Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Fascismo

Il filo nero nella costruzione del “processo per le foibe”

Come ogni anno, la “Gior­na­ta del ricor­do” rap­pre­sen­ta l’oc­ca­sio­ne per il revan­sci­smo fasci­sta di rial­za­re la testa ten­tan­do in que­sto modo, attra­ver­so lo spec­chiet­to del­le allo­do­le del­le “foi­be”, di svia­re l’at­ten­zio­ne del­la pub­bli­ca opi­nio­ne dai cri­mi­ni che il regi­me fasci­sta com­mi­se nei ter­ri­to­ri del­l’ex Jugoslavia.
Già in pas­sa­to abbia­mo affron­ta­to que­sto tema attra­ver­so l’ar­ti­co­lo “Foi­be, gior­na­ta del ricor­do e mani­po­la­zio­ne sto­ri­ca”, al qua­le rin­via­mo i nostri lettori.
Oggi, inve­ce, pub­bli­chia­mo uno scrit­to del­la ricer­ca­tri­ce Clau­dia Cer­ni­goi, che spie­ga det­ta­glia­ta­men­te la matri­ce fasci­sta che è alla base di que­sto vero e pro­prio dise­gno di mani­po­la­zio­ne storica.
Buo­na lettura.
La redazione

Il filo nero nella costruzione del “processo per le foibe”


Clau­dia Cernigoi

 

Come fu crea­ta la docu­men­ta­zio­ne sui “cri­mi­ni degli jugo­sla­vi con­tro gli italiani”
C’è un fon­do docu­men­ta­le con­ser­va­to nell’Archivio del Mini­ste­ro per gli Affa­ri Este­ri (MAE) che è sta­to più vol­te por­ta­to qua­le fon­te per i pre­sun­ti cri­mi­ni attri­bui­ti all’Esercito di Libe­ra­zio­ne jugo­sla­vo, all’intera Resi­sten­za jugo­sla­va ed alla Jugo­sla­via inte­sa come Sta­to. Sono sta­ti acqui­si­ti nel pro­ces­so cosid­det­to “del­le foi­be” istrui­to dal PM roma­no Giu­sep­pe Pitit­to a segui­to di una denun­cia pre­sen­ta­ta nel 1994 dall’avvocato (già pidui­sta) Augu­sto Sina­gra[1]; sono sta­ti uti­liz­za­ti dal gori­zia­no Luca Uri­zio per dimo­stra­re l’esistenza di una “foi­ba” con­te­nen­te cen­ti­na­ia di vit­ti­me, cir­co­stan­za poi smen­ti­ta dal­le inda­gi­ni del­la Pro­cu­ra di Udi­ne; ven­go­no di tan­to in tan­to tira­ti fuo­ri acri­ti­ca­men­te da chi ha come sco­po la cri­mi­na­liz­za­zio­ne del movi­men­to anti­na­zi­fa­sci­sta jugo­sla­vo, ed ogni vol­ta “dimen­ti­can­do” che si trat­ta di docu­men­ti noti da tem­po e la cui atten­di­bi­li­tà è sta­ta più vol­te mes­sa in dubbio.
Abbia­mo in altre sedi det­to che tali docu­men­ti, peral­tro già ana­liz­za­ti dagli sto­ri­ci, non pos­so­no costi­tui­re “pro­ve” in quan­to si trat­ta sostan­zial­men­te di “infor­ma­ti­ve”, che di per se stes­se non han­no valo­re di pro­va, sono sem­pli­ci rap­por­ti nei qua­li agen­ti di poli­zia o dei ser­vi­zi infor­ma­no i pro­pri supe­rio­ri di cose di cui sono venu­ti a cono­scen­za (anche le sem­pli­ci “voci” cir­co­lan­ti tra la gen­te). Quin­di, se non ven­go­no suf­fra­ga­te da altra docu­men­ta­zio­ne vali­da non pos­so­no esse­re con­si­de­ra­te docu­men­ti defi­ni­ti­vi.
Spie­ghia­mo innan­zi­tut­to la gene­si di que­sti docu­men­ti, affi­dan­do­ci a quan­to scrit­to dal­la ricer­ca­tri­ce Vale­ria Barresi.
«Nel 1942 gli allea­ti in segui­to alle nume­ro­se noti­zie rela­ti­ve ad ecci­di com­mes­si dal­le trup­pe dell’Asse nei ter­ri­to­ri occu­pa­ti, pre­se­ro la deci­sio­ne di costi­tui­re una com­mis­sio­ne inca­ri­ca­ta di inda­ga­re sui cri­mi­ni di guer­ra, la Uni­ted Nations Cri­mes Com­mis­sion. Tra i cri­mi­na­li di guer­ra ven­ne­ro inda­ga­ti nume­ro­si uffi­cia­li ita­lia­ni che ave­va­no ope­ra­to in Jugo­sla­via, Alba­nia e Gre­cia. Di fron­te a quel­le accu­se, il 22 set­tem­bre 1944 il Capo di Sta­to Mag­gio­re, Mare­scial­lo Gio­van­ni Mes­se, inca­ri­cò i capi di Sta­to Mag­gio­re del­le tre for­ze arma­te di fare una pun­tua­le veri­fi­ca e paral­le­la­men­te rac­co­glie­re dati e docu­men­ta­zio­ne sui cri­mi­ni com­mes­si ai dan­ni di mili­ta­ri e civi­li ita­lia­ni». Fu quin­di for­ma­to, all’interno del­la Sezio­ne Zuret­ti del SIM (Ser­vi­zio Infor­ma­zio­ni Mili­ta­re del Regno del Sud) il “Grup­po ricer­che”, diret­to dal 1944 al 1947 dal mag­gio­re Dome­ni­co Lo Faso «con il com­pi­to di ricer­ca­re docu­men­ti e mate­ria­li nei ter­ri­to­ri occu­pa­ti e for­ni­re noti­zie sull’attività svol­ta da par­te di per­so­na­li­tà ed enti vari duran­te il perio­do dell’occupazione».
In sin­te­si, di fron­te all’eventualità di dover pro­ce­de­re per cri­mi­ni di guer­ra nei con­fron­ti di uffi­cia­li ita­lia­ni che ave­va­no ope­ra­to sot­to il pas­sa­to regi­me, il Regno del Sud deci­se di rac­co­glie­re noti­zie in meri­to a cri­mi­ni com­mes­si da eser­ci­to e popo­la­zio­ne dei Pae­si aggre­di­ti nei con­fron­ti di chi li ave­va inva­si. E l’incarico per la costi­tu­zio­ne di que­sto Grup­po Ricer­che fu dato pro­prio da un uffi­cia­le (Gio­van­ni Mes­se) che nel 1939 era sta­to nomi­na­to vice­co­man­dan­te del cor­po di spe­di­zio­ne in Alba­nia e par­te­ci­pò, in que­sta veste, alle ope­ra­zio­ni per la con­qui­sta del Pae­se nel perio­do imme­dia­ta­men­te pre­ce­den­te lo scop­pio del­la guer­ra; suc­ces­si­va­men­te fu invia­to nuo­va­men­te nei Bal­ca­ni e fu a capo del Cor­po d’armata spe­cia­le nel­la cam­pa­gna greco-albanese.
Il risul­ta­to di que­sta atti­vi­tà risul­ta da un «pro­me­mo­ria del Grup­po del 5 novem­bre 1945»: sareb­be­ro sta­ti recu­pe­ra­ti «atti per com­pro­va­re le vio­len­ze com­mes­se a dan­no dei mili­ta­ri ita­lia­ni dai nemi­ci», nel­lo spe­ci­fi­co i seguen­ti docu­men­ti: «106 (atte­stan­ti, N.d.A.) atro­ci­tà da par­te fran­ce­se, 127 da par­te tede­sca, 25 da par­te gre­ca, 10 da par­te alba­ne­se e 108 da par­te jugo­sla­va»[2].
Le “infor­ma­ti­ve” rac­col­te dal­la Sezio­ne Zuret­ti del SIM per dimo­stra­re le vio­len­ze com­piu­te dagli jugo­sla­vi nei con­fron­ti degli ita­lia­ni che ave­va­no inva­so il loro ter­ri­to­rio con­flui­ro­no nel dos­sier “Trat­ta­men­to degli ita­lia­ni da par­te jugo­sla­va 1943‑1947”, cura­to dal Mini­ste­ro per gli Affa­ri Este­ri nel 1947, da pre­sen­ta­re alla con­fe­ren­za di Pari­gi per la defi­ni­zio­ne del trat­ta­to di pace. Il dos­sier è sta­to ristam­pa­to nel 2011 a cura dell’Istituto Fiu­ma­no di cul­tu­ra con i finan­zia­men­ti del­la Regio­ne Lazio (all’epoca gui­da­ta dall’ex sin­da­ca­li­sta del­la CISNAL e poi dell’UGL Rober­ta Pol­ve­ri­ni, usa a salu­ta­re roma­na­men­te), e nel­la pre­fa­zio­ne leg­gia­mo che «il lavo­ro fu coor­di­na­to e rea­liz­za­to nel con­ven­to dei SS. Apo­sto­li a Roma, da Padre Alfon­so Maria Orli­ni, Mini­stro gene­ra­le dell’Ordine fran­ce­sca­no dei mino­ri con­ven­tua­li, dal sig. Lui­gi Papo, dal dot­tor Man­lio Cace e dal sig. Mario Rosa[3] (…) Fu stam­pa­to con car­ta pati­na­ta in oltre mil­le copie che furo­no requi­si­te tut­te dal gover­no ita­lia­no per esse­re distri­bui­te alla Con­fe­ren­za di pace. Ogni auto­re rice­vet­te una copia con l’obbligo di non far­la cir­co­la­re (…) Gra­zie alle copie pos­se­du­te dagli auto­ri una par­te del mate­ria­le con­te­nu­to nel volu­me fu pub­bli­ca­to con l’appoggio mora­le e mate­ria­le del Tem­po di Roma diret­to da Gae­ta­no Angio­lil­lo[4] e fu dif­fu­so in opu­sco­li a cura del Cen­tro Stu­di adria­ti­ci»[5].
La docu­men­ta­zio­ne rac­col­ta com­pren­de, oltre a docu­men­ti mili­ta­ri (rela­zio­ni dei Ser­vi­zi del­la Mari­na, del SIM e dei Cara­bi­nie­ri), anche rela­zio­ni ste­se dal CLN trie­sti­no ed istria­no dopo il mag­gio ’45 da Bia­gio Marin e Die­go De Castro, e le rela­zio­ni di Maria Pasqui­nel­li[6], la pri­ma redat­ta nell’inverno ’43‑’44, la secon­da dopo la fine del­la guer­ra. Però è in gran par­te inat­ten­di­bi­le, in quan­to alcu­ne infor­ma­ti­ve si limi­ta­no a rife­ri­re una par­te dei fat­ti sen­za inqua­drar­li nel con­te­sto in cui sono svol­ti ed alcu­ne rela­zio­ni sono inve­ce del tut­to apo­cri­fe, smen­ti­te dal­le per­so­ne cui furo­no attribuite.
Emble­ma­ti­ca a que­sto pro­po­si­to la que­stio­ne del­la cosid­det­ta “rela­zio­ne Chel­le­ri” (spes­so cita­ta per descri­ve­re i pre­sun­ti “infoi­ba­men­ti” di Baso­viz­za), attri­bui­ta al tenen­te Car­lo Chel­le­ri che ha  però smen­ti­to di aver­la scrit­ta[7]. Ma pari­men­ti fal­sa anche una testi­mo­nian­za attri­bui­ta al par­ti­gia­no friu­la­no Fede­ri­co Vin­cen­ti rela­ti­va a pre­sun­te vio­len­ze com­mes­se dagli Jugo­sla­vi su pri­gio­nie­ri ita­lia­ni inter­na­ti nell’isola di Lis­sa (Dal­ma­zia). Vin­cen­ti, che nel dopo­guer­ra fu diri­gen­te dell’ANPI, fu inter­ro­ga­to pro­prio nell’ambito del­le inda­gi­ni di Pitit­to e dichia­rò ai Cara­bi­nie­ri di Udi­ne di non esse­re mai sta­to inter­na­to in cam­pi di con­cen­tra­men­to jugo­sla­vi, né era mai sta­to pri­gio­nie­ro di guer­ra in Jugo­sla­via, ma par­ti­gia­no com­bat­ten­te, e che nell’isola di Lis­sa dal 1944 ebbe sede un coman­do mili­ta­re jugo­sla­vo, dove si tro­va­va­no mili­ta­ri jugo­sla­vi, uffi­cia­li di col­le­ga­men­to allea­ti ed anche mili­ta­ri nemi­ci fat­ti pri­gio­nie­ri, ma non vi furo­no ecces­si di nes­sun tipo.
Va inqua­dra­ta la figu­ra di Lui­gi Papo, che nel perio­do dell’occupazione nazi­fa­sci­sta fu a coman­do del pre­si­dio del­la Mili­zia di Mon­to­na nell’ambito del 2° Reg­gi­men­to MDT Istria e si rese respon­sa­bi­le di ecci­di e rastrel­la­men­ti. Fug­gi­to da Mon­to­na all’approssimarsi dell’Esercito di Libe­ra­zio­ne, Papo ven­ne arre­sta­to a Trie­ste dai par­ti­gia­ni nel mag­gio ‘45, ma aven­do dato un nome fal­so e non essen­do cono­sciu­to in cit­tà, fu inter­na­to nel cam­po di Pre­stra­nek e libe­ra­to dopo due mesi. Tor­na­to in Ita­lia, vis­se per un paio d’anni sot­to fal­so nome (Pao­lo De Fran­ce­schi) in quan­to sape­va di esse­re ricer­ca­to per­ché era sta­to inse­ri­to nell’elenco dei 750 cri­mi­na­li di guer­ra di cui la Jugo­sla­via ave­va chie­sto l’estradizione, addi­rit­tu­ra davan­ti, in ordi­ne di impor­tan­za, al suo stes­so supe­rio­re Libe­ro Sau­ro. Così lo stes­so Papo rac­con­ta come riu­scì a far­si can­cel­la­re dall’elenco dei ricer­ca­ti: «L’onorevole Mario Scel­ba, allo­ra mini­stro dell’Interno, sol­le­ci­ta­to dall’on. Nino de Tot­to (che fu poi fon­da­to­re del Movi­men­to Socia­le a Trie­ste, N.d.A.) e dall’Autore (cioè lo stes­so Papo, N.d.A.) si ado­pe­rò per l’archiviazione del­la richie­sta di estra­di­zio­ne pre­sen­ta­ta dal­la Jugo­sla­via»[8].
Nel 1946 fu assun­to dal­la Cro­ce Ros­sa Inter­na­zio­na­le a Roma che gli die­de l’incarico di occu­par­si dell’Associazione Sche­da­rio Mon­dia­le dei Disper­si, dove chia­mò a lavo­ra­re con sé, tra gli altri, come con­ta­bi­le Elio Elio­ga­ba­lo che era sta­to uffi­cia­le d’amministrazione del reg­gi­men­to Istria; a diri­ge­re l’Archivio Sche­da­rio mise un altro ex uffi­cia­le del suo reg­gi­men­to, Gio­van­ni Sta­gni; infi­ne, come segre­ta­rio, assun­se un altro “redu­ce” da Pre­stra­nek, Mario Sca­pin, che dopo esse­re sta­to uffi­cia­le pilo­ta all’epoca del fasci­smo, dopo l’8 set­tem­bre diven­ne que­sto­re di Vare­se «ma pri­ma era sta­to uno dei trium­vi­ri che ave­va­no rico­sti­tui­to il Fascio a Trie­ste». Furo­no dun­que que­ste per­so­ne ad occu­par­si isti­tu­zio­nal­men­te del pro­ble­ma del­le depor­ta­zio­ni e del­le “foi­be” nel­la Vene­zia Giu­lia, ma non solo: difat­ti l’ufficio era nato per i “disper­si” a livel­lo mondiale.
La ristam­pa del volu­me fu pre­sen­ta­ta a Roma il 26/5/11, a cura dell’Associazione Vene­zia Giu­lia e Dal­ma­zia[9], nel­la sede de Il Tem­po e con la pre­sen­za di Mau­ri­zio Gaspar­ri (l’esponente mis­si­no all’epoca par­la­men­ta­re del Popo­lo del­la Liber­tà), Gui­do Cace (figlio di Man­lio), Aimo­ne Fine­stra (ex sin­da­co di Lati­na, sena­to­re dell’MSI che nel comu­ni­ca­to stam­pa vie­ne indi­ca­to qua­le «coman­dan­te del­le trup­pe cet­ni­che anti­co­mu­ni­ste sui mon­ti del­la Dal­ma­zia», il che pre­sup­po­ne una diser­zio­ne dall’Esercito ita­lia­no, ma nei fat­ti ex uffi­cia­le del bat­ta­glio­ne “Vene­zia Giu­lia” del­la divi­sio­ne “Etna” del­la GNR, con­dan­na­to ed amni­stia­to dal Tri­bu­na­le di Nova­ra), Lucio Toth (pre­si­den­te nazio­na­le dell’ANGVD) e Mari­no Micich (dell’Archivio del Museo Sto­ri­co di Fiu­me, fon­da­to da Amle­to Bal­la­ri­ni e Clau­dio Schwarzemberg).

La costru­zio­ne di un’inchiesta
Facen­do un bal­zo indie­tro nel tem­po, vedia­mo i par­te­ci­pan­ti ad un dibat­ti­to orga­niz­za­to dall’MSI il 14/1/92 (in occa­sio­ne del rico­no­sci­men­to da par­te dell’Italia del­la Croa­zia indi­pen­den­te, per chie­de­re la ridi­scus­sio­ne del trat­ta­to di pace defi­ni­to “dik­tat” e del trat­ta­to di Osi­mo e per riven­di­ca­re l’appartenenza all’Italia del­le ter­re cedu­te). Il tito­lo era “Dal­la fine del­la Jugo­sla­via al ritor­no dell’Italia in Istria, Fiu­me e Dal­ma­zia”, volu­to for­te­men­te da Gian­fran­co Fini, come stig­ma­tiz­za­to dal pri­mo rela­to­re, Nino De Tot­to, cui sono segui­ti, tra gli altri, Amle­to Bal­la­ri­ni (MSI), Rober­to Menia (FUAN), gli avvo­ca­ti Oddo­ne Tal­po (auto­re di testi sul­la Dal­ma­zia per con­to dell’ufficio sto­ri­co dell’esercito, col­la­bo­ra­to­re di Dife­sa Adria­ti­ca), ed Augu­sto Sina­gra ed infi­ne il sena­to­re mis­si­no Aimo­ne Finestra.
Con­si­de­ria­mo che il cosid­det­to “pro­ces­so per le foi­be” pre­se il via da una denun­cia pre­sen­ta­ta nel 1994 dall’avvocato Sina­gra; che tra i pri­mi testi­mo­ni ad esse­re sen­ti­ti ci fu Amle­to Bal­la­ri­ni (pre­si­den­te del­la Socie­tà di Stu­di Fiu­ma­ni) assie­me a Clau­dio Sch­war­zem­berg; che Tal­po fu indi­ca­to da Sina­gra qua­le teste di par­te civi­le; che Menia pre­sen­te­rà (19/7/96) una pro­po­sta di leg­ge per la con­ces­sio­ne di una meda­glia d’oro al valor mili­ta­re all’Associazione “Comu­ne di Fiu­me in esi­lio” e suc­ces­si­va­men­te sarà uno dei “padri” del­la Leg­ge isti­tu­ti­va del Gior­no del ricor­do (10 febbraio).
Con­si­de­ria­mo inol­tre che il PM Pitit­to base­rà le “pro­ve” per chie­de­re l’incriminazione dei tre impu­ta­ti sostan­zial­men­te sui testi di Papo, Piri­na e padre Fla­mi­nio Roc­chi; che tra i testi­mo­ni (oltre a quel­li cita­ti) vi furo­no Papo, Piri­na, Roc­chi, Sch­war­zem­berg e Toth, ed i gior­na­li­sti Fau­sto Bilo­sla­vo e Lucia Bel­la­spi­ga (che mil­lan­ta­ro­no, ambe­due, inter­vi­ste ad Oskar Piš­ku­lić in real­tà mai rila­scia­te dall’interessato, e rese­ro quin­di fal­sa testi­mo­nian­za in sede pro­ces­sua­le); e che al pro­ces­so “per le foi­be” cer­ca­ro­no di costi­tuir­si come par­ti civi­li anche il Libe­ro Comu­ne di Fiu­me in esi­lio (dife­so dall’avvocato Giu­sep­pe Valen­ti­ni di Roma); l’Associazione ami­ci e discen­den­ti degli esu­li giu­lia­ni, istria­ni, fiu­ma­ni e dal­ma­ti (dife­sa dall’avvocato Mar­can­to­nio Bezi­che­ri di Bolo­gna, già di Ordi­ne Nuo­vo e noto per esse­re sta­to, a suo tem­po, difen­so­re del neo­fa­sci­sta Fran­co Fre­da); l’Associazione Nazio­na­le Vene­zia Giu­lia e Dal­ma­zia (dife­sa dall’avvocato Gui­do Cal­vi di Roma, espo­nen­te dies­si­no); l’Unione degli istria­ni e la Fede­ra­zio­ne del­le asso­cia­zio­ni degli esu­li istria­ni, fiu­ma­ni e dal­ma­ti (dife­se dall’avvocato Fran­ce­sco Caro­leo Gri­mal­di di Roma[10]) ed infi­ne la Con­sul­ta nazio­na­le dei com­bat­ten­ti per la RSI (dife­sa dall’avvocato Lucia­no Ran­daz­zo, di Roma), asso­cia­zio­ne che in uno Sta­to che pone l’antifascismo tra i pro­pri valo­ri fon­dan­ti dovreb­be esse­re posta fuo­ri leg­ge (ma del resto era­no com­bat­ten­ti del­la RSI, anche se posti agli ordi­ni diret­ti del Reich, Papo, Roc­chi e Fine­stra, per loro ammissione).
Con­si­de­ria­mo poi che nel 1997 Azio­ne Gio­va­ni die­de alle stam­pe un libret­to “Il rumo­re del silen­zio” per par­la­re dell’indagine in cor­so “sul­le foi­be” e con­te­ne­va, tra gli altri, oltre al testo del­la richie­sta di rin­vio a giu­di­zio for­mu­la­ta da Pitit­to, inter­ven­ti di Rober­to Menia, Fau­sto Bilo­sla­vo (sem­pre in pri­ma linea nel­la “cac­cia agli infoi­ba­to­ri”, che si doman­dò nel cor­so del­la pre­sen­ta­zio­ne del libro svol­ta­si a Trie­ste per­ché non sia mai esi­sti­ta una orga­niz­za­zio­ne per la libe­ra­zio­ne dell’Istria come inve­ce esi­ste l’organizzazione per la libe­ra­zio­ne del­la Pale­sti­na ed ha con­clu­so auspi­can­do che «il mare Adria­ti­co diven­ti paci­fi­ca­men­te, cul­tu­ral­men­te quel­lo che è sem­pre sta­to: un lago ita­lia­no»), Clau­dio Sch­war­zem­berg, Mar­co Piri­na, ed Augu­sto Sina­gra. Il qua­le Sina­gra nel cor­so del­la pre­sen­ta­zio­ne ester­nò in que­sti ter­mi­ni: «lo Sta­to ita­lia­no riven­di­ca un dirit­to sto­ri­co su regio­ni che sono ita­lia­ne anche se prov­vi­so­ria­men­te non lo sono (…) non mi inte­res­sa come fini­sce que­sto pro­ces­so e non cre­do che sia impor­tan­te che assas­si­ni del­la peg­gior spe­cie e una zoc­co­la come Avjan­ka Mar­gi­tić, aman­te di Piš­ku­lić, ven­ga­no a spor­ca­re le car­ce­ri del­lo Sta­to ita­lia­no», con­clu­den­do dicen­do che il pro­ces­so per le foi­be istria­ne «ser­ve ad otte­ne­re in sede giu­di­zia­ria quel­la veri­tà che ci è sta­ta nega­ta in sede sto­ri­ca e poli­ti­ca».
Il pri­mo gra­do del pro­ces­so si con­clu­se nel 2001, con l’assoluzione di Piš­ku­lić per due omi­ci­di e il non dover­si pro­ce­de­re per amni­stia per uno (gli altri due impu­ta­ti era­no dece­du­ti pri­ma dell’inizio del dibat­ti­men­to); il secon­do gra­do san­cì il non luo­go a pro­ce­de­re per difet­to di giu­ri­sdi­zio­ne nel 2003, sen­ten­za con­fer­ma­ta dal­la Cas­sa­zio­ne nel 2004.
Nel frat­tem­po (apri­le 2002) ebbe luo­go un con­ve­gno pro­mos­so da Rina­sci­ta Nazio­na­le (l’associazione di coor­di­na­men­to del­la galas­sia comu­ni­ta­ri­sta) in col­la­bo­ra­zio­ne con il fior fio­re del comu­ni­ta­ri­smo ros­so­bru­no del perio­do, nell’ambito del qua­le si svol­se una tavo­la roton­da dal tito­lo: «La puli­zia etni­ca anti-ita­lia­na nell’Adriatico orien­ta­le volu­ta da Lon­dra e Washing­ton. Istria, Fiu­me, Zara e Dal­ma­zia (1944–47). Il geno­ci­dio dimen­ti­ca­to». Rela­to­ri: Dra­go­ljub Kogčić (pre­si­den­te del­la Srp­ska Demo­kra­tska Stran­ka), il magi­stra­to Giu­sep­pe Pitit­to, l’avvocato Augu­sto Sina­gra, Lui­gi Papo, Dino Giac­ca (Asso­cia­zio­ne Con­ti­nui­tà Adria­ti­ca, con un pas­sa­to in Avan­guar­dia Nazio­na­le), Pie­ro Sel­la (sto­ri­co, pre­si­den­te di Rina­sci­ta Nazio­na­le) e Mas­si­mo Fini; cui sareb­be segui­ta una con­fe­ren­za stam­pa sul «pro­get­to per la rina­sci­ta del­la Con­ti­nui­tà adria­ti­ca».
In pra­ti­ca il magi­stra­to che ave­va istrui­to il pro­ces­so per le foi­be, l’avvocato che ave­va fat­to la denun­cia ed uno dei testi d’accusa si ritro­va­ro­no a discu­te­re di un pro­get­to di “con­ti­nui­tà adria­ti­ca”, che rap­pre­sen­ta più o meno il con­cet­to espres­so da Bilo­sla­vo sul ritor­no dell’Adriatico ad esse­re “un lago italiano”.
E con­si­de­ria­mo infi­ne che anco­ra negli anni più recen­ti l’avvocato Sina­gra è sta­to pro­ta­go­ni­sta (assie­me ad ex testi­mo­ni d’accusa) di con­ve­gni che rie­vo­ca­va­no il pro­ces­so “sul­le foi­be”: così nel 2015 a Roma (orga­niz­za­to dal Cen­tro stu­di dell’ordine degli avvo­ca­ti di Roma in col­la­bo­ra­zio­ne con la Socie­tà degli Stu­di Fiu­ma­ni) “Istria Fiu­me e Dal­ma­zia: Il ’900 dimen­ti­ca­to. Il dram­ma del­l’E­so­do giu­lia­no-dal­ma­ta e del­le Foi­be”, assie­me ad Amle­to Bal­la­ri­ni, Mari­no Micich, e cer­to avvo­ca­to Fal­co­li­ni che si sareb­be pre­sen­ta­to come difen­so­re d’ufficio di Ivan Moti­ka (a noi risul­ta che le lega­li d’ufficio di Moti­ka era­no altre, ma tant’è), ed avreb­be «trat­teg­gia­to la sto­ria del pro­ces­so agli infoi­ba­to­ri». Nel 2018 Sina­gra ha par­te­ci­pa­to all’inaugurazione a Vero­na di una mostra (“Istria tra­ge­dia ita­lia­na del 900”) assie­me ad un’altra teste d’accusa, la gior­na­li­sta Lucia Bel­la­spi­ga; ed infi­ne nel dicem­bre 2019 è sta­to ospi­te d’onore a Trie­ste alla mani­fe­sta­zio­ne per i 65 anni di fon­da­zio­ne dell’Unione degli Istria­ni, dove è sta­to pre­sen­ta­to come «un gran­de per­so­nag­gio ver­so il qua­le tut­ti noi nutria­mo gran­de sti­ma: fu colui che ebbe il corag­gio di denun­cia­re i cri­mi­na­li croa­ti Ivan Moti­ka e Oskar Piš­ku­lić, respon­sa­bi­li e man­dan­ti degli infoi­ba­men­ti in Istria e a Fiu­me tra il 1943 ed il 1945, dan­do vita a quel­lo che fu allo­ra noto, a caval­lo tra gli anni Ottan­ta e Novan­ta, come il “Pro­ces­so del­le Foi­be”»[11].
Come abbia­mo visto in que­sta rapi­da car­rel­la­ta, i nomi dei pro­ta­go­ni­sti di que­sto “pro­get­to” sono sem­pre gli stes­si, così come è lo stes­so il milieu politico‑culturale da cui pro­ven­go­no. E nono­stan­te il pro­ces­so si sia con­clu­so con un non luo­go a pro­ce­de­re per difet­to di giu­ri­sdi­zio­ne ita­lia­na, la cam­pa­gna neo‑irredentista di desta­bi­liz­za­zio­ne con­ti­nua ad avan­za­re imper­ter­ri­ta, gli ex impu­ta­ti con­ti­nua­no ad esse­re addi­ta­ti come “boia” in pagi­ne web, in arti­co­li di stam­pa, in pub­bli­ca­zio­ni varie ed addi­rit­tu­ra in spet­ta­co­li tea­tra­li, come il recen­te lavo­ro del­la gior­na­li­sta fiu­ma­na Lau­ra Mar­chig e del­lo scrit­to­re ita­lia­no di ori­gi­ne fiu­ma­na Die­go Zan­del, dall’inequivocabile tito­lo “Pro­ces­so a Oskar Piš­ku­lić il boia degli auto­no­mi­sti-Sta­to libe­ro di Fiu­me. Chi ha pau­ra di un’utopia”, nono­stan­te le risul­tan­ze giu­di­zia­rie abbia­no san­ci­to che Piš­ku­lić non era un boia.
Ma for­se non è un caso che sia sta­to pro­prio in un arti­co­lo di Lau­ra Mar­chig, pub­bli­ca­to sul quo­ti­dia­no di lin­gua ita­lia­na di Fiu­me, La Voce del Popo­lo, nell’estate del 1990[12] (quan­do i poli­ti­ci slo­ve­ni e croa­ti sta­va­no pre­pa­ran­do la dis­so­lu­zio­ne del­la Jugo­sla­via ed in Croa­zia era da poco sta­to elet­to pre­si­den­te Fra­n­jo Tud­j­man, nazio­na­li­sta e sepa­ra­ti­sta) che per la pri­ma vol­ta Piš­ku­lić è sta­to indi­ca­to come uni­co respon­sa­bi­le dell’uccisione degli auto­no­mi­sti fiu­ma­ni, arti­co­lo da cui  si svi­lup­pò tut­ta la pro­pa­gan­da che sfo­ciò nel­la denun­cia pre­sen­ta­ta dall’avvocato Sinagra.


Note

[1] Nei fat­ti un impu­ta­to (Ivan Moti­ka) fu accu­sa­to di set­te ucci­sio­ni avve­nu­te nel set­tem­bre ’43 in Istria e due impu­ta­ti (Oskar Piš­ku­lić e Avjan­ka Mar­gi­tić) per tre omi­ci­di avve­nu­ti il 3/5/45 a Fiu­me: e di “foi­be” si par­lò ben poco, se non nel­la pro­pa­gan­da con­dot­ta a lato dell’indagine giudiziaria.
[2] Le cita­zio­ni sono trat­te da “Il Fon­do H8 Cri­mi­ni di guer­ra”, di Vale­ria Barresi.
[3] Non sap­pia­mo se si trat­ti del­lo stes­so Mario Rosa che era sta­to coin­vol­to nel gol­pe Bor­ghe­se, come il Mar­co Piri­na che negli anni 90 die­de alle stam­pe, con dovi­zia di con­tri­bu­ti pub­bli­ci, una serie di libri pie­ni di dati fal­sa­ti ed inat­ten­di­bi­li, fina­liz­za­ti alla cri­mi­na­liz­za­zio­ne del­la Resi­sten­za, non solo jugo­sla­va. Leg­gia­mo: «Nel feb­bra­io del ’76, nell’ambito dell’inchiesta sul ten­ta­ti­vo di gol­pe Bor­ghe­se, uno dei fasci­sti inqui­si­ti, il diri­gen­te roma­no del FUAN (e dell’organizzazione Fron­te Del­ta) Mar­co Piri­na, rive­le­rà di esse­re sta­to con­tat­ta­to anni pri­ma da espo­nen­ti del Fron­te Nazio­na­le (fra cui Mario Rosa e San­dro Sac­cuc­ci) che gli pro­po­ne­va­no di asso­ciar­si al ten­ta­ti­vo di gol­pe. Duran­te tali col­lo­qui il Rosa avreb­be minac­cia­to lo scon­cer­ta­to Piri­na ricor­dan­do che il FN ave­va “siste­ma­to (…) una per­so­na che par­la­va trop­po” facen­do il nome di Cal­zo­la­ri» (cfr. “La stra­ge di sta­to vent’anni dopo”, a cura di Gian­car­lo De Palo e Aldo Gian­nu­li, ed. Asso­cia­te, pag. 44). Cal­zo­la­ri era l’ex marò del­la Deci­ma, uomo di fidu­cia di Junio Bor­ghe­se, che fu tro­va­to anne­ga­to (lui che era un esper­to sub) in un poz­zo di mez­zo metro d’acqua poco tem­po dopo la stra­ge di piaz­za Fontana.
[4] Ren­zo de’ Vido­vich, il «segre­ta­rio gene­ra­le del­la giun­ta d’intesa stu­den­te­sca che assu­me la respon­sa­bi­li­tà d’indire i moti del 5 e 6 novem­bre 1953 per il ritor­no di Trie­ste all’Italia» (poi par­la­men­ta­re mis­si­no e tra gli auto­ri del­la scis­sio­ne di Demo­cra­zia nazio­na­le) dichia­rò che «A Trie­ste c’era un’organizzazione dell’esercito ita­lia­no che ave­va dei depo­si­ti di armi e pote­va con­ta­re su cir­ca tre­mi­la per­so­ne. Io stes­so ven­ni con­tat­ta­to e andai ad adde­strar­mi per impa­ra­re a spa­ra­re, a Mon­fal­co­ne, con istrut­to­ri mili­ta­ri ita­lia­ni»; secon­do un altro mis­si­no, il pado­va­no Fabio De Feli­ce, che fu con­tat­ta­to assie­me al “came­ra­ta” Cesa­re Poz­zo, i due sareb­be­ro sta­ti coin­vol­ti da Rena­to Angio­lil­lo (allo­ra diret­to­re del Tem­po) che si qua­li­fi­cò come “por­ta­vo­ce” del pre­si­den­te del con­si­glio dell’epoca Giu­sep­pe Pel­la (cfr. Anto­nio Cario­ti, “I ragaz­zi del­la fiam­ma”, Mur­sia 2011, p. 40–42 e 107–108).
[5] La pre­sen­ta­zio­ne è di Gui­do Cace, figlio del dot­tor Man­lio Cace e pre­si­den­te dell’Associazione Nazio­na­le Dal­ma­ta; il Cen­tro Stu­di Adria­ti­ci fu fon­da­to a Roma nel 1946 da Papo che lo descri­ve in que­sto modo: «il Cen­tro è un isti­tu­to di carat­te­re nazio­na­le (…) con­si­de­ra il pro­ble­ma adria­ti­co esclu­si­va­men­te dal pun­to di vista nazio­na­le: con­si­de­ra que­sto gol­fo medi­ter­ra­neo come una uni­tà geo­gra­fi­ca sto­ri­ca ed etni­ca e ritie­ne che la pace adria­ti­ca è subor­di­na­ta alla rico­stru­zio­ne del­la sua uni­tà» (nel­la pre­fa­zio­ne al libro pub­bli­ca­to con lo pseu­do­ni­mo Pao­lo De Fran­ce­schi, “Foi­be”, 1949).
[6] Inse­gnan­te, stu­dio­sa di misti­ca fasci­sta, agen­te dei ser­vi­zi del­la Deci­ma Mas, il 10/2/47 ucci­se a Pola (in segno di “pro­te­sta” per la fir­ma del Trat­ta­to di pace che asse­gna­va l’Istria alla Jugo­sla­via) l’ufficiale bri­tan­ni­co Robin De Win­ton. Fu per que­sto moti­vo ele­va­ta ad ico­na del neoir­re­den­ti­smo nazio­nal­fa­sci­sta. È mor­ta ultra­cen­te­na­ria nel 2013.
[7] Cfr. Rober­to Spaz­za­li, “Foi­be. Un dibat­ti­to anco­ra aper­to”, Lega Nazio­na­le 1992, p. 87.
[8] L. Papo, “E fu l’esilio…”, Ita­lo Sve­vo 1995, p. 101. Le cita­zio­ni che seguo­no sono trat­te dal­lo stes­so libro.
[9] Nel­lo sta­tu­to di tale asso­cia­zio­ne si leg­ge­va, fino al 2012, quan­to segue: «II — SCOPI E FUNZIONI, Art. 2 (…) L’Associazione (…) in par­ti­co­la­re si pro­po­ne di: com­pie­re ogni legit­ti­ma azio­ne che pos­sa age­vo­la­re il ritor­no del­le Ter­re Ita­lia­ne del­la Vene­zia Giu­lia, del Car­na­ro e del­la Dal­ma­zia in seno alla Madre­pa­tria, con­cor­ren­do sul pia­no nazio­na­le al pro­ces­so di revi­sio­ne del Trat­ta­to di Pace per quan­to riguar­da l’as­set­to poli­ti­co di tali ter­re anche nel qua­dro del pro­ces­so di uni­tà euro­pea».
[10] Nel 1994 can­di­da­to alle Ele­zio­ni euro­pee per Allean­za Nazio­na­le, poi fon­da­to­re dell’Alleanza Socia­le Ita­lia­na ASI e nel cor­so di un con­ve­gno da que­sta orga­niz­za­to nel feb­bra­io 1997 a Roma sul tema del­la stra­te­gia del­la ten­sio­ne e sul “filo ros­so” del­la disin­for­ma­zio­ne, avreb­be «scal­da­to i cuo­ri» dei pre­sen­ti al con­ve­gno in que­sto modo: «“occor­re rico­strui­re la sto­ria attra­ver­so la let­tu­ra del­la nostra vita. Guai dimen­ti­ca­re! Guai rin­ne­ga­re!” (…) la rela­zio­ne è inte­ra­men­te dedi­ca­ta all’autoassolvimento di tut­ti gli atto­ri del­la stra­te­gia del­la ten­sio­ne, alcu­ni, come il Gene­ra­le De Loren­zo, ven­go­no elo­gia­ti per la cor­ret­tez­za, fedel­tà ed inte­gri­tà mora­le. Potreb­be fer­mar­si qui, ma incal­za: “Signo­rel­li, Spiaz­zi, Del­le Chia­ie sono inno­cen­ti! Non han­no mai abiu­ra­to, non si sono ven­du­ti alla logi­ca dei salot­ti buo­ni… e sono tra noi, ben­ve­nu­ti, da libe­ri cit­ta­di­ni”» (cfr. M. Nota­rian­ni e G. Vida­li su Libe­ra­zio­ne, 5/2/97).
[11] Dal pro­gram­ma del 30/11/19 nel­la pagi­na FB dell’Unione degli istriani.
[12] Il tito­lo dell’articolo è una “cita­zio­ne” attri­bui­ta a Piš­ku­lić (apo­cri­fa, per­ché il diret­to inte­res­sa­to ha smen­ti­to di ave­re rila­scia­to qual­sia­si inter­vi­sta a Lau­ra Mar­chig), “Le foi­be non ci sono, non è vero nien­te”, La Voce del Popo­lo, 28/7/90.