Benvenuto Presidente!
L’armata Brancaleone dei riformisti all’assalto del Quirinale
Valerio Torre
“Benvenuto Presidente!” è un film comico del 2013, gigionescamente interpretato dall’attore Claudio Bisio nei panni di uno spiantato pescatore di trote di un paesino di montagna, il quale, a causa di una serie di intrighi di palazzo riusciti male, viene eletto Presidente della repubblica. Proiettato in una dimensione a lui del tutto estranea, si trova a scontrarsi con i rigidi rituali del protocollo del Quirinale, ma, soprattutto, con le beghe di corridoio dei palazzi del potere.
Ci è venuta in mente questa godibile e simpatica pellicola assistendo alla frenetica attività messa in campo da alcune piccole organizzazioni riformiste e piccolo‑borghesi, con la quale esse pensano di ritagliarsi uno strapuntino di visibilità ad un angolo del grande tavolo su cui i partiti che rappresentano all’interno delle istituzioni il capitalismo e la borghesia in tutte le loro declinazioni stanno giocando le proprie carte per decidere chi sarà il prossimo Capo dello Stato: partiti – sia ben chiaro – che neanche si sono accorti della fregola di quelle piccole organizzazioni.
E così, mentre nelle stanze che contano i politici di sempre cercano di delineare ognuno uno scenario favorevole al gruppo di cui sono l’espressione, abbiamo visto insignificanti figure agitarsi per dire anch’esse – benché non richieste – la loro sull’argomento.
Un “buon” presidente?
Ad “aprire le danze” è stato Maurizio Acerbo, segretario nazionale di quel cumulo di macerie a cui è ormai ridotta Rifondazione comunista, il quale, in occasione della morte dell’europarlamentare e presidente del parlamento europeo David Sassoli, ha voluto ricordarlo con l’affermazione: «sarebbe stato un buon Presidente della Repubblica».
Davvero? Ma “buono” per chi? Per la classe operaia forse, o per quella dei padroni? Acerbo può per caso indicarci quali iniziative politiche in favore delle masse popolari ha intrapreso Sassoli nei tanti anni in cui ha ricoperto incarichi pubblici? Non era forse stato eletto al parlamento europeo in rappresentanza di un partito borghese come il Pd? E non rivestiva la funzione di presidente di quel consesso in rappresentanza delle classi dominanti?
PaP rilancia
È stata poi la volta di quell’agglomerato neo‑riformista e piccolo‑borghese dal nome “Potere al popolo”[1], che si è lanciato in due iniziative, una dopo l’altra.
Dapprima, ha promosso una petizione contro la paventata elezione di Mario Draghi alla presidenza della repubblica. Questo testo, partendo dal consueto atteggiamento di ossequio per la Costituzione borghese e di omaggio verso la «nostra democrazia», reputa che la “promozione” dell’attuale premier al Quirinale costituisca una «deriva autoritaria» e che «con Draghi presidente il liberismo economico, sociale e culturale si consoliderebbe al massimo livello istituzionale». Sicché, «impedire questo consolidamento sarebbe un primo passo per riaffermare [i] principi della Costituzione» che, secondo PaP sarebbero sacrificati in nome del profitto.
Ma non è forse vero che è proprio la natura borghese di quella Costituzione a costituire il presupposto per il “sacrificio” dei principi astratti in essa enunciati? Occorre per caso ricordare che perfino un costituzionalista liberale come Piero Calamandrei sostenne a ragion veduta che la Carta costituzionale era stata, nel quadro della ricostruzione dello Stato borghese entro i limiti del trattato di Yalta dopo la fine del ventennio fascista e della Seconda guerra mondiale, una gentile concessione della rinascente borghesia italiana alle forze di sinistra per evitare che la lotta di liberazione trascrescesse in lotta rivoluzionaria per il socialismo[2]?
Il candidato
La seconda iniziativa promossa da PaP è stata l’individuazione come “proprio” candidato alla carica di inquilino del Colle dell’ex presidente della Corte costituzionale Paolo Maddalena[3]. Per qualche giorno la candidatura è stata strombazzata da PaP come «un nome di altissimo profilo dal punto di vista tanto tecnico quanto morale. […] una figura di garanzia non degli equilibri di potere attuali, ma dei diritti sanciti dalla carta fondativa della Repubblica Italiana».
Per non restare fuori dai giochi, il già nominato Maurizio Acerbo si è buttato a capofitto su questa trovata, con una dichiarazione che campeggia sul sito web di Rifondazione, in cui nientedimeno riconosce al candidato la qualità di «garante della Costituzione».
E poteva mai mancare in questo embrassons‑nous il “padre nobile” del Prc, cioè l’ex segretario Paolo Ferrero? Certamente no! Anche lui si è lanciato in iperbolici complimenti al candidato, definito «un uomo retto, un grande democratico rispettoso della Costituzione che si batte da anni per la sua attuazione».
Il candidato buttato giù dal piedistallo
Ma sono bastate solo 48 ore per far scendere dal piedistallo il povero Maddalena, “picconato da alcune sue vecchie dichiarazioni di antiabortista convinto” tirate fuori dal pozzo della memoria storica del web.
E così, con un imbarazzato dietro‑front i neo‑riformisti piccolo‑borghesi di PaP hanno comunicato che il poverino non era più il loro candidato, e ora stanno cercando di girare a loro vantaggio la capriola travestendosi da ingenui, per non aver verificato in anticipo le posizioni politiche del candidato; ma fieramente onesti, per avere avuto il coraggio di cambiare pubblicamente d’opinione[4].
Un ostacolo da rimuovere
Questi i fatti. Ma non possiamo esimerci dal trarne le dovute conclusioni politiche approfondendo la caratterizzazione che su questo sito abbiamo a più riprese formulato a proposito di siffatte organizzazioni riformiste.
La realtà è che queste piccole forze politiche, che – sicuramente per le mancanze dei militanti che si richiamano al marxismo rivoluzionario – attirano a sé settori di attivisti della sinistra larga, sono affette da una forma cronica di “cretinismo istituzionale”: sono, cioè, totalmente compenetrate nell’idea riformista e piccolo‑borghese del buon funzionamento della democrazia borghese; hanno introiettato in pieno le illusioni sul parlamentarismo borghese e idealizzato le forme democratico‑istituzionali che da questo discendono, a partire dalla “sacralizzazione” della Costituzione, di cui esse stesse vorrebbero farsi garanti ed esecutrici; e per ciò stesso diffondono l’idea della fiducia nelle istituzioni borghesi. In ultima analisi, rappresentano la negazione completa di ciò per cui Marx ed Engels combatterono senza soste nella loro vita e in tutta la loro attività teorica e politica: la distruzione di quello strumento di dominazione che è la democrazia borghese.
Come abbiamo già avuto modo di sostenere, benché piccole, queste organizzazioni rappresentano un ostacolo sulla strada di una possibile, per quanto complessa, ricomposizione in senso classista delle forze che, riconoscendosi invece in un ideale rivoluzionario, aspirano a una società socialista. E, come tutti gli ostacoli, anche questo dovrà necessariamente essere politicamente rimosso se vorremo portare avanti un progetto di trasformazione rivoluzionaria della società.
Note
[1] Su quest’organizzazione ci siamo già espressi in diverse occasioni: ad esempio, qui e qui.
[2] «Una rivoluzione promessa in cambio di una rivoluzione mancata» (P. Calamandrei, La Costituzione, in AA.VV., Dieci anni dopo. 1945–1955, pp. 212‑215).
[3] Ancora una volta si manifesta la coazione a ripetere della sinistra riformista nel puntare su un “ermellino da guardia”.
[4] Mentre chiudiamo questo scritto, ancora non c’è stata una presa di posizione pubblica del Prc riguardo alla revoca della candidatura di Maddalena da parte di PaP, sicché non è chiaro se il partito di Acerbo continuerà a sostenerla.