Il tratto davvero incontestabile della rivoluzione è l'irruzione violenta delle masse negli avvenimenti storici (L.D. Trotsky, Storia della rivoluzione russa)

Economia

Cibo, carestia e guerra

Dopo alcu­ne set­ti­ma­ne di pau­sa, il nostro sito ripren­de le pub­bli­ca­zio­ni, que­sta vol­ta pre­sen­tan­do un sag­gio del noto eco­no­mi­sta mar­xi­sta Michael Roberts sul­la cri­si ali­men­ta­re che sta dura­men­te col­pen­do l’in­te­ro pia­ne­ta, con pesan­tis­si­me rica­du­te sui Pae­si meno svi­lup­pa­ti, e che è stret­ta­men­te con­nes­sa con la cri­si eco­no­mi­ca e la guer­ra attual­men­te in cor­so in Ucraina.
Buo­na lettura.
La redazione

Cibo, carestia e guerra


Michael Roberts [*]

 

Se c’è qual­co­sa che dimo­stra che la care­stia e l’insicurezza ali­men­ta­re sono cau­sa­te dall’uomo piut­to­sto che dai capric­ci del­la natu­ra e del cli­ma, è pro­prio l’attuale cri­si ali­men­ta­re che sta por­tan­do milio­ni di per­so­ne in tut­to il mon­do ver­so la fame.
La guer­ra Russia‑Ucraina ha mes­so in luce il disa­stro glo­ba­le dell’approvvigionamento ali­men­ta­re, che però si sta­va pre­pa­ran­do già da pri­ma del­la guer­ra. La filie­ra ali­men­ta­re è sem­pre più glo­ba­le. La Gran­de Reces­sio­ne del 2008‑2009 ave­va ini­zia­to a inter­rom­pe­re quel­la cate­na, basa­ta com’era su mul­ti­na­zio­na­li ali­men­ta­ri che con­trol­la­va­no l’offerta degli agri­col­to­ri di tut­to il mon­do. Que­ste socie­tà indi­riz­za­va­no la doman­da, gene­ra­va­no la for­ni­tu­ra di fer­ti­liz­zan­ti e domi­na­va­no gran par­te del­la ter­ra ara­bi­le. Quan­do la Gran­de Reces­sio­ne ha col­pi­to, esse han­no per­so pro­fit­ti, per cui han­no ridot­to gli inve­sti­men­ti e aumen­ta­to la pres­sio­ne sui pro­dut­to­ri ali­men­ta­ri nel “sud globale”.
Le cre­pe in que­sti pila­stri dell’approvvigionamento ali­men­ta­re sono sta­te accom­pa­gna­te da un aumen­to dei prez­zi del petro­lio, dal­la doman­da esplo­si­va di bio­car­bu­ran­ti a base di mais, da alti costi di spe­di­zio­ne, da spe­cu­la­zio­ni sui mer­ca­ti finan­zia­ri, scar­se riser­ve di gra­no, gra­vi per­tur­ba­zio­ni meteo­ro­lo­gi­che in alcu­ni impor­tan­ti set­to­ri di pro­du­zio­ne del gra­no e dall’aumento di poli­ti­che com­mer­cia­li pro­te­zio­ni­sti­che. Que­sto era il “cli­ma” ali­men­ta­re nel­la lun­ga depres­sio­ne fino al 2019, pri­ma che la pan­de­mia colpisse.

Prez­zo di ali­men­ti, com­bu­sti­bi­li e fer­ti­liz­zan­ti in rap­por­to alla cre­sci­ta del Pil in Pae­si dal­le bas­se e medie entra­te, 2000–2022 (Fao/Fmi/Banca Mondiale)

La dura­ta del­la cri­si ali­men­ta­re dopo la Gran­de Reces­sio­ne è sta­ta rela­ti­va­men­te bre­ve, ma è sta­ta segui­ta da un’altra esplo­sio­ne dei prez­zi ali­men­ta­ri nel 2011‑2012. Infi­ne, il “boom del­le mate­rie pri­me” è ter­mi­na­to e i prez­zi dei gene­ri ali­men­ta­ri sono rima­sti rela­ti­va­men­te sta­bi­li per un po’. Ma l’emergenza pan­de­mi­ca ha pro­vo­ca­to una nuo­va cri­si quan­do la cate­na di approv­vi­gio­na­men­to glo­ba­le è crol­la­ta, i costi di spe­di­zio­ne sono aumen­ta­ti ver­ti­gi­no­sa­men­te e la for­ni­tu­ra di fer­ti­liz­zan­ti si è esau­ri­ta. L’indice dei prez­zi dei cerea­li ha mostra­to che i prez­zi han­no rag­giun­to il livel­lo del 2008 nel 2021.

Il mon­do non si è ripre­so dal­le con­se­guen­ze del­la pan­de­mia di Covid‑19, la peg­gio­re cri­si eco­no­mi­ca dal­la Secon­da guer­ra mon­dia­le. E que­sto è un momen­to in cui mol­te eco­no­mie devo­no far fron­te a ingen­ti one­ri di debi­to rispet­to al red­di­to nazio­na­le. L’Africa è la regio­ne più vul­ne­ra­bi­le. Il Nord Afri­ca è un enor­me impor­ta­to­re net­to di gra­no, la mag­gior par­te del qua­le pro­vie­ne da Rus­sia e Ucrai­na, quin­di deve affron­ta­re una cri­si ali­men­ta­re par­ti­co­lar­men­te acu­ta. L’Africa sub­sa­ha­ria­na è pre­va­len­te­men­te rura­le, ma le sue popo­la­zio­ni urba­ne in cre­sci­ta sono rela­ti­va­men­te pove­re e han­no mag­gio­ri pro­ba­bi­li­tà di con­su­ma­re cerea­li impor­ta­ti. Gli agri­col­to­ri in mol­te par­ti dell’Africa stan­no lot­tan­do per acce­de­re ai fer­ti­liz­zan­ti, anche a prez­zi gon­fia­ti, per pro­ble­mi di spe­di­zio­ne e cam­bio valu­ta­rio. Costi esor­bi­tan­ti ero­de­ran­no i pro­fit­ti degli agri­col­to­ri e potreb­be­ro ridur­re gli incen­ti­vi per aumen­ta­re la pro­du­zio­ne, smor­zan­do i bene­fi­ci di ridu­zio­ne del­la pover­tà deri­van­ti dall’aumento dei prez­zi dei gene­ri alimentari.
I Pae­si già col­pi­ti da con­flit­ti e cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci sono ecce­zio­nal­men­te vul­ne­ra­bi­li. Lo Yemen deva­sta­to dal­la guer­ra è for­te­men­te dipen­den­te dai cerea­li impor­ta­ti. L’Etiopia set­ten­trio­na­le è una del­le regio­ni più pove­re del­la Ter­ra, che deve affron­ta­re un con­flit­to in cor­so e una cri­si uma­ni­ta­ria. E il Mada­ga­scar è sta­to col­pi­to da suc­ces­si­ve tem­pe­ste tro­pi­ca­li e ciclo­ni a gen­na­io e feb­bra­io, distrug­gen­do il suo siste­ma ali­men­ta­re. In Afgha­ni­stan, i tas­si di mor­ta­li­tà infan­ti­le sono in aumen­to a cau­sa del crol­lo dell’economia e del col­las­so dei ser­vi­zi sani­ta­ri di base. Il Pil del Myan­mar si è ridot­to del 18% dopo il col­po di sta­to mili­ta­re del feb­bra­io 2021.
La guer­ra fra Rus­sia e Ucrai­na ha solo esa­cer­ba­to que­sto disa­stro del­la sicu­rez­za ali­men­ta­re e dei prez­zi. La Rus­sia e l’Ucraina rap­pre­sen­ta­no oltre il 30% del­le espor­ta­zio­ni mon­dia­li di cerea­li, la Rus­sia da sola for­ni­sce il 13% dei fer­ti­liz­zan­ti glo­ba­li e l’11% del­le espor­ta­zio­ni di petro­lio e l’Ucraina for­ni­sce la metà dell’olio di gira­so­le mon­dia­le. Oltre a ciò, que­sto con­flit­to rap­pre­sen­ta un enor­me shock di approv­vi­gio­na­men­to per il siste­ma ali­men­ta­re glo­ba­le, e una guer­ra pro­lun­ga­ta in Ucrai­na e il cre­scen­te iso­la­men­to dell’economia rus­sa potreb­be­ro man­te­ne­re alti per anni i prez­zi di cibo, car­bu­ran­te e fertilizzanti.
L’invasione rus­sa dell’Ucraina ha por­ta­to l’indice glo­ba­le dei prez­zi ali­men­ta­ri ai mas­si­mi sto­ri­ci. L’invasione ha reso inat­ti­vi i por­ti ucrai­ni del Mar Nero, un tem­po inten­sa­men­te traf­fi­ca­ti, ren­den­do incol­te le ter­re e fre­nan­do al con­tem­po la capa­ci­tà di espor­ta­zio­ne del­la Rus­sia. La pan­de­mia con­ti­nua ad osta­co­la­re le cate­ne di approv­vi­gio­na­men­to, men­tre i cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci minac­cia­no la pro­du­zio­ne in mol­te del­le regio­ni agri­co­le del mon­do, con più sic­ci­tà, inon­da­zio­ni, aumen­to del riscal­da­men­to e incendi.
Milio­ni di indi­vi­dui ven­go­no spin­ti ver­so la fame secon­do il Pro­gram­ma ali­men­ta­re mon­dia­le. Quel­li con­si­de­ra­ti “denu­tri­ti” sono aumen­ta­ti di 118 milio­ni nel 2020 dopo esse­re rima­sti sostan­zial­men­te inva­ria­ti per diver­si anni. Secon­do sti­me attua­li que­sta cifra è aumen­ta­ta di cir­ca 100 milioni.

I livel­li di fame acu­ta (il nume­ro di per­so­ne che non pos­so­no sod­di­sfa­re i biso­gni di con­su­mo di cibo a bre­ve ter­mi­ne) sono aumen­ta­ti di qua­si 40 milio­ni l’anno scor­so. La guer­ra è sem­pre sta­ta il prin­ci­pa­le moto­re del­la fame estre­ma e ora il con­flit­to Russia‑Ucraina sta aumen­tan­do il rischio di fame e care­stia per mol­ti altri milio­ni di persone.

Secon­do il diret­to­re ope­ra­ti­vo del Fmi Kri­sta­li­na Geor­gie­va, «per diver­si Pae­si que­sta cri­si ali­men­ta­re si aggiun­ge a una cri­si del debi­to. Dal 2015 la quo­ta di Pae­si a bas­so red­di­to che si tro­va in una situa­zio­ne di cri­si del debi­to o qua­si è rad­dop­pia­ta, pas­san­do dal 30 al 60%. Per mol­ti, la ristrut­tu­ra­zio­ne del debi­to è una prio­ri­tà urgen­te … Sap­pia­mo che la fame è il più gran­de pro­ble­ma risol­vi­bi­le del mon­do. Una cri­si incom­ben­te rap­pre­sen­ta il momen­to di agi­re con deci­sio­ne e risolverlo».
Ma le solu­zio­ni tra­di­zio­na­li a que­sto disa­stro sono ina­de­gua­te o uto­pi­che, o entram­be. L’appello è che i “gran­di pro­dut­to­ri di gra­no” risol­va­no i col­li di bot­ti­glia logi­sti­ci, libe­ri­no le scor­te e resi­sta­no all’impulso di impor­re restri­zio­ni alle espor­ta­zio­ni ali­men­ta­ri. Le nazio­ni pro­dut­tri­ci di petro­lio dovreb­be­ro aumen­ta­re le for­ni­tu­re per con­tri­bui­re a ridur­re i costi dei car­bu­ran­ti, dei fer­ti­liz­zan­ti e di spe­di­zio­ne. E i gover­ni, le isti­tu­zio­ni inter­na­zio­na­li e per­si­no il set­to­re pri­va­to devo­no offri­re pro­te­zio­ne socia­le tra­mi­te cibo o aiu­ti finanziari.
Nes­su­na di que­ste pro­po­ste sta tro­van­do ascol­to. Mol­to poco vie­ne fat­to dal­le mag­gio­ri poten­ze capi­ta­li­sti­che per aiu­ta­re quei Pae­si pove­ri con milio­ni di per­so­ne affa­ma­te e mal­nu­tri­te. Alla fine del mese scor­so, la Com­mis­sio­ne euro­pea ha annun­cia­to un pac­chet­to di aiu­ti da 1,5 miliar­di di euro, insie­me a misu­re aggiun­ti­ve, per soste­ne­re gli agri­col­to­ri nell’Ue e pro­teg­ge­re la sicu­rez­za ali­men­ta­re del bloc­co. I lea­der del Grup­po del­la Ban­ca Mon­dia­le, del Fon­do Mone­ta­rio Inter­na­zio­na­le, del Pro­gram­ma Ali­men­ta­re Mon­dia­le dell’Onu e dell’Organizzazione Mon­dia­le del Com­mer­cio han­no chie­sto un’azione urgen­te e coor­di­na­ta per affron­ta­re il pro­ble­ma del­la sicu­rez­za ali­men­ta­re. Bel­le paro­le ma nes­su­na azio­ne concreta.
Un vero aiu­to con­si­ste­reb­be nel­la can­cel­la­zio­ne dei debi­ti dei Pae­si pove­ri. Ma tut­to ciò che il Fmi e le mag­gio­ri poten­ze han­no offer­to è sta­ta una sospen­sio­ne del paga­men­to del debi­to: i debi­ti riman­go­no ma i rim­bor­si pos­so­no esse­re ritar­da­ti. Anche que­sto “rime­dio” è pate­ti­co. In tota­le, negli ulti­mi due anni, i gover­ni del G20 han­no sospe­so solo 10,3 miliar­di di dol­la­ri. Solo nel pri­mo anno del­la pan­de­mia, secon­do la Ban­ca Mon­dia­le, i Pae­si a bas­so red­di­to han­no accu­mu­la­to un one­re del debi­to per un tota­le di 860 miliar­di di dollari.
L’altra “solu­zio­ne” pro­po­sta dal Fmi è sta­ta aumen­ta­re il volu­me dei Dirit­ti Spe­cia­li di Pre­lie­vo, cioè il dena­ro inter­na­zio­na­le, da uti­liz­za­re per aiu­ti extra. Il Fmi ha iniet­ta­to 650 miliar­di di dol­la­ri di aiu­ti attra­ver­so il pro­gram­ma DSP. Ma a cau­sa del siste­ma del­le “quo­te” per la distri­bu­zio­ne dei DSP, le quo­te DSP sono spro­por­zio­na­ta­men­te incli­na­te ver­so i Pae­si ric­chi: l’Africa ha rice­vu­to meno DSP del­la Bun­de­sbank tede­sca!
Le con­di­zio­ni macroe­co­no­mi­che stan­no ora sca­te­nan­do rivol­te per il cibo. In un nuo­vo rap­por­to, inti­to­la­to “La ridu­zio­ne in tem­pi di con­flit­to”, l’Unctad ha illu­stra­to gli sce­na­ri futu­ri. Lo Sri Lan­ka, la cui cri­si del debi­to è in cor­so da diver­si anni, è un uti­le esem­pio di dina­mi­che chia­ve. Le rimes­se e le espor­ta­zio­ni sono crol­la­te duran­te la pan­de­mia, che ha scon­vol­to anche il set­to­re cru­cia­le del turi­smo. Il ral­len­ta­men­to del­la cre­sci­ta ha mes­so a dura pro­va il bilan­cio e ha esau­ri­to le riser­ve di valu­ta este­ra, lascian­do ades­so Colom­bo in dif­fi­col­tà per impor­ta­re petro­lio e ali­men­ti. Le caren­ze sono acu­te. Due uomi­ni sul­la set­tan­ti­na sono mor­ti men­tre aspet­ta­va­no in fila per il car­bu­ran­te, come ha rife­ri­to Al Jazee­ra. I prez­zi del lat­te sono aumen­ta­ti e gli esa­mi sco­la­sti­ci sono sta­ti annul­la­ti a cau­sa del­la caren­za di car­ta e inchio­stro. Men­tre lo Sri Lan­ka lot­ta per ono­ra­re i 45 miliar­di di dol­la­ri di debi­to a lun­go ter­mi­ne che ha, di cui oltre 7 miliar­di di dol­la­ri in sca­den­za quest’anno, potreb­be aggiun­ger­si ai Pae­si che sono fal­li­ti duran­te la pan­de­mia, tra cui Argen­ti­na e Liba­no, quest’ultimo for­te­men­te dipen­den­te dal­le impor­ta­zio­ni di gra­no.
Inve­ce di aumen­ta­re l’offerta, libe­ra­re scor­te ali­men­ta­ri e cer­ca­re di por­re fine alla guer­ra in Ucrai­na, i gover­ni e le ban­che cen­tra­li stan­no aumen­tan­do i tas­si di inte­res­se che faran­no cre­sce­re l’onere del debi­to per i Pae­si pove­ri affa­ma­ti di cibo. Come ho spie­ga­to nei post pre­ce­den­ti – e l’Unctad con­cor­da – gli aumen­ti dei tas­si di inte­res­se del­la Ban­ca cen­tra­le non fan­no nul­la per con­trol­la­re l’inflazione crea­ta dal­le inter­ru­zio­ni dell’offerta, ma sono inve­ce respon­sa­bi­li nel pro­vo­ca­re una reces­sio­ne glo­ba­le e una cri­si del debi­to dei “mer­ca­ti emergenti”.
Le cre­scen­ti pro­te­ste e gli scon­vol­gi­men­ti poli­ti­ci pre­oc­cu­pa­no le gran­di poten­ze più del­le per­so­ne che muo­io­no di fame. Come ha affer­ma­to il Segre­ta­rio al Teso­ro degli Sta­ti Uni­ti, Janet Yel­len: «L’inflazione sta rag­giun­gen­do i livel­li più alti visti da decen­ni. Prez­zi net­ta­men­te più ele­va­ti per cibo e fer­ti­liz­zan­ti han­no mes­so sot­to pres­sio­ne le fami­glie di tut­to il mon­do, spe­cial­men­te quel­le più pove­re. E sap­pia­mo che le cri­si ali­men­ta­ri pos­so­no sca­te­na­re disor­di­ni socia­li».
Negli anni 40 dell’Ottocento, quan­do il capi­ta­li­smo diven­ne il modo di pro­du­zio­ne domi­nan­te a livel­lo glo­ba­le, Marx par­lò di un “nuo­vo regi­me” di pro­du­zio­ne ali­men­ta­re capi­ta­li­sta indu­stria­le, con­nes­so all’abrogazione del­le leg­gi sul mais e al trion­fo del libe­ro scam­bio dopo il 1846. Ricol­le­gò que­sto “nuo­vo regi­me” alla con­ver­sio­ne di “gran­di appez­za­men­ti di semi­na­ti­vi in Gran Bre­ta­gna”, gui­da­ta dal­la “rior­ga­niz­za­zio­ne” del­la pro­du­zio­ne ali­men­ta­re attor­no agli svi­lup­pi nell’allevamento e nel­la gestio­ne del bestia­me e dal­la rota­zio­ne del­le col­tu­re, insie­me agli svi­lup­pi rela­ti­vi nel­la chi­mi­ca dei fer­ti­liz­zan­ti a base di letame.
La pro­du­zio­ne ali­men­ta­re capi­ta­li­sta aumen­tò note­vol­men­te la pro­dut­ti­vi­tà ali­men­ta­re e tra­sfor­mò la pro­du­zio­ne ali­men­ta­re in un’impresa glo­ba­le. A metà degli anni 50 dell’Ottocento, que­ste ten­den­ze era­no già evi­den­ti: qua­si il 25% del gra­no con­su­ma­to in Gran Bre­ta­gna veni­va impor­ta­to, e di que­sto il 60% da Ger­ma­nia, Rus­sia e Sta­ti Uni­ti. Ma por­tò anche cri­si rego­la­ri e ricor­ren­ti nel­la pro­du­zio­ne e negli inve­sti­men­ti che crea­ro­no una nuo­va for­ma di insi­cu­rez­za ali­men­ta­re. La care­stia e la fame non pote­va­no più esse­re attri­bui­te alla natu­ra e al tem­po, se mai fos­se sta­to pos­si­bi­le. Si trat­ta­va chia­ra­men­te, inve­ce, del risul­ta­to del­le disu­gua­glian­ze del­la pro­du­zio­ne capi­ta­li­sti­ca e dell’organizzazione socia­le su sca­la glo­ba­le. Ed era il più pove­ro a sof­fri­re. In un’occasione, Karl Marx scris­se che la care­stia «ha ucci­so solo i pove­ri dia­vo­li».
E con l’agricoltura indu­stria­le arri­vò lo sfrut­ta­men­to e il trat­ta­men­to degli ani­ma­li tan­to cru­de­le quan­to quel­lo riser­va­to agli esse­ri uma­ni. Marx scris­se in un tac­cui­no ine­di­to, «Disgu­sto­so!». L’alimentazione nel­le stal­le era un «siste­ma di cel­le di pri­gio­ne» per gli ani­ma­li. «In que­ste pri­gio­ni gli ani­ma­li nasco­no e resta­no fin­ché non ven­go­no ucci­si. La doman­da è se que­sto siste­ma col­le­ga­to a un siste­ma di alle­va­men­to che fa cre­sce­re ani­ma­li in modo ano­ma­lo ridu­cen­do­ne la mas­sa ossea per tra­sfor­mar­li solo in car­ne e in una mas­sa di gras­so – men­tre pri­ma [pri­ma del 1848] gli ani­ma­li rima­ne­va­no atti­vi stan­do il più pos­si­bi­le all’aria aper­ta – alla fine non si tra­dur­rà in un gra­ve dete­rio­ra­men­to del­la for­za vita­le».
Que­sta è una cri­si glo­ba­le e richie­de un’azione glo­ba­le nel­lo stes­so modo in cui avreb­be dovu­to esse­re affron­ta­ta la pan­de­mia e come la cri­si cli­ma­ti­ca richie­de. Ma un tale coor­di­na­men­to glo­ba­le è impos­si­bi­le se l’industria ali­men­ta­re glo­ba­le è con­trol­la­ta ed è di pro­prie­tà di alcu­ni pro­dut­to­ri e distri­bu­to­ri ali­men­ta­ri mul­ti­na­zio­na­li e l’economia mon­dia­le si diri­ge ver­so un’altra crisi.

 

(Tra­du­zio­ne di Andrea Di Benedetto)

 


[*] Michael Roberts è un noto eco­no­mi­sta mar­xi­sta bri­tan­ni­co che ha lavo­ra­to per oltre quarant’anni come ana­li­sta finan­zia­rio nel­la City lon­di­ne­se. È auto­re, tra gli altri, dei libri The Great Reces­sion: A Mar­xi­st View (2009), The Long Depres­sion (2016) e Marx 200: a review of Marx’s eco­no­mics (2018).