Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Storia del movimento operaio, Teoria

La Rivoluzione russa del 1905 e la teoria della rivoluzione permanente

Ivan Vladimirov: Barricate nel quartiere Presnja, Mosca (1905)

Pre­sen­tia­mo ai nostri let­to­ri l’in­te­res­san­te e docu­men­ta­tis­si­mo sag­gio di Daniel Gai­do e Con­stan­za Bosch Ales­sio che dà con­to del dibat­ti­to svi­lup­pa­to­si sul­le colon­ne del­la rivi­sta Scien­ce & Socie­ty a pro­po­si­to del libro, scrit­to dal­lo stes­so Gai­do insie­me a Richard B. Day, in cui i due stu­dio­si ave­va­no rico­strui­to le ori­gi­ni del­la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te, che, pri­ma di esse­re svi­lup­pa­ta e siste­ma­tiz­za­ta da León Tro­tsky, era sta­ta stu­dia­ta e rie­la­bo­ra­ta, pro­prio a par­ti­re dal­la sua enun­cia­zio­ne ad ope­ra di Marx ed Engels nel 1850, da altri teo­ri­ci mar­xi­sti, i qua­li ne ave­va­no appli­ca­to i prin­ci­pi alla Rivo­lu­zio­ne del 1905: que­st’ul­ti­ma – che rap­pre­sen­tò il pri­mo tas­sel­lo del pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio che por­tò al pote­re il movi­men­to ope­ra­io rus­so nel­l’ot­to­bre del 1917 – può così esse­re meglio inter­pre­ta­ta e compresa.
Rin­gra­zia­mo gli auto­ri del sag­gio, e in par­ti­co­la­re il com­pa­gno Daniel Gai­do, per aver­ci con­sen­ti­to di pub­bli­ca­re, tra­dot­to in ita­lia­no, que­sto impor­tan­te saggio.
Buo­na lettura.
La redazione

La Rivoluzione russa del 1905 e la teoria della rivoluzione permanente


Un dibattito storiografico recente


Daniel Gai­do e Con­stan­za Bosch Alessio

 

Pre­mes­sa
La rivi­sta sta­tu­ni­ten­se Scien­ce & Socie­ty ha pub­bli­ca­to nel nume­ro di luglio 2013 (vol. 77, n. 3), un dibat­ti­to sul libro Wit­nes­ses to Per­ma­nent Revo­lu­tion: The Docu­men­ta­ry Record, (Brill, 2009), pub­bli­ca­to da Richard B. Day e Daniel Gai­do. A que­sto dibat­ti­to han­no par­te­ci­pa­to lo sto­ri­co Lars Lih (auto­re di Lenin Redi­sco­ve­red: What Is to Be Done? in Con­text, Brill, 2006), John Marot (The Octo­ber Revo­lu­tion in Pro­spect and Retro­spect, Brill, 2012) e Alan Shan­dro (Lau­ren­tian Uni­ver­si­ty del Cana­da). La cri­ti­ca di Lars Lih a Wit­nes­ses to Per­ma­nent Revo­lu­tion si inti­to­la “Demo­cra­tic Revo­lu­tion in Per­ma­nenz” e sostie­ne che la tesi del libro, secon­do cui le idee fon­da­men­ta­li del­la teo­ria di Tro­tsky sul­la “rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te” furo­no con­di­vi­se da altri social­de­mo­cra­ti­ci tede­schi e rus­si, è erro­nea. Secon­do Lih, in real­tà, i docu­men­ti inclu­si in Wit­nes­ses mostra­no che que­sti scrit­to­ri non uti­liz­za­ro­no l’espressione “rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te” nel­lo stes­so sen­so di Tro­tsky, cioè per con­net­te­re i com­pi­ti demo­cra­ti­ci e socia­li­sti, ben­sì per con­giun­ge­re epi­so­di entro il pro­ces­so di rivo­lu­zio­ne demo­cra­ti­ca. Lih sostie­ne che, ad ecce­zio­ne di Tro­tsky, gli altri auto­ri com­pre­si nel libro (Karl Kau­tsky, Franz Meh­ring, Par­vus, Rosa Luxem­burg e David Rja­za­nov) era­no soste­ni­to­ri di una rivo­lu­zio­ne democratico‑borghese in per­ma­nen­za e che la ragio­ne fon­da­men­ta­le del­la loro man­can­za di inte­res­se nel­la pro­spet­ti­va di Tro­tsky ripo­sa­va nel­la loro ana­li­si del ruo­lo dei con­ta­di­ni non socia­li­sti. La repli­ca degli auto­ri si inti­to­la “Per­ma­nent Revo­lu­tion – But Without Socia­li­sm?” e sostie­ne l’erroneità di que­sta inter­pre­ta­zio­ne, poi­ché fa sì che si per­da il sen­so del­la discus­sio­ne, che ruo­ta­va pro­prio intor­no a quest’argomento: in che misu­ra cioè gli ele­men­ti bor­ghe­si (con­ta­di­ni) e socia­li­sti (pro­le­ta­ri) si sareb­be­ro com­bi­na­ti nel­la rivo­lu­zio­ne che si appros­si­ma­va. Da un pun­to di vista filo­so­fi­co, la posi­zio­ne di Lih rive­la una caren­za dia­let­ti­ca per il suo ten­ta­ti­vo di for­za­re la leg­ge di iden­ti­tà (sce­glie­re tra una rivo­lu­zio­ne democratico‑borghese e una socia­li­sta) su un even­to che fu in sostan­za una com­bi­na­zio­ne di due feno­me­ni sto­ri­ca­men­te dif­fe­ren­ti: una jac­que­rie e una rivo­lu­zio­ne ope­ra­ia urba­na – a cui si dovreb­be aggiun­ge­re la rivol­ta del­le nazio­na­li­tà oppres­se dal gio­go zari­sta. L’articolo si con­clu­de ana­liz­zan­do gli appor­ti degli altri par­te­ci­pan­ti al dibat­ti­to e le linee di inda­gi­ne anco­ra non esplorate.

L’impatto del­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa del 1905 nel movi­men­to socia­li­sta internazionale
La riper­cus­sio­ne del­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa del 1905 è sta­ta oscu­ra­ta dal­la sua “sorel­la mag­gio­re”, la Rivo­lu­zio­ne rus­sa del 1917, che pro­iet­tò i bol­sce­vi­chi al pote­re e por­tò alla fon­da­zio­ne dell’Internazionale comu­ni­sta nel 1919. Ma all’epoca ebbe un impat­to rile­van­te non solo entro le fron­tie­re dell’impero zari­sta, ma anche all’interno del­la sini­stra inter­na­zio­na­le. Pos­sia­mo notar­lo, ad esem­pio, nel con­gres­so di fon­da­zio­ne degli Indu­strial Wor­kers of the World sta­tu­ni­ten­si, in cui ven­ne adot­ta­ta una riso­lu­zio­ne che espri­me­va soli­da­rie­tà alla «gran­de lot­ta del­la clas­se lavo­ra­tri­ce del­la lon­ta­na Rus­sia», il cui risul­ta­to «è di fon­da­men­ta­le impor­tan­za per i mem­bri del­la clas­se ope­ra­ia di tut­ti i pae­si nel­la lot­ta per la loro eman­ci­pa­zio­ne»[1].

Da sini­stra: Par­vus, Tro­tsky e Deutsch

Nel Par­ti­to social­de­mo­cra­ti­co tede­sco (Spd), che con il suo milio­ne di mem­bri era la colon­na ver­te­bra­le del­la Secon­da Inter­na­zio­na­le, la Rivo­lu­zio­ne rus­sa del 1905 raf­for­zò l’ala sini­stra in quel momen­to diret­ta da Rosa Luxem­burg e Karl Kau­tsky, e por­tò a una dispu­ta furi­bon­da intor­no allo scio­pe­ro di mas­sa sot­to la dire­zio­ne sin­da­ca­le, uffi­cial­men­te subor­di­na­ta alle deci­sio­ni dei con­gres­si dei par­ti­ti che però si tro­va­va­no già in un pro­ces­so di buro­cra­tiz­za­zio­ne, rag­grup­pa­ta intor­no alla Gene­ral­kom­mis­sion der Gewerk­schaf­ten Deu­tschlands, diret­ta da Karl Legien (Day e Gai­do, 2009, pp. 44‑47)[2].
Ma non meno impor­tan­te degli aspet­ti isti­tu­zio­na­li dell’impatto del­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa del 1905 fu la sua influen­za sul­lo svi­lup­po del­la teo­ria mar­xi­sta, sia den­tro che fuo­ri del Par­ti­to ope­ra­io social­de­mo­cra­ti­co rus­so (Posdr). Per quel che si rife­ri­sce alla famo­sa scis­sio­ne tra bol­sce­vi­chi e men­sce­vi­chi, che ave­va avu­to luo­go due anni pri­ma per moti­vi orga­niz­za­ti­vi, la Rivo­lu­zio­ne del 1905 aiu­tò a con­so­li­da­re que­ste diver­gen­ze for­nen­do loro una base stra­te­gi­ca. Ci rife­ria­mo, natu­ral­men­te, alla famo­sa paro­la d’ordine di Lenin a pro­po­si­to del­la “dit­ta­tu­ra demo­cra­ti­ca del pro­le­ta­ria­to e dei con­ta­di­ni”, che rom­pe con la stra­te­gia men­sce­vi­ca di con­cor­da­re un’alleanza tra la clas­se ope­ra­ia e la bor­ghe­sia nel qua­dro del­la rivo­lu­zio­ne demo­cra­ti­ca, ma al con­tem­po limi­ta l’alleanza fra ope­rai e con­ta­di­ni alla nazio­na­liz­za­zio­ne del­la ter­ra, alla pro­cla­ma­zio­ne del­la repub­bli­ca demo­cra­ti­ca e alla gior­na­ta lavo­ra­ti­va di otto ore: cioè, esclu­de il pro­gram­ma mas­si­mo socia­li­sta (l’espropriazione del­la bor­ghe­sia e la socia­liz­za­zio­ne dei mez­zi di pro­du­zio­ne) dagli obiet­ti­vi rag­giun­gi­bi­li nel qua­dro del­la rivo­lu­zio­ne rus­sa. Que­sta appa­ren­te­men­te stra­na posi­zio­ne, che Lenin avreb­be poi abban­do­na­to nel­le famo­se “Tesi di Apri­le” del 1917, si spie­ga con la sua con­vin­zio­ne che i con­ta­di­ni avreb­be­ro eser­ci­ta­to la loro ege­mo­nia nel futu­ro gover­no operaio‑contadino, ciò che avreb­be limi­ta­to gli obiet­ti­vi da rag­giun­ge­re ad ope­ra dei rivo­lu­zio­na­ri al con­se­gui­men­to di una “via (nord)americana di svi­lup­po capi­ta­li­sta” in con­trap­po­si­zio­ne alla “via prus­sia­na” a cui pun­ta­va­no le rifor­me di Sto­ly­pin[3]. Seb­be­ne risu­sci­ta­ta da Sta­lin e Bucha­rin per giu­sti­fi­ca­re la disa­stro­sa subor­di­na­zio­ne del Par­ti­to comu­ni­sta cine­se al Kuo­min­tang dopo la mor­te di Lenin, que­sta teo­ria non svol­se un ruo­lo impor­tan­te nel­la secon­da Rivo­lu­zio­ne rus­sa del 1917 poi­ché, come abbia­mo det­to, lo stes­so Lenin l’aveva di fat­to abban­do­na­ta al momen­to del suo arri­vo a Pietrogrado.
Mol­to più signi­fi­ca­ti­vo nel lun­go perio­do fu, quin­di, un altro effet­to del­la rivo­lu­zio­ne rus­sa del 1905 sul­lo svi­lup­po del­la teo­ria mar­xi­sta: ci rife­ria­mo alla risco­per­ta del­la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te, pro­cla­ma­ta per la pri­ma vol­ta nel famo­so Indi­riz­zo del Comi­ta­to Cen­tra­le alla Lega dei Comu­ni­sti, scrit­to da Marx ed Engels alla fine del mese di mar­zo 1850, e che, secon­do la mag­gior par­te del­le spie­ga­zio­ni suc­ces­si­ve, sareb­be rie­mer­sa com­ple­ta­men­te for­mu­la­ta, come Miner­va dal­la testa di Zeus, nel libro di León Tro­tsky Bilan­ci e pro­spet­ti­ve, scrit­to nel­la pri­gio­ne zari­sta nei pri­mi mesi del 1906[4]. È per col­ma­re que­sta lacu­na sto­rio­gra­fi­ca che abbia­mo pro­dot­to, insie­me al pro­fes­sor Richard B. Day dell’Università di Toron­to, un’edizione cri­ti­ca di fon­ti pri­ma­rie che descri­vo­no la gra­dua­le risco­per­ta di que­sta teo­ria alla luce dell’esperienza rivo­lu­zio­na­ria del 1905. Que­sto libro è sta­to pub­bli­ca­to nel 2009 dall’editore olan­de­se Brill con il tito­lo Wit­nes­ses to Per­ma­nent Revo­lu­tion: The Docu­men­ta­ry Record e poi ripub­bli­ca­to nel 2011 dall’editore sta­tu­ni­ten­se Haymarket.

L’accoglienza di Wit­nes­ses to Per­ma­nent Revo­lu­tion: The Docu­men­ta­ry Record
Wit­nes­ses to Per­ma­nent Revo­lu­tion com­pren­de 23 docu­men­ti tra­dot­ti dal rus­so e dal tede­sco, otto dei qua­li scrit­ti da Karl Kau­tsky, cin­que da León Tro­tsky, quat­tro da Rosa Luxem­burg, due da Par­vus, due da N. Rja­za­nov, uno da Franz Meh­ring e uno da G.V. Ple­cha­nov. Il libro ha avu­to una cer­ta eco nel­la sini­stra anglo­sas­so­ne: set­te recen­sio­ni su rivi­ste e siti web, tut­te posi­ti­ve, ad ecce­zio­ne di quel­la sti­la­ta dagli Spar­ta­ci­sti con il tito­lo piut­to­sto elo­quen­te di “Recy­cling the Second Inter­na­tio­nal: The Neo-Kau­tsky­i­tes”. Degna di nota in que­sta serie di recen­sio­ni è quel­la scrit­ta da David North sul sito World Socia­li­st Web Site, inti­to­la­to “A signi­fi­cant con­tri­bu­tion to an under­stan­ding of Per­ma­nent Revo­lu­tion”, che con più di 10.000 paro­le non è solo la più lun­ga, ma anche la più erudita.
Mol­to più cir­co­spet­ta è sta­ta l’accoglienza del nostro libro in ambi­to acca­de­mi­co, seb­be­ne sia sta­to posi­ti­va­men­te recen­si­to da Wil­liam Pelz in Cri­ti­que e da Rei­ner Tos­storff in Archiv für die Geschi­ch­te des Wider­stan­des und der Arbeit. Vale la pena ricor­da­re, per la sua stra­nez­za, la cri­ti­ca mos­sa da Erik van Ree sul­la rivi­sta Histo­ry of Euro­pean Ideas, secon­do la qua­le la social­de­mo­cra­zia tede­sca, e in par­ti­co­la­re Kau­tsky, non si sareb­be­ro accor­ti che, in un capi­ta­li­smo svi­lup­pa­to, non c’è una clas­se rivo­lu­zio­na­ria[5].
Data la limi­ta­tez­za di una seria discus­sio­ne acca­de­mi­ca sul nostro libro, è sta­to con gran­di aspet­ta­ti­ve che abbia­mo accol­to con favo­re la cele­bra­zio­ne di un dibat­ti­to su Wit­nes­ses to Per­ma­nent Revo­lu­tion nel­le pagi­ne di Scien­ce & Socie­ty, una rivi­sta pub­bli­ca­ta tri­me­stral­men­te dal 1936 a New York, di ampia dif­fu­sio­ne negli ambi­ti acca­de­mi­ci mar­xi­sti anglo­sas­so­ni. Per una miglio­re com­pren­sio­ne di que­sto dibat­ti­to, esa­mi­ne­re­mo bre­ve­men­te i con­te­nu­ti del libro.

Le ori­gi­ni del­la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te nel mar­zo 1850
Nell’Indi­riz­zo del Comi­ta­to cen­tra­le alla Lega dei comu­ni­sti del mar­zo 1850 (Anspra­che der Zen­tral­be­hör­de an den Bund vom März 1850), Marx ed Engels trac­cia­no un bilan­cio dell’esperienza rivo­lu­zio­na­ria in Ger­ma­nia dal mar­zo 1848 e giun­go­no alla con­clu­sio­ne che è neces­sa­rio deli­mi­ta­re poli­ti­ca­men­te la clas­se ope­ra­ia dal­la pic­co­la bor­ghe­sia demo­cra­ti­ca. La bor­ghe­sia libe­ra­le tede­sca ave­va tra­di­to le clas­si popo­la­ri nel 1848, allean­do­si con i monar­chi e la buro­cra­zia per pau­ra di un’insurrezione ope­ra­ia: un timo­re ispi­ra­to soprat­tut­to dall’esempio del pro­le­ta­ria­to pari­gi­no del feb­bra­io 1848, che cul­mi­nò nel mas­sa­cro di 3000 ope­rai a giu­gno. Marx ed Engels pre­ve­do­no che duran­te la suc­ces­si­va onda­ta rivo­lu­zio­na­ria i demo­cra­ti­ci piccolo‑borghesi avreb­be­ro svol­to un ruo­lo altret­tan­to insi­dio­so. Fis­sa­no quin­di il seguen­te com­pi­to per la Lega dei comunisti:

«La posi­zio­ne del par­ti­to ope­ra­io rivo­lu­zio­na­rio ver­so la demo­cra­zia piccolo‑borghese è la seguen­te: esso pro­ce­de d’ac­cor­do con que­st’ul­ti­ma con­tro la fra­zio­ne di cui per­se­gue la cadu­ta; esso si oppo­ne ai demo­cra­ti­ci piccolo‑borghesi in tut­te le cose pel cui mez­zo essi voglio­no con­so­li­dar­si per con­to pro­prio» (Marx ed Engels, 1850, p. 182).

E con­ti­nua­no:

«Men­tre i pic­co­li bor­ghe­si demo­cra­ti­ci voglio­no por­ta­re al più pre­sto pos­si­bi­le la rivo­lu­zio­ne alla con­clu­sio­ne … è nostro inte­res­se e nostro com­pi­to ren­der per­ma­nen­te la rivo­lu­zio­ne sino a che tut­te le clas­si più o meno pos­si­den­ti non sia­no scac­cia­te dal pote­re, sino a che il pro­le­ta­ria­to non abbia con­qui­sta­to il pote­re del­lo Sta­to, sino a che l’as­so­cia­zio­ne dei pro­le­ta­ri, non solo in un Pae­se, ma in tut­ti i Pae­si domi­nan­ti del mon­do, si sia svi­lup­pa­ta … Non può trat­tar­si per noi di una tra­sfor­ma­zio­ne del­la pro­prie­tà pri­va­ta, ma del­la sua distru­zio­ne; non del miti­ga­men­to dei con­tra­sti di clas­se, ma del­la abo­li­zio­ne del­le clas­si; non del miglio­ra­men­to del­la socie­tà attua­le ma del­la fon­da­zio­ne di una nuo­va socie­tà» (ivi, p. 183).

Esor­ta­no i loro segua­ci a crea­re «un’organizzazione pro­pria del par­ti­to ope­ra­io, sia lega­le che segre­ta» per garan­ti­re l’indipendenza poli­ti­ca del pro­le­ta­ria­to e instau­ra­re una situa­zio­ne di dop­pio pote­re[6]. A tal fine, riven­di­ca­no l’armamento del pro­le­ta­ria­to e la sua orga­niz­za­zio­ne indi­pen­den­te come mili­zie ope­ra­ie, la pre­sen­ta­zio­ne di can­di­da­ti ope­rai insie­me ai can­di­da­ti bor­ghe­si demo­cra­ti­ci, la con­fi­sca sen­za inden­niz­zo del­le fab­bri­che e dei mez­zi di tra­spor­to da par­te del­lo Sta­to, l’adozione di impo­ste con­fi­sca­to­rie sul capi­ta­le e il ripu­dio del debi­to pub­bli­co. E con­clu­do­no soste­nen­do che gli ope­rai tede­schi daran­no il loro mas­si­mo con­tri­bu­to alla vit­to­ria finale:

«pren­den­do coscien­za dei pro­pri inte­res­si di clas­se, occu­pan­do quan­to pri­ma una posi­zio­ne indi­pen­den­te di par­ti­to e impe­den­do che le fra­si ipo­cri­te dei demo­cra­ti­ci piccolo‑borghesi li sot­trag­ga­no per un solo momen­to al com­pi­to di orga­niz­za­re il par­ti­to del pro­le­ta­ria­to in pie­na indi­pen­den­za. Il loro gri­do di bat­ta­glia deve esse­re: la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te» (ivi, p. 189).

In una let­te­ra invia­ta un anno più tar­di a Engels, Marx rias­su­me il con­te­nu­to del docu­men­to come segue: «L’Indirizzo alla Lega che abbia­mo scrit­to insie­me [non è] fon­da­men­tal­men­te altro che un pia­no di bat­ta­glia con­tro la demo­cra­zia»[7]. L’Indi­riz­zo del Comi­ta­to cen­tra­le alla Lega dei comu­ni­sti fu ripro­dot­to da Engels nel 1885 come appen­di­ce alla ristam­pa del­le Rive­la­zio­ni sul pro­ces­so dei comu­ni­sti di Colo­nia.
Attac­ca­ta da Eduard Bern­stein come vesti­gia del putschi­smo blan­qui­sta duran­te la con­tro­ver­sia revi­sio­ni­sta scop­pia­ta nel 1898[8] – e dife­sa da Franz Meh­ring, futu­ro bio­gra­fo di Marx e mem­bro del­la Lega di Spar­ta­co – la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te con­ti­nuò a non susci­ta­re trop­pa atten­zio­ne nei cir­co­li mar­xi­sti inter­na­zio­na­li fino ai pri­mi anni del XX secolo.

L’introduzione del­la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te nel­la social­de­mo­cra­zia russa
Una del­le cose che ci han­no sor­pre­so nel cor­so del­la ricer­ca che ha por­ta­to alla pub­bli­ca­zio­ne di Wit­nes­ses to Per­ma­nent Revo­lu­tion è sta­ta sco­pri­re che la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te è sta­ta intro­dot­ta nel Par­ti­to social­de­mo­cra­ti­co rus­so dei lavo­ra­to­ri (Posdr) da David Rja­za­nov (David Bori­so­vič Rja­za­nov Gol­den­dach, il futu­ro bio­gra­fo di Marx ed Engels), in un lun­go com­men­to di 302 pagi­ne alla boz­za del pro­gram­ma scrit­ta dal grup­po che pub­bli­ca­va l’Iskra, a cui face­va­no rife­ri­men­to sia Lenin che Ple­cha­nov (Rja­za­nov 1903).

David Bori­so­vič Rjazanov

Dall’analisi di que­sto docu­men­to emer­ge che, se in Ger­ma­nia la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te era inti­ma­men­te lega­ta alla cri­ti­ca del­la demo­cra­zia bor­ghe­se, in Rus­sia si pone­va l’accento sul­la tran­si­zio­ne diret­ta da una rivo­lu­zio­ne democratico‑borghese a una rivo­lu­zio­ne socia­li­sta in un Pae­se dall’incipiente svi­lup­po capi­ta­li­sta. Que­sta enfa­si sul­la dina­mi­ca rivo­lu­zio­na­ria pecu­lia­re dei Pae­si arre­tra­ti nasce dall’incorporazione nel discor­so mar­xi­sta rus­so di alcu­ne idee dei Narod­ni­ki, o “popu­li­sti”, svi­lup­pa­te in par­ti­co­la­re da Niko­lai Cher­ny­she­v­sky, il lea­der del movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio degli anni 60 del XIX seco­lo, e dai “popu­li­sti lega­li” Niko­lai Daniel­son (alias Nikolai‑on) e V.P. Voron­tsov. Tut­ti que­sti auto­ri evi­den­zia­va­no i cosid­det­ti “pri­vi­le­gi dell’arretratezza”, cioè la pos­si­bi­li­tà che i Pae­si sto­ri­ca­men­te arre­tra­ti non copias­se­ro mec­ca­ni­ca­men­te tut­te le fasi di svi­lup­po dei Pae­si avan­za­ti, ma piut­to­sto, impa­ran­do dal­la loro espe­rien­za e assi­mi­lan­do i loro pro­gres­si tec­no­lo­gi­ci e intel­let­tua­li, sal­tas­se­ro le fasi sto­ri­che e spe­ri­men­tas­se­ro uno svi­lup­po eco­no­mi­co e socia­le acce­le­ra­to[9].
Nel­la sua cri­ti­ca al pro­gram­ma dell’Iskra, Rja­za­nov ripren­de que­sti argo­men­ti e cer­ca di appli­car­li all’analisi di quel­le che chia­ma «le carat­te­ri­sti­che spe­cia­li del­la Rus­sia e i com­pi­ti dei social­de­mo­cra­ti­ci rus­si», for­mu­lan­do una teo­ria pre­li­mi­na­re del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te (Day e Gai­do, 2009, p. 84). Se la Rus­sia “arre­tra­ta” pote­va avvia­re il risve­glio rivo­lu­zio­na­rio dell’Europa, era essen­zia­le capi­re come un Pae­se “con­ta­di­no”, che tra tut­te le poten­ze capi­ta­li­ste era la meno svi­lup­pa­ta, potes­se sal­ta­re dall’asfissia del­le isti­tu­zio­ni semi­feu­da­li a una rivo­lu­zio­ne che avreb­be sgom­be­ra­to la stra­da ver­so un futu­ro socia­li­sta. L’audace tesi di Rja­za­nov fu che la Rus­sia era un’eccezione al “model­lo nor­ma­le” di evo­lu­zio­ne dal feu­da­le­si­mo al capi­ta­li­smo e da lì al socialismo.
Ne “Il pro­get­to di pro­gram­ma dell’Iskra e i com­pi­ti dei social­de­mo­cra­ti­ci rus­si”, Rja­za­nov inda­gò siste­ma­ti­ca­men­te le “pecu­lia­ri­tà” del­la sto­ria rus­sa, pro­prio come Tro­tsky avreb­be fat­to qua­si tre decen­ni dopo nel pri­mo capi­to­lo del­la sua Sto­ria del­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa. Rja­za­nov osser­vò che, a dif­fe­ren­za dell’Europa occi­den­ta­le, in Rus­sia era emer­so un movi­men­to social-rivo­lu­zio­na­rio autoc­to­no che era coin­ci­so con l’ascesa del capi­ta­li­smo. Poi­ché il capi­ta­li­smo rus­so era sta­to in gran par­te finan­zia­to dal­le impor­ta­zio­ni di capi­ta­li, e in que­sto sen­so era sta­to tra­pian­ta­to dall’Europa occi­den­ta­le, la bor­ghe­sia rus­sa era trop­po debo­le per offri­re un’efficace oppo­si­zio­ne libe­ra­le all’autocrazia. E la com­bi­na­zio­ne di uno svi­lup­po capi­ta­li­sta acce­le­ra­to con un libe­ra­li­smo impo­ten­te ren­de­va neces­sa­ria­men­te i lavo­ra­to­ri orga­niz­za­ti respon­sa­bi­li del futu­ro rivo­lu­zio­na­rio del­la Rus­sia. La ste­ri­li­tà poli­ti­ca del­la bor­ghe­sia rus­sa face­va sì che il com­pi­to prin­ci­pa­le dei social­de­mo­cra­ti­ci, secon­do Rja­za­nov, era «spin­ge­re in avan­ti la rivo­lu­zio­ne e por­tar­la alle sue estre­me con­se­guen­ze. La paro­la d’ordine dell’attività social­de­mo­cra­ti­ca è la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te: non “ordi­ne” inve­ce di rivo­lu­zio­ne, ma rivo­lu­zio­ne inve­ce di “ordi­ne”» (Rja­za­nov 1903, p. 131).
Vedia­mo che Rja­za­nov effet­ti­va­men­te anti­ci­pò gli argo­men­ti prin­ci­pa­li che León Tro­tsky avreb­be suc­ces­si­va­men­te incor­po­ra­to nel suo famo­so libro Bilan­ci e pro­spet­ti­ve. Que­sta con­vin­zio­ne è raf­for­za­ta dal­le pro­ve for­ni­te da un secon­do docu­men­to, scrit­to tre anni dopo e anch’esso inclu­so in Wit­nes­ses to Per­ma­nent Revo­lu­tion, in cui Rja­za­nov affer­ma: «Con­cen­tran­do tut­ti i suoi sfor­zi nel com­ple­ta­men­to dei pro­pri com­pi­ti, al con­tem­po il pro­le­ta­ria­to si avvi­ci­na al momen­to in cui il pro­ble­ma non sarà la par­te­ci­pa­zio­ne a un gover­no prov­vi­so­rio, ma la pre­sa del pote­re da par­te del­la clas­se ope­ra­ia e la con­ver­sio­ne del­la “rivo­lu­zio­ne bor­ghe­se” in un pro­lo­go diret­to del­la rivo­lu­zio­ne socia­le» (Rja­za­nov 1905, p. 473 ).

Par­vus e la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne permanente
Mol­to più noto rispet­to al ruo­lo di Rja­za­nov nel­la rie­la­bo­ra­zio­ne del­la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te duran­te la rivo­lu­zio­ne rus­sa del 1905 è quel­lo di Par­vus (Ale­xan­der Israel Hel­phand), la cui impor­tan­za è evi­den­zia­ta, ad esem­pio, nel­la tri­lo­gia bio­gra­fi­ca su Tro­tsky scrit­ta da Isaac Deu­tscher. Ma, curio­sa­men­te, il docu­men­to prin­ci­pa­le a cui si fa gene­ral­men­te rife­ri­men­to in que­sto con­te­sto, la sua intro­du­zio­ne all’opuscolo di Tro­tsky Pri­ma del 9 gen­na­io, inti­to­la­ta “Che cosa ci dà il 9 gen­na­io?”, non era mai sta­ta tra­dot­ta in ingle­se o spa­gno­lo. In Wit­nes­ses to Per­ma­nent Revo­lu­tion abbia­mo tra­dot­to sia l’opuscolo di Tro­tsky sia l’introduzione di Par­vus (Day and Gai­do 2009, pp. 251–332), non­ché un arti­co­lo di Par­vus inti­to­la­to “I nostri com­pi­ti”, data­to 13 novem­bre 1905.

Alek­san­dr L’vo­vič Parvus

In “Che cosa ci dà il 9 gen­na­io?” Par­vus sostie­ne che il libe­ra­li­smo nell’Europa occi­den­ta­le era fio­ri­to nel con­te­sto del­la vita urba­na e del com­mer­cio, ma che il libe­ra­li­smo rus­so era sta­to un’idea impor­ta­ta, con radi­ci poco pro­fon­de. Sto­ri­ca­men­te, la vita urba­na del­la Rus­sia asso­mi­glia­va dav­ve­ro poco a quel­la dell’Europa occi­den­ta­le: le «cit­tà» era­no prin­ci­pal­men­te sedi ammi­ni­stra­ti­ve dell’autocrazia o, nel miglio­re dei casi, «cen­tri com­mer­cia­li per i pro­prie­ta­ri ter­rie­ri e i con­ta­di­ni del­le zone vici­ne». Quan­do le pres­sio­ni stra­nie­re ave­va­no infi­ne costret­to la Rus­sia a impor­ta­re ele­men­ti del­la moder­ni­tà capi­ta­li­sta, il pro­le­ta­ria­to indu­stria­le emer­gen­te si era con­cen­tra­to in gran­di fab­bri­che, sal­tan­do la fase dell’organizzazione in cor­po­ra­zio­ni e del­la manifattura.
Par­vus cre­de­va che nel­la pri­ma fase del­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa le for­ze oppo­ste del libe­ra­li­smo e del socia­li­smo avreb­be­ro potu­to tro­va­re un ter­re­no comu­ne, ma che il rove­scia­men­to dell’autocrazia avreb­be dato ini­zio a una lun­ga lot­ta poli­ti­ca in cui le loro rela­zio­ni in ter­mi­ni di obiet­ti­vi reci­pro­ca­men­te con­trad­dit­to­ri avreb­be­ro dovu­to esse­re defi­ni­te. Men­tre i libe­ra­li avreb­be­ro cer­ca­to di otte­ne­re il soste­gno del­la clas­se ope­ra­ia al costi­tu­zio­na­li­smo bor­ghe­se, l’obbligo più impor­tan­te dei social­de­mo­cra­ti­ci sareb­be sta­to quel­lo di man­te­ne­re l’indipendenza poli­ti­ca del pro­le­ta­ria­to e il suo impe­gno per un pro­gram­ma socia­li­sta. I social­de­mo­cra­ti­ci dove­va­no avva­ler­si del soste­gno dei libe­ra­li ove pos­si­bi­le, ma dove­va­no anche pre­pa­rar­si per una lun­ga lot­ta di clas­se e per­si­no per una guer­ra civi­le in cui l’esperienza sto­ri­ca dell’Europa occi­den­ta­le pote­va esse­re dra­sti­ca­men­te ridot­ta e il pro­le­ta­ria­to rus­so pote­va emer­ge­re come l’avanguardia del­la rivo­lu­zio­ne socia­li­sta inter­na­zio­na­le. La con­clu­sio­ne ine­vi­ta­bi­le era che solo i lavo­ra­to­ri pote­va­no com­ple­ta­re il rove­scia­men­to rivo­lu­zio­na­rio dell’assolutismo (Par­vus 1905).
La visio­ne di Par­vus era impres­sio­nan­te per la sua auda­cia, ma lascia­va anche pro­fon­de doman­de sen­za rispo­sta: fino a che pun­to un gover­no ope­ra­io in Rus­sia sareb­be sta­to costret­to dal­la sua stes­sa mis­sio­ne ad avan­za­re in dire­zio­ne del socia­li­smo, e fino a che pun­to sareb­be potu­to avan­za­re pri­ma di esse­re infi­ne rove­scia­to dal­la reazione?

Karl Kau­tsky e la rivo­lu­zio­ne permanente
For­se la più gran­de sor­pre­sa che abbia­mo avu­to è sta­ta sco­pri­re il ruo­lo cen­tra­le che Karl Kau­tsky – gene­ral­men­te con­si­de­ra­to un apo­sto­lo del quie­ti­smo e del rifor­mi­smo social­de­mo­cra­ti­co – ha svol­to nel­la rina­sci­ta del­la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te duran­te la Rivo­lu­zio­ne rus­sa del 1905. Ci ram­ma­ri­chia­mo sin­ce­ra­men­te del fat­to che gli Spar­ta­ci­sti ame­ri­ca­ni ci con­si­de­ri­no “neo‑kautskisti” inte­res­sa­ti a “rici­cla­re la Secon­da Inter­na­zio­na­le”, ma come sto­ri­ci il nostro dove­re è soprat­tut­to quel­lo di tener con­to di ciò che dico­no le fon­ti[10].
In effet­ti, nel­la sua intro­du­zio­ne del 1922 al suo libro sul­la pri­ma Rivo­lu­zio­ne rus­sa, Tro­tsky ave­va già men­zio­na­to Kau­tsky come soste­ni­to­re del­la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te nel 1905. In quel­la sede affermava:

«I con­flit­ti di idee in meri­to al carat­te­re del­la rivo­lu­zio­ne rus­sa tra­scen­de­va­no si d’allora l’area del­la social­de­mo­cra­zia rus­sa, gua­da­gnan­do gli ele­men­ti di pun­ta del socia­li­smo mon­dia­le. Il pun­to di vista men­sce­vi­co sul­la rivo­lu­zio­ne bor­ghe­se fu espo­sto assai scru­po­lo­sa­men­te, quan­to dire in modo fran­co e piat­to, dal libro di Čere­va­nin (Tsche­rewa­nin 1908). Gli oppor­tu­ni­sti tede­schi lo fece­ro subi­to pro­prio. Su invi­to di Kau­tsky, ne feci la recen­sio­ne sul­la “Neue Zeit”. A quell’epoca, Kau­tsky con­di­vi­de­va in pie­no il mio giu­di­zio. Anche lui, come il defun­to Meh­ring, era un asser­to­re del­la “rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te” (Meh­ring 1905). Ades­so, un po’ tar­di­va­men­te, ten­de a rifar­si una ver­gi­ni­tà men­sce­vi­ca, vuo­le umi­lia­re e abbas­sa­re il suo ieri al livel­lo del suo oggi. Sen­non­ché tale fal­si­fi­ca­zio­ne, impo­sta dal­le inquie­tu­di­ni di una coscien­za che non si tro­va abba­stan­za a posto di fron­te alle pro­prie teo­rie, è smen­ti­ta dai docu­men­ti di stam­pa. Ciò che Kau­tsky scri­ve­va in quel tem­po, il meglio del­la sua atti­vi­tà let­te­ra­ria e scien­ti­fi­ca (la sua rispo­sta al socia­li­sta polac­co Luś­nia, gli stu­di sugli ope­rai ame­ri­ca­ni e rus­si, la rispo­sta all’inchiesta di Ple­cha­nov sul carat­te­re del­la rivo­lu­zio­ne rus­sa, etc.), fu e resta uno spie­ta­to rifiu­to del men­sce­vi­smo, la pie­na giu­sti­fi­ca­zio­ne, sul pia­no teo­ri­co, del­la poste­rio­re tat­ti­ca rivo­lu­zio­na­ria dei bol­sce­vi­chi, che talu­ni scioc­chi e rin­ne­ga­ti, con alla testa il Kau­tsky di oggi, cen­su­ra­no ora qua­li avven­tu­rie­ri, dema­go­ghi, baku­ni­ni­sti» (Tro­tsky 2006, p. 15).

I tre docu­men­ti di Kau­tsky men­zio­na­ti da Tro­tsky, insie­me ad altri cin­que, sono sta­ti inclu­si in Wit­nes­ses to Per­ma­nent Revo­lu­tion. Kau­tsky cre­de­va che il cen­tro dell’attività rivo­lu­zio­na­ria si stes­se spo­stan­do ver­so l’Europa orien­ta­le e che le immi­nen­ti tem­pe­ste poli­ti­che in Rus­sia avreb­be­ro potu­to rivi­ta­liz­za­re la social­de­mo­cra­zia tedesca.

Karl Kau­tsky con sua moglie Luise

Nel­la rispo­sta a una recen­sio­ne del suo libro Die Sozia­le Revo­lu­tion, scrit­ta da Michał Luś­nia (Kazi­mierz Kel­les-Krauz), diri­gen­te socia­li­sta e mas­si­mo teo­ri­co del Par­ti­to socia­li­sta polac­co (PPS), Kau­tsky svi­lup­pa l’idea che, una vol­ta che il par­ti­to pro­le­ta­rio aves­se pre­so il pote­re poli­ti­co, la logi­ca ogget­ti­va del­la sua situa­zio­ne lo avreb­be costret­to a comin­cia­re ad appli­ca­re un pro­gram­ma socia­li­sta. Affer­ma testual­men­te che «là dove il pro­le­ta­ria­to ha con­qui­sta­to il pote­re poli­ti­co, la pro­du­zio­ne socia­li­sta appa­re come una neces­si­tà natu­ra­le … I suoi inte­res­si di clas­se e la neces­si­tà eco­no­mi­ca lo costrin­go­no ad adot­ta­re misu­re che con­du­co­no alla pro­du­zio­ne socia­li­sta» (Kau­tsky 1904, p. 199). L’impatto di que­sti argo­men­ti su Tro­tsky fu enor­me: inve­ce del tra­di­zio­na­le deter­mi­ni­smo eco­no­mi­co, secon­do cui le for­ze pro­dut­ti­ve in Rus­sia non era­no suf­fi­cien­te­men­te svi­lup­pa­te per per­met­te­re la rea­liz­za­zio­ne dei com­pi­ti socia­li­sti, Kau­tsky sostie­ne che la dina­mi­ca del­la lot­ta di clas­se costrin­ge­rà la clas­se ope­ra­ia, quan­do assu­me­rà le redi­ni del pote­re poli­ti­co, ad attua­re misu­re eco­no­mi­che di natu­ra socialista.
Anco­ra più elo­quen­te è l’articolo “Le con­se­guen­ze del­la vit­to­ria giap­po­ne­se e la social­de­mo­cra­zia”, scrit­to nel luglio del 1905, in cui Kau­tsky usa otto vol­te l’espressione “rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te”. Una cita­zio­ne sarà suf­fi­cien­te per mostra­re fino a che pun­to Tro­tsky si appog­giò a Kau­tsky quan­do scris­se Bilan­ci e pro­spet­ti­ve un anno dopo, nell’estate del 1906:

«La rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te è esat­ta­men­te ciò di cui han­no biso­gno i lavo­ra­to­ri rus­si. La rivo­lu­zio­ne è già matu­ra­ta ed è cre­sciu­ta enor­me­men­te in for­za, soprat­tut­to in Polo­nia. In pochi anni potreb­be tra­sfor­ma­re gli ope­rai rus­si in una trup­pa d’assalto, for­se la trup­pa d’assalto del pro­le­ta­ria­to inter­na­zio­na­le; una trup­pa che uni­rà tut­to il fuo­co del­la gio­ven­tù con l’esperienza di una pra­ti­ca di lot­ta storico‑mondiale e con la for­za di un pote­re domi­nan­te nel­lo Sta­to. Abbia­mo tut­te le ragio­ni per spe­ra­re che il pro­le­ta­ria­to rus­so giun­ge­rà alla rivo­lu­zio­ne in per­ma­nen­za o, per dir­la in ter­mi­ni bor­ghe­si, al caos e all’anarchia, e non al gover­no for­te che il signor Stru­ve ei suoi ami­ci libe­ra­li spe­ra­no» (Kau­tsky 1905a , p. 380).

L’articolo di Kau­tsky “Vec­chia e nuo­va rivo­lu­zio­ne”, scrit­to per un opu­sco­lo che com­me­mo­ra il pri­mo anni­ver­sa­rio del­la “Dome­ni­ca di san­gue” del 9 (22) gen­na­io 1905, è note­vo­le per il con­fron­to tra le dina­mi­che di clas­se del­le rivo­lu­zio­ni ingle­se, fran­ce­se e rus­sa. Secon­do Kau­tsky, la Rivo­lu­zio­ne ingle­se era sta­ta «un even­to pura­men­te loca­le»; la Rivo­lu­zio­ne fran­ce­se, seb­be­ne abbia scon­vol­to l’intera Euro­pa, era sfo­cia­ta nel regi­me mili­ta­re di Napo­leo­ne; ma la Rivo­lu­zio­ne rus­sa pro­met­te­va di «inau­gu­ra­re un’era di rivo­lu­zio­ni euro­pee che ter­mi­ne­rà con la dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to, apren­do la stra­da alla crea­zio­ne di una socie­tà socia­li­sta» (Kau­tsky 1905b, p. 536, cor­si­vo nell’originale).
Quan­to alla rispo­sta di Kau­tsky all’inchiesta di Ple­cha­nov sul carat­te­re del­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa, inti­to­la­to “Le for­ze motri­ci del­la rivo­lu­zio­ne rus­sa e le loro pro­spet­ti­ve” (Kau­tsky 1906b, pp. 567‑607), lo stes­so Tro­tsky la defi­nì nel 1908 come «la miglio­re espo­si­zio­ne teo­ri­ca del­le mie opi­nio­ni» (Let­te­ra di Tro­tsky a Kau­tsky, 11 ago­sto 1908, Kau­tsky Archi­ve, Inter­na­tio­nal Insti­tu­te of Social Histo­ry, Amster­dam, cita­to in Donald 1993, p. 91). È inte­res­san­te nota­re che l’articolo è sta­to tra­dot­to dal tede­sco al rus­so sepa­ra­ta­men­te sia da Tro­tsky che da Lenin, poi­ché entram­bi lo con­si­de­ra­va­no una riven­di­ca­zio­ne del­le loro rispet­ti­ve opi­nio­ni sul­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa (vedi l’introduzione di Lenin al testo in Lenin 1906).
Gli “stu­di sugli ope­rai ame­ri­ca­ni e rus­si”, cita­ti da Tro­tsky sul­la base del tito­lo del­la tra­du­zio­ne rus­sa, sono una serie di arti­co­li ori­gi­na­ria­men­te pub­bli­ca­ti nel feb­bra­io 1906 su Die Neue Zeit con il tito­lo The Ame­ri­can Wor­ker, in rispo­sta al famo­so sag­gio del­lo sto­ri­co tede­sco Wer­ner Som­bart Per­ché non c’è socia­li­smo negli Sta­ti Uni­ti?, che è sta­to tra­dot­to in spa­gno­lo[11]. La con­clu­sio­ne di Kau­tsky era che non c’era e non pote­va esser­ci un “per­cor­so uni­co” di svi­lup­po capi­ta­li­sta. Kau­tsky para­go­nò l’evoluzione sto­ri­ca di Gran Bre­ta­gna, Inghil­ter­ra e Sta­ti Uni­ti basan­do­si sull’idea che il mer­ca­to mon­dia­le è l’insieme con­trad­dit­to­rio che spie­ga le pecu­lia­ri­tà neces­sa­rie di tut­te le par­ti. In que­sto qua­dro più ampio, Kau­tsky non vede­va un “model­lo” in gra­do di spie­ga­re uni­for­me­men­te le rela­zio­ni di clas­se in ter­mi­ni astrat­ti di “livel­li” di svi­lup­po capi­ta­li­sti­co. Al con­tra­rio, sosten­ne che «ogni estre­mo può esse­re pre­sen­te in un Pae­se nel­la misu­ra in cui l’estremo oppo­sto esi­ste in un altro Pae­se». La Rus­sia e gli Sta­ti Uni­ti era­no gli estre­mi del capi­ta­li­smo che insie­me annun­cia­va­no il futu­ro del socia­li­smo mon­dia­le. In entram­bi, «uno dei due ele­men­ti del modo di pro­du­zio­ne capi­ta­li­sti­co è spro­por­zio­na­ta­men­te for­te, cioè più for­te di quan­to dovreb­be esse­re secon­do il suo livel­lo di svi­lup­po: negli Sta­ti Uni­ti, la clas­se capi­ta­li­sta; in Rus­sia, la clas­se ope­ra­ia» (Kau­tsky 1906a, pp. 620‑621) Pur­trop­po non pos­sia­mo recen­si­re, visti i limi­ti di que­sto sag­gio, la bril­lan­te ana­li­si di Kau­tsky sul­le cau­se del­la debo­lez­za poli­ti­ca del­la clas­se ope­ra­ia ame­ri­ca­na in con­fron­to a quel­la tede­sca e soprat­tut­to russa.

Rosa Luxem­burg sul carat­te­re com­bi­na­to del­la Rivo­lu­zio­ne russa
Infi­ne, dob­bia­mo men­zio­na­re il con­tri­bu­to di Rosa Luxem­burg al dibat­ti­to sul­la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te. In un arti­co­lo inti­to­la­to “Dopo il pri­mo atto”, pub­bli­ca­to il 4 feb­bra­io 1905, Rosa Luxem­burg fu la pri­ma per­so­na a fare rife­ri­men­to nel­la stam­pa socia­li­sta dell’Europa occi­den­ta­le a una “situa­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria in per­ma­nen­za” in Rus­sia (Luxem­burg 1905a, p. 370). Rosa spe­ra­va che la rivo­lu­zio­ne diven­tas­se per­ma­nen­te, non solo nel sen­so di com­pren­de­re tut­ti i popo­li e le regio­ni dell’impero del­lo Zar, ma anche nel sen­so di infon­de­re in un even­to for­mal­men­te bor­ghe­se il con­te­nu­to vita­le del­la lot­ta pro­le­ta­ria cosciente.

Rosa Luxem­burg con, tra gli altri, Kau­tsky, Adler, Ple­cha­nov, Vail­lant e Kata­ya­ma (Amster­dam, 1904)

In un altro docu­men­to inclu­so nel nostro libro, inti­to­la­to “La rivo­lu­zio­ne rus­sa” (20 dicem­bre 1905), Rosa Luxem­burg ana­liz­za come la Rivo­lu­zio­ne rus­sa fos­se col­le­ga­ta alla sto­ria euro­pea dopo la Rivo­lu­zio­ne fran­ce­se del 1789. L’idea di base è che una rivo­lu­zio­ne di carat­te­re dua­le in Rus­sia avreb­be com­ple­ta­to la serie di rivo­lu­zio­ni bor­ghe­si inau­gu­ra­te nel 1789 e, allo stes­so tem­po, avreb­be dato ini­zio a un nuo­vo ciclo di rivo­lu­zio­ni pro­le­ta­rie su sca­la inter­na­zio­na­le che avreb­be por­ta­to al trion­fo del socia­li­smo. Pro­prio come la Rivo­lu­zio­ne fran­ce­se ave­va influen­za­to l’intera sto­ria poli­ti­ca del XIX seco­lo, Luxem­burg si aspet­ta­va che la Rivo­lu­zio­ne rus­sa avreb­be avu­to un’influenza simi­le nel XX seco­lo (Luxem­burg 1905b).
Infi­ne, nel suo discor­so al quin­to con­gres­so del Par­ti­to ope­ra­io social­de­mo­cra­ti­co rus­so, tenu­to­si a Lon­dra dal 13 mag­gio al 1° giu­gno 1907, Rosa Luxem­burg affer­mò che gli ope­rai rus­si non pote­va­no con­ta­re né sui libe­ra­li né sui con­ta­di­ni come allea­ti affi­da­bi­li. I loro uni­ci allea­ti affi­da­bi­li era­no i lavo­ra­to­ri degli altri Pae­si. Lascia­to a se stes­so, un gover­no ope­ra­io in Rus­sia sareb­be ine­vi­ta­bil­men­te crol­la­to, sic­ché l’esito fina­le del­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa dipen­de­va dal con­te­sto inter­na­zio­na­le: più in par­ti­co­la­re, dal­la misu­ra in cui la Rivo­lu­zio­ne rus­sa ser­vis­se da inne­sco per una serie di rivo­lu­zio­ni pro­le­ta­rie nei Pae­si a capi­ta­li­smo avan­za­to (Rosa Luxem­burg 1907).

La cri­ti­ca di Lars Lih a Wit­nes­ses to Per­ma­nent Revo­lu­tion e la nostra replica
Nel­la sua lun­ga recen­sio­ne del nostro libro (Lih 2012), Lars Lih affer­ma che, nono­stan­te i sei anni tra­scor­si a rac­co­glie­re e tra­dur­re i docu­men­ti inclu­si in Wit­nes­ses to Per­ma­nent Revo­lu­tion dal rus­so e dal tede­sco, non ave­va­mo capi­to il loro vero signi­fi­ca­to per­ché avrem­mo por­ta­to avan­ti que­sto pro­get­to con una mis­sio­ne ideo­lo­gi­ca, vale a dire per soste­ne­re: «che Rja­za­nov, Par­vus, Luxem­burg, Meh­ring e in par­ti­co­la­re Kau­tsky “avreb­be­ro anti­ci­pa­to” l’argomento di Tro­tsky sul­la “rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te”». “Ipno­tiz­za­ti” dall’espressione “rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te”, non ci sarem­mo accor­ti che in real­tà c’erano dif­fe­ren­ze impor­tan­ti tra que­sti auto­ri, e avrem­mo ipo­tiz­za­to che «chiun­que abbia usa­to que­sta espres­sio­ne sareb­be sta­to … essen­zial­men­te d’accordo con lo spe­ci­fi­co argo­men­to di Tro­tsky». Quin­di, sarem­mo giun­ti alla sem­pli­ci­sti­ca con­clu­sio­ne che tut­te que­ste emi­nen­ze del­la pri­ma Rivo­lu­zio­ne rus­sa sareb­be­ro sta­ti tro­tski­sti inci­pien­ti, che meri­ta­va­no i nostri più calo­ro­si elo­gi, men­tre tut­ti colo­ro che non era­no d’accordo con Tro­tsky (in par­ti­co­la­re Ple­cha­nov e Lenin) avreb­be­ro svol­to nel nostro libro il ruo­lo dei cat­ti­vi. Lih pro­ce­de a leg­ge­re i docu­men­ti “cor­ret­ta­men­te” e affer­ma che solo Tro­tsky avreb­be indi­ca­to «un col­le­ga­men­to tra la rivo­lu­zio­ne demo­cra­ti­ca e la rivo­lu­zio­ne socia­li­sta», men­tre «nes­su­no degli altri scrit­to­ri» è anda­to oltre «il qua­dro del­la rivo­lu­zio­ne demo­cra­ti­ca»: in effet­ti, tut­ti costo­ro non avreb­be­ro fat­to altro che pre­ve­de­re una «rivo­lu­zio­ne demo­cra­ti­ca in Per­ma­nenz» (Lih 2012, pp. 434‑435).

Un momen­to del­la mani­fe­sta­zio­ne del 9 (22) gen­na­io 1905 (la “Dome­ni­ca di sangue”)

Il pro­ble­ma meto­do­lo­gi­co fon­da­men­ta­le del­la cri­ti­ca di Lih è che pren­de come base il prin­ci­pio di iden­ti­tà ari­sto­te­li­co (A = A); ovve­ro, per dir­la in ter­mi­ni evan­ge­li­ci, «Sia inve­ce il vostro par­la­re: “Sì, sì”, “No, no”; il di più vie­ne dal Mali­gno» (Mat­teo 5:37). In altre paro­le, Lih ope­ra con le rigi­de cate­go­rie di “una cosa o l’altra”: nel­la sua opi­nio­ne, una rivo­lu­zio­ne può esse­re democratico‑borghese o socia­li­sta; par­lan­do di una rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te, i par­te­ci­pan­ti al dibat­ti­to han­no fat­to rife­ri­men­to, o a una “rivo­lu­zio­ne demo­cra­ti­ca in Per­ma­nenz”, oppu­re a una rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te che por­ta ine­vi­ta­bil­men­te al socia­li­smo. È pro­prio que­sto tipo di dico­to­mia che ci era­va­mo pro­po­sti di evi­ta­re, non solo per­ché è un ragio­na­men­to pro­fon­da­men­te anti­dia­let­ti­co, quan­to per­ché l’intero pro­ble­ma dell’analisi del­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa del 1905 deri­va dal fat­to che essa non fu né una rivo­lu­zio­ne pura­men­te bor­ghe­se, né pura­men­te socia­li­sta, ma un feno­me­no sto­ri­co sui gene­ris che com­bi­na­va ele­men­ti bor­ghe­si e pro­le­ta­ri. Più spe­ci­fi­ca­men­te, la Rivo­lu­zio­ne rus­sa è sta­ta una com­bi­na­zio­ne di una jac­que­rie nel­le zone rura­li, dove vive­va più del 80% del­la popo­la­zio­ne (a cui va aggiun­to il movi­men­to di libe­ra­zio­ne del­le nazio­na­li­tà oppres­se dall’impero zari­sta), con una rivol­ta ope­ra­ia nel­le cit­tà, in una socie­tà che con­ta­va tre milio­ni di sala­ria­ti su un tota­le di 150 milio­ni di abi­tan­ti (Haupt 1979). Per­tan­to, il ten­ta­ti­vo di impor­re alla rivo­lu­zio­ne rus­sa la leg­ge meta­fi­si­ca dell’identità fa vio­len­za al suo carat­te­re. Nel nostro libro abbia­mo ripro­dot­to il seguen­te para­gra­fo di Rosa Luxem­burg sul­la dupli­ce natu­ra del­la rivo­lu­zio­ne russa:

«L’attuale rivo­lu­zio­ne nel nostro Pae­se, così come nel resto del regno zari­sta, ha un dupli­ce carat­te­re. Nei suoi obiet­ti­vi imme­dia­ti, è una rivo­lu­zio­ne bor­ghe­se. Il suo sco­po è l’introduzione nel­lo Sta­to zari­sta del­la liber­tà poli­ti­ca, del­la repub­bli­ca e nell’ordine par­la­men­ta­re che, con il domi­nio del capi­ta­le sul lavo­ro sala­ria­to, altro non è se non una for­ma avan­za­ta di Sta­to bor­ghe­se, una for­ma di domi­nio di clas­se del­la bor­ghe­sia sul pro­le­ta­ria­to. Tut­ta­via, in Rus­sia e in Polo­nia la rivo­lu­zio­ne bor­ghe­se non è sta­ta con­dot­ta dal­la bor­ghe­sia, come in pre­ce­den­za è acca­du­to in Ger­ma­nia e Fran­cia, ma dal­la clas­se ope­ra­ia; e, per giun­ta, da una clas­se ope­ra­ia che è ampia­men­te con­sa­pe­vo­le dei suoi inte­res­si di clas­se, una clas­se ope­ra­ia che non ha con­qui­sta­to la liber­tà poli­ti­ca per la bor­ghe­sia, ma, al con­tra­rio, con l’obiettivo di faci­li­ta­re la pro­pria lot­ta con­tro la bor­ghe­sia, allo sco­po di acce­le­ra­re il trion­fo del socia­li­smo. Per que­sto moti­vo, la rivo­lu­zio­ne attua­le è allo stes­so tem­po una rivo­lu­zio­ne ope­ra­ia. Per­tan­to, la lot­ta con­tro l’assolutismo in que­sta rivo­lu­zio­ne deve anda­re di pari pas­so con la lot­ta con­tro il capi­ta­le, con­tro lo sfrut­ta­men­to» (Rosa Luxem­burg, “In revo­lu­tio­nä­rer Stun­de: Was wei­ter?”, Czer­wo­ny Sztan­dar [Cra­cow], n. 26, mag­gio 1905, Bei­la­ge, ripro­dot­to in Luxem­burg, Gesam­mel­te Wer­ke, vol. 1, n. 2, Ber­lin, Die­tz Ver­lag, cit. in Day e Gai­do 2009, p. 521‑522).

Il tema dell’articolo di Rosa Luxem­burg, “La rivo­lu­zio­ne rus­sa” (ripro­dot­to nel capi­to­lo 18 di Wit­nes­ses to Per­ma­nent Revo­lu­tion), è che una dop­pia rivo­lu­zio­ne in Rus­sia avreb­be allo stes­so tem­po com­ple­ta­to la serie di rivo­lu­zio­ni bor­ghe­si inau­gu­ra­ta nel 1789 e dato il via a un nuo­vo ciclo di rivo­lu­zio­ni pro­le­ta­rie che avreb­be­ro con­dot­to al trion­fo inter­na­zio­na­le del socia­li­smo. Il carat­te­re dua­le del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te in ter­mi­ni di com­ple­ta­men­to di un pro­get­to sto­ri­co gui­da­to dal­la bor­ghe­sia e l’inizio di un altro in cui il sog­get­to rivo­lu­zio­na­rio è incar­na­to dagli ope­rai – e, nel caso del­la Rus­sia, dai con­ta­di­ni – è l’asse intor­no al qua­le ruo­ta tut­to il nostro libro. Curio­sa­men­te, nel­la sua rispo­sta alla nostra repli­ca, Lih ha visto in que­sta affer­ma­zio­ne del carat­te­re dua­le del­la rivo­lu­zio­ne rus­sa «una ritrat­ta­zio­ne de fac­to» (Lih 2013).

Il dibat­ti­to su Wit­nes­ses to Per­ma­nent Revo­lu­tion in Scien­ce & Society
I con­tri­bu­ti di Alan Shan­dro e John Marot pos­so­no esse­re trat­ta­ti suc­cin­ta­men­te. Marot ci accu­sa di ave­re un «atteg­gia­men­to defe­ren­te nei con­fron­ti del “visio­na­rio” Tro­tsky» e affer­ma che «Lih è inter­ve­nu­to in manie­ra deci­si­va per chia­ri­re il tema» (Marot 2013, p. 412). C’è però un note­vo­le ele­men­to di incoe­ren­za, per­ché Marot affer­ma che «Tro­tsky si dimo­strò incor­reg­gi­bil­men­te dot­tri­na­rio fino al 1917, quan­do i bol­sce­vi­chi adot­ta­ro­no la sua teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te in modo del tut­to indi­pen­den­te, adot­tan­do le Tesi di apri­le di Lenin per orien­ta­re la loro atti­vi­tà poli­ti­ca» (Marot 2013, p. 414). Lih, inve­ce, nega che i bol­sce­vi­chi abbia­no adot­ta­to la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te nel 1917 e affer­ma che non ci sono dif­fe­ren­ze sostan­zia­li tra que­sta teo­ria e la “dit­ta­tu­ra demo­cra­ti­ca del pro­le­ta­ria­to e dei con­ta­di­ni”. Secon­do Lih, «Day e Gai­do seguo­no la tra­di­zio­ne tro­tski­sta di pre­sta­re trop­pa atten­zio­ne alla pre­sun­ta con­trap­po­si­zio­ne tra la for­mu­la di Lenin “dit­ta­tu­ra demo­cra­ti­ca degli ope­rai e dei con­ta­di­ni” e la for­mu­la asso­cia­ta a Tro­tsky, cioè “gli ope­rai che si appog­gia­no sui con­ta­di­ni”», ben­ché «le rea­li dif­fe­ren­ze poli­ti­che tra que­ste for­mu­le sia­no incon­si­sten­ti» (Lih 2012, p. 443, nota 8).

La coper­ti­na del­la rivi­sta sati­ri­ca ita­lia­na “L’A­si­no” che rie­vo­cò i fat­ti del­la “Dome­ni­ca di san­gue” del 1905

Shan­dro, al con­tra­rio, ten­de a difen­de­re la nostra ana­li­si dal­la cri­ti­ca di Lih, seb­be­ne lo fac­cia in ter­mi­ni estra­nei all’universo con­cet­tua­le dei par­te­ci­pan­ti al dibat­ti­to (“telos” vs. “agen­cy”). Tut­ta­via, ripro­du­ce due cita­zio­ni che con­fer­ma­no la nostra enfa­si sul carat­te­re dua­le del­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa. La pri­ma è trat­ta dall’articolo di Rosa Luxem­burg “La rivo­lu­zio­ne rus­sa”, scrit­to il 20 dicem­bre 1905, e dice chia­ra­men­te che la rivo­lu­zio­ne rus­sa «essen­do for­mal­men­te democratico‑borghese, ma essen­zial­men­te proletario‑socialista, è, sia nel suo con­te­nu­to come per il suo meto­do, una for­ma di tran­si­zio­ne dal­le rivo­lu­zio­ni bor­ghe­si del pas­sa­to alle rivo­lu­zio­ni pro­le­ta­rie del futu­ro, che impli­che­ran­no diret­ta­men­te la dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to e la rea­liz­za­zio­ne del socia­li­smo» (Day e Gai­do 2009, p. 526, cor­si­vo nostro). La secon­da cita­zio­ne, trat­ta dal­la rispo­sta di Karl Kau­tsky al que­stio­na­rio di Ple­cha­nov, affer­ma che la Rivo­lu­zio­ne rus­sa «non è né una rivo­lu­zio­ne bor­ghe­se in sen­so tra­di­zio­na­le, né socia­li­sta, ma un pro­ces­so com­ple­ta­men­te uni­co che si svol­ge al con­fi­ne tra la socie­tà bor­ghe­se e quel­la socia­li­sta, che richie­de la dis­so­lu­zio­ne del­la pri­ma men­tre pre­pa­ra la crea­zio­ne del­la secon­da» (Day e Gai­do 2009, p. 607). Shan­dro con­clu­de che Lih ten­ta di «mar­gi­na­liz­za­re in modo poco con­vin­cen­te» i «rife­ri­men­ti alla rivo­lu­zio­ne socia­li­sta di Kau­tsky, Luxem­burg, ecc.» (Shan­dro 2013, p. 409)[12].

Con­clu­sio­ne
A nostro avvi­so, i docu­men­ti rac­col­ti in Wit­nes­ses to Per­ma­nent Revo­lu­tion non han­no anco­ra tro­va­to let­to­ri suf­fi­cien­te­men­te infor­ma­ti per far avan­za­re real­men­te l’analisi sto­ri­ca con­sul­tan­do fon­ti docu­men­ta­rie ad oggi ine­splo­ra­te che con­sen­to­no di con­te­stua­liz­za­re la rina­sci­ta del­la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te in for­ma più det­ta­glia­ta. Ad esem­pio, il seguen­te cam­po di ricer­ca meri­te­reb­be un esa­me più atten­to: il lea­der men­sce­vi­co Mar­tov scris­se sull’Iskra, n. 93 (17 mar­zo 1905), che se i par­ti­ti radi­ca­li «sva­ni­sco­no pri­ma di aver avu­to il tem­po di fio­ri­re … il pro­le­ta­ria­to non potrà rifiu­ta­re il pote­re poli­ti­co. Ma è anche chia­ro che … non potrà cir­co­scri­ver­si entro i limi­ti di una rivo­lu­zio­ne bor­ghe­se … Può solo lot­ta­re per una rivo­lu­zio­ne in Per­ma­nenz, per una lot­ta diret­ta con­tro l’intera socie­tà bor­ghe­se. In con­cre­to que­sto signi­fi­ca un’altra Comu­ne di Pari­gi o l’inizio di una rivo­lu­zio­ne socia­li­sta in Occi­den­te che si esten­de­rà alla Rus­sia. Sia­mo obbli­ga­ti ad aspi­ra­re a quest’ultimo sce­na­rio» (cit. in Keep 1963, p. 200).


(Tra­du­zio­ne di Vale­rio Torre)


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  • Tsche­rewa­nin, A. 1908, Das Pro­le­ta­riat und die rus­si­sche Revo­lu­tion, mit einer Vor­re­de von H. Roland-Hol­st und einem Anhang vom Über­se­tzer S. Lewi­tin, Stutt­gart: J.H.W. Dietz.
  • Van Ree, Erik 2012, “Ger­man Mar­xi­sm and the Decli­ne of the Per­ma­nent Revo­lu­tion, 1870–1909”, Histo­ry of Euro­pean Ideas, 38:4, pp. 570–589.
  • Wal­den­berg, Marek 1980, Il Papa ros­so: Karl Kau­tsky, Roma: Edi­to­ri Riu­ni­ti, 2 voll.
  • Walic­ki, Andr­zej 1971, Popu­li­smo y mar­xi­smo en Rusia: La teo­ría de los popu­li­stas rusos, con­tro­ver­sia sobre el capi­ta­li­smo, Bar­ce­lo­na: Estela.

Note

[1] Indu­strial Wor­kers of the World, 1905, p. 213.
[2] Su Karl Legien e il ruo­lo poli­ti­co svol­to dai buro­cra­ti del­la Com­mis­sio­ne Gene­ra­le dei Sin­da­ca­ti “Libe­ri” (cioè, social­de­mo­cra­ti­ci) del­la Ger­ma­nia, v. Bosch e Gai­do, 2012.
[3] Sull’analisi di Lenin cir­ca la via nor­da­me­ri­ca­na di svi­lup­po capi­ta­li­sta, v. Gai­do, 2006, pp. 28‑48, e Gai­do, 2013. Sul­la rifor­ma agra­ria di Sto­ly­pin v. Ascher, 2004, pp. 176‑182.
[4] Due par­zia­li ecce­zio­ni a que­sta gene­ra­liz­za­zio­ne sono i libri di Rei­dar Lars­son e Hart­mut Meh­rin­ger, elen­ca­ti nel­la bibliografia.
[5] «La rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te espri­me­va la spe­ran­za che i par­ti­ti comu­ni­sti potes­se­ro giun­ge­re al pote­re e per­si­no con­vin­ce­re gli altri par­ti­ti a seguir­li nel socia­li­smo, nel vivo del­le lot­te nazio­na­li in cui era­no in movi­men­to gran­di mas­se. Con il pro­gres­so eco­no­mi­co e le rifor­me poli­ti­che degli ulti­mi decen­ni del XIX seco­lo, que­sto tipo di rivo­lu­zio­ne popo­la­re diven­ne un’illusione. Kau­tsky era irrea­li­sti­co solo nel sen­so che non riu­sci­va a capi­re che anche il pro­le­ta­ria­to era in pro­cin­to di esse­re inte­gra­to nel­la socie­tà. In altre paro­le, che non era rima­sta nean­che una clas­se rivo­lu­zio­na­ria; non ce n’erano» (Van Ree, pp. 587–8).
[6] «Accan­to ai nuo­vi gover­ni uffi­cia­li, gli ope­rai devo­no isti­tui­re imme­dia­ta­men­te gover­ni ope­rai rivo­lu­zio­na­ri, sia sot­to for­ma di comi­ta­ti o con­si­gli muni­ci­pa­li, sia sot­to for­ma di cir­co­li o comi­ta­ti ope­rai, in modo tale che i gover­ni democratico‑borghesi non solo per­da­no imme­dia­ta­men­te il soste­gno dei lavo­ra­to­ri, ma si veda­no dal pri­mo momen­to sor­ve­glia­ti e minac­cia­ti dal­le auto­ri­tà die­tro le qua­li si tro­va l’intera mas­sa dei lavo­ra­to­ri» (Marx ed Engels 1850, p. 185).
[7] L’originale tede­sco reci­ta: «Dies die von uns bei­den ver­fas­ste ‘Anspra­che an den Bund’ — au fond nich­ts als ein Krieg­splan gegen die Demo­kra­tie» (Marx and Engels in Man­che­ster [Lon­dra], 13 luglio 1851. Marx und Engels, Wer­ke, Ber­li­no, Die­tz Ver­lag, 1965, Band 27, p. 278.)
[8] Bern­stein 1899, cap. 2, “Der Mar­xi­smus und Hegel­sche Dia­lek­tik, a) Die Fall­stric­ke der hege­lia­ni­sch-dia­lek­ti­schen Metho­de” (“Le insi­die del meto­do dia­let­ti­co hege­lia­no”), e Meh­ring 1899.
[9] Su que­sto argo­men­to si veda l’ottimo libro di Walic­ki 1971.
[10] Il pro­vin­cia­li­smo anglo­sas­so­ne degli Spar­ta­ci­sti fa sì che essi abbia­no poca fami­lia­ri­tà con la bio­gra­fia prin­ci­pa­le di Kau­tsky, dispo­ni­bi­le solo in polac­co e ita­lia­no (Wal­den­berg 1980).
[11] Som­bart 2009. Karl Kau­tsky, “Der ame­ri­ka­ni­sche Arbei­ter”, Die Neue Zeit, 24, 1905‑1906, 1. Bd. (1906), pp. 676‑683, 717‑727, 740‑52 e 773‑787. Tra­dot­to in ingle­se in Day e Gai­do 2009, pp. 609‑661.
[12] Come det­ta­glio curio­so, si potreb­be aggiun­ge­re la cita­zio­ne che Shan­dro offre del mar­xi­sta pre­di­let­to dai cir­co­li acca­de­mi­ci, Anto­nio Gram­sci, che nei Qua­der­ni del car­ce­re affer­ma, in manie­ra del tut­to gof­fa, che la teo­ria del­la rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te «ripre­sa, siste­ma­tiz­za­ta, ela­bo­ra­ta, intel­let­tua­liz­za­ta dal grup­po Par­vus-Bron­stein, si mani­fe­stò iner­te e inef­fi­ca­ce nel 1905 e in segui­to: era diven­ta­ta una cosa astrat­ta, da gabi­net­to scien­ti­fi­co» (Q19, §24, Gram­sci 1975, vol. 3, p. 2034). Gram­sci ave­va già affer­ma­to in pre­ce­den­za che la teo­ria del­la “rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te” (come “guer­ra di movi­men­to”) era sta­ta sosti­tui­ta dal con­cet­to di “ege­mo­nia civi­le” (inte­sa come “guer­ra di posi­zio­ne”): «la for­mu­la qua­ran­tot­te­sca del­la “rivo­lu­zio­ne per­ma­nen­te” vie­ne ela­bo­ra­ta e sosti­tui­ta nel­la scien­za poli­ti­ca nel­la for­mu­la di “ege­mo­nia civi­le”. Avvie­ne nell’arte poli­ti­ca ciò che avvie­ne nell’arte mili­ta­re: la guer­ra di movi­men­to è sem­pre la guer­ra di posi­zio­ne» (Q13, §28, Gram­sci 1975, vol. 3, p. 1566).