Abbiamo a più riprese su questo sito caratterizzato come interimperialista la guerra che si sta dipanando sul terreno ucraino fra la Russia da un lato e il blocco Usa‑Nato‑Ue dall’altro. Ma abbiamo anche spiegato che il conflitto racchiude in sé tre diverse guerre, una delle quali era quella «che gli Usa, con il supporto della Gran Bretagna, stanno combattendo contro la Germania (e, in misura minore, la Francia) per diminuirne la capacità trainante sul resto dell’Europa, indebolendo così l’insieme del Vecchio Continente affinché esso resti nei limiti di una mera piattaforma per il dispiegamento degli interessi economici e politici a livello globale del gendarme imperialista statunitense»: un disegno con cui «gli Stati Uniti, mentre cercano di spezzare la possibile alleanza tra la Russia e la Cina nella prospettiva di isolare quest’ultima per quando ci sarà il vero conflitto con la potenza asiatica, stanno cercando di “regolare i conti” con l’imperialismo tedesco e quello francese, disarticolando l’Unione europea».
Questo progetto statunitense sull’Unione europea sta avanzando a grandi passi e la Germania è, in particolare, il Paese la cui economia sta soffrendo proprio a causa della politica suicida impostale dagli Usa (attraverso la camicia di forza della Nato) e consistente nel recidere di colpo gli storici legami commerciali che la univano alla Russia e che avevano fatto dell’economia tedesca la “locomotiva d’Europa”.
Pubblichiamo allora, tradotto in italiano, uno studio redatto dal canale tedesco “Übersicht Ukraine” che, attraverso una rilevante mole di dati sullo stato dell’industria della Repubblica federale di Germania, ci restituisce – a dispetto di alcuni accenti di nazionalismo economico che da esso traspaiono – uno spaccato interessantissimo per comprendere a fondo la crisi economica che la sta attanagliando trascinando con sé il resto d’Europa.
Buona lettura.
La redazione
L’industria tedesca
La deindustrializzazione della Germania in cifre
Übersicht Ukraine
Prima di tutto, dobbiamo capire in quale ambito la potenziale deindustrializzazione ci colpisce di più. Come si può immaginare, la “crisi energetica” colpisce quelle aziende che consumano molta energia.
Innanzitutto, diamo un’occhiata alla nostra industria in cifre (ordinata per numero di dipendenti):
- Ingegneria meccanica: 1.021.800 dipendenti; 245 miliardi di euro.
- Produzione di autoveicoli e parti di autoveicoli: 799.600 dipendenti; 413 miliardi di euro.
- Produzione di apparecchiature elettriche, apparecchiature per l’elaborazione dati, prodotti elettronici e ottici: 732.100 dipendenti; 193 miliardi di euro.
- Fabbricazione di prodotti in metallo: 664.400 dipendenti; 123 miliardi di euro.
- Produzione di alimenti e mangimi: 577.300 dipendenti; 165 miliardi di euro.
- Produzione di articoli in gomma e plastica; 389.300 dipendenti; 85 miliardi di euro.
- Produzione di sostanze chimiche: 351.900 dipendenti; 172 miliardi di euro.
- Produzione e lavorazione dei metalli: 236.400 addetti: 120 miliardi di euro.
- Produzione di vetro, vetro, ceramica, lavorazione di pietra e terra: 194.500 dipendenti; 46 miliardi di euro.
- Costruzione di altri veicoli: 141.000 dipendenti; 47 miliardi di euro.
- Produzione di carta, cartone e prodotti derivati: 128.700 dipendenti; 42 miliardi di euro.
- Produzione di farmaci e sostanze farmaceutiche: 121.200 dipendenti; 55 miliardi di euro.
- Produzione di mobili: 97.100 dipendenti; 20 miliardi di euro.
- Produzione di articoli in legno, vimini, cesti e sughero: 90.800 dipendenti (1185 aziende); 27 miliardi di euro.
- Produzione di stampati, duplicazione di supporti audio, immagine e dati: 82.100 dipendenti; 12 miliardi di euro.
- Produzione di bevande: 61.500 dipendenti; 21 miliardi di euro.
- Produzione di tessuti: 59.300 dipendenti; 12 miliardi di euro.
- Produzione di abbigliamento: 24.900 dipendenti; 6 miliardi di euro.
- Cokeria e lavorazione oli minerali: 18.100 dipendenti; 90 miliardi di euro.
- Produzione di cuoio, pelletteria e scarpe: 12.500 dipendenti; 3 miliardi di euro.
Diamo ora un’occhiata ai settori industriali in Germania con il più alto consumo energetico:
- la produzione di sostanze chimiche registra il più alto consumo di energia con 351.900 dipendenti (al 7° posto per numero di dipendenti in Germania) e un fatturato annuo di 172 miliardi di euro;
- l’industria con il secondo più alto consumo di energia è quella della produzione e lavorazione dei metalli, con 236.400 dipendenti e 120 miliardi di euro di fatturato;
- l’industria con il terzo più alto consumo di energia è quella della cokeria e della lavorazione di oli minerali, con 18.100 dipendenti e un fatturato annuo di 90 miliardi di euro.
In totale si tratta di 606.400 dipendenti e un fatturato annuo di 382 miliardi di euro.
I cinque settori con il più alto consumo energetico rappresentano insieme circa l’81% del fabbisogno energetico totale dell’industria tedesca e il 65% di questo ricade sui primi tre settori.
Se guardiamo i numeri delle cinque industrie più energivore, vediamo un totale di 929.600 dipendenti che generano 470 miliardi di euro di fatturato.
Pertanto, il 16% degli occupati (nell’industria) genera il 24,7% del fatturato dell’intero settore.
E anche qui i primi tre settori rappresentano il 20,1% del fatturato totale del settore, che a loro volta rappresentano solo il 10,4% della forza lavoro dell’intera industria.
Se si tiene conto del numero di imprese, le cifre parlano ancora più chiaramente: il 6,7% soltanto delle imprese industriali esistenti rappresenta il 20,1% del fatturato dell’intera industria!
In parole povere: i settori a più alta intensità energetica della Germania sono tra i più importanti dell’industria tedesca in termini di occupazione e fatturato.
Panoramica dello stato dei singoli settori industriali
Per prima cosa, va detto che, purtroppo, il tetto al prezzo massimo dell’energia non farà risparmiare nulla[1]. Ma di questo parleremo alla fine.
- Chimica
Nonostante i lockdown dovuti al Covid, l’industria in Germania è sopravvissuta, anche se il processo di delocalizzazione o di smantellamento ha definitivamente preso l’avvio nel periodo della pandemia da Coronavirus.
Iniziamo con una panoramica sull’industria chimica perché è il primo settore per consumo di energia e quello che genera il maggior volume d’affari.
Diamo quindi un’occhiata a ciò che l’Associazione dell’industria chimica ha attualmente da dire sulla “industria chimica e farmaceutica” in Germania (che di solito combina il settore “produzione di sostanze chimiche” e il settore “produzione di sostanze farmaceutiche”).
L’aspetto attualmente più problematico per l’industria chimica e farmaceutica nella Repubblica federale di Germania è naturalmente il fatto che si tratta del settore manifatturiero che ha il più alto consumo di energia.
L’industria chimica e farmaceutica è responsabile del 10,5% del consumo totale di energia elettrica in Germania: 51TWh!
La principale fonte energetica nell’industria chimica e farmaceutica è il gas naturale: 215TWh.
La quota di consumo dell’industria chimica e farmaceutica tedesca rispetto al consumo totale di energia dell’intera industria è di circa il 20%. E il suo consumo di energia prodotta dal gas naturale è addirittura del 30% circa.
Il gas naturale è utilizzato nell’industria chimica e farmaceutica non solo a scopo di produzione di energia (“uso energetico”), ma anche come materia prima (“uso materiale”).
Per una migliore comprensione dell’uso “materiale” del gas naturale, si veda il seguente grafico, che fa riferimento ai prodotti chimici organici di base dell’industria chimica e farmaceutica.
Il gas naturale è la seconda materia prima più importante nella chimica organica della Germania dopo la nafta (benzina grezza).
Data l’enorme importanza del gas naturale come fornitore di energia e come materia prima per l’industria chimica e farmaceutica, sorge la domanda su ciò che il nostro governo ha in mente. Perché nessuno può sostituire le forniture dalla Russia, nemmeno nel prossimo futuro.
- Crisi
I costi dell’energia e delle materie prime per l’industria chimica e farmaceutica nella Repubblica federale di Germania sono “esplosi” a tal punto negli ultimi mesi che ci si chiede se questa industria sia ancora redditizia qui nel Paese e in queste condizioni.
Nel 2021, la Germania impiegava ancora 352.000 persone nella produzione chimica e 121.000 in quella farmaceutica. Nelle condizioni attuali ciò non sarà più possibile.
Lo smantellamento degli impianti industriali nel settore chimico e farmaceutico (deindustrializzazione della Germania) accelererà. Ormai meno della metà della forza lavoro di BASF vive in Germania.
Mentre grandi aziende come BASF possono spostarsi verso altri continenti, la sopravvivenza di centinaia di altre aziende chimiche e farmaceutiche della Repubblica federale tedesca è minacciata.
Le associazioni delle industrie chimiche del Baden‑Württemberg hanno commentato così i possibili effetti sulle 480 imprese.
- Acciaio
Anche in questo caso vale quanto detto per l’industria chimica. Questo settore è sopravvissuto fino ad oggi grazie agli elevati sussidi. Tuttavia, la politica energetica del governo federale ha anche qui gravi conseguenze. L’industria siderurgica ne risente due volte di più, poiché dipende molto dal gas e dall’energia elettrica.
Ma partiamo dall’inizio:
- La Germania è uno dei dieci maggiori produttori di acciaio al mondo.
- È il più grande produttore di acciaio dell’Ue.
- Lo Stato della federazione più importante per la produzione di acciaio è il Nord Reno‑Westfalia (con una quota del 40%).
Nel 2021, in Germania sono state prodotte addirittura oltre 40 milioni di tonnellate di acciaio grezzo.
Il che significava all’epoca l’ottavo posto tra i dieci maggiori produttori di acciaio al mondo.
«L’acciaio è la spina dorsale dell’economia tedesca. Il settore siderurgico, in quanto industria di base, riveste un’importanza particolare per le catene del valore tedesche. Le numerose innovazioni in questo ramo della produzione e la sua stretta interconnessione con altri settori industriali contribuiscono al successo, ad esempio, dell’industria automobilistica e dell’ingegneria meccanica. L’industria siderurgica rappresenta circa un quinto degli acquisti all’ingrosso dell’industria meccanica e il 12% della produzione di veicoli. Importanti settori di clientela sono anche l’elettrotecnica, l’edilizia e la lavorazione dell’acciaio e dei metalli. Con circa 4 milioni di dipendenti, i settori ad alta intensità di acciaio rappresentano due posti di lavoro industriali su tre in Germania. Più di 80.000 dipendenti lavorano direttamente per l’industria siderurgica» (Stahlstandort Deutschland).
In altre parole, dall’industria siderurgica dipendono due terzi dei posti di lavoro dell’industria manifatturiera della Germania.
Un importante sito dell’industria siderurgica è Duisburg. Nel 2019, l’altoforno Hüttenwerke Krupp Mannesmann (a Duisburg dal 1909) ha prodotto complessivamente 4,2 milioni di tonnellate di acciaio grezzo; il gruppo di altiforni “Thyssenkrupp Steel” di Duisburg (Schwelgern/Bruckhausen) ha prodotto un totale di 8,5 milioni di tonnellate di acciaio grezzo; l’altoforno ArcelorMittal (Ruhrort) (in attività dal 1853) ne ha prodotte in totale 1,2 milioni.
Ciò significa che circa un terzo della produzione totale di acciaio in Germania (30‑40 milioni di tonnellate) proviene dalla sola Duisburg.
Anche i riciclatori come Befesa sono interessanti da questo punto di vista. Poiché l’industria pesante (soprattutto quella siderurgica) consuma molta energia, vale la pena di riciclare le scorie (generate nella produzione dell’acciaio) e le scorie saline (prodotte dalla fusione dei rottami di alluminio). Aziende come Befesa si sono specializzate in questo senso.
Per mostrare un esempio di quanto sia elevato il consumo energetico, prendiamo i dati disponibili dell’azienda Befesa del 2013:
- Gas in MW/h 49379 = 49TWh
- Elettricità in MW/h 11295 = 11TWh
Questi sono i consumi della sola sede di Hannover.
Ma si può dire che ogni acciaieria ha un’azienda del genere nelle sue vicinanze.
Ora torniamo ai produttori di acciaio.
Al primo posto si situa “Thyssenkrupp Steel Europe AG” (Duisburg), che è il più grande produttore di acciaio in Germania. Era in discussione la vendita o lo smembramento dell’intera divisione acciaio. Poi IG Metall e Thyssenkrupp Steel hanno concordato di tagliare 3000 posti di lavoro entro il 2026. Socialmente compatibile, nessun licenziamento per motivi aziendali. Lavoro a orario ridotto per mesi.
Al secondo posto troviamo la “Salzgitter AG” (Salzgitter), che ha assorbito anche le precedenti attività di “Mannesmann”. È un’azienda che sta lanciando molti progetti di investimento e spera in una cooperazione più stretta con Volkswagen. Questa società è andata molto bene finora.
Il terzo posto è per la “Saarstahl AG” (Volklingen).
Al quarto c’è la “Deutsche Edelstahlwerke Specialty GmbH & Co. KG” (Witten).
Al quinto e sesto posto troviamo le acciaierie di ArcelorMittal (il più grande gruppo siderurgico al mondo): in primo luogo “ArcelorMittal Bremen and Eisenhüttenstadt”. Oltre a ciò, il Gruppo ArcelorMittal gestisce piccole acciaierie ad Amburgo e Duisburg, che si occupano di acciai speciali.
Al settimo posto c’è la “Georgsmarienhuette GmbH” (Osnabrück).
Qui di seguito, una panoramica dettagliata dei siti di produzione di acciaio – e delle tonnellate prodotte all’anno – in Germania.
Cosa sta accadendo attualmente nel settore siderurgico, in cui gas ed elettricità scarseggiano?
Nel novembre 2022, la produzione di acciaio grezzo in Germania è crollata del 18% rispetto all’anno precedente, attestandosi a circa 2,8 milioni di tonnellate. Si tratta del valore più basso dal luglio 2020. Nel periodo che va da gennaio a novembre, il calo della produzione di acciaio grezzo è stato pari a circa l’8%, il che significa che l’anno 2022 è stato il più debole dal 2009.
Al momento, tutti i produttori stanno beneficiando del primo, ottimo trimestre e possono quindi presentare ancora bilanci abbastanza buoni in termini di profitti. Tutti cercano di mantenere e modernizzare al meglio i propri impianti, nella speranza di una situazione energetica migliore sul mercato l’anno prossimo. Il lavoro a orario ridotto è all’ordine del giorno e la vendita di energia elettrica nei grandi impianti siderurgici altera i dati aziendali! (Per approfondimenti si veda qui e qui).
- Alluminio
In nessun altro Paese al mondo il consumo annuale di alluminio è così elevato come in Germania. Si tratta di circa 40 chilogrammi pro capite, particolarmente connessi alla produzione di automobili: in media, ogni automobile contiene 150 kg di alluminio.
Sebbene la Germania produca relativamente poco alluminio – circa 1,077 milioni di tonnellate di alluminio all’anno (al 2021), di cui circa 529.100 tonnellate di alluminio primario e 548.400 tonnellate di alluminio secondario – la situazione sta diventando sempre più critica a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia: per produrre una tonnellata di alluminio, occorrono circa 15 MWh di energia elettrica.
L’alluminio primario è l’alluminio estratto direttamente dalla materia prima bauxite mediante elettrolisi. L’alluminio secondario è l’alluminio ottenuto da rottami di alluminio recuperati mediante riciclo.
In Germania ci sono quattro siti per la produzione di alluminio primario; tre di essi appartengono alla società “TRIMET Aluminium”.
Le tre fonderie di alluminio di “TRIMET” si trovano ad Amburgo (capacità 130 kt [chilotonnellate] all’anno), Voerde am Niederrhein (capacità 92 kt all’anno), Essen (capacità 161 kt all’anno).
La fonderia di alluminio “TRIMET” di Essen consuma ogni anno tanta elettricità quanta ne consuma la città di Essen, che conta complessivamente 600.000 abitanti.
Il quarto sito di produzione di alluminio è Neuss sul Reno: il “Rheinwerk” ha una capacità di 260 kt all’anno ed è di proprietà del gruppo norvegese dell’alluminio “Norsk Hydro”.
Come previsto, l’economia dell’alluminio in Germania ha continuato a rallentare nel terzo trimestre del 2022.
Con un calo di un quarto (-25%), la produzione di alluminio grezzo in particolare è diminuita in modo particolarmente marcato rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente.
Nel periodo da gennaio a settembre compreso, sono state prodotte solo circa 653.000 tonnellate (-22%). Nel corso dell’anno il calo ha continuato a intensificarsi.
Il presidente della Aluminium Germany, Rob van Gils, ha dichiarato: «Il livello prevalente dei prezzi dell’elettricità non consente più una produzione economica in Germania e sta costringendo gli operatori delle fonderie di alluminio a chiudere gradualmente i loro forni. Sono molto preoccupato per il futuro di questa materia prima elementare in Germania».
Nel settore della lavorazione dei semilavorati di alluminio, il volume di produzione è sceso del 2%, attestandosi a poco meno di 662.000 tonnellate nell’ultimo trimestre. In particolare, i produttori di laminati hanno registrato un calo del 3%, mentre i produttori di estrusi hanno superato di poco il livello dello stesso periodo dell’anno precedente (+1%).
Nei primi nove mesi del 2022, il settore dei semilavorati nel suo complesso ha registrato un calo dell’1% a 2 milioni di tonnellate. Tuttavia, l’andamento relativamente moderato del settore dei semilavorati non deve far dimenticare che anche qui si prospettano tempi difficili. Gli ordini in arrivo lo indicano già.
Purtroppo ci sono esempi abbastanza numerosi, come quello dell’azienda “Trimet” (Essen), che ha dimezzato la sua produzione a causa dei prezzi dell’energia.
Molte aziende salvano i loro bilanci e si mantengono a galla vendendo elettricità! Poiché i prezzi dell’elettricità sul mercato sono molto alti, i produttori di acciaio e di alluminio vendono la quota di elettricità acquistata a basso costo e fanno profitti in questo modo.
Essi sono però produttori di metallo e non commercianti di energia elettrica! E se si osservano più da vicino le cifre sopra riportate, la deindustrializzazione diventa chiara ed evidente. Abbiamo un calo del 22% nella produzione di alluminio e solo l’1% in meno nel settore dei semilavorati, il che significa che si è importato molto di più.
- Cokeria e lavorazione degli oli minerali
Se osserviamo nuovamente l’elenco dei settori a maggiore consumo energetico in Germania, dietro l’industria chimica (1° posto) e la produzione/lavorazione dei metalli (2° posto) si trova il settore relativo alla cokeria e alla lavorazione degli oli minerali.
È chiaro che le cokerie sono, per ragioni tecniche, enormi consumatrici di energia (riscaldamento del carbone a circa 1000 gradi Celsius per ottenere coke e gas grezzo).
Poiché il coke è necessario negli altiforni per la produzione di acciaio, le cokerie sono strettamente legate ai produttori di acciaio (di cui si è parlato in precedenza): anzi, questi ultimi sono direttamente dipendenti da quelle.
Attualmente sono in funzione in Germania 5 cokerie, di cui 2 a Duisburg:
- La cokeria di Duisburg‑Schwelgern è una delle più grandi cokerie del mondo e appartiene a “ThyssenKrupp Steel”.
- L’altra cokeria di Duisburg‑Hüttenheim appartiene alla “Hüttenwerke Krupp Mannesmann” (HKM).
- La cokeria nella vicina Bottrop appartiene ad “ArcelorMittal”.
- La “Zentral‑Kokerei‑Saar” di Dillingen appartiene a “Saarstahl”.
- La cokeria di Salzgitter appartiene a “Salzgitter AG”.
Logicamente, anche queste aziende stanno producendo di meno, perché si produce meno acciaio. E questo è uno dei motivi per cui il governo federale può parlare di risparmi di gas. In realtà, però, non si tratta affatto di risparmi, bensì di perdite di produzione.
Il secondo ramo di questo settore è la lavorazione degli oli minerali.
Anche la lavorazione degli oli minerali è un’attività ad elevato consumo energetico, in quanto comporta la complessa raffinazione del petrolio grezzo, ovvero la produzione di gasolio, benzina, paraffina, gasolio da riscaldamento, ecc.
La lavorazione degli oli minerali avviene in Germania in 13 raffinerie con una capacità di lavorazione del greggio di 101 milioni di tonnellate all’anno.
Questo fa della Germania Federale il più grande sito di raffinazione e il più grande mercato di oli minerali dell’Ue.
La più grande raffineria di petrolio in Germania è la “Rheinland Raffinerie” di Colonia‑Godorf (capacità di 16,3 milioni di tonnellate di greggio all’anno) e appartiene al gruppo “Shell”.
La seconda più grande raffineria di petrolio è la “MiRO” (Mineralöl‑Raffinerie Oberrhein) di Karlsruhe (capacità di 15,0 milioni di tonnellate di greggio all’anno) e appartiene ai gruppi Shell, Esso e Conoco‑Phillips.
La terza più grande raffineria di petrolio si trova a Gelsenkirchen, ha una capacità di 12,7 milioni di tonnellate di greggio all’anno e appartiene al gruppo BP.
Le rimanenti sette raffinerie più grandi producono un totale di 51,8 milioni di tonnellate di petrolio greggio all’anno.
Alcune delle raffinerie citate appartenevano in parte alla russa Rosneft. Queste partecipazioni sono state nazionalizzate.
Ciò che rende questo settore industriale (cokeria e lavorazione del petrolio) estremamente importante e interessante è il fatto che con soli 18.100 dipendenti genera un fatturato di circa 90 miliardi di euro.
È il settore più forte in Germania in termini di fatturato per dipendente.
Se ora analizziamo la situazione del settore, vediamo che la produzione è diminuita del 6,1%. Anche una piccola riduzione dei posti di lavoro in questo settore avrebbe gravi conseguenze se si considera il fatturato del settore.
Non solo il settore, ma anche l’industria siderurgica ne risentirebbe.
Conclusione
Se guardiamo ai settori più pregiati, rilevanti e ad alto consumo energetico dell’industria tedesca, l’aspetto dell’estrema dipendenza dalle esportazioni è sorprendente.
Partiamo dall’ingegneria meccanica: dei 245 miliardi di euro di fatturato annuo, 153 miliardi di euro provengono dalle esportazioni all’estero. Cioè il 62%.
Veicoli a motore/parti di veicoli a motore: Dei 413 miliardi di euro di fatturato annuo, 275 miliardi di euro provengono dalle esportazioni all’estero. Cioè il 67%
Elettricità/elettronica: dei 193 miliardi di euro di fatturato annuo, 110 miliardi di euro provengono dalle esportazioni all’estero. Cioè il 57%
Prodotti chimici: dei 172 miliardi di euro di fatturato annuo, 107 miliardi di euro provengono dalle esportazioni all’estero. Cioè il 62%.
Produzione e lavorazione dei metalli: dei 120 miliardi di euro di fatturato annuo, 52 miliardi provengono dalle esportazioni all’estero. Cioè il 43%.
Altri mezzi di trasporto: dei 47 miliardi di euro di fatturato annuo, 29 miliardi di euro provengono da esportazioni all’estero. Cioè il 62%.
Ci si deve quindi aspettare che, data l’estrema dipendenza delle più importanti industrie tedesche dalle esportazioni, la Germania dovrebbe sforzarsi di fare tutto ciò che è in suo potere per far sì che nel mondo prevalgano condizioni relativamente pacifiche, favorevoli al commercio ed eque.
Ora, però, il governo tedesco – come nel caso della sua irrazionale agitazione permanente contro la Federazione Russa – sta segando il ramo su cui poggia la nostra industria: propaganda permanente e atti provocatori contro la Repubblica Popolare Cinese.
Nel 2021, la Cina è stata il secondo Paese più importante in termini di esportazioni tedesche: la Germania ha esportato beni per un valore di 104 miliardi di euro nella Repubblica Popolare Cinese, mentre ha esportato beni per un valore di 122 miliardi di euro negli Stati Uniti. Inoltre, in futuro potremo esportare meno a causa della delocalizzazione dell’industria negli Stati Uniti.
In sintesi: invece di assicurare un mondo pacifico e stabile, in cui sia possibile un aumento delle nostre esportazioni, il nostro stesso governo sta attuando una politica di deindustrializzazione nei confronti dell’industria tedesca.
Questa tattica – una tattica in cui la Russia deve subire una sconfitta e poi pagare l’intera ricostruzione dell’Occidente con le sue risorse – non avrà successo, e ciò è perfettamente chiaro alla maggior parte degli analisti seri. La Nato sarà costretta a rendersi conto che il tempo dell’ordine mondiale unipolare (1991‑2021) è finito. E poi arriverà l’inevitabile …
Attualmente si ripongono molte speranze nel tetto ai prezzi dell’energia[2], ma questo non può rappresentare una soluzione salvifica.
Perché?
- C’è solo uno “scudo” molto limitato per gruppo. Stando ad alcune proiezioni, si esaurirà dopo soli 2 mesi.
- Le imprese sono automaticamente legate ai profitti a partire dal 2021 (la produzione a quel tempo e quindi i profitti erano molto limitati a causa delle restrizioni). E se i profitti vengono superati, la sovvenzione viene annullata.
Questi fatti dimostrano chiaramente che il tetto ai prezzi dell’energia non salverà nessuno.
Se si guarda a tutto ciò che è stato scritto prima, è chiaro che l’industria pesante verrà ridimensionata e smantellata. Le esportazioni stanno crollando in modo del tutto automatico.
Tutti gli altri settori dipendono direttamente o indirettamente dalle industrie ad elevato consumo energetico e stanno riducendo la loro produzione, lo vogliano o no. Sono costretti a esportare materiali più costosi all’estero e la nostra industria pesante sta attualmente tagliando posti di lavoro!
Ripetiamo quanto detto in precedenza: è solo il 6,7% del totale delle aziende industriali esistenti a realizzare il 20,1% del fatturato totale dell’industria! E sono proprio queste aziende a soffrire molto ora.
L’anno 2023 sarà decisivo per la Germania come attore economico.
(Traduzione di R.N.)
Note
[1] Qui il testo non si riferisce al “price cap” adottato in sede europea nel quadro dei pacchetti di sanzioni contro la Russia, bensì alla misura, introdotta dal governo tedesco, di protezione delle imprese (da gennaio 2023) e delle famiglie (da marzo) mediante l’iniezione di un sussidio di 200 miliardi di euro con cui lo Stato si farà carico del differenziale di aumento dei prezzi dell’energia rispetto a un “tetto” fissato (N.d.T).
[2] V. precedente nota 1.