­ti­tà di dina­mi­te con cui avreb­be­ro potu­to tene­re in scac­co l’esercito rego­la­re per alme­no un paio di mesi anco­ra, con l’inevitabile aggra­vio di mor­ti e feri­ti fra le trup­pe[68]. Tut­ta­via, il pat­to non ven­ne rispet­ta­to. I sol­da­ti comin­cia­ro­no ad inva­de­re la cuen­ca mine­ra[69], cioè il ter­ri­to­rio sto­ri­co del­la regio­ne astu­ria­na, e, di fat­to, ai mori e ai mer­ce­na­ri ven­ne lascia­to cam­po libe­ro: pote­ro­no così sac­cheg­gia­re, raz­zia­re, stu­pra­re, assas­si­na­re sen­za distin­zio­ne di ses­so o di età.

Sfi­la­ta del­le trup­pe afri­ca­ne dei mori

Le atro­ci­tà furo­no ine­nar­ra­bi­li: inte­re fami­glie ster­mi­na­te, com­pre­si vec­chi e bam­bi­ni, ese­cu­zio­ni di mas­sa, tor­tu­re ai pri­gio­nie­ri[70], muti­la­zio­ni[71]. Una repres­sio­ne così bar­ba­ra e sel­vag­gia – in cui si distin­se il coman­dan­te del­la guar­dia civil, Lisan­dro Doval Bra­vo – fu, in defi­ni­ti­va, la rispo­sta di una bor­ghe­sia ter­ro­riz­za­ta dal­la pos­si­bi­li­tà di per­de­re tut­to a cau­sa del­la rivo­lu­zio­ne socia­le: «Dal con­te­nu­to degli inter­ro­ga­to­ri, dal­le inchie­ste gior­na­li­sti­che, dal­le memo­rie dei poli­ti­ci con­ser­va­to­ri, si dedu­co­no facil­men­te gli sco­pi ogget­ti­vi del­la repres­sio­ne: a) loca­liz­za­re le armi in pos­ses­so degli ope­rai; b) cat­tu­ra­re i diri­gen­ti del movi­men­to; c) recu­pe­ra­re il dena­ro del Ban­co de España. Ma, al di là di que­sti sco­pi …, c’è un fine ulti­mo, ter­ri­bi­le, evi­den­te, che tra­spa­re da tut­to lo stru­men­to orga­niz­za­ti­vo mes­so in pie­di dal coman­dan­te Doval: semi­na­re il ter­ro­re tra i lavo­ra­to­ri astu­ria­ni»[72]. E la misu­ra di que­sta rispo­sta del­la bor­ghe­sia sta nei nume­ri: per quan­to non sia pos­si­bi­le rico­struir­li con pre­ci­sio­ne, si sti­ma con una cer­ta atten­di­bi­li­tà che sia­no sta­ti più di 3.000 i lavo­ra­to­ri ucci­si, 7.000 i feri­ti, oltre 40.000 i dete­nu­ti, 15.000 i tor­tu­ra­ti, con tre mesi di sta­to di guer­ra nel­la regio­ne e deci­ne di miglia­ia di lavo­ra­to­ri licen­zia­ti per rap­pre­sa­glia[73].

La guar­dia civil tra­sfe­ri­sce un grup­po di prigionieri


Le lezio­ni dell’ottobre ’34: la neces­si­tà di un fron­te uni­co di lot­ta su basi e con un pro­gram­ma di classe
Dopo l’Ottobre astu­ria­no, Andrés Nin[74] scris­se: «Sal­vo che nel­la glo­rio­sa insur­re­zio­ne del­le Astu­rie, al pro­le­ta­ria­to spa­gno­lo è man­ca­ta la coscien­za del­la neces­si­tà del­la con­qui­sta del pote­re (…) Per que­sto era neces­sa­rio un par­ti­to che, inter­pre­tan­do gli inte­res­si legit­ti­mi del­la clas­se ope­ra­ia, si sfor­zas­se di crea­re pre­ven­ti­va­men­te gli orga­ni­smi del fron­te uni­co, al fine di con­qui­sta­re, attra­ver­so le “Alian­zas Obre­ras”, la mag­gio­ran­za del­la popo­la­zio­ne (…) Sen­za par­ti­to rivo­lu­zio­na­rio non vi può esse­re rivo­lu­zio­ne vit­to­rio­sa. Que­sta è l’unica e vera cau­sa del­la scon­fit­ta del­la rivo­lu­zio­ne d’ottobre». Una scon­fit­ta che, in un altro testo[75], defi­ni­sce, per para­dos­sa­le che sem­bri, «un … esem­pio di scon­fit­ta fecon­da (…) La clas­se ope­ra­ia spa­gno­la dove­va pren­de­re le armi. La lezio­ne è sta­ta uti­le. Non sia­mo abbat­tu­ti, né demo­ra­liz­za­ti (…) Dal­la scon­fit­ta di oggi sor­ge­rà la vit­to­ria di doma­ni».
Quel “doma­ni” potreb­be non esse­re poi così lon­ta­no se il pro­le­ta­ria­to riu­sci­rà a ripren­de­re l’iniziativa orga­niz­za­ta per rea­gi­re ai vio­len­ti attac­chi che i gover­ni del capi­ta­le stan­no por­tan­do ai lavo­ra­to­ri per cer­ca­re di inver­ti­re la dina­mi­ca del­la cri­si stes­sa, sen­za tut­ta­via riuscirvi.
Le vicen­de che abbia­mo descrit­to in que­ste pagi­ne sono infat­ti la dimo­stra­zio­ne del­la neces­si­tà impe­rio­sa, allo­ra come oggi, oltre che di un’organizzazione rivo­lu­zio­na­ria, di un fron­te uni­co del­la clas­se lavo­ra­tri­ce, basa­to su un pro­gram­ma di classe.
Ritor­nia­mo da dove sia­mo par­ti­ti in quest’articolo: dopo 78 anni, sono sta­ti di nuo­vo i mina­to­ri del­le Astu­rie a riat­tua­liz­za­re la memo­ria sto­ri­ca del­la loro ener­gia rivoluzionaria.
Tut­to era par­ti­to dal­la deci­sio­ne del gover­no spa­gno­lo di taglia­re i sus­si­di alle minie­re, misu­ra che pre­lu­de­va alla chiu­su­ra (ormai pros­si­ma, nono­stan­te la resi­sten­za ope­ra­ia dal 2012 ad oggi[76]) dei gia­ci­men­ti con la per­di­ta di miglia­ia di posti di lavo­ro. La rea­zio­ne dei mina­to­ri è sta­ta imme­dia­ta e, nono­stan­te l’evidente volon­tà del­le buro­cra­zie sin­da­ca­li (Ugt e Comi­sio­nes Obre­ras) di non por­ta­re avan­ti un’azione indi­pen­den­te dei lavo­ra­to­ri ma di limi­tar­si inve­ce a uti­liz­za­re la loro ver­ten­za come arma di pres­sio­ne e di nego­zia­to ver­so il gover­no, si è tra­sfor­ma­ta in un esem­pio e un rife­ri­men­to per tut­ti i lavo­ra­to­ri spa­gno­li che han­no accol­to con enor­me sim­pa­tia lo scio­pe­ro a tem­po inde­ter­mi­na­to, l’occupazione dei poz­zi, i bloc­chi stra­da­li, gli scon­tri arma­ti con la poli­zia. Una sim­pa­tia che si è fat­ta evi­den­te quan­do la Mar­cha negra – miglia­ia di mina­to­ri che han­no per­cor­so a pie­di in due set­ti­ma­ne 500 km. dal­le Astu­rie fino al cen­tro di Madrid – è sta­ta rice­vu­ta il 10 luglio 2012 nel­la capi­ta­le da una mani­fe­sta­zio­ne di 60.000 per­so­ne che into­na­va­no slo­gan di appog­gio alla loro lot­ta inneg­gian­do all’unità del­la clas­se ope­ra­ia[77]. Per la memo­ria sto­ri­ca del­la loro tra­di­zio­ne di lot­ta, i mina­to­ri astu­ria­ni sono con­si­de­ra­ti eroi del­la clas­se ope­ra­ia: e que­sto spie­ga l’affetto e il calo­re con cui essi ven­ne­ro accol­ti da una cit­tà che negli slo­gan si auto­de­fi­ni­va “Madrid obre­ro”.

Ma quel sen­ti­men­to popo­la­re di sim­pa­tia – che spes­so, come in quell’occasione, si mani­fe­sta di fron­te a lot­te ope­ra­ie – non è suf­fi­cien­te. Quel che oggi man­ca di fron­te all’avanzata del capi­ta­le è pro­prio ciò che la vicen­da dell’ottobre del 1934 ci ha inse­gna­to: un fron­te uni­co di lot­ta con­tro la bor­ghe­sia e tut­ti i suoi gover­ni, non solo come neces­si­tà imme­dia­ta di tut­ti i lavo­ra­to­ri per con­tra­sta­re gli attac­chi del padro­na­to, ma anche come rispo­sta alla volon­tà del­le dire­zio­ni buro­cra­ti­che di divi­de­re il movi­men­to ope­ra­io per poter­lo meglio con­trol­la­re con­ti­nuan­do a por­ta­re in dote la pace socia­le al tavo­lo nego­zia­le con la bor­ghe­sia. Ciò che infat­ti rap­pre­sen­ta una costan­te in tut­ti i Pae­si d’Europa – ma il discor­so vale ana­lo­ga­men­te per ogni altra par­te del mon­do – è la pre­oc­cu­pan­te disper­sio­ne del­le lot­te: nes­sun movi­men­to e nes­sun con­flit­to, se iso­la­ti e non orga­niz­za­ti uni­ta­ria­men­te e con indi­pen­den­za di clas­se, potran­no mai otte­ne­re una signi­fi­ca­ti­va vit­to­ria. Per­tan­to, l’obiettivo del coor­di­na­men­to di tut­te le lot­te intor­no a una piat­ta­for­ma uni­fi­can­te è una neces­si­tà cru­cia­le che, seb­be­ne sen­ti­ta dal­la base, è osta­co­la­ta dal­le dire­zio­ni buro­cra­ti­che gran­di e pic­co­le, sia a livel­lo poli­ti­co che sindacale.
Per rea­liz­za­re quest’obiettivo occor­re inve­sti­re su quel­la paro­la d’ordine che fu la colon­na ver­te­bra­le dell’Ottobre astu­ria­no: «¡Uníos, her­ma­nos pro­le­ta­rios!», «Uni­te­vi, fra­tel­li pro­le­ta­ri!». Una paro­la d’ordine che tra­sfor­mò un ini­zia­le fron­te uni­co difen­si­vo in offen­si­vo[78], un fron­te uni­co di lot­ta che si pose il pro­ble­ma del pote­re ope­ra­io[79]: e che lo con­cre­tiz­zò, sia pure per un bre­ve las­so di tem­po per le ragio­ni che abbia­mo visto.
In un momen­to in cui, a livel­lo mon­dia­le – e nono­stan­te le lot­te e i movi­men­ti di resi­sten­za che sor­go­no – la rea­zio­ne avan­za distrug­gen­do una ad una tut­te le con­qui­ste rea­liz­za­te dai lavo­ra­to­ri con le loro lot­te nei decen­ni scor­si, è più urgen­te che mai costrui­re quel fron­te uni­co. Non a caso, lo sto­ri­co Anto­nio Liz ha soste­nu­to che «l’Ottobre astu­ria­no ave­va dimo­stra­to che la vit­to­ria del­la clas­se lavo­ra­tri­ce era pos­si­bi­le solo se si mar­cia­va in uni­tà d’azione […]»[80].
E le bel­le paro­le scrit­te da Gran­di­zo Munis a pro­po­si­to del­lo slo­gan che fu la ban­die­ra del pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio dell’ottobre 1934 sem­bra­no le più appro­pria­te per con­clu­de­re que­sto testo: «Quel­la sigla – Uhp, Unión de Her­ma­nos Pro­le­ta­rios, Unio­ne dei Fra­tel­li Pro­le­ta­ri – ter­ri­bi­le agli occhi del­la bor­ghe­sia, che gli insor­ti trac­cia­ro­no sui loro mez­zi roz­za­men­te coraz­za­ti, gri­dan­do la qua­le cad­de­ro cri­vel­la­ti miglia­ia di eroi (…), è ormai una ban­die­ra per le bat­ta­glie rivo­lu­zio­na­rie del pro­le­ta­ria­to spa­gno­lo e mon­dia­le. Unión de Her­ma­nos Pro­le­ta­rios, sem­pli­ce, scar­na espres­sio­ne che non fu esco­gi­ta­ta da nes­sun teo­ri­co, da nes­sun par­ti­to: la sua sem­pli­ci­tà espri­me l’interesse comu­ne degli oppres­si e la loro ecce­zio­na­le capa­ci­tà di lot­ta. I teo­ri­ci e i par­ti­ti degni del­la clas­se ope­ra­ia la cuci­ran­no con orgo­glio sui loro sten­dar­di. Il trion­fo del­la rivo­lu­zio­ne comin­cia a far­si stra­da a par­ti­re dall’unità del­la lot­ta pro­le­ta­ria con­tro la bor­ghe­sia. Ver­go­gna ai tra­di­to­ri che adot­ta­no la poli­ti­ca di quest’ultima!»[81].


Note

[1] La Ice era l’organizzazione tro­tski­sta diret­ta da Andrés (Andreu in cata­la­no) Nin e da Juan Andra­de, lega­ta all’Opposizione di Sini­stra Inter­na­zio­na­le, diret­ta da Tro­tsky. Sareb­be poi con­flui­ta, insie­me al Boc (Blo­que Obre­ro y Cam­pe­si­no: in cata­la­no, Bloc Obrer i Cam­pe­rol) nel Par­ti­do Obre­ro de Uni­fi­ca­ción Mar­xi­sta (Poum).
[2] Il rife­ri­men­to qui è allo scio­pe­ro gene­ra­le rivo­lu­zio­na­rio pro­cla­ma­to nel­la regio­ne del­le Astu­rie il 13 ago­sto 1917 e dura­men­te repres­so nel san­gue dal­le truppe.
[3] N. Molins i Fábre­ga, Uhp. La insur­rec­ción pro­le­ta­ria de Astu­rias, Edi­cio­nes Júcar, 1977, p. 123.
[4] “Spa­gna, la ‘mar­cha negra’ arri­va a Madrid”, Today.it (https://tinyurl.com/y6ec42q5).
[5] “Mi abue­lo luchó en el 34, mi padre en el 62 y aho­ra me toca a mí”, El País, 17/6/2012 (https://tinyurl.com/yxef656n).
[6] «Uni­te­vi, fra­tel­li pro­le­ta­ri!», con­sa­cra­ta nel­la sigla ¡Uhp!
[7] La dit­ta­tu­ra di Pri­mo de Rive­ra era ini­zia­ta set­te anni pri­ma con la bene­di­zio­ne del re e del­le gerar­chie mili­ta­ri per occul­ta­re le loro respon­sa­bi­li­tà poli­ti­che nel disa­stro in ter­mi­ni di vite uma­ne nel­la guer­ra colo­nia­le in Maroc­co: il solo fat­to che si fos­se pro­fi­la­ta la pos­si­bi­li­tà di apri­re un dibat­ti­to par­la­men­ta­re sul­la «orgia del­le spe­se spro­po­si­ta­te, del­le pre­ben­de, del­le pro­mo­zio­ni, del­le deco­ra­zio­ni» (G. Munis, Lezio­ni di una scon­fit­ta, pro­mes­sa di vit­to­ria, Edi­zio­ni Lot­ta comu­ni­sta, 2007, pp. 38, 67‑68) a fron­te del­la disa­stro­sa disfat­ta mili­ta­re (10‑20.000 mor­ti), con­vin­se monar­chia e ambien­ti con­ser­va­to­ri del­la neces­si­tà del col­po di sta­to. Ven­ne sospe­sa la Costi­tu­zio­ne, le Cor­tes (il par­la­men­to) furo­no sciol­te e il pote­re ven­ne assun­to da un diret­to­rio mili­ta­re con a capo, appun­to, Pri­mo de Rivera.
[8] P. Broué, “España 1931‑1939: la revo­lu­ción per­di­da”, Mar­xists Inter­net Archi­ve, (https://tinyurl.com/y2lck6mz).
[9] Par­ti­do Socia­li­sta Obre­ro Español.
[10] Unión gene­ral de tra­ba­ja­do­res, il sin­da­ca­to lega­to al Psoe.
[11] Il fat­to è – come segna­la P.I. Tai­bo II, Astu­rias, Octu­bre 1934, Crí­ti­ca, 2013, p. 19 – che, al tem­po di Pri­mo de Rive­ra, «il socia­li­smo spa­gno­lo non era repub­bli­ca­no», dato che «dif­fi­da­va del­la timi­dez­za del­la bor­ghe­sia libe­ra­le spa­gno­la»; sic­ché, «per le mas­se ope­ra­ie, argo­men­ta­va, la monar­chia o la repub­bli­ca bor­ghe­se non era­no la loro for­ma di gover­no». Il tipi­co costu­me dei rifor­mi­sti, di adat­tar­si benis­si­mo ad ogni for­ma di regi­me bor­ghe­se, fece sì che i socia­li­sti sta­bi­lis­se­ro con Pri­mo de Rive­ra pun­ti di con­tat­to che con­sen­ti­ro­no loro la «par­te­ci­pa­zio­ne al gover­no, in cam­bio di alcu­ne modi­fi­che legi­sla­ti­ve rela­ti­ve ai con­flit­ti tra ope­rai e padro­na­to, così da pro­muo­ve­re da quel­la posi­zio­ne la miglio­re orga­niz­za­zio­ne del­le loro file». Solo ver­so il 1930, quan­do «i limi­ti del­la monar­chia spa­gno­la si face­va­no evi­den­ti», si impo­se­ro all’interno del Psoe le tesi dell’ala repub­bli­ca­na di Inda­le­cio Prieto.
[12] La Chie­sa, pri­mo lati­fon­di­sta del Pae­se, rap­pre­sen­ta­va per milio­ni di per­so­ne il pote­re che li con­dan­na­va a un’esistenza mise­ra­bi­le: pro­prie­ta­ria di deci­ne di miglia­ia di fon­di agri­co­li e immo­bi­li urba­ni del valo­re cata­sta­le sti­ma­to in cen­to­ven­ti­no­ve milio­ni di pese­tas (una cifra stra­to­sfe­ri­ca per l’epoca!), oltre a qua­si 4.000 fra con­ven­ti e mona­ste­ri, ave­va un bilan­cio di oltre cin­quan­ta milio­ni di pese­tas. Al man­te­ni­men­to degli 80‑90.000 mem­bri del cle­ro (ma alcu­ne sti­me arri­va­no a oltre 130.000) era desti­na­ta una par­te mol­to rile­van­te del plu­sva­lo­re estrat­to dal­la clas­se ope­ra­ia e dai con­ta­di­ni e brac­cian­ti. Dete­ne­va, inol­tre, il qua­si tota­le mono­po­lio dell’insegnamento gra­zie alle scuo­le con­fes­sio­na­li in cui era­no sta­ti edu­ca­ti più di cin­que milio­ni di adul­ti. La sua gerar­chia rap­pre­sen­ta­va, in defi­ni­ti­va, un set­to­re pro­fon­da­men­te rea­zio­na­rio del­la socie­tà spa­gno­la. La furia popo­la­re con­tro il pote­re eccle­sia­sti­co tro­va, dun­que, spie­ga­zio­ne in que­sto sta­to di cose.
[13] Con­fe­de­ra­ción nacio­nal de tra­ba­ja­do­res, la cen­tra­le sin­da­ca­le lega­ta al movi­men­to anarchico.
[14] È vero che lo scio­pe­ro del­la Tele­fó­ni­ca fu occa­sio­ne di scon­tro fra socia­li­sti e anar­chi­ci, fra mili­tan­ti dell’Ugt e del­la Cnt (P. Broué, op. cit.). Tut­ta­via, per l’enorme popo­la­ri­tà in Spa­gna dell’arma del­lo scio­pe­ro e in ragio­ne dei vin­co­li di soli­da­rie­tà fra i lavo­ra­to­ri, non furo­no pochi i casi in cui sezio­ni sin­da­ca­li dell’Ugt invia­va­no agli scio­pe­ran­ti atte­sta­zio­ni di soli­da­rie­tà e fon­di per la loro cas­sa di resi­sten­za (G. Munis, op. cit., pp. 78‑79).
[15] A. Liz, Octu­bre de 1934. Insur­re­cio­nes y revo­lu­ción, Ed. Espue­la de Pla­ta, 2009, p. 23.
[16] Non furo­no pochi i casi in cui gli anar­chi­ci mostra­ro­no una con­ni­ven­te con­ti­gui­tà con l’ala piccolo‑borghese repubblicano‑socialista: dal­la pro­mes­sa di appog­gio poli­ti­co a que­sti due par­ti­ti sul fini­re del­la dit­ta­tu­ra di Pri­mo de Rive­ra in cam­bio del ripri­sti­no del­la liber­tà di orga­niz­za­zio­ne per quan­do si fos­se instau­ra­to il regi­me repub­bli­ca­no, al con­cre­to appog­gio elet­to­ra­le alle ele­zio­ni del 1931 che decre­ta­ro­no la cadu­ta del­la monar­chia. D’altro can­to, la Cnt non fu alie­na a let­tu­re impres­sio­ni­sti­che degli even­ti di que­gli anni: il fat­to che il regi­me monar­chi­co fos­se crol­la­to sen­za l’intervento vio­len­to del­le mas­se la indus­se a rite­ne­re che fos­se pos­si­bi­le un’evoluzione paci­fi­ca ver­so il “comu­ni­smo liber­ta­rio” attra­ver­so una “rivo­lu­zio­ne incruen­ta”: così A. Nin, “Il pro­le­ta­ria­to spa­gno­lo di fron­te alla rivo­lu­zio­ne”, in Guer­ra e rivo­lu­zio­ne in Spa­gna, 1931/1937, Fel­tri­nel­li edi­to­re, 1974, p. 45.
[17] Nel­la regio­ne dell’Alto Llo­bre­gat mili­tan­ti del­la Fai (Fede­ra­ción Anar­qui­sta Ibé­ri­ca), che costi­tui­va il nucleo di dire­zio­ne del­la Cnt, lan­cia­ro­no un’insurrezione arma­ta pren­den­do il con­trol­lo di alcu­ni vil­lag­gi mise­ra­bi­li dove pro­cla­ma­ro­no l’instaurazione del “comu­ni­smo liber­ta­rio”: furo­no schiac­cia­ti in pochi gior­ni e mol­ti di loro, tra cui Bue­na­ven­tu­ra Dur­ru­ti, ven­ne­ro depor­ta­ti alle Cana­rie e nel Saha­ra spa­gno­lo. Stes­sa sor­te toc­cò alla som­mos­sa di Casas Vie­jas del gen­na­io 1933, in cui tro­vò la mor­te una tren­ti­na di mili­tan­ti anar­chi­ci, e all’insurrezione del 8‑12 dicem­bre 1933. Ecco per­ché P.I. Tai­bo II, op. cit., p. 12, sin­te­tiz­za quest’aspetto soste­nen­do che la Cnt era «den­tro un pro­get­to insur­re­zio­na­le di stam­po gol­pi­sta che ave­va accu­mu­la­to il suo secon­do fal­li­men­to in due anni e ne avreb­be anco­ra subi­to un ter­zo».
[18] Nel 1928, l’analisi del Comin­tern si fon­dò su una let­tu­ra com­ple­ta­men­te erra­ta del­la real­tà inter­na­zio­na­le, secon­do cui, dopo un pri­mo perio­do (1917‑1924) di cri­si del capi­ta­li­smo e asce­sa rivo­lu­zio­na­ria e un secon­do (1925‑1928) di sua sta­bi­liz­za­zio­ne, si apri­va una nuo­va e più impo­nen­te fase di asce­sa rivo­lu­zio­na­ria (appun­to, il “ter­zo perio­do”) nel­la qua­le i par­ti­ti rifor­mi­sti e socia­li­sti rap­pre­sen­ta­va­no, in quan­to fre­no del­le lot­te, un nemi­co del pro­le­ta­ria­to. Que­sta teo­riz­za­zio­ne pren­de­va le mos­se da un testo di Sta­lin in cui la social­de­mo­cra­zia veni­va defi­ni­ta «l’ala mode­ra­ta del fasci­smo», con la con­se­guen­za che «que­ste orga­niz­za­zio­ni non si esclu­do­no tra di loro, ma si com­ple­ta­no a vicen­da. Non sono anta­go­ni­ste, ma gemel­le» (J. Sta­lin, “La situa­zio­ne inter­na­zio­na­le”, 20/9/1924, in Ope­re com­ple­te, vol. 6, Edi­zio­ni Rina­sci­ta, 1952, pp. 339‑340). Da que­sta stol­ta equi­pa­ra­zio­ne alla defi­ni­zio­ne di “social­fa­sci­sti” dei socia­li­sti il pas­so fu bre­ve e avreb­be poi avu­to con­se­guen­ze tra­gi­che: di fron­te all’avanzata del nazi­smo in Ger­ma­nia, se i comu­ni­sti tede­schi si fos­se­ro allea­ti in un fron­te uni­co con il poten­te par­ti­to social­de­mo­cra­ti­co, cer­ta­men­te gli even­ti avreb­be­ro pre­so tutt’altra pie­ga. La sui­ci­da tat­ti­ca del “ter­zo perio­do” – che solo Tro­tsky denun­ciò e vana­men­te ten­tò di con­tra­sta­re – por­tò inve­ce alla disfat­ta sen­za alcu­na resi­sten­za del pur gigan­te­sco e orga­niz­za­to pro­le­ta­ria­to tede­sco. Per un’analisi appro­fon­di­ta del­la tat­ti­ca del “ter­zo perio­do”, L. Tro­tsky, “Il ‘ter­zo perio­do’ degli erro­ri dell’Internazionale comu­ni­sta” (https://tinyurl.com/yybkb85d). Per un appro­fon­di­men­to più gene­ra­le sul­le tra­gi­che con­se­guen­ze dell’applicazione di que­sta tat­ti­ca ultra­si­ni­stra, L. Tro­tsky, I pro­ble­mi del­la rivo­lu­zio­ne cine­se e altri scrit­ti su que­stio­ni inter­na­zio­na­li, 1924‑1940, Giu­lio Einau­di Edi­to­re, 1970, pp. 301 e ss.; L. Tro­tsky, La Ter­za Inter­na­zio­na­le dopo Lenin, Sch­warz edi­to­re, 1957, pp. 241 e ss.; L. Tro­tsky, Revo­lu­cão e con­trar­re­vo­lu­cão na Ale­ma­n­ha, Edi­to­ra Insti­tu­to José Luís e Rosa Sun­der­mann, 2011; L. Tro­tsky, La lucha con­tra el fasci­smo, Fun­da­ción Fede­ri­co Engels, 2004.
[19] In que­sto sen­so, il Boc «stri­scia­va all’ombra del­la bor­ghe­sia cata­la­na» (G. Munis, op. cit., p. 61).
[20] P. Broué, op. cit. Di tutt’altro avvi­so, ovvia­men­te, il prin­ci­pa­le diri­gen­te del Boc, Joa­quín Mau­rín, secon­do cui il Blo­que «ha agi­to seguen­do una linea poli­ti­ca marxista‑leninista cor­ret­ta, con­tri­buen­do in gran par­te a cor­reg­ge­re gli erro­ri del movi­men­to ope­ra­io» (J. Mau­rín, “Hacia la segun­da revo­lu­ción”, Mar­xists Inter­net Archi­ve, (https://tinyurl.com/y4n2jcx9). Sfer­zan­te come sem­pre, Tro­tsky die­de que­sta defi­ni­zio­ne di Mau­rín e del­la sua orga­niz­za­zio­ne: «La poli­ti­ca di Mau­rín […] è un miscu­glio di pre­giu­di­zi piccolo‑borghesi, di igno­ran­za, di “scien­za” pro­vin­cia­le e di civet­te­ria poli­ti­ca. […] La con­fu­sio­ne di Mau­rín non attrae, ma respin­ge gli ope­rai» (L. Tro­tsky, “La rivo­lu­zio­ne spa­gno­la gior­no per gior­no. 2 luglio 1931”, in Scrit­ti 1929‑1936, Arnol­do Mon­da­do­ri Edi­to­re, 1970, p. 284). Per un’approfondita ana­li­si del­la poli­ti­ca del Boc, A. Nin, “Dove va il Bloc­co ope­ra­io e con­ta­di­no?”, in Ter­ra e liber­tà, Erre emme edi­zio­ni, 1996, p. 96.
[21] Pur­trop­po, que­sto con­si­glio non ver­rà più segui­to quan­do, nel set­tem­bre del 1935, rom­pen­do con Tro­tsky, la Ice (Izquier­da Comu­ni­sta de España) si uni­fi­che­rà con il Boc dan­do vita al Poum, par­ti­to che nel feb­bra­io 1936 entre­rà pri­ma nel­la coa­li­zio­ne e poi nel gover­no di fron­te popo­la­re che por­te­rà defi­ni­ti­va­men­te alla scon­fit­ta la rivo­lu­zio­ne spa­gno­la. Fu in quest’occasione che Tro­tsky par­lò di “tra­di­men­to del Poum”, emet­ten­do poi il suo seve­ro giu­di­zio: «Alla fine dei con­ti, nono­stan­te le sue inten­zio­ni, il Poum è risul­ta­to esse­re il prin­ci­pa­le osta­co­lo sul­la stra­da del­la costru­zio­ne di un par­ti­to rivo­lu­zio­na­rio» (L. Tro­tsky, “Lezio­ni di Spa­gna, ulti­mo avver­ti­men­to”, in Œuvres, vol. 15, Insti­tut Léon Tro­tsky, 1983, p. 402).
[22] G. Munis, op. cit., p. 65.
[23] Tut­ta­via, la tat­ti­ca entri­sta ven­ne respin­ta dall’Ice.
[24] P.I. Tai­bo II, op. cit., p. 12.
[25] Ciò fu dovu­to, come abbia­mo accen­na­to, alla cri­mi­na­le poli­ti­ca del “ter­zo perio­do”, vara­ta dall’Internazionale comu­ni­sta sta­li­niz­za­ta e dura­men­te con­tra­sta­ta da Tro­tsky (v. nota 18).
[26] Inve­ce di orga­niz­za­re e arma­re gli ope­rai che lo chie­de­va­no espres­sa­men­te, il par­ti­to socia­li­sta austria­co pre­fe­rì pre­sen­ta­re ricor­so ai tri­bu­na­li … con­tro la sop­pres­sio­ne del­le liber­tà demo­cra­ti­che da par­te del regi­me! Non c’è dub­bio: in ogni epo­ca sto­ri­ca il rifor­mi­smo si distin­gue per la sua ado­ra­zio­ne nei con­fron­ti del­le isti­tu­zio­ni del­lo Sta­to bor­ghe­se. Basti pen­sa­re ai sin­da­ca­ti ita­lia­ni che, in que­sti anni di vio­len­ta rea­zio­ne padro­na­le, inve­ce di con­tra­sta­re i pia­ni del­la bor­ghe­sia indu­stria­le (di cui in par­ti­co­la­re l’ex ammi­ni­stra­to­re dele­ga­to del­la Fiat, Mar­chion­ne, si era reso inter­pre­te) occu­pan­do le fab­bri­che, si sono vana­men­te limi­ta­ti a pre­sen­ta­re dei ricor­si in tribunale.
[27] Per un inqua­dra­men­to del­le vicen­de di cui ci stia­mo occu­pan­do nel con­te­sto euro­peo (e non solo), è uti­le rifar­si a P. Broué, “Octu­bre del 34 en el con­tex­to euro­peo”, in G. Jack­son, P. Broué e altri, Octu­bre 1934. Cin­cuen­ta años para la refle­xión, Siglo Vein­tiu­no Edi­to­res, 1985, p. 9 e ss.
[28] In soli­da­rie­tà ver­so i lavo­ra­to­ri austria­ci, quel­li spa­gno­li pro­cla­ma­ro­no nume­ro­si scio­pe­ri e mobi­li­ta­zio­ni, lan­cian­do la paro­la d’ordine «Meglio Vien­na che Ber­li­no!», cioè meglio resi­ste­re come in Austria che capi­to­la­re ver­go­gno­sa­men­te sen­za com­bat­te­re come in Germania.
[29] «La demo­cra­zia per noi non è un fine, ma un mez­zo per con­qui­sta­re uno Sta­to nuo­vo. Al momen­to giu­sto, il par­la­men­to si sot­to­met­te­rà o lo fare­mo spa­ri­re!»: così tuo­na­va Gil Robles in un comi­zio per la cam­pa­gna elet­to­ra­le (ripor­ta­to da P.I. Tai­bo II, op. cit., p. 15).
[30] D’altronde, gli stes­si socia­li­sti, met­ten­do da par­te il loro abi­to rifor­mi­sta e indos­san­do inve­ce – come poi vedre­mo più appro­fon­di­ta­men­te – quel­lo “rivo­lu­zio­na­rio”, ave­va­no espli­ci­ta­to che l’ingresso del­la Ceda al gover­no avreb­be signi­fi­ca­to l’inizio del­la rivoluzione.
[31] Op. cit., pp. 120‑121.
[32] San­tos Juliá (“Los socia­li­stas y el esce­na­rio de la futu­ra revo­lu­ción”, in G. Jack­son, P. Broué e altri, op. cit., pp. 103 e ss.) pone in evi­den­za l’estrema ambi­gui­tà dei discor­si pub­bli­ci di Cabal­le­ro, che par­la­va di con­qui­sta del pote­re «nei limi­ti che la Costi­tu­zio­ne e le leg­gi del­lo Sta­to ci asse­gna­no».
[33] Sal­vo poi, nel giu­gno 1935, disin­vol­ta­men­te inte­star­si poli­ti­ca­men­te il suc­ces­so dell’insurrezione del­le Astu­rie, regio­ne dove inve­ce gli sta­li­ni­sti entra­ro­no a far par­te solo all’ultimo momen­to del fron­te uni­co, come poi vedremo.
[34] Infat­ti, il mani­fe­sto di pre­sen­ta­zio­ne del­la Alian­za Obre­ra de Cata­luña pro­cla­ma­va: «Le sot­to­scrit­te enti­tà, di ten­den­ze e aspi­ra­zio­ni dot­tri­na­li diver­se, ma uni­te nel comu­ne desi­de­rio di sal­va­guar­da­re tut­te le con­qui­ste fino­ra otte­nu­te dal­la clas­se lavo­ra­tri­ce spa­gno­la, han­no costi­tui­to “la Alian­za Obre­ra” per oppor­si all’instaurazione del­la rea­zio­ne nel nostro Pae­se, per evi­ta­re qual­sia­si ten­ta­ti­vo di col­po di sta­to o instau­ra­zio­ne di una dit­ta­tu­ra […]. Lavo­ra­to­ri di Cata­lo­gna e Spa­gna! Fate come noi. Abban­do­na­te le discus­sio­ni che vi sepa­ra­no dai vostri com­pa­gni di sfrut­ta­men­to, per quan­to con­ser­via­te e difen­dia­te i vostri pun­ti di vista dot­tri­na­li, al fine di costi­tui­re i Comi­ta­ti loca­li e ter­ri­to­ria­li anti­fa­sci­sti e di oppo­si­zio­ne all’avanzamento del­le for­ze rea­zio­na­rie […]».
[35] V., al riguar­do, L. Tro­tsky, “Con­ver­sa­zio­ne con un ope­ra­io social­de­mo­cra­ti­co. A pro­po­si­to del fron­te uni­co difen­si­vo”, 23/2/1933, in Scrit­ti, cit., pp. 458 e ss. Ma già nell’articolo “El giro de la Inter­na­cio­nal comu­ni­sta y la situa­ción en Ale­ma­nia” (in L. Tro­tsky, La lucha con­tra el fasci­smo, cit., pp. 39 e ss.) che risa­le a qua­si tre anni pri­ma, Tro­tsky ave­va segna­la­to la neces­si­tà di assu­me­re «una posi­zio­ne difen­si­va [che] impli­ca una poli­ti­ca di avvi­ci­na­men­to alla mag­gio­ran­za del­la clas­se ope­ra­ia tede­sca e il fron­te uni­co con gli ope­rai social­de­mo­cra­ti­ci e sen­za par­ti­to con­tro il peri­co­lo fasci­sta» (ivi, p. 55).
[36] Il docu­men­to sot­to­scrit­to dal­le orga­niz­za­zio­ni che die­de­ro vita alla Alian­za Obre­ra nel­le Astu­rie espli­ci­ta­men­te si pone l’obiettivo del­la «azio­ne asso­cia­ta di tut­ti i set­to­ri ope­rai con l’esclusivo sco­po di pro­muo­ve­re e por­ta­re a ter­mi­ne la rivo­lu­zio­ne socia­le […] Le orga­niz­za­zio­ni che sot­to­scri­vo­no que­sto pat­to lavo­re­ran­no di comu­ne accor­do fino al trion­fo del­la rivo­lu­zio­ne socia­le in Spa­gna sta­bi­len­do un regi­me di egua­glian­za eco­no­mi­ca, poli­ti­ca e socia­le, fon­da­to su prin­ci­pi socia­li­sti fede­ra­li­sti».
[37] In nes­sun momen­to le Alian­zas si con­for­ma­ro­no sul model­lo dei soviet rus­si o dei con­si­gli tede­schi. Ma sicu­ra­men­te avreb­be­ro potu­to tra­sfor­mar­si in soviet se l’esperienza fos­se sta­ta appro­fon­di­ta (con ele­zio­ne dei dele­ga­ti dal­la base secon­do i prin­ci­pi del­la demo­cra­zia ope­ra­ia) e coor­di­na­ta (con la crea­zio­ne di un coor­di­na­men­to nazionale).
[38] In mol­tis­si­mi casi la base del Pce sim­pa­tiz­za­va per le Alian­zas Obre­ras. Dal can­to suo, la Cnt si divi­se rispet­to alla partecipazione.
[39] N. Molins i Fábre­ga, op. cit., p. 222.
[40] Lo sin­te­tiz­za effi­ca­ce­men­te G. Munis, op. cit., p. 136: «[…] i socia­li­sti non con­si­de­ra[va]no l’Alianza Obre­ra un orga­ni­smo di fron­te uni­co rivo­lu­zio­na­rio, ma uno spau­rac­chio col qua­le minac­cia­re la bor­ghe­sia sen­za attac­car­la, con l’unico obiet­ti­vo di rian­no­da­re i […] lega­mi con i repub­bli­ca­ni e lo Sta­to bor­ghe­se». Dal can­to suo, N. Molins i Fábre­ga, op. cit., p. 224, segna­la una let­te­ra che nell’aprile 1935 – e quin­di oltre set­te mesi dopo gli avve­ni­men­ti rivo­lu­zio­na­ri di cui par­le­re­mo oltre – Lar­go Cabal­le­ro scris­se alle fede­ra­zio­ni loca­li del sin­da­ca­to socia­li­sta allo sco­po di dis­so­cia­re qual­sia­si respon­sa­bi­li­tà dell’Ugt da quel­le del­le Alian­zas Obre­ras: non sia mai che si pen­sas­se che i socia­li­sti aves­se­ro qual­co­sa a che fare con queste!
[41] M. Gros­si Mier, La insur­rec­ción de Astu­rias: quin­ce días de revo­lu­ción socia­li­sta, Edi­cio­nes Júcar, 1978, p. 18.
[42] Un mani­fe­sto del Pce astu­ria­no si con­clu­de­va così: «Lavo­ra­to­ri! Non lascia­te­vi ingan­na­re da que­sta fal­sa stra­da che vi vie­ne offer­ta per l’unità. I vostri capi vi stan­no tra­den­do. L’Alianza Obre­ra è il ner­vo vivo del­la con­tro­ri­vo­lu­zio­ne. Abbas­so l’Alianza Obre­ra del tra­di­men­to!». Que­sta posi­zio­ne ven­ne pro­pa­gan­da­ta dagli sta­li­ni­sti del­le Astu­rie fino alla vigi­lia dell’insurrezione (M. Gros­si Mier, op. cit.).
[43] Ciò spie­ga per­ché il ruo­lo del Pce sia sta­to nul­lo nel­la pre­pa­ra­zio­ne dell’insurrezione astu­ria­na e mar­gi­na­le nel­la sua ese­cu­zio­ne, ben­ché poi i suoi mili­tan­ti si sia­no distin­ti nell’azione mili­ta­re. Tut­ta­via, per una miglio­re com­pren­sio­ne dei fat­ti, è impor­tan­te sof­fer­mar­si sul­le ragio­ni di un così improv­vi­so muta­men­to del­la sua poli­ti­ca: dal­la denun­cia, cioè, del­le Alian­zas come con­tro­ri­vo­lu­zio­na­rie (v. nota pre­ce­den­te) fino a dichia­ra­re pub­bli­ca­men­te che sen­za i mili­tan­ti comu­ni­sti quell’insurrezione non avreb­be avu­to luo­go. Ciò fu dovu­to al più gene­ra­le cam­bia­men­to del­la poli­ti­ca del Comin­tern, che in quel perio­do abban­do­nò il set­ta­ri­smo del “ter­zo perio­do” per appro­da­re alla teo­riz­za­zio­ne del “fron­te popo­la­re”: Pal­mi­ro Togliat­ti – che, com’è noto, ebbe un ruo­lo di pri­mo pia­no all’interno del­la Ter­za Inter­na­zio­na­le per quel che riguar­da la rivo­lu­zio­ne spa­gno­la – giun­se a scri­ve­re che al Pce anda­va ascrit­to il meri­to di aver tra­sfor­ma­to le Alian­zas Obre­ras in orga­ni di ampio carat­te­re popo­la­re in cui era­no com­pre­si «piccolo‑borghesi, cat­te­dra­ti­ci, medi­ci e altri intel­let­tua­li» (ripor­ta­to da B. Bayer­lein, “El signi­fi­ca­do inter­na­cio­nal de Octu­bre de 1934 en Astu­rias”, in G. Jack­son, P. Broué ed altri, op. cit., p. 29. Secon­do l’Autore, Togliat­ti espri­me­va in tal modo una pre­for­mu­la­zio­ne ideo­lo­gi­ca dei postu­la­ti del­la poli­ti­ca di fron­te popo­la­re, che ovvia­men­te non ave­va nul­la da spar­ti­re con le ragio­ni che por­ta­ro­no alla nasci­ta del­le Alian­zas Obre­ras e che abbia­mo descrit­to nel testo).
[44] P.I. Tai­bo II, op. cit., pp. 75 e ss.
[45] P.I. Tai­bo II, “Las dife­ren­cias astu­ria­nas”, in G. Jack­son, P. Broué ed altri, op. cit., pp. 236 e ss.
[46] La tira­tu­ra del gior­na­le era di 25.000 copie al gior­no, con una pun­ta di 50.000 esem­pla­ri pub­bli­ca­ti il 1° Mag­gio: ciò a dispet­to dell’azione repres­si­va del gover­no che pro­ce­de­va a col­pi di seque­stri, il più del­le vol­te infrut­tuo­si. Avan­ce si distin­gue­va per un lin­guag­gio asso­lu­ta­men­te alie­no al tat­ti­ci­smo, a dif­fe­ren­za del­la dire­zio­ne nazio­na­le del Psoe. Basti pen­sa­re all’edizione del 5 otto­bre, gior­no del­lo scop­pio dell’insurrezione, che uscì con un tito­lo a tut­ta pagi­na che rap­pre­sen­ta­va un’inequivoca paro­la d’ordine: «¡Cojo­nes y dina­mi­ta!» (rite­nia­mo super­flua la tra­du­zio­ne in italiano).
[47] V. sopra, nel testo, e alla nota 30.
[48] Abbia­mo appe­na visto, infat­ti, che l’unica ecce­zio­ne si ebbe nel­le Asturie.
[49] Così M. Rome­ro, “Uhp. La lucha por la uni­dad obre­ra en la revo­lu­ción del 34”, Vien­to Sur n. 105, p. 74.
[50] Ci furo­no, sì, som­mo­vi­men­ti in altre regio­ni (Pae­si Baschi, Gali­zia, Can­ta­bria, la zona mine­ra­ria di León y Palen­cia, Ara­go­na, Anda­lu­sia, Mur­cia, Valen­cia, Ali­can­te), che si limi­ta­ro­no però a scio­pe­ri e spo­ra­di­ci scon­tri a fuoco.
[51] Ben stra­na sor­te per il mas­si­mo diri­gen­te del Comi­ta­to rivo­lu­zio­na­rio nazionale!
[52] L. Cabal­le­ro, Mis recuer­dos, Edi­cio­nes Uni­das, 1976, pp. 81‑82. In que­ste stes­se pagi­ne, egli anno­tò, tor­nan­do sugli avve­ni­men­ti dell’ottobre del 1934: «Feci bene o male? Avrei dovu­to con­se­gna­re alla vora­ci­tà del­la giu­sti­zia bor­ghe­se un difen­so­re del pro­le­ta­ria­to? La mia coscien­za è tran­quil­la. Sono con­vin­to di aver adem­piu­to al mio dove­re, poi­ché offrir­mi come vit­ti­ma sen­za alcun van­tag­gio per la cau­sa del pro­le­ta­ria­to sareb­be sta­to tan­to inno­cen­te quan­to inu­ti­le».
[53] Addi­rit­tu­ra, due gior­ni dopo, uno dei diri­gen­ti del­la Cnt par­lò dal­la radio del­la 4ª Divi­sio­ne dell’esercito, invi­tan­do gli ope­rai a ritor­na­re ai loro posti di lavo­ro. Tohil Del­ga­do (Octu­bre de 1934. La Comu­na obre­ra de Astu­rias, Fun­da­ción Fede­ri­co Engels, 2013, p. 37) rife­ri­sce che gli anar­chi­ci accol­se­ro a fuci­la­te la com­mis­sio­ne ope­ra­ia che era anda­ta ad incon­trar­li per chie­de­re che ade­ris­se­ro allo sciopero.
[54] Per la carat­te­riz­za­zio­ne del­la poli­ti­ca del Boc riman­dia­mo alle pre­ce­den­ti note 19 e 20.
[55] Il gover­no regio­na­le autonomo.
[56] Secon­do la can­di­da ammis­sio­ne del lea­der del Boc, J. Mau­rín, in op. cit.
[57] L. Tro­tsky, “Il con­flit­to cata­la­no e i com­pi­ti del pro­le­ta­ria­to”, in Œuvres, cit., vol. 4, p. 184, che aggiun­ge: «Il pro­le­ta­ria­to deve dimo­stra­re alle mas­se cata­la­ne che esso nutre un sin­ce­ro inte­res­se per la dife­sa dell’indipendenza cata­la­na. È in ciò che risie­de­rà il pas­so deci­si­vo ver­so la con­qui­sta del­la dire­zio­ne nel­la lot­ta di tut­ti gli stra­ti socia­li […] L’armamento del popo­lo deve diven­ta­re il cen­tro del­la nostra agi­ta­zio­ne nel­le pros­si­me set­ti­ma­ne […]». È uti­le, in ogni caso appro­fon­di­re il tema com­ples­si­vo degli erro­ri stra­te­gi­ci dei diri­gen­ti dell’Alian­za Obre­ra di Bar­cel­lo­na attra­ver­so G. Munis, op. cit., pp. 156 e ss.
[58] Ma anche sen­za pen­sa­re a impa­dro­nir­se­ne con un’azione di for­za, cosa che sareb­be sta­ta pos­si­bi­le, come teme­va­no gli stes­si com­po­nen­ti del­la Gene­ra­li­tat (v., in pro­po­si­to, G. Munis, op. cit., p. 164).
[59] In que­sto sen­so si com­pren­de ciò che segna­la J. Mau­rín, op. cit., cioè che «la Gene­ra­li­tat assi­ste a una nasci­ta come se fos­se un fune­ra­le. È a lut­to. Fini­ta la ceri­mo­nia, il Con­si­glio si riti­ra ad aspet­ta­re».
[60] A. Liz, op. cit., p. 59.
[61] Un pic­co­lo, ma emble­ma­ti­co, epi­so­dio sta a sot­to­li­near­lo. Dopo l’insurrezione, Andrés Sabo­rit, depu­ta­to socia­li­sta astu­ria­no, si recò nel car­ce­re di Ovie­do a far visi­ta ad alcu­ni arre­sta­ti e, con­tra­ria­to, dis­se loro: «Nes­su­no vi ha ordi­na­to di fare la rivo­lu­zio­ne: la con­se­gna era fare lo scio­pe­ro!».
[62] «L’Alianza Obre­ra … ave­va com­piu­to il mira­co­lo di uni­re in un solo bloc­co, in un solo eser­ci­to gli ope­rai di tut­te le ten­den­ze rivo­lu­zio­na­rie. I comi­ta­ti rivo­lu­zio­na­ri si sud­di­vi­de­va­no in comi­ta­ti mili­ta­ri, di Approv­vi­gio­na­men­to, dei Tra­spor­ti, del­la Sani­tà. A Turón …, inol­tre, crea­ro­no quel­lo del Lavo­ro» (N. Molins i Fábre­ga, op. cit., p. 123).
[63] P.I. Tai­bo II, Astu­rias, cit., p. 451.
[64] Secon­do la testi­mo­nian­za di M. Gros­si Mier, op. cit., i com­bat­ten­ti furo­no 30.000, con un tota­le di 50.000 per­so­ne mobi­li­ta­te. Tut­ta­via, al di là del­le cru­de cifre, va posto l’accento sul fat­to che l’insurrezione ebbe indi­scu­ti­bil­men­te un carat­te­re di classe.
[65] N. Molins i Fábre­ga, op. cit., p. 161.
[66] Il timo­re – tutt’altro che infon­da­to – era, infat­ti, che potes­se­ro soli­da­riz­za­re con i rivoluzionari.
[67] Va segna­la­to l’aspetto, non secon­da­rio, per cui l’atteggiamento del­la Cnt sta­ta­le di non voler par­te­ci­pa­re alla lot­ta attra­ver­so le Alian­zas Obre­ras – sal­vo che, come abbia­mo visto, nel­le Astu­rie – si tra­dus­se nel fat­to che il sin­da­ca­to dei fer­ro­vie­ri ade­ren­te all’organizzazione anar­chi­ca non impe­dì, come avreb­be inve­ce potu­to pro­cla­man­do lo scio­pe­ro, il tra­sfe­ri­men­to del­le trup­pe more e legio­na­rie nel­la regio­ne (J.I. Ramos, “La Comu­na astu­ria­na de 1934. La insur­rec­ción pro­le­ta­ria y la Repú­bli­ca”, Mar­xi­smo hoy, n. 13, gen­na­io 2005, p. 35).
[68] P.I. Tai­bo II, op. ult. cit., pp. 466 e ss., ripor­ta il con­te­nu­to del­la trat­ta­ti­va tra il gene­ra­le López Ochoa e l’inviato degli insor­ti, Belar­mi­no Tomás.
[69] La “entra­ta del­le iene”, la defi­ni­sce M. Gros­si Mier, op. cit.
[70] Il con­ven­to “Las Ado­ra­tri­ces” di Ovie­do ven­ne adi­bi­to a car­ce­re e in esso furo­no dete­nu­te, tra il 23 otto­bre e il 10 dicem­bre, cir­ca 600 per­so­ne, tut­te tor­tu­ra­te. Ma in ogni cit­tà del­le Astu­rie sor­se­ro strut­tu­re simi­li, dove si rea­liz­za­va­no effe­ra­te sevi­zie sui pri­gio­nie­ri, alcu­ni dei qua­li si sui­ci­da­va­no, o ten­ta­va­no il sui­ci­dio, pur di sfuggirvi.
[71] Lo stes­so López Ochoa, in una con­ver­sa­zio­ne di alcu­ni mesi dopo la fine dell’insurrezione con il vice­pre­si­den­te del Psoe, Vidar­te, gli rife­rì di un mani­po­lo di legio­na­ri che, di not­te, fece­ro usci­re ven­ti­set­te lavo­ra­to­ri dete­nu­ti nel car­ce­re di Sama per fuci­lar­li, ma ne ucci­se­ro solo tre o quat­tro per­ché teme­va­no che il cre­pi­tio dei col­pi potes­se atti­ra­re i rivo­lu­zio­na­ri che si nascon­de­va­no sui mon­ti. Sic­ché, gli altri li giu­sti­zia­ro­no, inve­ce, deca­pi­tan­do­ne alcu­ni e impic­can­do­ne altri, per poi taglia­re ai cada­ve­ri mani, pie­di, orec­chie, lin­gue e per­si­no gli orga­ni geni­ta­li (P.I. Tai­bo II, ivi, p. 480). Ma tut­te le rico­stru­zio­ni sto­rio­gra­fi­che sull’Ottobre astu­ria­no sono pie­ne di rac­con­ti simi­li a pro­po­si­to del­le car­ne­fi­ci­ne occor­se come rap­pre­sa­glia gene­ra­liz­za­ta da par­te del­le trup­pe controrivoluzionarie.
[72] P.I. Tai­bo II, ivi, p. 489.
[73] Il depu­ta­to del­la destra per le Astu­rie, Mel­quía­des Álva­rez, dichia­rò in un inter­ven­to par­la­men­ta­re: «Lo spar­gi­men­to di san­gue costa mol­te lacri­me e dub­bi, ma al di sopra del­la sen­si­bi­li­tà c’è l’interesse del­la Spa­gna. Di fron­te agli orro­ri del­la Comu­ne di Pari­gi, nel 1870, Thiers, l’ometto che fu lo zim­bel­lo dei suoi con­tem­po­ra­nei, fuci­lò in nome del­la Repub­bli­ca e fece miglia­ia di vit­ti­me. Con quel­le fuci­la­zio­ni sal­vò la Repub­bli­ca, le isti­tu­zio­ni e man­ten­ne l’ordine. Che i delit­ti non resti­no impu­ni­ti: osser­van­do la leg­ge si ser­vo­no gli inte­res­si del­la Repub­bli­ca e del­la Spa­gna» (ripor­ta­to da J.I. Ramos, “La Comu­na astu­ria­na de 1934. La insur­rec­ción pro­le­ta­ria y la Repú­bli­ca”, cit., p. 35).
[74] A. Nin, “Le lezio­ni dell’insurrezione d’ottobre. È neces­sa­rio un par­ti­to rivo­lu­zio­na­rio del pro­le­ta­ria­to”, in Guer­ra e rivo­lu­zio­ne in Spa­gna, cit., p. 127.
[75] A. Nin, “Scon­fit­te demo­ra­liz­zan­ti e scon­fit­te fecon­de”, ivi, p. 131.
[76] “Los mine­ros mar­gi­na­dos de la ‘muer­te dul­ce’ del car­bón en Astu­rias”, Públi­co, 22/1/2019, alla pagi­na https://tinyurl.com/y6ted3pb.
[77] «¡Madrid obre­ro apoya a los mine­ros!» e «¡Viva la lucha de la cla­se obre­ra!».
[78] Sul con­cet­to di “fron­te uni­co difen­si­vo” è uti­le rifar­si allo scrit­to di L. Tro­tsky, “El fren­te úni­co defen­si­vo”, in La lucha con­tra el fasci­smo, cit., pp. 309 e ss.
[79] In un’intervista rila­scia­ta il 1° otto­bre 1984, Enri­que Rodrí­guez, un mili­tan­te del­la Ice duran­te le glo­rio­se gior­na­te dell’Ottobre astu­ria­no, è sta­to mol­to espli­ci­to al riguar­do: «Il fron­te uni­co ha rap­pre­sen­ta­to, a mio pare­re, la man­can­za prin­ci­pa­le dell’Ottobre al di fuo­ri del­le Astu­rie, e nel­le Astu­rie trion­fò pro­prio per­ché il fron­te uni­co ven­ne rea­liz­za­to […]» (“Madrid no era Astu­rias, aquí ape­na había armas”, Inpre­cor, n. spe­cia­le, novem­bre 1984, p. 13).
[80] A. Liz, “La Cnt y la Alian­za Obre­ra”, Vien­to Sur, n. 105, otto­bre 2009, p. 68.
[81] G. Munis, op. cit., p. 168.