Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Lotta di classe, Polemica, Storia del movimento operaio, Teoria

Coronavirus e controllo operaio

Corteo operaio con lo striscione che rivendica “Controllo operaio”

Coronavirus e controllo operaio


A proposito di una parola d’ordine 
… citata a sproposito


Vale­rio Torre

 

«Pas­se­rà ine­vi­ta­bil­men­te un cer­to tempo
pri­ma che le mas­se, che si sono sentite
per la pri­ma vol­ta libe­re dopo aver abbattuto
i pro­prie­ta­ri fon­dia­ri e la borghesia,
com­pren­da­no – non dai libri,
ma dal­la loro stes­sa espe­rien­za sovie­ti­ca
e sen­ta­no che sen­za … un con­trol­lo statale
sul­la pro­du­zio­ne e la distri­bu­zio­ne dei prodotti,
il pote­re dei lavo­ra­to­ri, la liber­tà dei lavoratori
non si può man­te­ne­re, e sarà ine­vi­ta­bi­le
il ritor­no sot­to il gio­go del capitalismo»
(V.I. Lenin, “I com­pi­ti imme­dia­ti del pote­re sovietico”)

 

Cre­do si pos­sa affer­ma­re sen­za tema di smen­ti­te che, per le sue impli­ca­zio­ni pla­ne­ta­rie, l’epidemia da Covid‑19 costi­tui­sce per noi mar­xi­sti rivo­lu­zio­na­ri uno dei “gran­di appun­ta­men­ti del­la Sto­ria”: ci tro­via­mo, cioè, a scon­trar­ci con un feno­me­no total­men­te nuo­vo per le nostre gene­ra­zio­ni, para­go­na­bi­le a quel­li sfo­cia­ti nel­la Pri­ma e poi nel­la Secon­da guer­ra mon­dia­le. Il fat­to che le clas­si lavo­ra­tri­ci – e, più in gene­ra­le, gran­di mas­se popo­la­ri – stia­no suben­do deva­stan­ti effet­ti sia sul­la salu­te e sul­le loro vite, sia a livel­lo eco­no­mi­co, pone pro­prio noi, che abbia­mo come obiet­ti­vo quel­lo di rove­scia­re il siste­ma capi­ta­li­sta che oppri­me, affa­ma, distrug­ge e ucci­de, nel­la con­di­zio­ne di dover cer­ca­re e offri­re del­le risposte.
E, infat­ti, non sono man­ca­ti da par­te del­le (pur­trop­po pic­co­le, e allo sta­to ogget­ti­va­men­te poco influen­ti) orga­niz­za­zio­ni del­la sini­stra rivo­lu­zio­na­ria gli sfor­zi pro­fu­si per ela­bo­ra­re del­le linee pro­gram­ma­ti­che su cui indi­riz­za­re il pro­le­ta­ria­to e le clas­si subal­ter­ne. Le ini­zia­ti­ve, da que­sto pun­to di vista, sono sta­te lode­vo­li; ma, pur­trop­po, nel­la mia opi­nio­ne, “fuo­ri fuo­co” (per usa­re un eufe­mi­smo). In par­ti­co­la­re, rispet­to a una del­le riven­di­ca­zio­ni avan­za­te. Mi rife­ri­sco a quel­la del “con­trol­lo operaio”.
Tale paro­la d’ordine è sta­ta per­lo­più rife­ri­ta – con­si­de­ran­do il set­to­re che in que­sto momen­to è mag­gior­men­te col­pi­to e che si tro­va in pri­ma linea nel­la lot­ta all’epidemia – al siste­ma sani­ta­rio e a quel­lo far­ma­ceu­ti­co, per cui si rin­ven­go­no in rete diver­si arti­co­li in cui essa è svi­lup­pa­ta e appa­re come “cen­tra­le” nel­la pro­po­sta che vie­ne avan­za­ta. Solo a tito­lo d’esempio, cito qui i testi pro­dot­ti da diver­se orga­niz­za­zio­ni poli­ti­che: “Una rispo­sta ope­ra­ia all’emergenza coro­na­vi­rus”, “Il Coro­na­vi­rus e il socia­li­smo”, “Pan­de­mia di Covid-19: la cata­stro­fe immi­nen­te e come com­bat­ter­la”, “La paro­la è alla lot­ta: scio­pe­ro gene­ra­le!”, “Coro­na­vi­rus: di fron­te alla cri­si e al nazio­na­li­smo rea­zio­na­rio, inter­na­zio­na­li­smo di clas­se!”. In par­ti­co­la­re, i com­pa­gni che han­no pre­sen­ta­to l’ultimo dei testi cita­ti han­no dato un pas­so in più: han­no, cioè, inte­so dare una “coper­tu­ra teo­ri­ca” alla paro­la d’ordine del con­trol­lo ope­ra­io pub­bli­can­do anche, sul loro sito, un testo di León Tro­tsky che affron­ta spe­ci­fi­ca­men­te que­sto tema.
Dal mio pun­to di vista, è pro­fon­da­men­te sba­glia­to, dal ver­san­te teo­ri­co e poli­ti­co, avan­za­re in que­sta fase la riven­di­ca­zio­ne del con­trol­lo ope­ra­io, che, come cer­che­rò di spie­ga­re, non solo non fa fare un solo pas­so in avan­ti al movi­men­to ope­ra­io, ma è anche dan­no­sa in quan­to fon­te di con­fu­sio­ne dal pun­to di vista dei prin­ci­pi: e la con­fu­sio­ne sot­to quest’aspetto por­ta ine­vi­ta­bil­men­te a com­met­te­re erro­ri nell’azione poli­ti­ca. Un “lus­so” che, nel­la con­di­zio­ne in cui ver­sia­mo, non pos­sia­mo asso­lu­ta­men­te permetterci.
Pre­ci­so, pri­ma anco­ra di adden­trar­mi nel tema, e a scan­so di equi­vo­ci, che il fat­to di pren­de­re a base del mio ragio­na­men­to l’iniziativa dei com­pa­gni che han­no deci­so di fon­da­re la pro­pria posi­zio­ne uti­liz­zan­do il testo di Tro­tsky, non impli­ca affat­to il venir meno del­la mia sim­pa­tia poli­ti­ca, così come dei vin­co­li poli­ti­ci di comu­ne mili­tan­za nel cam­po del mar­xi­smo rivo­lu­zio­na­rio, sia nei con­fron­ti loro che del­le altre orga­niz­za­zio­ni che han­no avan­za­to la riven­di­ca­zio­ne del con­trol­lo ope­ra­io: la pole­mi­ca teo­ri­ca e poli­ti­ca – che ad esem­pio i bol­sce­vi­chi con­du­ce­va­no impe­gnan­do mol­te del­le loro ener­gie intel­let­tua­li – non è un “cam­po di bat­ta­glia” per la ste­ri­le affer­ma­zio­ne del pro­prio ego, ben­sì uno stru­men­to per avan­za­re sul ter­re­no dei prin­ci­pi e quin­di in quel­lo del­la pras­si rivoluzionaria.

Tro­tsky sul con­trol­lo operaio
Come anti­ci­pa­to, tut­te le orga­niz­za­zio­ni che han­no scrit­to i testi cita­ti (anche se in rete se ne pos­so­no tro­va­re anco­ra altri) han­no avan­za­to – sia pure con alcu­ne sfu­ma­tu­re – la paro­la d’ordine del con­trol­lo ope­ra­io sul set­to­re sani­ta­rio e far­ma­ceu­ti­co. Facen­do ricor­so a que­sto con­cet­to che appar­tie­ne al lega­to teo­ri­co del mar­xi­smo, sosten­go­no cioè che, a par­ti­re dal­la pre­sen­te fase di emer­gen­za sani­ta­ria – e anzi, pro­prio per­ché in que­sto fran­gen­te il siste­ma capi­ta­li­sta ha mostra­to tut­te le sue man­can­ze, pri­vi­le­gian­do i pro­fit­ti dei pri­va­ti a sca­pi­to del­la salu­te del­la stra­gran­de mag­gio­ran­za dei cit­ta­di­ni – è neces­sa­rio che la sani­tà, la pro­du­zio­ne di far­ma­ci, la cura medi­ca del­le per­so­ne, sia­no sot­to­po­ste al con­trol­lo dei lavo­ra­to­ri rag­grup­pa­ti in comi­ta­ti che devo­no far­si cari­co di tali set­to­ri, pro­prio per­ché que­sti deb­bo­no pre­sie­de­re al benes­se­re del­la socie­tà e non già agli inte­res­si par­ti­co­la­ri di un grup­po di capi­ta­li­sti che fan­no pro­fit­ti a sca­pi­to del­la salu­te generale.
In effet­ti, così espo­sto, sem­bra un ragio­na­men­to di buon sen­so; e non ho dif­fi­col­tà ad ammet­te­re che in teo­ria potreb­be incon­tra­re un discre­to favo­re. Inol­tre, è un ragio­na­men­to a sup­por­to del qua­le è sta­to pub­bli­ca­to, come ho già det­to, un testo scrit­to da Tro­tsky nel 1931, inti­to­la­to “A pro­po­si­to del con­trol­lo ope­ra­io del­la pro­du­zio­ne. Let­te­ra ad alcu­ni com­pa­gni”[1].
Riten­go, tut­ta­via, che i com­pa­gni in que­stio­ne abbia­no fat­to un tor­to, non solo all’autore di quel testo, ma anche alla teo­ria e ai prin­ci­pi del mar­xi­smo rivo­lu­zio­na­rio, pub­bli­can­do­lo allo sco­po di coo­ne­sta­re la pro­po­sta pro­gram­ma­ti­ca pre­sen­ta­ta e non con­te­stua­liz­zan­do­lo nel perio­do sto­ri­co in cui era sta­to con­ce­pi­to, sic­ché chi non cono­sce gli avve­ni­men­ti di quell’epoca ne trae un inse­gna­men­to distorto.
La Ger­ma­nia vide, nel perio­do fra il 1919 e il 1933, il sor­ge­re di un regi­me poli­ti­co demo­cra­ti­co che si fon­da­va su una car­ta costi­tu­zio­na­le appro­va­ta nel­la cit­tà di Wei­mar[2]. Tale Costi­tu­zio­ne, all’art. 165, pre­ve­de­va, tra le altre cose, la for­ma­zio­ne di con­si­gli dei lavo­ra­to­ri cui era deman­da­to il com­pi­to di co‑gestire le fab­bri­che insie­me agli impren­di­to­ri (c.d. “gestio­ne socia­le del­le impre­se”, o “demo­cra­zia eco­no­mi­ca”). Su que­sto siste­ma, e sul­la riven­di­ca­zio­ne di con­trol­lo ope­ra­io del­la pro­du­zio­ne, un grup­po di appar­te­nen­ti all’Opposizione di sini­stra tede­sca chie­se un pare­re a Tro­tsky, che rispo­se con una let­te­ra del 20 ago­sto 1931, che costi­tui­sce, appun­to, il testo pub­bli­ca­to dai com­pa­gni a cui mi sto riferendo.
Il fat­to è che Tro­tsky spie­ga mol­to chia­ra­men­te che l’esperienza tede­sca dei con­si­gli di fab­bri­ca altro non era se non «la par­te­ci­pa­zio­ne degli ope­rai alla dire­zio­ne del­la pro­du­zio­ne […] basa­ta sul­la col­la­bo­ra­zio­ne e non sul­la lot­ta di clas­se»: una col­la­bo­ra­zio­ne «tra i ver­ti­ci dei sin­da­ca­ti e le orga­niz­za­zio­ni capi­ta­li­sti­che», che però non si con­cre­ta­va nel «con­trol­lo ope­ra­io sul capi­ta­le, ma [nell’] addo­me­sti­ca­men­to del­la buro­cra­zia ope­ra­ia da par­te del capi­ta­le». E aggiun­ge poi che in epo­ca di domi­nio nor­ma­le del regi­me capi­ta­li­sta, quan­do cioè vi è «una bor­ghe­sia che si reg­ga sal­da­men­te», quest’ultima

«non con­sen­ti­rà mai una dua­li­tà di pote­ri nel­le azien­de. Il con­trol­lo ope­ra­io è dun­que rea­liz­za­bi­le solo a con­di­zio­ne di un bru­ta­le muta­men­to nei rap­por­ti di for­za a svan­tag­gio del­la bor­ghe­sia e del suo Sta­to. Il con­trol­lo può esse­re impo­sto alla bor­ghe­sia solo con la for­za, da un pro­le­ta­ria­to che sia sul­la via di strap­par­le il pote­re e con ciò stes­so la pro­prie­tà dei mez­zi di pro­du­zio­ne. Così il regi­me di con­trol­lo ope­ra­io è prov­vi­so­rio, tran­si­to­rio per sua stes­sa natu­ra, e può cor­ri­spon­de­re solo al perio­do di crol­lo del­lo Sta­to bor­ghe­se, di offen­si­va del pro­le­ta­ria­to, di riti­ra­ta del­la bor­ghe­sia: cioè al perio­do del­la rivo­lu­zio­ne pro­le­ta­ria inte­sa nel signi­fi­ca­to più lar­go del ter­mi­ne».

E anco­ra:

«Se il bor­ghe­se non è più il padro­ne, cioè non coman­da più com­ple­ta­men­te nel­la sua fab­bri­ca, ne con­se­gue che non coman­da più com­ple­ta­men­te nep­pu­re nel suo Sta­to. Ciò signi­fi­ca che a un regi­me di dua­li­tà di pote­ri nel­le azien­de cor­ri­spon­de un regi­me di dua­li­tà di pote­ri nel­lo Sta­to».

È evi­den­te, allo­ra, che la situa­zio­ne politico‑sociale appe­na descrit­ta e che nep­pu­re era attua­le nel­la Ger­ma­nia del 1931 – ben­ché fos­se un regi­me poli­ti­co insta­bi­le in cui si fron­teg­gia­va­no un poten­te movi­men­to ope­ra­io, sia pur divi­so fra comu­ni­sti e social­de­mo­cra­ti­ci[3], e un inci­pien­te movi­men­to nazi­sta – non ha nul­la a che vede­re con la situa­zio­ne dell’Italia del 2020, in cui abbia­mo una bor­ghe­sia sal­da­men­te al pote­re e un movi­men­to ope­ra­io pas­si­vo, divi­so e che, soprat­tut­to, ha ripu­dia­to nel­la sua stra­gran­de mag­gio­ran­za le idee socia­li­ste o è indif­fe­ren­te rispet­to ad esse. E che le con­di­zio­ni per avan­za­re la riven­di­ca­zio­ne in que­stio­ne sia­no del tut­to ine­si­sten­ti nel­la nostra attua­le real­tà, lo con­fer­ma lo stes­so Tro­tsky, quan­do ipo­tiz­za che

«per l’appunto in Ger­ma­nia, dove esi­ste una for­te social­de­mo­cra­zia, la lot­ta per il con­trol­lo ope­ra­io del­la pro­du­zio­ne sarà, secon­do ogni vero­si­mi­glian­za, la pri­ma tap­pa del fron­te uni­co rivo­lu­zio­na­rio degli ope­rai che pre­ce­de­rà la loro lot­ta aper­ta per il pote­re»[4].

Ma tut­to ciò, pur essen­do­ve­ne sta­ta la pos­si­bi­li­tà, non si con­cre­tò nel­la Ger­ma­nia del 1931. E non si capi­sce come potreb­be esse­re sia pure solo imma­gi­na­to nell’Italia di oggi, in cui man­ca ogni sia pur mini­ma atti­vi­tà rivo­lu­zio­na­ria del­le mas­se. Non a caso, infat­ti, Tro­tsky aggiun­ge­va che la paro­la d’ordine del con­trol­lo operaio

«biso­gna avan­zar­la in modo giu­sto. Lan­cia­ta sen­za alcu­na pre­pa­ra­zio­ne, con una impo­si­zio­ne buro­cra­ti­ca, […] non solo può esse­re un col­po man­ca­to, ma anche com­pro­met­te­re anco­ra di più il par­ti­to agli occhi del­la mas­sa ope­ra­ia […]. Pri­ma di avan­za­re pub­bli­ca­men­te que­sta paro­la d’ordine di bat­ta­glia che impli­ca una gra­ve respon­sa­bi­li­tà, biso­gna sag­gia­re bene la situa­zio­ne e pre­pa­ra­re il ter­re­no»[5].

E però, pro­prio per­ché sareb­be sta­to neces­sa­rio con­te­stua­liz­za­re lo scrit­to di Tro­tsky, biso­gna­va pub­bli­ca­re anche la repli­ca che il suc­ces­si­vo 12 set­tem­bre il rivo­lu­zio­na­rio rus­so fece alla rispo­sta di quel grup­po di mili­tan­ti tede­schi dell’Opposizione di sini­stra, con cui essi ave­va­no respin­to la let­tu­ra di Tro­tsky invo­can­do ine­si­sten­ti soviet che avreb­be­ro dovu­to appli­ca­re il con­trol­lo ope­ra­io. Tro­tsky scris­se che nel­la sua let­te­ra del 20 ago­sto egli aveva

«segna­la­to in modo abba­stan­za ine­qui­vo­co che i con­si­gli di fab­bri­ca pos­so­no con­ver­tir­si in orga­ni­smi di con­trol­lo ope­ra­io sol­tan­to par­ten­do dal­la pre­mes­sa di una pres­sio­ne tale da par­te del­le mas­se che il dop­pio pote­re nel­le fab­bri­che e nel Pae­se sia già par­zial­men­te in pre­pa­ra­zio­ne e par­zial­men­te inse­dia­to. È chia­ro che ciò ha tan­te poche pos­si­bi­li­tà di acca­de­re sot­to l’imperio del­la leg­ge in vigo­re sui con­si­gli di fab­bri­ca quan­te ne ha la rivo­lu­zio­ne di aver luo­go nel qua­dro del­la Costi­tu­zio­ne di Wei­mar».

E con­clu­de­va sprezzantemente:

«Non solo voi non ave­te i soviet, ma non ave­te un pon­te ver­so di essi, né una stra­da ver­so il pon­te, e nep­pu­re un per­cor­so ver­so la stra­da»[6].


Non solo Tro­tsky: Lenin e Rosa Luxem­burg sul con­trol­lo operaio
Pochi mesi dopo, nel gen­na­io del 1932, Tro­tsky tor­nò ad occu­par­si del­la situa­zio­ne tede­sca in un testo mol­to lun­go[7], in cui dedi­cò un capi­to­lo abba­stan­za este­so al tema del con­trol­lo ope­ra­io (“Il con­trol­lo ope­ra­io e la col­la­bo­ra­zio­ne con l’Urss”) e al qua­le riman­do i let­to­ri. Ma riten­go uti­le ripor­tar­ne qui solo alcu­ne bre­vi fra­si che sono estre­ma­men­te esplicative:

«… per noi, la paro­la d’ordine del con­trol­lo è lega­ta a un perio­do di dua­li­tà di pote­ri nel­la pro­du­zio­ne cor­ri­spon­den­te al pas­sag­gio dal regi­me bor­ghe­se al regi­me pro­le­ta­rio. […] L’idea stes­sa di que­sta paro­la d’ordine è nata da un regi­me tran­si­to­rio nel­le azien­de in cui il capi­ta­li­sta e il suo ammi­ni­stra­to­re non pos­so­no più fare un pas­so sen­za il con­sen­so degli ope­rai […]. I rap­por­ti di for­za nel­la fab­bri­ca sono deter­mi­na­ti dal­la poten­za del­la pres­sio­ne gene­ra­le eser­ci­ta­ta dal pro­le­ta­ria­to sul­la socie­tà bor­ghe­se. In gene­ra­le, il con­trol­lo è con­ce­pi­bi­le solo con una pre­pon­de­ran­za indu­bi­ta­bi­le del­le for­ze poli­ti­che del pro­le­ta­ria­to su quel­le del capi­ta­le»[8].

Que­sto che abbia­mo appe­na esa­mi­na­to era il Tro­tsky degli anni 30. Ma non è che pri­ma di quest’epoca le cose fos­se­ro per lui diverse.
Poche set­ti­ma­ne dopo la pre­sa del pote­re, Edward Alsworth Ross, un gior­na­li­sta dell’Inde­pen­dent sta­tu­ni­ten­se, inter­vi­stò Tro­tsky a pro­po­si­to dei pia­ni eco­no­mi­ci del neo­na­to Sta­to sovie­ti­co. È inte­res­san­te ripor­ta­re i pas­sag­gi che riguar­da­no pro­prio il con­trol­lo operaio:

«È inten­zio­ne del vostro par­ti­to espro­pria­re i pro­prie­ta­ri degli sta­bi­li­men­ti indu­stria­li in Russia?
No – rispo­se – non sia­mo anco­ra pron­ti per far­ci cari­co di tut­ta l’industria. […] Per ora, spe­ria­mo di paga­re ai pro­prie­ta­ri i pro­fit­ti di una fab­bri­ca nell’ordine del 5‑6% annuo del loro attua­le inve­sti­men­to. Ciò a cui pun­tia­mo ora è il con­trol­lo, più che la proprietà.

Cosa inten­de per “con­trol­lo”?
Voglio dire che con­trol­le­re­mo che la fab­bri­ca sia diret­ta, non dal pun­to di vista dei pro­fit­ti pri­va­ti, ma da quel­lo del benes­se­re in sen­so social­de­mo­cra­ti­co. Ad esem­pio, non per­met­te­re­mo che il capi­ta­li­sta chiu­da la fab­bri­ca per affa­ma­re i lavo­ra­to­ri fino a sot­to­met­ter­li o per­ché non gli sta frut­tan­do. Se sta pro­du­cen­do un bene eco­no­mi­ca­men­te neces­sa­rio, deve con­ti­nua­re a fun­zio­na­re. Se il capi­ta­li­sta doves­se abban­do­nar­la, la per­de­rà […]. Inol­tre, “con­trol­lo” impli­ca che i libri e la cor­ri­spon­den­za del­la com­pa­gnia saran­no aper­ti al pub­bli­co, in modo tale che d’ora in poi non vi sia più il segre­to indu­stria­le. Se quest’impresa ha suc­ces­so in un pro­ces­so di pro­du­zio­ne o pro­dur­rà un dispo­si­ti­vo miglio­re, ciò sarà con­di­vi­so con altre azien­de del­lo stes­so set­to­re indu­stria­le, così da trar­ne il mas­si­mo van­tag­gio pos­si­bi­le per la col­let­ti­vi­tà. […] “Con­trol­lo” signi­fi­ca anche che le mate­rie pri­me quan­ti­ta­ti­va­men­te limi­ta­te – car­bo­ne, petro­lio, fer­ro, accia­io – saran­no asse­gna­te ai diver­si sta­bi­li­men­ti a secon­da del­la loro uti­li­tà socia­le […]»[9].

Di que­sti con­cet­ti tro­via­mo una con­fer­ma asso­lu­ta­men­te coin­ci­den­te in diver­si scrit­ti di Lenin[10]. Oltre quel­li ripor­ta­ti in nota, va sot­to­li­nea­to quan­to Lenin soste­ne­va in un altro testo, risa­len­te ad appe­na un mese pri­ma del­la pre­sa del pote­re, quan­do ormai la situa­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria era acu­tis­si­ma. Il con­trol­lo ope­ra­io – che il pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio ave­va ormai intro­dot­to – veni­va di fat­to “silu­ra­to” (così, testual­men­te) dai ban­chie­ri e dai capi­ta­li­sti pro­prio per­ché in ciò favo­ri­ti dall’esistenza di “isti­tu­zio­ni demo­cra­ti­che” (cioè, demo­cra­ti­co-bor­ghe­si), sep­pur discen­den­ti dal­la Rivo­lu­zio­ne di feb­bra­io. Nel­le paro­le di Lenin,

«[…] l’essenza eco­no­mi­ca del­lo sfrut­ta­men­to capi­ta­li­sti­co non vie­ne affat­to intac­ca­ta se alle for­me monar­chi­che di gover­no si sosti­tui­sco­no for­me demo­cra­ti­che repub­bli­ca­ne […]. Il sabo­tag­gio moder­no, il più recen­te, il sabo­tag­gio demo­cra­ti­co repub­bli­ca­no di ogni con­trol­lo, di ogni cen­si­men­to e sor­ve­glian­za si fa così: i capi­ta­li­sti (come, s’intende, tut­ti i men­sce­vi­chi e i socialisti‑rivoluzionari) a paro­le rico­no­sco­no “con calo­re” il “prin­ci­pio” del con­trol­lo e la sua neces­si­tà, ma insi­sto­no sem­pli­ce­men­te nel­la sua appli­ca­zio­ne “gra­dua­le”, meto­di­ca, e “rego­la­ta dal­lo Sta­to”. In real­tà sot­to que­ste bel­le paro­le si nascon­de il silu­ra­men­to del con­trol­lo, che è ridot­to a zero, a una fin­zio­ne, a una com­me­dia; tut­ti i prov­ve­di­men­ti seri e pra­ti­ci ven­go­no dif­fe­ri­ti, e si crea­no isti­tu­zio­ni di con­trol­lo straor­di­na­ria­men­te com­pli­ca­te, ingom­bran­ti, buro­cra­ti­che, sen­za vita, che dipen­do­no inte­ra­men­te dai capi­ta­li­sti e che non fan­no e non pos­so­no fare asso­lu­ta­men­te nul­la»[11].

Come si vede, anche per Lenin, sot­to un gover­no democratico‑borghese, sia pure pro­dot­to di una rivo­lu­zio­ne (quel­la di feb­bra­io), non è pos­si­bi­le impor­re il con­trol­lo ope­ra­io, per il sem­pli­ce moti­vo che la clas­se che gover­na la socie­tà (e l’economia) è, sul­la base del pote­re che essa stes­sa anco­ra detie­ne, quel­la bor­ghe­se: lo si può otte­ne­re sot­to for­ma di con­ces­sio­ne, ma esso sarà eser­ci­ta­to pro­prio dal­la clas­se che dovreb­be esse­re con­trol­la­ta e non da quel­la che dovreb­be controllare!

Ope­rai con­trol­la­no i libri con­ta­bi­li del­la fabbrica

Ma tro­via­mo un’altra con­fer­ma di que­sti con­cet­ti anche in un notis­si­mo pam­phlet di Rosa Luxem­burg[12], famo­so per la fero­ce pole­mi­ca svi­lup­pa­ta nei con­fron­ti del revi­sio­ni­smo di Bern­stein, ma in cui c’è un para­gra­fo (“Instau­ra­zio­ne del socia­li­smo per mez­zo di rifor­me socia­li”) dedi­ca­to pro­prio al con­trol­lo ope­ra­io, che qui tro­via­mo defi­ni­to come “con­trol­lo socia­le”[13].
La rivo­lu­zio­na­ria polac­ca pole­miz­za qui con un altro diri­gen­te dell’ala bern­stei­nia­na del­la social­de­mo­cra­zia tede­sca, Kon­rad Sch­midt, secon­do il qua­le del­le rifor­me legi­sla­ti­ve socia­li ben con­ge­gna­te avreb­be­ro potu­to gra­dual­men­te intro­dur­re un «con­trol­lo socia­le sem­pre più este­so sul­le con­di­zio­ni del­la pro­du­zio­ne», tan­to da ridur­re poco a poco il ruo­lo del capi­ta­li­sta da pro­prie­ta­rio a sem­pli­ce “geren­te” del­la fab­bri­ca. Pro­gres­si­va­men­te, quin­di, quest’ultimo avreb­be visto «diven­ta­re il suo pos­ses­so sem­pre più inu­ti­le per sé, la dire­zio­ne e l’amministrazione dei suoi capi­ta­li». E tut­to ciò sareb­be deri­va­to dal ruo­lo dei sin­da­ca­ti, gra­zie alla loro «influen­za sem­pre cre­scen­te sul­la rego­la­zio­ne del­la pro­du­zio­ne»: di qui alla “gestio­ne socia­le” dell’economia il pas­so sareb­be sta­to bre­ve. L’idea di Sch­midt (e di Bern­stein) era che, attra­ver­so una legi­sla­zio­ne di fab­bri­ca, si sareb­be potu­to intro­dur­re – come denun­cia Rosa Luxem­burg – «un pez­zo di “con­trol­lo socia­le” e, come tale, un pez­zo di socia­li­smo».

Tut­ta­via:

«Qui la misti­fi­ca­zio­ne è pale­se. Lo Sta­to odier­no non è una “socie­tà” nel sen­so del­la “clas­se ope­ra­ia in asce­sa”, ma il rap­pre­sen­tan­te del­la socie­tà capi­ta­li­sti­ca, cioè uno Sta­to di clas­se. Per­ciò anche la rifor­ma socia­le da esso adot­ta­ta non è una rea­liz­za­zio­ne del “con­trol­lo socia­le”, cioè il con­trol­lo del­la libe­ra socie­tà lavo­ra­tri­ce sul pro­prio pro­ces­so lavo­ra­ti­vo, ma un con­trol­lo dell’organizzazione di clas­se del capi­ta­le sul pro­ces­so pro­dut­ti­vo del capi­ta­le»;

sic­ché, il “con­trol­lo sociale”

«si mani­fe­sta non come limi­ta­zio­ne del­la pro­prie­tà capi­ta­li­sti­ca, ma al con­tra­rio come sua dife­sa. Oppu­re, per espri­mer­ci in ter­mi­ni eco­no­mi­ci, esso non rap­pre­sen­ta un atten­ta­to allo sfrut­ta­men­to capi­ta­li­sti­co, ma una rego­la­men­ta­zio­ne, un ordi­na­men­to di que­sto sfrut­ta­men­to»[14].

Cre­do sia uti­le pure fare rife­ri­men­to alle “Tesi sul­la tat­ti­ca” appro­va­te dal Ter­zo con­gres­so dell’Internazionale comu­ni­sta il 12 luglio 1921:

«Tut­te le paro­le d’ordine con­cre­te che cor­ri­spon­do­no alle neces­si­tà eco­no­mi­che del­le mas­se ope­ra­ie deb­bo­no esse­re ricon­dot­te nell’alveo del­la lot­ta per il con­trol­lo del­la pro­du­zio­ne, non come pia­no di orga­niz­za­zio­ne buro­cra­ti­ca dell’economia nazio­na­le sot­to il regi­me capi­ta­li­sti­co, ma come lot­ta con­tro il capi­ta­li­smo con­dot­ta dai con­si­gli di fab­bri­ca e dai sin­da­ca­ti rivo­lu­zio­na­ri. Sol­tan­to costruen­do tali orga­niz­za­zio­ni, sol­tan­to col­le­gan­do­le secon­do i set­to­ri indu­stria­li e i cen­tri indu­stria­li, sarà pos­si­bi­le uni­fi­ca­re la lot­ta del­le mas­se ope­ra­ie […]. I con­si­gli di fab­bri­ca assol­ve­ran­no que­sto com­pi­to sol­tan­to se nasce­ran­no nel cor­so di lot­te per obiet­ti­vi eco­no­mi­ci comu­ni alle ampie mas­se ope­ra­ie, sol­tan­to se cree­ran­no un lega­me tra tut­ti i set­to­ri rivo­lu­zio­na­ri del pro­le­ta­ria­to, cioè i par­ti­ti comu­ni­sti, gli ope­rai rivo­lu­zio­na­ri e i sin­da­ca­ti che si stan­no svi­lup­pan­do in sen­so rivo­lu­zio­na­rio»[15].

Come si vede – e nel­la par­te di testo che pre­ce­de il bra­no appe­na cita­to è det­to chia­ra­men­te – la pre­oc­cu­pa­zio­ne dell’Internazionale comu­ni­sta era non solo poli­ti­ca – e cioè rag­grup­pa­re intor­no a una paro­la d’ordine le mas­se – ma anche orga­niz­za­ti­va, vale a dire aven­do cura di costrui­re gli orga­ni­smi capa­ci di met­ter­la in pra­ti­ca. Però risul­ta abba­stan­za dif­fi­ci­le intra­ve­de­re nell’attuale situa­zio­ne ita­lia­na, pur nel­la lode­vo­le inten­zio­ne di chi riven­di­ca il con­trol­lo ope­ra­io dei set­to­ri sani­ta­rio e far­ma­ceu­ti­co, l’esistenza di con­si­gli di fab­bri­ca (e cioè, soviet di fab­bri­ca) che dovreb­be­ro far­si cari­co del com­pi­to del­la lot­ta per quest’obiettivo; né si può imma­gi­na­re la pos­si­bi­li­tà, nell’immediato, di costruirli!

E allo­ra: qua­le controllo?
È evi­den­te, in con­clu­sio­ne, che l’alternativa è fra l’imporre il con­trol­lo ope­ra­io allo Sta­to capi­ta­li­sta sull’onda di una poten­te e dura­tu­ra mobi­li­ta­zio­ne del­la clas­se lavo­ra­tri­ce, con i suoi meto­di di lot­ta e i suoi orga­ni­smi, appog­gia­ta da ampi set­to­ri di clas­se urba­na e pic­co­la bor­ghe­sia depau­pe­ra­ta, in un qua­dro di for­te arre­tra­men­to del­le clas­si domi­nan­ti, oscil­lan­ti e incer­te sul da far­si, e dun­que sul­lo sfon­do di un pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio in atto; oppu­re il chie­der­lo, più o meno timi­da­men­te, attra­ver­so la con­ces­sio­ne di una rifor­ma. E mi pia­ce osser­va­re che, per­fi­no nel­la Ger­ma­nia dell’epoca in cui Rosa Luxem­burg scri­ve­va il sag­gio cita­to in pre­ce­den­za, un pode­ro­so movi­men­to ope­ra­io non andò oltre del­le rifor­me che dava­no sol­tan­to l’illusione del con­trol­lo ope­ra­io; né nel­la Rus­sia post‑rivoluzionaria di feb­bra­io il con­trol­lo ope­ra­io ven­ne real­men­te eser­ci­ta­to dal­la clas­se ope­ra­ia nel pro­prio inte­res­se, pur con un pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio anco­ra in atto e con orga­ni­smi di dop­pio pote­re insediati.
La situa­zio­ne dell’Italia nel 2020 – ben­ché in pie­na emer­gen­za sani­ta­ria, e dun­que immer­sa in una cri­si socia­le fino­ra inim­ma­gi­na­bi­le per le sue con­se­guen­ze sia sul­la salu­te che sul­le con­di­zio­ni di vita e di lavo­ro del­le clas­si subal­ter­ne – è tut­ta­via, dal ver­san­te socia­le e poli­ti­co, tale da ren­de­re irrea­li­sti­co non solo impor­re, ma nep­pu­re richie­de­re il “con­trol­lo operaio”.
Decli­na­re in que­sto con­te­sto una simi­le paro­la d’ordine è indi­ce di un volon­ta­ri­smo a sua vol­ta frut­to del­lo smar­ri­men­to dei prin­ci­pi del mar­xi­smo. Come abbia­mo visto nel bre­ve excur­sus dei testi cita­ti, il con­trol­lo ope­ra­io può esse­re con­ce­pi­to in un’epoca in cui vi sia­no, nel vivo di un pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio, orga­ni­smi di dop­pio pote­re; oppu­re, come misu­ra che vie­ne impo­sta da un gover­no ope­ra­io inse­dia­to al pote­re (è il caso del gover­no sovie­ti­co subi­to dopo l’insurrezione vit­to­rio­sa dell’Ottobre). In entram­bi i casi, è il pro­dot­to di un bru­sco cam­bia­men­to – in iti­ne­re, nel­la pri­ma ipo­te­si; già occor­so, nel­la secon­da – nei rap­por­ti di for­za tra clas­se lavo­ra­tri­ce e bor­ghe­sia capitalista.
Oppu­re, può esse­re il frut­to, in pre­sen­za di deter­mi­na­te con­di­zio­ni che allo sta­to nep­pu­re mini­ma­men­te esi­sto­no nell’Italia di oggi, di una con­ces­sio­ne per via legi­sla­ti­va da par­te del­le clas­si domi­nan­ti: e in que­sto caso, non sareb­be altro che uno stru­men­to buro­cra­ti­co (ad esem­pio, attua­to dal­le dire­zio­ni sin­da­ca­li) e di carat­te­re rifor­mi­sta. Ad ogni buon con­to, una riven­di­ca­zio­ne così posta nel­le con­di­zio­ni date fini­sce per indur­re nei lavo­ra­to­ri la fal­sa illu­sio­ne – e dun­que crea “fal­sa coscien­za”[16] – che attra­ver­so rifor­me nego­zia­te con il gover­no bor­ghe­se sia pos­si­bi­le otte­ne­re un miglio­ra­men­to nel­la pro­pria vita: ciò signi­fi­ca che la clas­se ope­ra­ia sareb­be auto­riz­za­ta a pen­sa­re che può esser­ci una solu­zio­ne ai suoi pro­ble­mi sol che si appro­vi­no dei prov­ve­di­men­ti favo­re­vo­li da par­te del gover­no bor­ghe­se, retro­ce­den­do così da un’opposizione con­se­guen­te a quest’ultimo.
Cer­to, qual­cu­no potreb­be obiet­ta­re a que­sto pun­to che si trat­ta di una paro­la d’ordine per mobi­li­ta­re le mas­se. Ma, a ben vede­re, è un’obiezione mal posta: pro­prio per­ché una simi­le riven­di­ca­zio­ne è sta­ta avan­za­ta nel­le con­di­zio­ni di domi­nio sta­bi­le del capi­ta­le – e dun­que sen­za che vi sia­no le con­di­zio­ni per decli­nar­la agglu­ti­nan­do e orga­niz­zan­do intor­no ad essa la clas­se lavo­ra­tri­ce – tan­to var­reb­be a que­sto pun­to, nell’illusione di mobi­li­tar­la, agi­ta­re diret­ta­men­te la paro­la d’ordine del­la pre­sa del pote­re e del­la rivo­lu­zio­ne socia­li­sta: ma il risul­ta­to sareb­be il mede­si­mo! Non a caso, le stes­se “Tesi sul­la tat­ti­ca” cita­te (nota 15) evi­den­zia­va­no che per­fi­no «riven­di­ca­re la socia­liz­za­zio­ne o la nazio­na­liz­za­zio­ne del­le più impor­tan­ti bran­che dell’industria, come fan­no i par­ti­ti cen­tri­sti, è anco­ra una vol­ta ingan­na­re le mas­se popo­la­ri».
Il fat­to è che agi­ta­re una paro­la d’ordine tan­to per far­lo non por­ta a nul­la. Tan­to per resta­re sul tema del con­trol­lo ope­ra­io, affin­ché que­sta riven­di­ca­zio­ne ven­ga con­cre­ta­men­te rece­pi­ta occor­re­reb­be espli­ci­ta­re in manie­ra appro­fon­di­ta (“spie­ga­re pazien­te­men­te”, dice­va Lenin) in cosa con­si­ste tale con­trol­lo, con che moda­li­tà e su che basi si vuo­le impor­la alla clas­se nemi­ca (orga­niz­za­zio­ne indi­pen­den­te dei lavo­ra­to­ri, mili­zie ope­ra­ie, occu­pa­zio­ne dei luo­ghi di lavo­ro), qua­li con­se­guen­ze socia­li può ave­re (rea­zio­ne repres­si­va del­la bor­ghe­sia). L’alternativa – voglio ripe­ter­mi – è una for­ma di “con­trol­lo” (sem­pre che lo Sta­to bor­ghe­se sia dispo­sto a con­ce­der­lo) di tipo rifor­mi­sta, cioè gesti­to da dire­zio­ni buro­cra­ti­che sin­da­ca­li e, para­dos­sal­men­te, … sot­to­po­sto al “con­trol­lo” del­lo Stato.
Pro­ba­bil­men­te, uno dei com­pi­ti più dif­fi­ci­li dei rivo­lu­zio­na­ri è tro­va­re le paro­le d’ordine per entra­re in sin­to­nia con le mas­se. Lo sta­to di estre­ma mar­gi­na­li­tà in cui ver­sia­mo oggi­gior­no dovreb­be indur­ci a una mag­gio­re cau­te­la nell’affrontarlo: il che impli­ca uno stu­dio appro­fon­di­to dei prin­ci­pi del marxismo.


Note

[1] L. Tro­tsky, “A pro­po­si­to del con­trol­lo ope­ra­io del­la pro­du­zio­ne. Let­te­ra ad alcu­ni com­pa­gni”, in Scrit­ti 1929‑1936, Arnol­do Mon­da­do­ri Edi­to­re, 1970, pp. 291 e ss.
[2] Da ciò si è soli­ti par­la­re, per que­sto regi­me poli­ti­co, di “Repub­bli­ca di Weimar”.
[3] Ed è il moti­vo per cui Tro­tsky, nel­lo scrit­to che stia­mo esa­mi­nan­do, rite­ne­va che i con­si­gli di fab­bri­ca potes­se­ro con­fi­gu­rar­si come la rea­liz­za­zio­ne «del fron­te del­la clas­se ope­ra­ia» (op. cit., p. 294).
[4] L. Tro­tsky, op. cit., p. 297: si trat­ta di uno dei nume­ro­si pas­sag­gi omes­si nel testo pub­bli­ca­to dai com­pa­gni che l’hanno pre­sen­ta­to. Un’omissione gra­ve, per­ché i bra­ni man­can­ti fan­no capi­re come sia del tut­to fuo­ri luo­go nell’Italia di oggi avan­za­re quel­la paro­la d’ordine. Tan­to è vero che, di segui­to, lo stes­so Tro­tsky si doman­da­va se nel­la situa­zio­ne in atto nel­la Ger­ma­nia del 1931 fos­se pos­si­bi­le far­lo: «Tut­ta­via, è pos­si­bi­le lan­cia­re oggi stes­so la paro­la d’ordine del con­trol­lo ope­ra­io? La “matu­ri­tà” del­la situa­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria è for­se suf­fi­cien­te allo sco­po?». E la rispo­sta è che difet­ta­va quel «fron­te uni­co degli ope­rai comu­ni­sti, social­de­mo­cra­ti­ci, cat­to­li­ci, sen­za par­ti­to» rap­pre­sen­tan­te «la con­di­zio­ne poli­ti­ca fon­da­men­ta­le che man­ca in Ger­ma­nia per una situa­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria imme­dia­ta» (ibi­dem).
[5] Ivi, p. 298.
[6] L. Tro­tsky, “Fac­to­ry Coun­cils and Wor­kers’ Con­trol of Pro­duc­tion” (12/9/1931), The Mili­tant, 21/11/1931, p. 4.
[7] L. Tro­tsky, “E ora?”, in Scrit­ti 1929‑1936, cit., pp. 324 e ss.
[8] Ivi, p. 440 e s.
[9] L. Tro­tsky, “Con­trol obre­ro y nacio­na­li­za­ción”, in Natu­ra­le­za y diná­mi­ca del capi­ta­li­smo y la eco­no­mía de tran­si­ción, C.E.I.P. “León Tro­tsky” Edi­cio­nes, 1999, p. 229 e s.
[10] Mi rife­ri­sco, solo a tito­lo d’esempio, a V.I. Lenin, “I com­pi­ti imme­dia­ti del pote­re sovie­ti­co”, in Ope­re, vol. 27, Edi­zio­ni Lot­ta comu­ni­sta, 2002, pp. 211 e ss.; e al “Discor­so per il pri­mo anni­ver­sa­rio del­la rivo­lu­zio­ne”, in op. cit., vol. 28, pp. 135 e ss.
[11] V.I. Lenin, “La cata­stro­fe immi­nen­te e come lot­ta­re con­tro di essa”, in op. cit., vol. 25, p. 309.
[12] R. Luxem­burg, “Rifor­ma socia­le o rivo­lu­zio­ne?”, in Scrit­ti poli­ti­ci, vol. 1, Edi­to­ri Inter­na­zio­na­li Riu­ni­ti, 2012, pp. 161 e ss.
[13] Ivi, pp. 178 e ss.
[14] Ivi, pp. 182 e 185.
[15] Tesi sul­la tat­ti­ca (12 luglio 1921), in A. Ago­sti, La Ter­za Inter­na­zio­na­le. Sto­ria docu­men­ta­ria, vol. 1, t. II, Edi­to­ri Riu­ni­ti, 1974, p. 422 e s. Si veda anche J. Degras, Sto­ria dell’Internazionale comu­ni­sta attra­ver­so i docu­men­ti uffi­cia­li, t. I, p. 268 e s.; non­ché Assal­to al cie­lo. Docu­men­ti e mani­fe­sti dei Con­gres­si dell’Internazionale comu­ni­sta, Gio­va­ne Tal­pa, 2005, p. 223 e s.
[16] Si veda la let­te­ra di Frie­drich Engels a Franz Meh­ring del 14 luglio 1893.